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Autore: moni93    22/03/2012    2 recensioni
“Dai, Alice, alzati! È tardissimo: sono quasi le quattro del pomeriggio!”
In tutta risposta, mi rotolo dall’altra parte e torno a sonnecchiare.
“Alice? Ma che fai?”
Giuro, se mi chiama ancora una volta per nome, lo strozzo! Ma chi cavolo è?
“Non so chi tu sia, ma vattene. Adesso voglio dormire.” mi decido a dire, riluttante.
Il primo incontro tra Jack e Alice non inizia nel modo migliore, ma il giovane Vessalius non cederà facilmente e farà l'impossibile per conquistare il cuore della giovane, costi quel che costi.
Questa one-shot descrive il primo incontro tra Jack e Alice o, almeno, descrive quello che per me è stato il loro primo incontro. Tra una risata e l'altra, ho tentato di riassumere l'aura misteriosa e magica che la grande Jun Muchizuki ha dipinto fino ad ora. Attenzione: è presente un mega spoiler alla fine!
Genere: Commedia, Introspettivo, Slice of life | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Alice, Jack Vessalius
Note: Missing Moments | Avvertimenti: Spoiler!
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UN PICNIC FUORI PROGRAMMA

 

“Ben svegliata, Alice! Dormito bene?”

Uno strano figuro, dagli abbaglianti occhi verde smeraldo, mi sorride sottosopra.

Sento già di odiarlo.

“Beh? Cos’è quella faccia? Non sei felice di vedermi, Alice?”

Ok, se prima credevo che mi stesse antipatico, ora la cosa è ufficiale: non lo sopporto.

“Dai, Alice, alzati! È tardissimo: sono quasi le quattro del pomeriggio!”

In tutta risposta, mi rotolo dall’altra parte e torno a sonnecchiare.

“Alice? Ma che fai?”

Giuro, se mi chiama ancora una volta per nome, lo strozzo! Ma chi cavolo è?

“Non so chi tu sia, ma vattene. Adesso voglio dormire.” mi decido a dire, riluttante.

Non meriterebbe nemmeno una risposta da parte mia, ma forse così si deciderà a lasciarmi in pace.

E a stare zitto, soprattutto.

“Ma così non potremo giocare insieme! Ricordi? Oggi dobbiamo andare a esplorare la radura qui vicino.” continua lui, con fare lamentoso.

Radura?

Mi drizzo a sedere e mi guardo intorno: sono in una stanza circolare, molto simile a quella che si trova nell’altra mia casa, la sola differenza è che qui c’è una finestra che, come un occhio umano, mi mostra la sua iride celeste.

“Ah, allora abbiamo fatto cambio.” constato ad alta voce.

Ecco perchè quello scemo conosce il mio nome o, meglio, quello di mia sorella.

“Eh?” chiede lui confuso.

“Sei ancora qui? In effetti mi sembrava strano che nella mia altra stanza ci fosse un tipo così contento di vedermi.”

Lui, in risposta, inclina la testa senza comprendere.

“Eh?” ripete.

Basta! Adesso gli mollo uno schiaffo, quanto meno!

Perchè Glen permette che uno svitato irritante entri in camera mia? Appena lo vedo gliene dico quattro!

“Non capisco di che parli, ma dato che sei sveglia, perchè non ti alzi e ti cambi?”

“No.”

Nell’Abisso il tempo non passa mai, quindi potrei aver dormito una settimana intera, ma non importa.

Tanto anche in questo mondo non c’è mai nulla da fare, perciò, potrei anche continuare a sonnecchiare.

Peccato che questo tizio abbia in mente tutt’altro per me.

“No!” esclama, strappandomi di dosso le coperte che mi avvolgevano nel mio candido rifugio.

“Ehi!” protesto, mentre lui fruga nel mio armadio e, con la rapidità di un fulmine, seleziona un abito che gli aggrada e me lo getta addosso.

“È già tardissimo, Alice! Cambiati alla svelta, io ti aspetto di sotto.”

Detto ciò, finalmente, se ne va.

Ma chi diavolo è???

Vorrei prorompere in un urlo tanto forte da squarciare il cielo, invece, sospiro.

Beh, ormai sono sveglia, no? Tanto vale cambiarmi.

Così indosso l’abito color pesca che quello strano ragazzo, di cui ignoro il nome, ha scelto per me.

“Alice.” invoco con calma il nome di mia sorella.

Silenzio.

“Alice, rispondi. Lo so che mi senti.” ripeto, stavolta con una nota di asprezza.

Come supponevo, la mia cara sorellina appare di fronte a me. Beh, più o meno; la sua immagine compare nello specchio e chiunque capirebbe che quella proiettata sulla superficie riflettente non sono io. I miei capelli provengono dalla terra, mentre quelli di Alice sono composti da cristalli di neve.

“Mi cercavi?” chiede con aria fintamente innocente, come se non sapesse quello che mi è appena successo.

“No, cercavo l’altra Alice.” dico sarcasticamente.

“Perchè?” chiede eccitata “Ce n’è un’altra?”

Ma quanto è scema da uno a cento?

“Probabilmente mille.” mormoro.

“Eh? Ho altre mille sorelle?! Che aspettavi a dirmelo?” domanda ingenuamente, con la sua solita aria da svampita.

Se io non ci fossi, lei non durerebbe dieci secondi da sola, poco ma sicuro.
“No, stupida! Siamo solo noi due! Piuttosto, mi spieghi chi è quel tizio?”
“Quale tizio?”

“Quello assurdo, con più capelli che cervello e con gli occhi color vomito!”

La svampita ci pensa un po’ sopra e poi un lampo le illumina gli occhi.

“Ah, lui? Quello è Jack!” trilla felice, mostrandomi uno dei suoi sorrisi più raggianti.

“Oh, giusto, Jack.” ripeto tranquilla “E perchè diavolo non me l’hai detto?????” sbraito dopo un attimo, facendola sussultare.

“Ma... ma... quando l’ho conosciuto, tu dormivi.” si giustifica.

Dannazione, perchè l’ha sempre vinta lei?

“Oooh, Aaaaaaliceeee!! Sei pronta?”

Di nuovo lui, ma cos’è? La reincarnazione di un qualche avvoltoio?

Mi sporgo dalla finestra (ben felice di non dovere delle scuse a quella scema di Alice) e lo vedo; è poggiato placidamente all’ombra di un albero.

“Oh!” esclama appena mi vede “Sei bellissima con quell’abito!”

Arrossisco.

Un momento, perchè arrossisco??

“Coraggio, scendi!” m’incoraggia.

“Che? Non posso! Glen non vuole che esca dalla torre!”

Men che meno se scortata da uno strambo rompiscatole.

Lui mi sorride, cioè più di prima, perchè, ora che ci faccio caso, non ha mai smesso nemmeno per un attimo di increspare le labbra all’insù.

“Ma Glen non è qui adesso, no?” esclama con fare da saccente.

Io rimango basita.

“Occhio non vede, cuore non duole.” conclude allegramente.

“Io, comunque, da qui non scendo!” dico risoluta.

Glen o no, non ho alcuna intenzione di approfondire la conoscenza con quel tizio (tant’è che mi rifiuto categoricamente di chiamarlo per nome, anche se ora lo conosco).

“Paura?”

Cosa?

Che ha appena detto?

“Prego?” domando ad alta voce, leggermente alterata.

“Oh, ti capisco: hai paura, ma è normale che una bambina così piccina abbia paura di uscire dalla sua tana.”

Adesso osa darmi anche della mocciosa, oltre che della codarda? La tentazione di scendere ed ammazzarlo è forte, ma non mi lascerò fregare. Quel trucchetto l’ho inventato io e lo uso sempre con Alice.

“Guarda che non sono scema: la psicologia inversa con me non attacca.”

“Davvero? Beh, tanto meglio: le ragazzine paurose a me non piacciono.”

Sai che fitta al cuore.

“Peccato, avevo preparato tutto l’occorrente per fare un gustoso picnic nella radura...” mormora tra sé, ma abbastanza ad alta voce perchè io lo oda.

Il mio cervello elabora una semplice equazione: picnic uguale cibo.

Non mi serve altro da sapere.

“Ehi! Fermo lì o, quanto meno, lascia lì il cestello!”

Non ne sono certa, ma mi pare di averlo sentito ridacchiare. Peggio per lui, adesso scendo e...

C’è solo un piccolissimo problema. Quando raggiungo la rampa di scale, mi blocco.

Non che abbia paura, sia chiaro! Però...

“Coraggio, sorellina! Puoi farcela!” m’incita quella svampita, ancora intenta ad osservarmi.

“Guarda che non ho bisogno di alcun incoraggiamento! Non ho paura, è solo che adesso non mi pare il momento più adatto per muovermi...”

“Bella scusa.”

“Che hai detto?”

Adesso si è data pure al sarcasmo?

“Niente, niente.” dice lei, scuotendo la testa e osservando il soffitto “Solo... CHESHIRE!!!”

“E adesso che c’entra il tuo stupido gatto?”

Lei mi indica le scale alle mie spalle.

“Se ne sta andando! Ti prego, riportalo qui!”

Sinceramente, preferirei liberarmi di quell’odioso gattaccio, ma dato che pare essere l’unica cosa in grado di tenere buona Alice, non ho alternativa.

“E va bene, te lo riprendo io il tuo stupido gatto!”

Detto ciò, inizio a correre giù per le scale, solo che non me ne rendo conto subito. Infatti, quando realizzo di essere ormai praticamente fuori dalla torre, inciampo sull’ultimo gradino e cado. Ma qualcuno mi afferra dolcemente, stringendomi tra le sue braccia come se fossi una cosa estremamente fragile e preziosa.

“E brava Alice! Ce ne hai messo di tempo, però!”

La persona che mi avvolge con calore è Jack.

Quasi non ci credo: è la prima volta che vengo abbracciata e... non è per niente una sensazione spiacevole. Ovviamente, non intendo far sapere a Jack i miei veri sentimenti, perciò lo allontano da me con uno spintone.

“Guarda che non sono certo scesa perchè volevo vederti, Jack! Ero solo scesa a recuperare quello stupido gattaccio!”

Jack mi osserva rapito per qualche istante, anzi, sembra quasi che stia guardando oltre me stessa... o forse sta pensando a qualcun’altro? Quell’impressione è fugace come un lampo e, in men che non si dica, Jack ritorna alla realtà.

“Gatto? Quale gatto?” mi chiede con aria innocente.

Io corrugo la fronte e mi metto a gesticolare, per rendere ancora più chiare le mie parole.

“Cheshire! È un gatto nero, presente? Orecchie a punta, coda lunga...”

Lui inclina la testa, pensoso e divertito dallo spettacolo infantile che gli sto regalando involontariamente.

“Occhi verdi e odiosi come i tuoi.” aggiungo, speranzosa.

Per una volta pare avermi compresa.

“Ah! Quel gatto nero che era con te anche ieri?”

“Sì.” rispondo, anche se la verità è un’altra.

Cheshire era con Alice, non con me, ma tanto per lui è la stessa cosa.

Senza preavviso mi prende la mano e mi conduce fuori, verso l’albero cui era appostato poc’anzi. Non ho nemmeno il tempo materiale per protestare, che lui si ferma e m’indica la finestra dalla quale io e mia sorella ci sporgiamo sempre. Sto per domandargli che diavolo ci trovi di così interessante, quando lo vedo: Cheshire è sdraiato placidamente sul davanzale a prendere il Sole, come una lucertola.

“Quella maledetta...” mormoro.

Allora non era vero che Cheshire era scappato, era solo una scusa per farmi precipitare giù dalle scale! Maledetta finta rimbambita di un’Alice! Quando torno giuro che la strangolo, come minimo!!

“Davvero non l’hai visto? Eppure si è messo lì non appena ti sei allontanata.” dice Jack, facendomi crollare un altro macigno sulla testa, come se quelli precedenti non mi avessero già fatto sentire sufficientemente idiota e manipolabile.

“A proposito...” la sua voce si fa melliflua e seducente “Sbaglio o prima mi hai finalmente chiamato “Jack”?”

Ecco, quello poteva anche risparmiarselo.

“Ti chiamo per nome, solo perchè mi sono stufata di definirti “tizio assurdo dagli occhi...” Ehi!”

“Scusa Alice, ma adesso dobbiamo proprio andare: è tardissimo!” fa lui, intrecciando nuovamente la sua mano destra con la mia e afferrando con la sinistra un cestello di vimini, che fino ad ora non avevo notato.

Ma è mai possibile che debba fare tutto repentinamente e senza il minimo preavviso??

Uff, che nervi! Lo seguirò e starò con lui, ma solo per mezz’oretta o forse un’ora, e poi me ne andrò. E non mi divertirò di certo!!!

Percorriamo pochi metri cosparsi di torri arboree, fino a quando queste svaniscono d’incanto. Il luogo in cui siamo giunti è un’enorme distesa a cielo aperto, con cento, mille fiori celesti che spuntano dal terreno; sembra quasi che il cielo, dopo aver pianto di gioia per la notizia dell’arrivo della primavera, abbia deciso di donare una parte di sé alla terra, che ora mostra orgogliosa quelle magnifiche lacrime azzurre.

“Ti piace, Alice?”

Quasi non lo sento.

Mi avvicino titubante a quella marea delicata, intimorita all’idea di poter rovinare quella meraviglia con la mia sola presenza. Mi sento di troppo, mi sento fuori luogo. Non credevo che la natura potesse mostrarti quanto piccolo e insignificante sia l’uomo, rispetto al mondo.

Una lieve brezza dorata mi passa accanto: è Jack.

Sembra che abbia tutta l’intenzione di gettarsi in mezzo a quel celeste abbagliante, però non è solo questo, dato che mi afferra la mano e mi fa precipitare al suolo insieme a lui.

“Ma sei matto?!” sbraito.

In tutta risposta lui si stiracchia placidamente, come un gatto voglioso di godersi il Sole pomeridiano. Forse è per questo che non mi piace, assomiglia troppo a Cheshire. Ho appena il tempo di pensare ciò, che le sue iridi si concentrano sul mio viso e inizia a ridere di cuore.

“Cosa?! Che c’è?”

Non ne comprendo il motivo, ma mi dà estremamente fastidio vederlo ridere di me.

“Hai un petalo sul naso!” esclama dopo qualche tempo.

Quelle parole sono seguite dal gesto della sua mano, che si protende sul mio viso, scostandomi dolcemente il frammento celeste.

Ciò che seguì fu uno dei pomeriggi più felici e indimenticabili della mia vita. Cogliemmo fiori, mangiammo circondati dai suoni e gli aromi della natura e Jack mi confezionò anche una ghirlanda di fiori, che mi pose sulla nuca a mo’ di corona.

“Ecco: adesso sei in tutto e per tutto una principessa!”

Quando odo quella frase, le mie mani sfiorano i delicati petali che adornano la mia testa e le mie guance si tingono di un salutare rossore.

“Allora... tu sei il mio cavaliere?” domando, impaurita e speranzosa al tempo stesso.

Di nuovo un suo sorriso, di nuovo un sussulto del mio cuore.

“Certo, per servirla, milady.” risponde fieramente, facendomi un profondo inchino.

Quando lo saluto sull’ingresso della torre, mi sento stranamente diversa. Triste... forse è quella la sensazione che provo, ma non ne sono sicura. Oggi ne ho sperimentate decisamente troppe e eccessivamente intense, per il mio solito.

“Allora ci vediamo domani, Alice.” mi saluta lui, voltandosi e avviandosi verso la foresta incantata.

“Jack!” lo invoco e subito si volta “Tornerai domani... me lo prometti?”

“Sicuro: un cavaliere non abbandona mai la sua dama.”

Rincuorata, risalgo saltellando le scale: stanotte non riuscirò a chiudere occhio, ne sono certa.

 

La piccola Alice sembra rassicurata dalle mie parole. Mi sorride timidamente e si avvia lungo la scalinata, che la ricondurrà alla sua prigione.

È stato più facile di quanto pensassi.

Temevo che l’altra Alice non si sarebbe lasciata coinvolgere tanto facilmente, invece è esattamente come tutte le altre fanciulle della sua età: ingenua e facilmente manipolabile. Nulla a che fare con la mia Lacie.

Sospiro e osservo la volta celeste, che apre il suo sipario dalle tinte rosse e rosate, quasi a voler annunciare al mondo intero che presto la protagonista dello spettacolo notturno, la signora Luna, si presenterà radiosa alla platea trepidante.

Sorrido.

“Pazienta ancora un poco, Lacie. Presto ti condurrò di nuovo nella nostra radura e mai nessuno ci separerà. Te lo prometto... dovessi compiere una strage, dovessi vendere la mia anima e il mio corpo al diavolo, io ti riavrò al mio fianco...”

Osservo per l’ultima volta l’occhio dorato della torre della principessa sacrificale.

“Lo spettacolo, ha inizio.”

 


ANGOLO DELL’AUTRICE:

Un mega ciao a tutti! ^^

Che bello, finalmente ho concluso anche questa storia, ne sono così felice! Dopo tutto quello che è avvenuto nel manga, mi è sorta spontanea una domanda: ma Jack come ha incontrato le due Alice? Cioè, ok che si è fatto vedere da una di loro, mentre cascava da un albero, e che poi è andato a trovarla, però l’altra? Per intenderci, quella che incontra la prima volta nel manga è senza dubbio la Volontà dell’Abisso, dato che quest’ultima stringe a sé Cheshire, perciò in questa mia fanfic avviene l’incontro con l’Alice che tutti noi conosciamo (quella che ama la carne e Oz, per intenderci).

Spero solo che abbiate gradito, sebbene non sia uno dei miei migliori lavori, mi sono impegnata a fondo anche stavolta, per mantenere IC i personaggi. Come vi sembra il risultato? Fatemelo sapere!!

Vi saluto, alla prossima!!

 

Moni =)

   
 
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