Ho cominciato una Itachi/Sasuke e
devo dire che quasi non ci credo. In effetti ho anche
un progetto per una Sasu/Saku, ma la precedenza a questa, solo per il mio amore
parmenidiano.
Ora, è una storia a tematica leggermente shonen-ai, e il
raiting è per forza R, le
avvertenze… nessuna, direi. Generi: romantico,
malinconico, dark.
La fanfic non è a scopo di lucro e i personaggi non mi appartengono.
Un paio di note introduttive, che non fanno mai male.
L’analisi dei due protagonisti sarà approfondita, ma non credo che lo sarà
altrettanto il loro legame. Ho intenzione di sviluppare altri personaggi, of course.
Rimango ancora abbastanza ignorante su Naruto e il suo
mondo.
Ma piano piano progredisco, abbiate fede. Prima o poi ce la farò.
Below The
Tree
Believe
[no tears left under the sky]
First Act
Settembre
era passato, e con lui anche l’estate.
Lui
aspettava.
La luce, l’ombra, il dolore, la
passione…?
Lui
aspettava.
Le foglie
gli erano praticamente cadute sulla testa, tanta era stata la sua immobilità.
Ad ogni
modo, nessuno, di questo era più che sicuro, sarebbe venuto a toglierle dai
capelli neri, dandogli una spinta per farlo svegliare.
Ci sei, Uchiha?
Pensi di poter fare qualcosa, oltre
quello che fai già?
Io aspetto.
Non faccio niente, solo, aspetto.
Si era
fatto divorare l’anima, in cambio di quelle lacrime nere che rappresentavano
potere e perdizione. Anche questo era niente?
Niente se confrontato con quello che suo
fratello poteva concepire con un unico penetrante sguardo.
Itachi.
Itachi Uchiha.
Poteva
sembrare strano ma un tempo avevano condiviso la
parvenza di un legame.
C’erano
state frasi a spezzare il silenzio, qualche notte, o pause dense come nevischio
che avevano significato tanto, per quel ragazzino timido ed introverso che [lui] era stato in passato.
Itachi.
Itachi che
lo aveva aiutato nei suoi primi movimenti. Goffi, impacciati, movimenti di un
ragazzino eccessivamente gracile che
non poteva far altro che osservare suo fratello.
Itachi.
Che era
suo fratello.
Che
tornava sempre illeso da ogni viaggio, sempre più forte, mentre lui rimaneva
costantemente proiettato verso il basso, incapace di raggiungerlo.
Lui.
Cosa aveva
fatto, lui?
Lui,
secondogenito benvoluto. Se Itachi era forte e
solitario, lui avrebbe dovuto essere tale. Ma era debole. E nemmeno simpatico,
o carismatico, o dolce, o… qualcosa.
Io aspetto.
Non faccio niente, solo, aspetto.
Ho venduto la mia anima per lui, e
lui non è mai venuto a riscattarla.
I suoi occhi scuri, densi, si alzarono fino alla linea del
tramonto. Si tirò in piedi lentamente, poggiandosi sulle mani. Faceva freddo,
lo sapeva, la nebbia concentrata a grumi andava sparendo rapidamente, e la
natura era pronta all’autunno.
Ma allora, perché non sentiva niente?
La tua anima, Uchiha.
La tua anima galleggia sospesa e non tornerà.
Non puoi afferrare
quello che hai così impunemente venduto, lo sai, vero?
Perché aspetti fermo,
allora?
Io aspetto.
Non faccio niente, solo, aspetto.
Ho venduto la mia anima per lui, e
lui non è mai venuto a riscattarla.
Per questo, aspetto qui. Perché io
voglio bene a mio fratello, e lui mi vuol bene.
Verrà.
Si stava bene, avvolti nella tiepida realizzazione di
dover costantemente vivere senza nulla di cui effettivamente preoccuparsi;
nemmeno il sentir freddo poteva scalfirlo.
Quasi che Orochimaru gli avesse portato via l’anima solo
per farlo resistere di più, e aspettare.
Si allontanò a passi circospetti dall’albero – come se
farlo significasse quasi tradirlo,
tradire tutto quel tempo che era passato, mentre aspettava – e continuò a voltarsi,
a intervalli regolari. Ma sotto l’albero c’erano solo le foglie che
imperterrite continuavano a cadere, senza far alcun rumore.
Quando finalmente si inoltrò dentro il bosco della Morte
[è qui, lo so, qui che ho detto addio
a tutto]
sentì come un filo che finalmente si
fosse rotto, spezzato. Lo stava lasciando indietro, scientemente, anche se la
sua forza di volontà traballava ad ogni passo, minacciando di tradirlo.
Resta saldo e non
succederà niente.
Resta saldo e lui
sparirà dai tuoi sogni, dai tuoi incubi, dalla tua realtà.
Si fermò. Inutile negarlo, non era pronto a fare quel
passo – quei passi –, né credeva che lo sarebbe mai stato. Voltò il suo corpo
[la mia mente è sempre rimasta lì]
e tornò indietro, sempre più leggero ad ogni falcata.
A metà strada, si fermò di nuovo.
Negli ultimi anni non era stato l’unico ad aspettare, si
rese conto. Naruto, stanco, aveva preso la sua strada, e Sasuke non credeva che
l’avrebbe mai più visto a Konoha.
“- Sasuke, devi smetterla di
comportarti così! –“
“- Sasuke, usciamo a mangiare dei
ramen…? –“
“- Sasuke, non capisci che è troppo
tardi per tornare indietro? –“
“- Sasuke, lui non tornerà. –“
“- Sasuke, smettila. –“
“- Sasuke, basta. –“
“- Non capisci che Sakura sta
soffrendo? –“
Sakura, Sakura Haruno che aveva promesso di seguirlo
qualora fosse stato il caso. Che si era innamorata di lui e a quanto ne sapeva,
non aveva mai smesso di amarlo.
Lui aspettava, e così faceva anche lei.
Povera Sakura.
Rovino la mia vita, e
rovino la sua.
Ad aspettare sotto quel albero non era mai stato solo,
Sasuke.
Per questo a dieci metri dalla quercia si era fermato,
volgendo lo sguardo su Konoha. Là, a sud, ai margini della radura, c’era un
piccolo gruppo di case. Case che erano l’inizio del suo villaggio. La prima
casa verso nord era la dimora della strega del villaggio della foglia.
Era la casa di Sakura Haruno, che da
quando aveva sedici anni aspettava insieme a lui, nel silenzio,
guardando da dietro un vetro tutto quello che non poteva toccare.
Non l’aveva più vista da due anni.
Si incamminò in quella direzione.
[da quella finestra, sulla facciata
nord, si può vedere l’albero, non è vero? Se arrivasse, potrei vederlo]
Quando spalancò la porta una zaffata di fumo gli mozzò il
fiato, costringendolo ad arretrare. Incensi, pensò. Era fumo d’incensi bruciati
anni prima, rimasti intrappolati in una piccola stanza.
C’era uno strano odore, là dentro.
- Sakura? –
Si aspettò di vederla arrivare correndo come quando di
anni ne aveva undici, e non diciannove. Si aspettò di vedere i suoi occhi
azzurri come pozzi d’acqua pulita.
- Sakura? –
Lei stava su una sedia a dondolo, e avanti e indietro, a
avanti, e indietro.
Lo scricchiolio del legno vecchio era una nenia
consolante.
- Oh, Sasuke. – disse lei, alzando gli occhi socchiusi su
di lui. – Sei venuto, finalmente. –
Gli incensi bruciavano a pieno regime, la porta dietro di
lui si era richiusa. Le sedia oscillava, pigra.
- Sono stata brava, lo sai Sasuke? Sono diventata un bravo
ninja medico, e ho imparato… - tossì – ho imparato a richiamare i corpi dallo
stato di morte, così che se tu morissi mentre
combatti, saprei curarti. Anche Naruto… -
“- Naruto è andato via, Sakura. –“
“- Come può essere? Mi avrebbe
detto qualcosa, me l’avrebbe fatto sapere… -“
Confusione nei suoi occhi.
“- Mi dispiace. –“
“- Ma no, ci sarà qualcosa… -“
“ -Forse non voleva farti soffrire
troppo. Me ne vado ad aspettare, Sakura. –“
“-…-“
Tutti aspettano. Ma cosa…?
- Ho fatto tanti esperimenti. Solo che l’incantesimo
impiega un anno per essere efficace. Così sai, ho tanti nuovi amici. C’è solo
un piccolo problema, loro sono un po’… - un gatto saltò sulle sue ginocchia.
Sakura spalancò gli occhi arrossati dal fumo, sangue
nell’acqua, e altrettanto fece Sasuke.
Dietro la ragazza, molti animali.
La ninja sorrise in una smorfia quasi oscena, distorta. –
…marci. –
Sasuke osservò i mille animali putrefatti saltare su
Sakura, che ancora sorrise.
Ecco cos’era
quell’odore.
Tutti aspettano.
Adesso non ci sarà
nemmeno la morte, ad attenderci.
E così finì il primo capitolo. Gli altri
arriveranno presto, spero.
Un saluto e un bacio,
ad Maiora!