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Autore: Archangel 06     22/03/2012    1 recensioni
Seconda storia della serie "Giù nello Sprawl", prequel di "Cybermània".
in questa storia veniamo a scoprire qualcosa di più sul periodo di formazione della banda dei Biohazard, sui suoi membri e soprattutto sul cybernauta Eva...
Genere: Generale, Science-fiction | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno
- Questa storia fa parte della serie 'Giù Nello Sprawl '
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17 aprile 2120 (NB: questa vicenda si svolge un anno prima degli eventi raccontati in “Cybermània”.)
 
Leprosy era già la decima persona che si univa ai Biohazard.
Era una solitaria.
 
Senza contare Three e Four, il gruppo risultava essere composto da Two e One, Cholera, l’unico cybernauta del gruppo, Tetanus, Syphilis, Leprosy e Dengue, i quattro solitari, Polio ed Ebola, i tecnici, e infine Zoster e Rhabdo, i due tecnomedici.
 
“Dovremmo trovarci una base, a questo punto…” aveva proposto Four, mentre si dividevano il bottino ricavato dalla vendita di uno stock di armi rubate.
Effettivamente non potevano continuare a trovarsi nei bar per discutere dei loro piani, e avevano bisogno di una soluzione abbastanza in fretta.
 
La soluzione arrivò meno di un paio di mesi dopo assieme a Pestis, un nero gigantesco con il braccio destro sostituito da una protesi di evidente fattura russa, con tanto di muscoli idraulici racchiusi sotto la vistosa copertura in materiale plastico verde evidenziatore e i denti sostituiti da una dentatura "Bocca Squalo Special" in oro.
 
Pestis aveva proposto loro un accordo vantaggioso: lui sarebbe entrato nella banda, e in cambio di una congrua percentuale si sarebbero potuti stabilire nel seminterrato del suo bar.
 
Si erano fatti ben presto un nome, erano diventati abbastanza rispettati giù nello Sprawl, e la loro nomea aveva iniziato ad attirare gente nuova e nuovi lavori: furti ai militari e alle corporazioni e ricettazione restavano le loro occupazioni principali.
Naturalmente ben presto avevano dovuto iniziare a lottare per restare a galla: le altre bande, già dentro il giro da più tempo, non vedevano sicuramente di buon occhio quel gruppetto che soffiava loro gli affari.
 
 
“Leprosy! Chiama Zoster e Rhabdo, presto!”
Three reggeva Four, rincoglionito dalla morfina e dalla perdita di sangue del braccio maciullato dall’esplosione di una granata a frammentazione.
Ricordava vagamente un quarto d’agnello o di pecora appeso al gancio di una macelleria.
 
Le cose andavano male, ultimamente, stavano perdendo terreno: Four non disperava però di riuscire a riguadagnarlo, anche se si ritrovavano senza cybernauta visto che Cholera era stato flatilineato durante un’incursione informatica.
L’avevano trovato pochi giorni prima, riverso sulla sua postazione col cervello offline, non era stato un bello spettacolo.
Ora però, con Four sotto i ferri e Cholera flatilineato erano davvero nei guai.
 
Three camminava lasciandosi trasportare dalla corrente di umanità diseredata e senza volto che percorreva le strade dello Sprawl.
Aveva bisogno di pensare.
Il cielo era incolore, l’onnipresente nebbia assumeva quella tinta grigiastra che era il risultato del frullato di colori delle insegne al neon: in lontananza si poteva distinguere l’inquietante silhouette nera della Torre Arasaka, che svettava sugli altri edifici di Night City tagliando a metà il cielo come la spada di un samurai, e la sagoma tondeggiante dell’arcologia Pacifica, una specie di grossa bolla di plastimetallo che sembrava sul punto di scoppiare da un momento all’altro.
 
Si fermò a un chiosco giapponese a comperare delle polpette di riso con chissà che cosa dentro, ma erano dolci e impastavano la bocca.
Quando doveva pensare aveva bisogno di mangiare.
 
Passò davanti a uno dei tanti alberghi- bara che riempivano Night City, tutti uguali e ugualmente rifugio economico di chi cercava un posto sicuro (ragionevolmente parlando, ovviamente… era lo Sprawl quello, mica il Distretto Finanziario) ed economico dove passare la notte: dopotutto la termoschiuma poteva essere addirittura più comoda di uno dei materassi di piume dell’Hilton, se non dormivi da qualche giorno perché avevi il fiato sul collo.
Anche lei ci aveva dormito tante volte.
 
Mandò giù l’ultimo boccone di polpetta dolce, e decise che non aveva ancora trovato una soluzione soddisfacente.
Andò avanti a vagare senza una meta apparente, fermandosi solo per comperare da un cinese un cartoccio di pollo al limone, che mangiò lentamente.
 
Avevano bisogno di un nuovo cybernauta, prima di tutto: il problema era trovarlo.
Però forse c’era una persona che poteva scovarle un cowboy che non si facesse flatilineare alla prima incursione: perciò cambiò bruscamente direzione, incamminandosi verso il posto dove sapeva di poter reperire sempre e comunque quello di cui aveva bisogno…
Dietro congrua ricompensa, naturalmente.
 
***
 
Quel vecchio magazzino aveva perso ormai da anni il suo scopo: ora ospitava la piccola banda di Emmi “Runoia” Häyhä.
 
Come al solito la donna stava seduta alla sua scrivania, nell’ “ufficio” ricavato in un angolo del magazzino tramite lunghe tavole di compensato ricoperte di termoschiuma fonoassorbente.
Come al solito aveva un abbigliamento quantomeno eccentrico: drappeggiato sopra la giacca militare con il camo invernale bianco e grigio aveva un poncho stile Clint Eastwood in “Per un pugno di dollari” e un cappello da cowboy nello stesso stile.
Alla parete stava appesa in bella mostra una nutrita collezione di fucili di precisione, tra i quali spiccava un residuato della seconda guerra mondiale religiosamente chiuso in una teca di plastica antiproiettile.
 
“Three, ma che piacere vederti” fece la donna senza muoversi di un millimetro.
“Runoia” fece lei.
“Era un po’ che non capitavi da queste parti. Cosa può offrirti una povera commerciante di silicio?”
Three si astenne dal commentare il “povera commerciante”, limitandosi a dare un’occhiata esplicita al poncho, che era fatto di lana vera, e non di fibra cresciuta artificialmente. 
Runoia era finlandese, e si era trasferita dalle arcologie di Helsinki nel tetro Sprawl di Night City per dare libero sfogo alla sua “inclinazione agli affari”.
In fin dei conti tutti sapevano che in Scandinavia lo Sprawl non esisteva.
 
“Mi hanno flatilineato il cowboy, Runoia. Hai qualche talentuoso disperato che non ha paura di un Black ICE?”
 
“Oh, che richiesta inusuale…” commentò con un guizzo divertito negli occhi verdi, congiungendo le punte delle dita e spostando indietro la sedia per appoggiare sul tavolo i piedi calzati in stivaletti di pelle nera col tacco 12 a spillo, mentre le lunghe gambe snelle erano infilate in un paio di pantaloni dello stesso materiale.
“Fammi pensare” proseguì pensosa. “Si, in effetti avrei un runner abbastanza disperato, il problema è che lavora per me attualmente… cerca di capirmi, sono restia a privarmi dei suoi servigi…”
 
Lo fa per tirare sulla percentuale di ingaggio, pensò Three.
 
“Per l’ingaggio ci penseremo poi. Fammelo incontrare.”
“Stasera al Päällikkö, alle nove. Vedi di esserci.”
 
“Fatta.”
 
***
 
Il Päällikkö, il cui nome veniva spesso abbreviato in “Pali” dai suoi avventori, era un piccolo bar in cui potevi non sentir parlare inglese per un’intera settimana.
Era situato in mezzo al quartiere meno peggio dello Sprawl, ed era uno di quei bar dove ci andava la gente che non aveva questioni di lupara bianca, come le chiamavano gli immigrati italiani. Quell’espressione aveva preso rapidamente piede, ormai tutti chiamavano così i regolamenti di conti.
 
I proprietari erano quattro: un insegnante, un reporter, e i due gestori, finlandesi anch’essi: non c’era da stupirsi se Runoia aveva indicato quel locale come luogo di appuntamento.
Quando Three arrivò, accompagnata da Leprosy e Tetanus come guardaspalle e da Ebola, l’unico rimasto assieme a Polio ad avere cognizioni informatiche sufficienti, Runoia ancora non c’era.
 
“Three, è qui.” La voce di Leprosy, rimasta fuori a controllare, le giunse attraverso il trasmettitore auricolare.
L’accompagnatore di Runoia era un venticinquenne allampanato e magro come un chiodo, dall’espressione stralunata e il cranio rasato e liscio: una fila di spinotti gli correva dall’attaccatura della fronte fino alla nuca.
Quando si sedette, Three poté contarne otto.
La giacca di pelle logora gli cadeva dalle spalle come da un appendiabiti, e 
Doveva essere sotto l’effetto di qualche droga blanda, perché pareva alquanto su di giri, gli occhi azzurri spiritati.
“Io sono Three. Tu devi essere il cowboy” fece cercando di valutare se quel punk potesse davvero valere la pena di pagare la salata percentuale di Runoia.
 
“Si, sono io” replicò lui, osservandola.
“Sai che cosa ti offro, vero?”
 
“Si, e ci sto… ma a una condizione.”
Questa uscita fece immediatamente tendere Tetanus come una corda di violino.
“Sentiamo.”
 
“Non voglio essere coinvolto direttamente nella banda. Voglio essere un collaboratore esterno con una certa libertà.”
Three rimase in silenzio, mentre Tetanus non dava segni di volersi rilassare. Ebola per conto suo non aveva fatto una piega.
 
“Si può fare. Tu però naturalmente capisci che se dovessi tradirci, ti faremmo saltare il cervello ugualmente, no?”
“Naturalmente. E voglio il 20% di quello che vi faccio guadagnare.”
 
“Scordatelo.”
“Il venti o niente.”
“Prenderai la stessa percentuale degli altri.”
“Voi avete bisogno di me.”
“Vieni un secondo fuori, devo spiegarti un paio di cose.” Three fece un gesto, e svelto come un gatto Tetanus afferrò il malcapitato cybernauta trascinandolo fuori, seguito da Three.
 
“Fa sempre così, per ottenere quello che vuole?” domandò Runoia sorseggiando la birra.
“Si. Sarà bene che sia lei a sostituire Four, quando lui morirà” constatò Ebola, imperturbabile.
“Almeno non ha scatenato una rissa qua dentro” intervenne uno dei due gestori, un uomo biondo e non troppo alto, con una pancia notevole e senza pollice destro.
Dopo neanche un quarto d’ora i tre tornarono dentro, e il cowboy era stato ridotto a più miti consigli.
 
“Allora siamo d’accordo, Runoia. Avrai la tua solita percentuale… tu invece vieni con noi, Eva.”
“Io non mi chiamo Eva…”
 
“Non importa. Da oggi i Biohazarder ti conosceranno come Agente Virale Esterno(In inglese External Viral Agent). Niente veri nomi, tra i Biohazarder." 








Ed ecco la seconda parte della storia. sorpresa, non è il sequel ma è il prequel... ed ecco come Eva si è unito alla banda :3 
così M Kolme è contenta, che voleva sapere di più sul misterioso netrunner xD 
be che dire... adesso devo aspettare l'ispirazione per il sequel. avere a che fare con la Arasaka non è mai una cosa semplice, e voglio far passare un brutto quarto d'ora ai nostri eroi... ghghgh xD il manuale "Dossier Arasaka" aiuterà notevolmente, in questo *.* 
a presto! 
 
   
 
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