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Autore: TwinStar    20/10/2006    10 recensioni
Sirius si è convinto per chissà quale assurdo ragionamento che la maniera migliore di esprimere ciò che prova sia una lettera d’amore, anche se la stesura non sembra delle più semplici: complici amici, conoscenti nonché una naturale incapacità di fondo.
Una trama sentita chissà quante altre volte.
Del resto è solo un’altra banale dichiarazione d’amore.
Genere: Romantico, Commedia | Stato: completa
Tipo di coppia: Yaoi | Coppie: Remus/Sirius
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
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Note e ringraziamenti a fine fan fic.

Per il momento la qui presente si inchina per i commenti sempre gentilissimi.

PS: Nessuno mi ha ancora spedito un sosia di Vincent!

 

SOLO UN'ALTRA BANALE DICHIARAZIONE D'AMORE

 

Lettera 1: De Pristino – Minerva Mc Granitt

 

Sirius aveva scoperto a sue spese l’esistenza di una cosa particolarmente conosciuta, odiata e temuta dagli scrittori di ogni genere e specie, Maghi o Babbani che fossero.

L’angoscia da foglio bianco.

Quell’istintivo terrore di fronte alla carta intonsa, quel brivido gelido che percorre ogni curva della spina dorsale e scorre vivo lungo capillari e vene fino a fermare il cuore di un battito; quella certezza di stare per sciupare in maniera irreversibile la perfezione di quell’istante in cui nulla accade, in cui ci si accinge a deflorare quel niveo candore con la punta della piuma d’oca.

Naturalmente nessuno di questi lirici pensieri era passato per la sola frazione di un istante nella testa del giovane Black dal momento in cui aveva deciso di separarsi dai suoi amici e di trovare un posto tranquillo e comodo (l’aula di Trasfigurazione era andata benone) per dar voce ai suoi pensieri: la frustrazione del ragazzo nell’ultima mezz’ora si era espressa in modi tutt’altro che elegiaci. Prendendo a calci una porta, imprecando contro la sua famiglia perchè non era possibile che "tra tutte le qualità che il sangue nobile, antico e puro dei Black conferiva non c'era anche la capacità di scrivere idiozie romantiche", incidendo un piccolo cuore scuro sul banco con la punta arroventata della bacchetta e infine sputacchiando palline di pergamena insalivata in direzione della cattedra.

Se la superava e prendeva la sedia della professoressa, cento punti a Grifondoro.

Se centrava il banco di Mocciosus in prima fila, cinquanta.

Ma ben presto anche quel passatempo smise di appassionarlo: mise da parte il sottile tubo di plastica di quella stupida penna di foggia babbana che quella ragazzina di Corvonero aveva regalato a Remus (perché solo una Corvonero poteva pensare che una penna fosse un oggetto interessante da donare a un ragazzo) e che lui aveva preso in prestito di nascosto, gettò a terra le palline che aveva disposto ordinatamente in una piccola piramide su un angolo del banco, e lanciò un’occhiata disgustata al foglio che gli svettava davanti in tutta la sua pochezza: la carta di un cupo e triste giallaccio per nulla romantico, che poteva andar bene giusto per i compiti di Storia della Magia, si era accartocciata sotto l’impazienza delle sue dita indelicate, e un angolo che aveva generosamente fornito il materiale per le sue munizioni dando alla pagina una buffa forma pseudo-trapezoidale; la sua scrittura incerta e sbavata, con le aste delle lettere a impazzire in ogni direzione e le “o” indistinguibili dalle “c”, era crudelmente coperta da pesanti righe nere per le numerose cancellature che avevano celato agli occhi del mondo alcuni imbarazzanti tentativi romantici.

Si riusciva ancora a leggere la parola “cuore”, però.

Sirius si affrettò a cancellarla con una serie rabbiosa di rigoni.

Un vero uomo quella parola non dovrebbe nemmeno pensarla.

Sì, ma un vero uomo non dovrebbe neanche farsi venire le fregole per altri maschi, rammentò a se stesso, aggiungendo allo sconforto iniziale una ulteriore demoralizzazione. Non era come se ci potesse fare davvero qualcosa, del resto.

Sirius non si era affatto reso conto che scrivere una stupida lettera d’amore fosse così complicato, perché se l’avesse saputo non avrebbe di certo mai preso in giro tutte le ragazze che l’avevano fatto con lui. Aveva creduto che fosse di una facilità imbelle mettersi al tavolo, fare mente locale nel proprio animo e dare voce ai sentimenti.

E invece ogni goccia d’inchiostro nella piuma d’oca pesava come un macigno.

In mezzo a un turbinare di pensieri deprimenti di tal risma si era addirittura trovato, suo malgrado ovviamente, a pentirsi di tutte le volte in cui aveva impietosamente deriso Peter per la sua totale incapacità di mettere nero su bianco i propri pensieri per i temi di scuola, generalmente da consegnare il giorno successivo. Le stesse volte in cui si era roso segretamente d’invidia le viscere nel momento in cui, dopo pressanti richieste, suppliche, minacce e promesse da parte del “ratto”, interveniva immancabilmente Remus a dargli una mano. E aveva desiderato ardentemente di essere un completo idiota come Codaliscia, per il solo gusto di avere il viso concentrato di Remus appiccicato al suo al punto da assorbirne il calore della pelle.

Bene, era stato accontentato.

Ma non era decisamente il caso di chiedere aiuto a Remus, in quel frangente.

Si mise la piuma in bocca, ignorando la voce disgustata nella testa, che somigliava in maniera inquietante a quella di Ramoso,che gli rammentava che quella cosa era stata addosso a un lurido animale, a un uccello, ed era rivoltante. A me invece gli uccelli piacciono, mio caro Ramoso Mentale, per cui il problema non si pone, pensò tra sé e sé, e se non si fosse sentito così abbattuto con ogni probabilità avrebbe riso di quella battuta di pessimo gusto. Invece si prese le guance tra le mani e dalla piuma impietosamente stretta tra i denti (nessuna meraviglia che ogni mese ne dovesse cambiare una) scaturì un suono patetico a mezza via tra un gemito e un rantolo affranto.

Forse faceva ancora in tempo a buttarsi dalla torre.

Improvvisamente, una mano posata sulla sua spalla lo fece sobbalzare e dalle labbra spalancate in un gridolino patetico la penna planò dolcemente sul pavimento. Il collo scattò come una molla alla sua destra, e l’Animagus si ritrovò di fronte al naso lo sguardo arcigno e decisamente poco bonario della professoressa McGranitt.

Lo fissava dall’alto in basso da dietro gli occhiali tondi, nereggiando contro la luce del primo pomeriggio che filtrava polverosa dalla finestra lurida. Non si chiese nemmeno come avesse fatto a non sentirla arrivare, benché avesse chiuso la porta con diversi incantesimi e nonostante la vecchia Minerva non fosse famosa per il suo passo “ferino”. Era talmente concentrato su quello che stava facendo che non si sarebbe accorto nemmeno dell’arrivo di un Dissennatore.

Non si sarebbe notata la differenza, comunque.

“Signor Black.” La voce ferma e decisa della donna si fece strada nella vischiosità dei suoi pensieri confusi attraverso il sorriso piacevole ma in qualche maniera inquietante. “Trovo affascinante che la sua nuova dedizione allo studio la conduca nella mia aula anche al di fuori dell’orario di lezione, ma chiudersi dentro non sembra affatto un’idea sensata.” Sollevò un sopracciglio sottile con aria critica, puntando col naso dritto in direzione delle pergamene scarabocchiate che teneva di fronte. Aveva fiuto per quelle cose, forse sarebbe stata un Cane molto migliore di lui.

“Devo arguire che quello sia il tema sui rischi delle trasformazioni in Animagus che ho assegnato per domani?”, chiese, benché quell’aria di stemperata, divertita malizia nel tono di voce suggerisse a Sirius che nemmeno per un istante quella malfidata della professoressa McGranitt avrebbe creduto che si fosse rinchiuso nella sua aula per un così nobile (e noioso) scopo.

Solo perché l’ultima volta che era successo aveva incantato la lavagna di modo tale che qualsiasi cosa ci si scrivesse sopra risultassero scarabocchiate solo parolacce e disegni osceni... Avrebbe dovuto saperlo che non avrebbe mai tentato due volte lo stesso scherzo.

La professoressa allungò a tradimento una mano in direzione di quei fogli, per sincerarsi che non stesse scrivendo un piano di distruzione che comprendesse l’intero castello: cercò di afferrarli e accartocciarli malamente tra le dita (magari ingoiarli e digerirli, di modo tale che nessuno potesse mai recuperarli in luoghi che non fossero la tazza di un cesso), ma la donna fu più rapida.

Li artigliò con la rapidità del gatto di cui prendeva le fattezze e, aggiustandosi gli occhiali con una mosse sapiente del dito medio (che la faceva somigliare in maniera tale a Ramoso da far venire l’orrido dubbio che in realtà fossero parenti), si sedette al suo posto alla cattedra (nemmeno l’idea buffissima di tutti quei pallini di carta appiccicati sul suo sedere era riuscita a donare un po’ di buonumore a Sirius) e colpì la carta con un tocco deciso e leggero di bacchetta perché le fossero rivelate le parole nascoste sotto i rabbiosi righi d’inchiostro nero.

In quei pochi, interminabili istanti la faccia della professoressa più arcigna che avesse mai messo piede ad Hogwarts si posò su di lui, trasfigurato in una maschera di muto stupore, e fu quello il preciso istante in cui Sirius desiderò ardentemente che qualcosa lo annientasse in maniera orribile.

Avrebbe potuto gettarsi contro la McGranitt e riprendersi quei fogli con la forza col rischio di farsi espellere da scuola (ne sarebbe valsa la pena), o chiedere pietà in ginocchio convincendola a restituirgli i fogli. In un momento di particolare follia gli era passata per la testa persino l’idea deleteria di rivelarle tutta la verità, perché in quel modo perlomeno le cose si sarebbero concluse in maniera pietosamente rapida, poi fortunatamente il sangue aveva ripreso a circolare al cervello e aveva desistito.

Restò lì, immobile, seduto al banco solitamente occupato da Remus, il volto pallido congelato in una smorfia tesa, gli occhi bassi fissi sulla macchia nera che aveva intarsiato tra le venature del legno, gli angoli della bocca malamente piegati verso l’alto nella patetica imitazione di un sorriso nervoso, mentre il cuore, intrappolato in una cassa toracica che mai era sembrata così stretta e angusta, sembrava aver cominciato a seguire un ritmo tutto suo: non riusciva nemmeno a strapparsi fuori dalle labbra una delle sue famose, fantasmagoriche scuse per tirarlo fuori dai guai.

Era pur sempre un Black, anche se rinnegato!

Poteva sopportarla, quell’umiliazione!

Quando però le sopracciglia sottili della donna s’incurvarono verso l’alto congiungendosi nel mezzo della fronte in un’espressione di dolce, materna pietà decise che, no, era troppo anche per lui. Si alzò dal banco con una spinta secca dei fianchi, producendo un suono stridulo nell’istante in cui la pesante sedia di legno scuro gemette contro la pietra, e raccolse in fretta e furia le sue poche cose: la borsa dei libri, sempre penosamente vuota anche quando era ora di andare a lezione (per avere una scusa per leggere assieme a Remus in caso di bisogno più che per effettiva pigrizia), la piuma orribilmente mangiucchiata che giaceva esanime al suolo, e la sua fida bacchetta.

Poi inforcò rapido la via della porta abbozzando qualche sbrigativa scusa posticcia sull’andare in qualche posto per qualche motivo: doveva uscire da lì prima che il rossore gli imporporasse le gote, dando così in via definitiva il colpo di grazia a quello che senza alcuna ombra di dubbio era divenuto il momento più imbarazzante della sua esistenza.

La McGranitt però non sembrava dello stesso avviso.

“Signor Black, dove sta andando?”

Preso un profondo sospiro, l’Animagus si voltò in direzione della voce perentoria della sua insegnante di Trasfigurazione, sulla lingua una risposta tartagliata che gli morì impietosamente in gola nel vedere quel sorriso sghembo sul volto della donna impietosamente chino sui compiti da correggere. La vide inarcare un sopracciglio con aria sottile mentre la mano che non faceva volare la piuma d’oca sui componimento di chissà quali poveri ragazzi agitava mollemente quei cartigli scabrosi.

“Mi pare che questi siano suoi.”

Purtroppo sì.

Chiuse in poche, ampie falcate lo spazio che li separava, deglutendo a fatica un bolo di disagio pesante come piombo lungo la gola, spingendolo giù nello stomaco, e nella mente si faceva strada, come meccanismo auto-difensivo, la rinfrancante immagine della pergamena rovinata che prendeva spontaneamente fuoco tra le dita della vecchia.

Gli riuscì addirittura d’abbozzare un ghigno.

Allungò la mano e si riappropriò dell’agognato bene masticando sulla lingua un “la ringrazio” di falsa modestia, il quale in realtà prometteva ben più di una morte atroce.

E poi, accadde l’impensabile.

La McGranitt sorrise.

Un sorriso vero, schietto e aperto, forse addirittura complice, come quello di un normale essere umano. Sirius rimase incantato, gli occhi fissi su quelle labbra tese innaturalmente verso l’alto.

Assurdo.

Se l’avesse raccontato nessuno gli avrebbe mai creduto.

“Quando ero giovane…”, disse la donna, mentre lo sguardo vagava lontano, perso in ricordi antecedenti la costruzione di Hogwarts. “Ai tempi della scuola, ricordo ancora con piacere la più bella lettera d’amore mai ricevuta: era di un ragazzo che mi aveva fatto capire con le sue parole quanto la sua vita fosse stata desolante prima, senza di me.”

“Capisco…”, fu tutto ciò che riuscì a bofonchiare un Sirius più che sconvolto prima di inforcare in tutta fretta la porta senza nemmeno una parola di saluto, fuggendo poi nei corridoi, in direzione della Sala Comune. Le calde, piacevoli, rassicuranti, bollenti fiamme del camino avrebbero incenerito per sempre le prove di quel suo imbarazzante tentativo romantico, di modo tale che la McGranitt non potesse provare nulla in futuro per ricattarlo, o peggio, umiliarlo.

L’immagine della McGranitt dolce e ingenua innamorata, al contrario, non si sarebbe scrostata tanto facilmente dalle retine.

Fine Capitolo 1


Note di Fine Capitolo

Ho pensato che sarebbe stato carino in una storia scioccherella e senza pretese che verteva su una lettera mettere dei titoli seri o pseudo tali. Da qui la mia idea di rifarmi alla forma latina. Non temete, o donne e uomini che non masticate l’antica lingua, le note di fine capitolo vi aiuteranno in questo! ^.^ In questo capitolo vediamo

De pristino: Dal latino pristinus, -a, -um, aggettivo che significa “precedente”. Il De+ablativo forma in latino l’ablativo di argomento: indica la persona o la cosa di cui si parla, si scrive, ci si lamenta o su cui si riflette, si informa, eccetera. È comunemente usato anche nei titoli di libri o brani quando se ne enuncia il contenuto. In questo il caso il contenuto della lettera è la “precedenza”, perché la McGranitt consiglia a un mortificatissimo Sirius di scrivere facendo riferimento al proprio passato di pre-innamoramento.

Passiamo ai ringraziamenti individuali.

Call: Che dire? Lieta, davvero lieta che ti sia decisa ad esprimere una tua opinione a riguardo delle mie fic, mi fa molto piacere. Innanzitutto ti ringrazio per i complimenti al mio modo di scrivere (pensa che io invece sono poco portata a sopportarlo, sbavo e scodinzolo, nella migliore delle tradizioni canine, verso altri tipi di scrittura, più brevi (molto più brevi) e metaforici. D'altronde io e le metafore siam nemici atavici, per cui mi tengo il mio stile e lieta che venga apprezzato! ^_- Tra l'altro sono estasiata del fatto che tu abbia notato il mio tentativo di prendere in giro tutti i clichè delle yaoi Sirius/Remus. Sul serio, grazie, cominciavo a temere di aver fatto un lavoro pessimo visto che nessuno se n'era accorto. A ma diverte troppo fare questo tipo di ribaltamenti. Non odio i clichè, anche se Remus-donna indifesa mi fa sempre un po' sorridere, ma mi piace parodizzare un pochetto. L'aggiornamento non è stato proprio rapidissimo ma nemmeno a scadenza annuale, dai! XD Cavolo, hai cominciato a leggere slash con "Lei"... Un inizio traumatico, non c'è che dire! XD Ma sono contenta che tu non sia scappata a gambe levate dal genere a causa mia. Ancora tanti ringraziamenti a te per aver letto e commentato. Io non devo ricevere ringraziamenti, è solo un piacere sentire cose del genere! XD

Slanif: Grazie mille, anche a me il mio Sirius-commedia piace molto, è simpatico e non sempre un musone come lo descrivo sempre. ^_^ Eccoti accontentata col seguito.

Mixky: Lo vedrai a lungo alle prese con la lettera d'amore, "temo" (o la notizia ti rende felice? Mah! XD), la storia verte su quello. E' disperato ma credo sia felice del fatto che una volta tanto non lo faccio traumatizzare a vita dalla sorte! XDD Grazie mille per i complimenti.

Chii: Ripresami dalla delusione per il mancato ritrovamento di un sosia di Vincent, rispondo e posto questo capitolo della fic. XD Oh, una volta tanto un sirius rilassante, dai. Pippe mentali a iosa e quante ne vorrai (impossibile non farmi fare pippe mentali, è come cercare di tenere incatenato Maciste alle colonne del tempio), ma sempre del tipo rilassante. Non è il mio genere e si vede, ma mi hanno sfidata a farla questa fic e che Godric mi assista salterà fuori una cosa leggerina e carina, niente dark! XDDD Per cui se trovi cose dark bacchettami, sei autorizzata! XD Son poi stra contenta che ti sia piaciuto il fatto che Remus non si è fatto aiutare da Sirius. Anche se ammetto che è un comportamento maschile che io non capirò mai, che c'è di male a farsi aiutare? XD Mah, io alla stazione mi facevo sempre portare su i bagagli dal primo che passava! XD Non è che Sirius poi sia un gentiluomo... E' un cafone che ogni tanto ne pensa una.... Ma considera che lui fa il gentile solo per portarsi a pastrugnare qualche primina di solito, claro che Remus non vede benissimo quel gesto! XDD Tra l'altro parlavi del flashback... Questo non l'ha notato nessuno ma CASUALMENTE pare che mentre Sirius era al secondo anno di scuola Lucius fosse al settimo. ^.^ Spero di non deluderti per quanto riguarda i colpi di scena. Incrocio le dita e ringrazio un sacco per i complimenti! ^_^

Luz79: Ammetto di essere rimasta un attimo perplessa dal tuo commento all'inizio. Avevo un punto di domanda enorme sulla testa e nel cervello la frase "ma scrivo in maniera così incomprensibile?". Fortuna che poi ti sei spiegata! XD Me l'ha detto anche una mia amica che ogni volta che rilegge un mio pezzo ci vede sempre qualcosa di nuovo. Sarà che io sono l'autrice e so tutto quello che ci volevo mettere per cui di queste cose non me ne accorgo nemmeno, ma resto sempre piacevolmente lusingata quando me lo dicono. Lo trovo un magnifico complimento. ^_- Sperando che questo capitolo di Sirius alle prese con la lettera d'amore non ti abbia delusa, ti ringrazio ancora e saluto.

Skiblue: Grazie mille per i complimenti, arrossisco. Speriamo che anche il seguito ti veda così entusiasta! ^_^

Kar: Ehi, yaoi non significa per forza porcellate che donna di malpensiero! XDDD Le porcellate lasciamole per altre storie che sto scrivendo! *ç* Questa deve essere solo simpaticamente vacua! XD Altrimenti perdo la sfida e non so ancora cosa devo fare per penitenza ma nulla di buono credo! XD Ah, tra parentesi: puoi farmi notare le cose che non vanno (non ho avuto nemmeno una beta reader per questa storia, ce ne saranno 80mila di errori! XD) anche qui nello spazio commenti, non è un problema, anzi! ^_- Grazie per i complimenti.

FrancescaAkira: Speriamo che non sembri graziosa ma che lo sia fino all'ultima riga! Speranze di autrice, sopportami! XD Conoscendo Sirius, credo che non farà nessuna delle due cose che hai detto tu, ma vedrai! ^_-

  
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