Questa
l'ho scritta l'anno scorso per il loro 80esimo compleanno, poi non l'ho
postata. La posto adesso, in occasione del loro 81esimo.
Era
il 6 gennaio 2011. A New York
il freddo era intenso e la neve era caduta abbondante per gli ultimi
quindici
giorni. William Shatner guardava il panorama che si vedeva dalla
finestra
panoramica che sostituiva praticamente tutta una parete del salotto di
Leonard
Nimoy. Il grande appartamento occupava buona parte del dodicesimo piano
del
Center, dove avevano sede la maggior parte degli uffici di tutte le
diverse
associazioni di proprietà oppure gestite da Leonard. Musei,
scuole, teatri,
manifestazioni, protezione animali, e tutta una serie di altre cose che
facevano
parte delle innumerevoli passioni di Mr. Nimoy.
Quello
era l’appartamento dove
Shatner lo raggiungeva quando erano entrambi a New York, quando
volevano
vedersi e rimanere da soli e tranquilli, senza disturbi o distrazioni.
Leonard
versò in un grande bicchiere
due dita abbondanti di scotch e in un altro un analcolico. Raggiunse
Bill alla
finestra. Con un lieve sorriso gli porse il bicchiere con lo scotch.
“A
cosa brindiamo?” chiese Bill,
sollevando il bicchiere in aria.
“E’
il 2011. Brindiamo ai nostri prossimi
compleanni” disse Len ma Bill fece una smorfia.
“I
nostri prossimi compleanni
saranno gli ottantesimi. Mi fa paura il solo
pensiero…”
“Paura…”
sospirò Leonard e sollevò
la mano per posarla sulla spalla dell’amico e accarezzarla
dolcemente.
“Già…
Una volta avevo paura della
morte… Adesso mi fa più paura diventare tanto
vecchio da perdere ogni dignità,
da diventare un peso per le persone che mi amano…”
La mano di Leonard si
strinse ancora di più intorno alla spalla.
“Non
sarai mai un peso per le persone
che ti amano”.
Bill
sorrise a Leonard. Ancora
dopo tanti anni si stupiva di quanto le sue mani e la sua voce avessero
il
potere di calmarlo e scaldarlo.
“Avresti
mai pensato che saremmo
arrivati fino a qui, e fino a questa età?” chiese
ancora Bill e Len strinse le
labbra.
“A
questa età, non ero sicuro ma
ci speravo. Vengo da una famiglia molto longeva… Se per
‘qui’ intendi questo
posto, questa città, questa situazione… no. No,
è tutto totalmente inaspettato”
e vide Bill annuire.
Rimasero
per un po’ a guardare
fuori, il buio della notte quasi cancellato dalle luci della
città.
“Ti
manca mai quel periodo?”
chiese Bill e Leonard sospirò.
“No.
Lo sai. Sono felice di averne
fatto parte, è ciò che mi ha permesso, dopo, di
fare molte cose, di dedicarmi
alle cose davvero importanti per me. Ma quel periodo… non
è stato facile per
me…”
“Si,
sono successe tante cose in
quei tre anni… i nostri matrimoni che andavano a
pezzi… la morte di mio padre…”
“…
i miei problemi con l’alcol…”
“Già…”
disse Bill “ma non ci sono
state solo cose negative. Voglio dire, il lavoro, gli amici, le persone
che
abbiamo conosciuto, i posti che abbiamo visto… e le
convention, la fama, i fan,
la gente che ti chiedeva autografi per la strada…”
Leonard rise.
“…
i soldi…” e continuò a ridere e
Bill si unì a lui.
“Già,
i soldi… tasto dolente…” poi
Len si voltò verso Bill e lo fissò negli occhi.
“Conoscere
te… è stata la più
grande benedizione della mia vita…” Bill
rabbrividì e un dolce tepore gli
riempì lo stomaco. Aveva sentito quella frase centinaia di
volte e altrettante
l’aveva pronunciata lui stesso. Ma era sempre come se fosse
la prima volta.
Conoscersi, diventare amici e poi amarsi, erano le cose che
più di tutte le
altre rendevano le loro vite degne di essere vissute, anche a quasi
ottant’anni.
Rimasero
lì, fermi, davanti a quel
meraviglioso panorama, lo sguardo perso in lontananza. Sorseggiavano il
liquore
con calma, respirando piano, nel caldo silenzio della stanza. Bill
sentì un
tocco, dita delicate contro il dorso della sua mano e, istintivamente
perché lo
aveva fatto migliaia, milioni di volte, le sue dita si mossero per
stringere la
mano di Len.