Anime & Manga > Axis Powers Hetalia
Ricorda la storia  |      
Autore: formerly_known_as_A    23/03/2012    3 recensioni
A Tino piace accendere il ventilatore e rifugiarsi sotto le coperte, a volte. Gli piace chiudere gli occhi ed immaginare di essere in una tenda, di notte, in mezzo alla neve fresca.
Gli piace pensare di essere a casa.
Genere: Introspettivo, Malinconico, Sentimentale | Stato: completa
Tipo di coppia: Shonen-ai | Personaggi: Danimarca, Finlandia/ Tino Väinämöinen
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

A Tino piace accendere il ventilatore e rifugiarsi sotto le coperte, a volte. Gli piace chiudere gli occhi ed immaginare di essere in una tenda, di notte, in mezzo alla neve fresca.

Gli piace pensare di essere a casa.

Ovviamente, la neve svedese non è poi tanto diversa da quella finlandese. Ma in Svezia dovrebbe giustificare perché esce con l'attrezzatura da campeggio mentre fuori impazza la bufera.

Riceverebbe un'occhiata preoccupata. Per la sua salute mentale, è probabile.

Quindi, quando è solo, di notte, ama avvolgersi dentro le coperte e farsi portare a casa dal freddo.

Non che non possa tornarci. E' che... non può lasciare Sve da solo, no? Chi può rimanergli accanto, se lo abbandona a casa? Sì, sa occuparsi di se stesso, ma... Ce lo vede, da solo, a fissare il suo cuscino con quello sguardo terribile, come se sperasse di vederlo comparire magicamente.

Sospira e si avvolge ulteriormente, chiudendo gli occhi.

Se si concentra, sembra quasi che il ronzio incessante del ventilatore sia il rumore del vento. Basta immaginarlo, in fondo, no? Gli piace il vento invernale, lo sveglia ed annebbia i pensieri, allo stesso tempo.

Se chiude gli occhi, se lascia scorrere l'aria sul viso, riesce a ricordare in modo vivido troppe situazioni. A volte sono ricordi, a volte solo cose che ha immaginato. Gli piace cambiare i ricordi, in fondo, così tanto che spesso non sa più quale sia la verità.

Così si lascia andare, cullato dal ronzio, sospeso tra sogno ed attesa.

Danimarca lo nota dopo molti giorni in cui lo osserva da lontano. O forse è solo Tino che si accorge che lo guarda, che guarda in direzione della riserva di legna da ardere in cui si nasconde per spiarlo.

Gli si avvicina e gli tende una mano. Non lo scambia per una ragazza, almeno, così pensa, perché gli chiede se sa usare una spada.

Il finlandese si raggomitola ulteriormente nel proprio nascondiglio, forse pensando che, stando in silenzio, lui fingerà di non notarlo. Ma la mano tesa verso di lui lo imbarazza, dopo un po', perché sembra testardamente cercarlo. Per questo la afferra e l'uomo gli fa notare che, no, non sembra aver mai preso in mano un'arma, le sue dita sono troppo curate, quasi femminili.

Ore dopo, quando gli dice che non sarà mai capace di combattere, Tino non può fare altro che stringere i pugni e scappare, offeso nel profondo.

Riesce solo a pensare che odia essere fragile, odia essere tanto diverso dal proprio popolo.


Quando Danimarca lo porta all'accampamento, mesi dopo, lasciandolo osservare e comprendere, non può fare a meno di essere fiero di sé.
Tra i cinque nordici, è quello scelto per elaborare la strategia di attacco.


Svezia gli piace. Anche se non lo capisce, per molti aspetti, sente che è una persona buona. E' il modo in cui cerca di occuparsi di lui, proteggendolo da tutto e niente, che sia il freddo o un orso arrabbiato.

Ma Svezia non gli insegna a tenere in mano una spada. Lo impara da solo.

Forse pensa che, se glielo insegnasse, lui se ne andrebbe, finalmente in grado di ergersi contro le minacce, finalmente lontano dalla sua ombra. A volte si arrabbia con lui, Finlandia. Si arrabbia, ma non ha le parole e i gesti per esprimere la rabbia.

E' profondamente buono, ancora innocente, anche se le mani si sporcano di sangue, le battaglie si fanno più cruente e violente. Vede troppo. Sente troppo. Ci sono cose innominabili, in una guerra, cose che non sono segno di valore.

A chi dice che 'combatte con onore' Tino semplicemente sorride stancamente, sapendo che non c'è nulla di onorabile nell'uccidere una persona, nel trovare il modo migliore per colpirlo a tradimento.

Scuote la testa, dicendosi che con questi pensieri non riuscirà mai a dormire decentemente. Sente dei passi sul legno. Si irrigidisce un attimo, perso nel proprio fantasticare di neve, perso in un passato neppure troppo lontano.

Riconosce chi è entrato nella mansarda ancor prima che apra bocca e si rilassa, corrucciandosi però un poco, perché non vuole che uno di loro sappia.

“Sve era preoccupato, ma non vuole fartelo sapere ed ha mandato me. Ogni tanto gli sono utile.”

Il tono è un po' stizzito, ma lo capisce. E' diventato semplice, dopo secoli, capire il genere di rapporto che lega tutti loro. L'insofferenza di Islanda verso il lato da fratello noioso di Norvegia, che nasconde anni di sofferenza trascorsi lontani. I due altri fratelli che sembrano non potersi vedere senza uno lanciare frecciatine e l'altro farsi prendere dalla furia. E ancora, l'insofferenza di Norvegia nei confronti di Danimarca.

Non voler lasciarsi andare. Ecco cosa li lega. Il terrore di abbandonarsi a sentimenti antichi, la paura di perderli ancora.

Li capisce, Tino, ma non prova lo stesso sentimento. Lui non è mai stato parte della famiglia. Sempre di troppo, sempre troppo diverso. Per lingua o tradizioni, sempre troppo lontano, irraggiungibile. Non li capisce e lui non capisce loro, anche se ci prova, anche se lo vorrebbe, con tutto il cuore.

Per questo non si decide ad essere sincero, non osa esserlo, per paura di spezzare quei legami che sembrano indissolubili, ma potrebbero cambiare per orgoglio e paura. Non può dire a Sve che ama suo fratello, gli spezzerebbe il cuore. Eppure... quanto sarebbe bello, un giorno, semplicemente riuscire a tenerlo per mano, davanti agli altri, senza manifestazioni di affetto teatrali, senza ostentazioni. Solo la sua mano nella propria ed un sorriso sulle labbra.

“Non hai freddo?” chiede Danimarca e lo sente chiaramente accucciarsi accanto a lui, le sue ginocchia scrocchiano in un modo quasi comico, quando lo fa. La mano che gli si posa sul viso ne è la conferma. E' sempre così caldo che a volte crede abbia la febbre. Forse è soltanto lui ad essere troppo freddo? Oppure la differenza con l'aria fredda che gli getta addosso il ventilatore?

Si allunga impercettibilmente verso quella mano calda e scuote piano la testa.

“Mi ricorda casa.” risponde, finalmente, tirando fuori una mano dal groviglio di coperte e poggiandola sopra la sua. E' incredibile quanto siano diverse.

Sente la coperta che si sposta e torna a posto, mentre Danimarca vi si infila sotto, avvolgendolo con le braccia e facendogli provare un caldo terrificante, che tanto stona con quello che sentiva fino a quel momento. Imbarazzo, caldo, trema un po', s'irrigidisce, poi riesce a rilassarsi, portandosi la coperta fin sopra al naso, come a coprire un rossore che nessuno può vedere.

“Sei a casa, Tino. Sei nella tua casa di Helsinki.”

No, scemo di un danese, c'è una differenza tra essere a casa ed essere nella propria casa. Il vento freddo, dormire tra poche coperte, con solo una piccola, minuscola fonte di calore. Non è una cosa che posso avere a Stoccolma, ma neppure ad Helsinki. E' qualcosa nella mia memoria.

Qualcosa che non può tornare, qualcosa che deve rimanere sepolto, come il mio amore per i suoni meravigliosi del norreno, come le sere trascorse ad ascoltare le storie che raccontavate quando il buio era troppo fitto per non cadere nella disperazione, se non fosse stato riempito di parole. Notti interminabili riempite da quei suoni che non capivo, che erano tanto lontani.

La verità è che avrei voluto stare ad ascoltare meglio e raccontare quello che invece io sapevo, quello che forse avevo in comune con voi, qualcosa sui re, le regine e gli dei, anche solo riuscire a dire che quelle storie mi piacevano, nonostante non capissi tutto.

Avrei voluto anche io sentirmi parte di quella famiglia, anche io forse non sincero, non del tutto, ma parte di qualcosa di straordinario, qualcosa che ancora ora è indissolubile.

“Lo so.” mormora, lasciando scivolare le lacrime, quelle che il danese, per fortuna, non può vedere. È certo che non capirebbe. E lui non può spiegare.

Non può spiegare che quella relazione clandestina, pur rendendolo felice, non lo fa sentire veramente bene. Non può dire che ha paura di distruggere una famiglia di cui non fa parte, ma che questo non significa che non vorrebbe esserlo. Può solo fuggire dall'orgoglio e le menzogne e rifugiarsi in quell'illusione.

Sono a casa.”


Note dell'autrice

...che spunta con due storie DenFin in una serata. Questa mi piaceva di più, ecco. Spero piaccia anche a voi :)

   
 
Leggi le 3 recensioni
Ricorda la storia  |       |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Axis Powers Hetalia / Vai alla pagina dell'autore: formerly_known_as_A