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Autore: ryry    04/01/2011    2 recensioni
Draco ha perso i genitori circa un anno prima, uccisi da un elemento che si dimostra caldo e vivo in un momento, ma distruttore ed imprevedibile l’attimo successivo. La solitudine è diventata la sua migliore compagna ed il dolore non lo abbandona mai, ma qualcosa di nuovo ed insperato ha iniziato a sconvolgere la vita del nostro giovane Serpeverde. L’Amore. Sotto un cielo stellato, la Costellazione del Serpente e quella della Volpetta, riportano in superficie ricordi tristi e piacevoli nel contempo. Nessuno è mai riuscito a vedere oltre la maschera del biondo Serpeverde. Nessuno, tranne Lei.
Questa One-shot si è classificata undicesima al ‘Contest Costellazioni di FanFiction’ indetto da Lenobia sul Forum di EFP.
Genere: Sentimentale, Triste | Stato: completa
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley
Note: nessuna | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Nessun contesto
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Questa One-shot si è classificata undicesima al ‘Contest Costellazioni di FanFiction’ indetto da Lenobia sul Forum di EFP.





Nickname: ryry6
Titolo: Serpens et Vulpecula
Rating: Giallo
Genere: Sentimentale, triste
Avvertimenti: One-shot
Personaggi: Draco Malfoy, Ginny Weasley (per un breve momento Blaise Zabini, accenni ad Harry Potter, Ron Weasley ed Hermione Granger)
Prompt: Fuoco, Solitudine
Introduzione: Draco ha perso i genitori circa un anno prima, uccisi da un elemento che si dimostra caldo e vivo in un momento, ma distruttore ed imprevedibile l’attimo successivo. La solitudine è diventata la sua migliore compagna ed il dolore non lo abbandona mai, ma qualcosa di nuovo ed insperato ha iniziato a sconvolgere la vita del nostro giovane Serpeverde. L’Amore. Sotto un cielo stellato, la Costellazione del Serpente e quella della Volpetta, riportano in superficie ricordi tristi e piacevoli nel contempo. Nessuno è mai riuscito a vedere oltre la maschera del biondo Serpeverde. Nessuno, tranne Lei.
Eventuali note: La citazione di Platone e quella riportata alla fine della storia, sono entrambe tratte dal libro “Angel” di Dorotea De Spirito. E’ un racconto che mi ha veramente colpita ed emozionata e lo consiglio a tutti coloro che sarebbero interessati a leggerlo, ma non è solo per questo che ho pensato di inserirle nella mia FF, infatti credo di averle utilizzate per conferire un maggior significato a ciò che ho descritto in questa one-shot. Per quanto riguarda il titolo della storia, ho pensato di adottare i nomi latini delle Costellazioni che ho scelto perché sono la chiave della storia. Per ultimo, ho dovuto cambiare l’ubicazione del Serpente e della Volpetta, altrimenti non sarei riuscita a scrivere questa storia se avessi mantenuto le loro reali posizioni nel firmamento.





SERPENS ET VULPECULA



L’amore è un demone.
Platone



Voldemort è stato sconfitto, battuto da un comunissimo ragazzo di diciassette anni e con un unico, semplicissimo potere che è riuscito a distruggere il Mago Oscuro più potente di tutti i tempi, l’amore.
Quell’amore che io non avevo mai conosciuto, se non in rari casi, quando mio padre era fuori per alcuni lavori e mia madre rimaneva al maniero per coccolarmi, senza che Lucius ne fosse mai venuto a conoscenza.
Poi, solo durante l’ultima battaglia, anche mio padre ha dimostrato quel sentimento che ti scalda il cuore e che provava nei miei confronti.
Sono cresciuto pensando di non poter mai provare una così improvvisa e complicata emozione per qualcuno, esclusi i miei genitori, ma ora ho capito che l’amore non lo puoi comandare a tuo piacimento, che se decide di trafiggerti con le sue frecce precise ed appuntite, allora non hai altra scelta che cedere sotto il suo colpo andato a segno.
Io, Draco Lucius Malfoy, non ho mai provato sulla mia pelle cosa significasse essere gelosi di qualcuno, solo perché poteva parlare e stare accanto a colei che si ama, non ho mai provato possessione verso una persona, ma ora mi ritrovo qui, a dovermi trattenere dal lanciare fatture o maledizione verso i ragazzi che la avvicinano, perché nessuno può averla, lei è solo mia.
Ma lei non sa niente di ciò che sento nei suoi confronti, non capisce che ogni volta che si rivolge agli amici o anche solo parla con un essere dell’altro sesso io sono corroso dalla gelosia, lei non sa che ogni volta che sorride una stretta a quell’organo che batte nel mio petto mi blocca il respiro, facendomi incantare dinanzi la sua bellezza, non sa che ogni volta che qualcuno l’abbraccia o la sfiora, il mio corpo è attraversato da brividi di rabbia e possessione, perché lei deve essere solo ed unicamente mia.
No, lei non sa niente di tutto questo.
Lei, con quei suoi capelli rossi da sembrare fiamme al vento, con quegli occhi così azzurri paragonabili solamente ad un limpido cielo d’estate, con quel corpo snello e dalle forme al punto giusto, cresciuto e migliorato nel corso degli anni.
Lei, con solo uno sguardo ed un mezzo sorriso, è riuscita a conquistarmi, facendo battere quel cuore di ghiaccio che avevo nel petto, ora caldo e pulsante d’amore per lei, solo per lei.
Apro gli occhi e fisso il fuoco danzante nel camino della mia Sala Comune.
E’ tardi, quasi mezzanotte, e nella stanza la maggior parte degli studenti sono andati a dormire già da un pezzo.
Solo i ragazzi del quinto e settimo anno sono ancora alzati, con le teste chine sui grossi volumi o su moltitudini di appunti sparpagliati in vari tavoli o sul pavimento, intenti a ripassare o studiare una lezione richiesta per il giorno seguente, in preparazione dei GUFO per il primo gruppo ed i MAGO per il secondo.
Sono semidisteso su una poltrona dinanzi al camino, intento a rilassarmi dopo un intero pomeriggio di compiti e studio.
Il fuoco arde nel suo piccolo spazio tra le tre pareti di pietra grigia, innalzandosi verso l’alto e creando giochi e danze con le sue fiamme vive ed ammaliatrici, di un magnifico giallo, arancio e rosso.
Rosso, proprio come la chioma della mia bellissima Musa.
Una piccola fiammella si alza solitaria dal resto del fuoco, spegnendosi quasi immediatamente e lasciando un lieve sbuffo di fumo al suo posto.
Il fuoco, uno dei quattro elementi naturali, così vivo e caldo in un momento, ma imprevedibile e distruttore l’attimo successivo.
Come può una semplice fiammella, da sola, cancellare tutto ciò che ti sta attorno?
Come può il fuoco, un semplice insieme di gas facilmente combustibili, annientarti col suo semplice bruciare?
E’ possibile, incredibilmente ed inconcepibilmente possibile.
Ed è accaduto, proprio a me.
Il fuoco ha spazzato via tutto ciò che avevo, tutto ciò che amavo prima che chiarissi i miei sentimenti per lei.
Il fuoco, mi ha fatto scoprire la solitudine ed il dolore, mi ha fatto provare ciò che significa perdere coloro che amavi più di te stesso, mi ha fatto vedere che la sua potenza non è possibile da sottomettere o arginare.
Il fuoco mi ha mostrato il suo lato più oscuro e malvagio, all’incirca un anno fa.

L’estate era quasi giunta al termine, così come le vacanze.
Settembre era alle porte e l’ultimo anno di scuola attendeva con trepidazione i suoi studenti, soprattutto i vincitori della battaglia finale contro Voldemort ed i suoi Mangiamorte.
Blaise, il mio migliore amico, era riuscito a convincermi ad uscire di casa e, nonostante la mia testardaggine, mi aveva condotto in un locale poco lontano da Malfoy Manor.
Ci eravamo divertiti e parlare con lui aveva fatto si che per una sera mi lasciassi alle spalle tutti i cattivi pensieri.
Da una parte dovrei ringraziare Blaise per avermi costretto a seguirlo in quel locale, quella sera, ma dall’altra mi maledico per non essermi impuntato come mio solito, per non essere rimasto a casa coi miei genitori.
Quella sera, provai per la prima volta cosa significasse essere solo al mondo, senza coloro che ti hanno seguito fin dalla nascita, che hanno visto i tuoi primi passi e le prime vittorie sulle difficoltà che la vita ti riserva, che mi hanno amato nonostante non lo dessero a vedere finchè Voldemort non era stato sconfitto.
Tornando a casa con Blaise avevo notato che del fumo ed un chiarore inquietante e sinistro proveniva dal luogo in cui si trovava Malfoy Manor.
Avevo iniziato a correre in direzione di casa mia, con la sensazione che qualcosa di orribile era successo ed i miei presentimenti erano più che fondati.
Quando raggiunsi i cancelli del castello, ai miei occhi si presentò lo spettacolo più raccapricciante che avessi mai visto.
Il fuoco avvolgeva completamente il maniero, le fiamme s’innalzavano verso il cielo e le finestre rotte mostravano l’interno inaccessibile per il troppo calore che l’incendio emetteva.
Un numeroso gruppo di Auror aveva accerchiato il castello e stava cercando di domare il fuoco, ma quest’ultimo sembrava intenzionato a distruggere tutto ciò che mi era più caro, comprese le vite dei miei genitori.
<< Madre, Padre >> gridai, correndo verso la casa.
Stavo per buttarmi in quell’inferno di fuoco e fiamme, ma un Auror mi bloccò sui primi scalini dell’ingresso, impedendomi di varcare la soglia della porta per cercare i miei genitori.
<< Fermo ragazzo, dove credi di andare? >> mi domandò l’uomo, ma la mia risposta fu il continuo tentativo di liberarmi da quella stretta forte e salda.
<< Madre, Padre >> continuavo a gridare, ma nessuno ricambiava le mie urla disperate.
Un altro Auror accorse in soccorso del collega e mi trascinarono lontano dall’incendio, non allentando la presa sulle mie braccia e continuando a ripetermi di calmarmi, che purtroppo non c’era più niente da fare per i miei genitori.
Blaise mi affiancò nell’istante in cui crollai sull’erba del giardino, guardandomi con tristezza e solidarietà, mentre i miei occhi si bagnavano per la prima volta, le lacrime rigavano il mio volto e la sensazione di solitudine e dolore prendeva il sopravvento nel mio cuore, stringendolo in una morsa letale.
Il giorno seguente, dopo una notte passata a cercare di placare l’incendio, di Malfoy Manor non restavano altro che rovine e ceneri.
Scoprii che ad appiccare il fuoco era stato un Mangiamorte, riuscito a fuggire alla fine della battaglia e scampato alla prigione.
L’uomo era stato avvistato nei pressi di Malfoy Manor la sera della tragedia e, dopo l’arresto, aveva confessato il crimine commesso, raccontando la sua soddisfazione nell’aver posto fine alla vita dei due Mangiamorte traditori.
Avrei tanto voluto uccidere quell’essere che mi aveva distrutto la vita e così vendicare la morte dei miei genitori, ma Blaise me lo impedì, dicendomi che loro non avrebbero mai voluto che le mie mani si sporcassero del sangue di uno sporco assassino.


<< Draco >> mi chiamò una voce, al mio fianco.
Distolsi lo sguardo dal fuoco del camino per posarlo sul ragazzo che mi aveva rivolto la parola, capelli neri come la pece, occhi blu cobalto in grado di far cadere ai propri piedi ogni ragazza su cui posava lo sguardo, fisico statuario e di una bellezza che t’incantava, ti stregava.
<< Stai bene? >> chiese Blaise, incerto.
Mi portai una mano tra i capelli biondi, così chiari da sembrare fili bianchi, scompigliati di natura e con un ciuffo ribelle che mi scivolava sulla fronte, donandomi un’aria da duro e rubacuori nel contempo, il mio sguardo era argento fuso, così penetrante da far innamorare tutta la fauna femminile, ero alto e dal fisico asciutto, ma si sa che l’apparenza inganna, infatti avevo un corpo da far invidia ad una scultura greca talmente era perfetto e gli allenamenti di Quiddich contribuivano a conferirmi il titolo di ragazzo più bello e sexy della scuola.
<< Più o meno >> replicai alla domanda di Blaise.
Il silenzio calò tra noi, prima che mi decidessi ad ammettere ciò che mi turbava.
<< Stavo ricordando >> mormorai.
<< Cosa di preciso? >> chiese Blaise, ma sapevo che conosceva la risposta.
<< Ricordavo quella notte >> sussurrai, tornando a fissare il fuoco scoppiettante.
La Sala Comune si stava ormai svuotando ed in pochi minuti Blaise ed io rimanemmo le uniche anime in quella stanza accogliente e calda, ma non per me.
La trovavo fredda e spoglia, non più un luogo dove potermi rifugiare dopo un battibecco avuto con Potter e la sua compagnia, non più un posto dove ridere e scherzare con i miei compagni Serpeverde, pianificando una nuova malefatta da attuare verso lo Sfregiato, la Donnola e la Mezzosangue oppure contro gli studenti delle altre Case.
Adesso, quella stanza mi sembrava piccola e soffocante, impedendomi di sentirmi libero e di respirare, mi pareva fredda, così tanto che il gelo s’insinuava sotto la mia pelle ed avvolgeva le mie ossa, rendendomi vulnerabile e fragile.
Non riuscivo più a trovare un posto tra le persone che per anni mi sono state accanto, come Blaise, non riuscivo più a divertirmi coi compagni di Casa, nonostante loro non fossero cambiati di una virgola, non riuscivo più ad essere me stesso, da quando la solitudine aveva preso il sopravvento in me.
<< Devo uscire un attimo >> dissi, alzandomi dal divanetto.
<< Va bene >> fu tutto ciò che replicò Blaise, sapendo che insistendo non sarebbe riuscito a distogliermi dal mio intento.
Attraversai il ritratto del Barone Sanguinario, il fantasma della Casa di Serpeverde, e m’inoltrai nei corridoi semioscuri dei sotterranei, diretto all’ingresso del castello.
Le piccole lanterne appesa alle pareti illuminavano fiocamente quei lunghi passaggi di pietra viva e grigia, donando a quei luoghi un’aria rilassante per noi serpi, abituati ai posti con poca luminosità e molta umidità.
Arrivato alla fine dei sotterranei, salii le scale e mi ritrovai al piano terra di Hogwarts.
Sicuro e silenzioso come un serpente, percorsi i vari corridoi del castello fino a raggiungere l’immenso portone d’ingresso, costruito in legno di quercia.
Mi avvicinai lentamente e posai una mano sulla superficie marrone opaco, lasciando che le mie dita lunghe e bianche disegnassero il contorno delle scure vene del legno, scivolando senza difficoltà sul piano liscio.
Con un colpo di bacchetta feci scattare le varie serrature che automaticamente, dopo un certo orario, sigillavano l’ingresso così da non permettere a qualche studente insonne di lasciare il castello.
Uscii nella fresca e tiepida notte di fine maggio, chiudendo gli occhi e lasciando che un lieve venticello mi soffiasse addosso, giocando coi miei capelli biondi.
Iniziai a percorrere il giardino illuminato dalla luna piena che, quella sera, svettava limpida nel cielo blu ornato di stelle.
Il mio passo era calmo e regolare, non avevo fretta di tornare in Sala Comune e l’idea di restare fuori tutta la notte affiorò nella mia mente, invitante come un topolino che sta per essere inghiottito da un serpente, eccellente predatore e rettile solitario di natura.
Raggiunsi il Lago Nero e passeggiai sulla riva che confinava con la Foresta Proibita, ascoltando i rumori della natura e liberando la mente dai mille pensieri che ogni giorno mi assillavano ininterrottamente.
Giunto ad un grosso albero, mi sdraiai sotto le sue fronte, ammirando il magnifico firmamento adorno da piccolissimi puntini splendenti, le stelle e le Costellazioni.
Adoravo l’Astronomia, dopo Pozioni era la mia materia preferita a scuola e nessuno poteva battermi, nemmeno la Mezzosangue “so tutto io”.
I miei occhi argentei percorrevano ogni singolo punto luminoso, fino a fermarsi su due Costellazioni, a mio parere, le più affascinanti tra tutte le altre, il Serpente e la Volpetta.
Molti compagni mi hanno chiesto il motivo del mio spiccato interesse per quei due raggruppamenti di stelle ed a nessuno di loro avevo dato una risposta, perché quest’ultima era troppo intima per essere spiegata ad uno sconosciuto, troppo personale per non far capire cosa si celasse dietro la mia maschera da duro ed insensibile.
Il Serpente è l’unica Costellazione ad essere divisa in due parti, la Testa e la Coda, perché nel centro vi si trova un’altra Costellazione, ovvero Ofiuco, colui che porta il Serpente.
Questo rettile non solo è l’immagine della Casa a cui appartengo, ma è una creatura affascinante sotto certi punti di vista, infatti si dice che sia simbolo di rinascita perché cambia pelle una volta all’anno.
Il serpente ama la solitudine, proprio come me in questo periodo, e può rivelarsi il predatore più letale tra i rettili conosciuti al mondo, il veleno di alcuni esemplari può condurti alla morte in pochissimi secondi, mentre quello di altri scorrerebbe lento nelle tue vene, torturandoti finché la fine non sopraggiunge.
<< Expecto Patronum >> mormorò, puntando la bacchetta verso l’acqua liscia e scura del lago.
Una luce bianca e luminosa fuoriesce dalla punta, prima che un piccolo serpente inizi a scorrazzare in aria dinanzi a me, creando disegni senza senso e dissolvendosi pochi istanti dopo.
Uno scricchiolio di rami alle mie spalle mi fece voltare ed osservarmi attorno, acuendo la vista e concentrandomi sui rumori che mi circondavano.
Non c’era anima viva oltre a me, quindi mi rilassai e tornai a stendermi sull’erba leggermente umida, fissando l’altra Costellazione, la Volpetta.
Inizialmente non aveva un particolare significato e quasi non la calcolavo nemmeno, ma da quando ho iniziato a rifugiarmi ogni pomeriggio qui, in riva al Lago Nero, cercando la più completa solitudine, d’allora è diventata la mia seconda Costellazione prediletta.
Molti momenti erano legati a quell’insieme di stelle lucenti, ricordi di una piccola creatura dal manto rosso come il fuoco e morbido come la più pregiata tra le sete.
Tutto avveniva proprio qui, su questa riva del Lago Nero.

La scuola è iniziata solamente da un mese, ma già gli sguardi solidali dei miei compagni di Casa mi infastidiscono, quelli compassionevoli dei Tassorosso e dei Corvonero semplicemente mi irritano e quelli superiori ed arroganti dei Grifondoro mi mandano letteralmente fuori di testa dalla rabbia!
Le lezioni sono concluse e mi sto dirigendo sulla riva del Lago Nero, da solo.
Dalla morte dei miei genitori amo la solitudine, ottima compagna di pomeriggi passati lontano da tutto e da tutti.
Oggi il cielo è plumbeo, ma l’aria di fine settembre non è ancora così fredda, nonostante sia già iniziato l’autunno.
Lascio cadere la tracolla ai piedi dell’albero dove ormai mi fermo ogni volta che posso, sdraiandomi sull’erba e chiudendo gli occhi, cercando di liberare la mente.
I minuti scorrono lenti e silenziosi, mentre un senso di beatitudine mi avvolge come sempre quando riesco a rilassarmi dopo un’intensa giornata scolastica.
Il rumore di un ramo spezzato attira la mia attenzione e dai bassi cespugli che separano il Lago Nero dalla Foresta Proibita, vedo spuntare una piccola volpetta.
Il suo manto è di un bellissimo rosso, paragonabile al fuoco scoppiettante, il corpo è minuto e asciutto, ma allo stesso tempo i suoi movimenti ammaliano coloro che lo guardano, il musetto è lungo e dritto, mentre gli occhi, potrei perdermi in quelle pozze azzurre come un limpido cielo estivo.
Da quel giorno, puntuale ogni pomeriggio, quella piccola volpetta arrivava e mi teneva compagnia, lasciandosi accarezzare docilmente, accoccolata al mio fianco.
Da quel giorno la solitudine ha iniziato ad allentare la sua morsa su di me, lasciando che un senso di calore ed un sentimento che pian piano stava riaffiorando dal mio profondo cominciassero a colmare il dolore che sentivo nel cuore.


Una stella cadente attraversò velocemente il firmamento, passando tra la Costellazione del Serpente e quella della Volpetta, prima di dissolversi nell’atmosfera e sparire ai miei occhi.
Ho sentito dire che, quando si vede in cielo una stella cadente, se si esprime un desiderio allora potrebbe anche avverarsi.
Chiudo gli occhi, ascoltando quello che il mio cuore sognerebbe e lo espressi mentalmente, sperando che il mio desiderio si esaudisca.

Tutto inizia con un sogno:
credici e potrai realizzarlo.



<< Non è un po’ freddo per dormire fuori? >> domandò una voce, bassa, profonda, melodica.
Quel timbro era così unico e speciale, che anche in mezzo a miliardi di persone che parlavano all’unisono, sarei stato in grado di riconoscerlo, perché lei era tutto per me.
<< Weasley, non dovresti essere già a letto? >> chiesi, rispondendole con un altro quesito.
<< Non si risponde ad una domanda con un’altra domanda, Malfoy >> rispose, eludendo ciò che le avevo detto.
Un ghigno divertito si disegnò sulle mie labbra, mentre la Grifondoro si sedeva a gambe incrociate al mio fianco, senza attendere un invito o altre formalità.
Al chiarore della luna, i suoi lineamenti parevano ancora più delicati ed armoniosi di quando era la luce del sole che baciava la sua candida figura.
I capelli rossi come una viva fiamma erano sciolti sulle spalle e le ricadevano con delicatezza sulla schiena, fin quasi a raggiungerle la vita, indossava una canottiera grigia ed attillata, facendole risaltare le forme del busto ed un paio di jeans le fasciavano le lunghe e snelle gambe.
Alzai lo sguardo sul suo volto, incrociando quei due pozzi azzurri e vivi che mi scrutavano attentamente, come se volessero leggermi dentro, fino a raggiungere la mia anima.
<< Perché te ne stai sempre da solo? Cosa ti affascina della solitudine da impedirti di essere felice ed accettato dagli altri? >> mi chiese la Grifondoro.
Distolsi lo sguardo dal suo, colpito per la domanda appena postami e stupito che lei avesse capito così profondamente cosa cercassi di nascondere agli occhi degli altri, la mia solitudine.
<< Perché ti interessa tanto? >> domandai a mia difesa.
Però, il mio quesito era per capire il motivo di tutte quelle attenzioni nei miei confronti.
Perché mai era uscita dalla calda e confortevole Sala Comune dei Grifondoro per venire qui, sulle rive del Lago Nero, a quest’ora della notte ed in mia presenza?
Perché non sembrava minimamente infastidita della mia vicinanza, come invece accadeva in passato ogni volta che ci incontravamo?
Perché la sua voce nasconde una nota dolce ed amorosa, come se si stesse rivolgendo al ragazzo che le piace?
Perché la mia mente continua a sfornare domande su domande, provando a scorgere una fioca speranza che mai arriverà?
Perché il mio corpo reagisce alla sua vicinanza, attratto da cotanta bellezza e grazia, come se la sua presenza fosse ossigeno per me?
Perché il mio cuore ha iniziato a battere in modo forsennato, al sol pensiero che lei sia qui, insieme a me?
<< Perché ho imparato a conoscerti e so cosa provi, nonostante cerchi di nasconderlo a tutti >> rispose, destandomi dai mille pensieri che affollavano la mia mente.
<< Non è vero, nessuno può sapere ciò che provo, tantomeno tu >> dissi, con voce più dura di quanto volessi.
Mi alzai con calma, fingendo sicurezza nei miei movimenti, ma la verità era che stavo combattendo una cruenta battaglia dentro di me.
La voglia di aprirmi con lei, di svelarle ogni cosa e confessarle tutto ciò che sentivo era tanta, ma l’orgoglio era altrettanto tenace e non voleva farsi sottomettere dalle emozioni.
La piccola Weasley si alzò a sua volta, facendo un passo incerto nella mia direzione ed osservandomi attentamente, facendo incontrare i nostri sguardi.
Quegli occhi riflettevano ciò che provava, mostrandomi quanto in realtà fosse sincero il suo volermi aiutare, quanto veramente volesse riuscire ad allentare la stretta che la solitudine ed il dolore avevano su di me.
<< Non ci posso credere >> mormorai, scoprendo un segreto che mai avrei pensato potesse nascondere quella ragazza così forte e coraggiosa.
<< Finalmente l’hai capito, avevo quasi perso la speranza che tu ti accorgessi del mio piccolo segreto, che solo tu conosci >> mi disse, avvicinandosi ulteriormente e bloccandosi solo quando i nostri corpi si trovarono a pochi centimetri l’uno dall’altro.
<< Perché l’hai mostrato solo a me? Perché non a Potter, alla Granger o ai tuoi compagni che ti sono tanto cari? Perché proprio a me? >> domandai a raffica, confuso di questo suo comportamento e del fatto che lei si era fidata più di me che dei suoi migliori amici.
<< Ho usato il mio dono per starti vicina, in tutto questo tempo. Notavo quanto il fatto di stare con gli altri ti facesse male, quanto soffrissi nel vedere i tuoi compagni ridere e scherzare serenamente. Scorgevo la gelosia nel tuo sguardo quando incrociavi Harry e gli altri, perché loro erano felici ed avevano qualcuno su cui poter contare nei momenti di difficoltà. Vedevo che Blaise cercava in tutti i modi di farti tornare la persona che eri un tempo, ma invano. Molte volte mi domandai perché di questo tuo comportamento, del perché ti piacesse la solitudine, nonostante i tuoi compagni cercassero di avvicinartisi, del perché il tuo sguardo era perennemente assente e triste, come se celassi qualcosa. Allora, per cercare di capire tutto questo, mi sono avvicinata a te sotto la forma di una volpetta, per far si che tu potessi trovare in lei, in me, una compagna di pace e silenzio. Nei pomeriggi passati insieme, ti sei esposto e mi hai mostrato chi sei veramente, un ragazzo con un passato difficile e solitario, privo di affetto se non nell’ultimo periodo, ma anche quel piccolo frammento di gioia e serenità ti è stato tolto, con l’assassinio dei tuoi genitori. Con la volpetta ti sei aperto, confidato, hai espresso i tuoi dubbi, le tue paure, i tuoi sentimenti. Mi chiedi perché mi interessa tanto di te? Perché sono venuta qui, nel cuore della notte, invece che starmene al caldo nella Sala Comune dei Grifondoro? Perché io ci tengo a te, Draco. La tua vicinanza mi riempiva di felicità, rallegrava le mie giornate buie come un raggio di sole che riesce a trovare uno spiraglio tra le nuvole ed illumina il paesaggio con la sua luce. Il tuo dolore e la tua solitudine mi facevano male, perché non riuscivo a sopportare la vista di te, emarginato. Con te mi sento protetta e completa, perché ho capito di provare un sentimento bellissimo e puro, dalle parvenze di un angelo, ma che in realtà maschera una natura demoniaca. Io ti amo, Draco, e vorrei poterti liberare di tutto questo dolore che ti porti appresso, vorrei sciogliere le catene della solitudine che ti imprigionano. Vorrei che il mio amore vincesse contro l’oscurità che da quasi un anno ti ha impedito di risplendere e vivere come meriti, perché tu sei un ragazzo meraviglioso, anche se non vuoi darlo a vedere >> mi disse, senza distogliere i suoi occhi dai miei.
Può un cuore addormentato, apparentemente morto, tornare a battere forte e vivo come mai prima d’ora?
Si, perché il mio l’aveva appena fatto.
Le sue parole avevano risvegliato in me quella voglia di vivere assopita nel profondo della mia anima, aveva riportato alla luce il vero me stesso solo grazie alla sua confessione.
<< Ripetilo >> la supplicai, avvolgendole la vita e con una mano le carezzai una guancia liscia e leggermente accaldata.
<< Ti amo >> ripeté, portando le sue braccia ad avvolgermi il collo ed intrecciando le sue piccole mani nei miei capelli.
<< Non smettere mai di ripeterlo >> le chiesi, abbassando il viso verso il suo e toccando le sue labbra con le mie.
All’inizio erano sfioramenti delicati, teneri, dolci, poi si trasformarono in un bacio pieno di passione, desiderio, amore.
Quella sera, cominciata con ricordi dolorosi e solitudine, era diventata la notte più bella di tutta la mia vita.
Da serpente solo e col cuore stretto in una silenziosa ed atroce sofferenza, avevo cambiato pelle, rinascendo in un corpo leggero, felice e colmo di amore per una piccola volpetta che mi ricambiava.
La solitudine che prima era la mia ombra, compagna di tanti pomeriggi e tante notti passate sulla riva del lago ad osservare il firmamento, era stata distrutta da un fuoco caldo e vivo, che mi aveva fatto conoscere l’amore.
<< Ti amo, Ginny >> sussurrai, scostandomi un secondo da quelle labbra morbide e deliziose, per permettere ad entrambi di riprendere ossigeno.
<< Lo so, Malfoy. D’altro canto, come si fa a non amare una volpetta bellissima e dolce come me?!? >> chiese la mia piccola Grifondoro, prima di ridacchiare ed osservarmi con sguardo innamorato.
Non riuscii a trattenermi e risi.
Per la prima volta in tutta la mia vita risi con gioia e spensieratezza, stringendo tra le braccia quella ragazza che era riuscita a farmi innamorare e che aveva fatto si che ricominciassi a vivere.

Amo un demone, amo un demone,
io, che sono un angelo.
Amo il mio opposto, il mio negativo,
il mio veleno e il migliore dei miei antidoti.
E’ sbagliato.
E’ impossibile.
Ma è vero, è reale.
Come il nostro amore.
Angel, Dorotea De Spirito




   
 
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