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Autore: Lushia    22/10/2012    2 recensioni
E' una raccolta di piccole e brevi storie (One-shot, ma ci sono anche alcune Drabble e Flashfic!) che raccontano probabili momenti e situazioni, come sarebbe andata se e altre storielle non inerenti alla storia originale e non ufficiali. Ogni capitolo è una storia a sè stante.
Storie sconnesse, diverse fra loro, senza alcuna continuità o ordine cronologico e ambientate in universi paralleli.
Genere: Generale | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altro Personaggio, Un po' tutti
Note: AU, What if? | Avvertimenti: nessuno
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- Questa storia fa parte della serie 'KHR! 11^ Famiglia'
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L'ultimo Saluto


Il profumo di fiori era inebriante, quasi stordente, avvolgeva la sala oscura illuminata soltanto da quei pochi raggi di sole che ancora filtravano attraverso le nubi oscure.
Un canto in latino echeggiava all'interno dell'edificio, vuoto e spento, circondato da candidi crisantemi che, nonostante in oriente fossero simbolo di gioia, in Italia si portavano ai defunti.
“Va bene così” aveva detto l'uomo, con voce rotta. “Sarà sia gioia che dolore.”
Il suo mantello nero poggiava sulle sue spalle con regalità, ricadendo sulle gambe e scivolando sul pavimento. Lo indossava in occasioni importanti e per cerimonie, non poteva non indossarlo in quel giorno spento.
Le mani erano congiunte, la fronte vi era poggiata sopra.
Pregava.
Aveva gli occhi gonfi di lacrime, per chissà quanto le aveva lasciate scorrere a fiotti.
La sua normale compostezza era stata incrinata, non riusciva più a trattenersi.
Era logico, era naturale.
Nel lungo scomparto in legno pregiato, dinanzi a lui, giaceva una splendida fanciulla vestita di bianco.
L'uomo, che era poggiato proprio su quella bara, pronunciava parole sconnesse osservando il viso della giovane che l'aveva lasciato.
Dopo due giorni di ansia e di ricerche l'aveva finalmente trovata.
Ma era ormai troppo tardi.
La donna al suo fianco si era accasciata, stanca, e l'uomo aveva insistito perchè andasse a riposarsi.
Non poteva che essere uno strazio ma i loro cuori soffrivano molto di più di qualche frase di condoglianze. Per due genitori era come se avessero perso un pezzo di cuore.
Si chiedeva perchè, in quel silenzio rotto solo dai cantici lontani.
In quella chiesa che ormai era stata abbandonata dal sole, nascosto dietro le grigie nubi.
E piovve.
Lacrime del cielo.
“Stai piangendo anche tu, eh?” alzò il capo, osservando il soffitto a cupola ornato da affreschi d'epoca. “Ti capisco. Un pezzo di te ci ha lasciati.”
“Un pezzo di cielo.”
Il bruno si alzò, osservò il biancastro foglio, posizionato su una panca, che aveva incise le ultime frasi lasciate dalla ragazza.
L'aveva lasciato lì, incapace di capire il perchè: “Se non posso amarlo, se non posso avere un futuro, è meglio per tutti se io vado ora.”
“La colpa è mia. Soltanto mia.” il suo cuore era trafitto da mille lame, sembrava dovesse lasciare quel mondo da un momento all'altro.
Barcollava, mentre si avvicinava al viso della bella addormentata.
Le ferite erano state pulite, era stata lavata e profumava di giglio. I capelli castani erano ancora soffici, vestiva l'abito cerimoniale bianco che aveva ideato la sua guardiana della pioggia.
Nonostante sembrasse un angelo, candido e pulito, non riusciva a togliersi dalla mente il momento in cui l'aveva ritrovata, il giorno prima, in una lago scarlatto, sotto un precipizio dal quale si era presumibilmente lanciata.
Aveva abbandonato tutto per amore di un uomo che non c'era più e che, probabilmente, non avrebbe visto nemmeno in quel mondo dov'era ormai giunta.
Sola, fino alla fine e nell'eternità.
“Mi dispiace, bambina mia.” le parole scivolarono fuori dalle sua labbra seguite dalle lacrime “mi dispiace.” la voce era rauca, rotta dal dolore e dalla stanchezza. “Non ho saputo insegnarti, non ho potuto proteggerti.” gli occhi si ridussero a fessura, le pupille fisse sul viso della figlia “avrei dovuto salvare il tuo cuore prima che la disperazione ti consumasse.” scosse leggermente il capo, mordendosi le labbra per non singhiozzare nuovamente. “Tuo padre ti ama. Ti ha sempre amata e ti amerà per sempre.”
Le sue labbra accarezzarono la fronte fredda della fanciulla. Un ultimo sguardo e si allontanò, percorrendo la navata centrale a testa china, in mezzo ai bianchi fiori, simbolo di morte e simbolo di gioia.
“Dolore, ma gioia. Per colei che, un tempo, aveva la fiamma della felicità.”
Una fiamma di amore e speranza spenta da un vuoto impossibile da colmare.
L'uomo guardò un'ultima volta alle sue spalle e si voltò, chiudendo il portone dietro di sé e lasciando che la luce lasciasse quell'antro di tristezza.
“Buona notte, bambina mia.”

   
 
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