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Autore: kbinnz    19/08/2011    13 recensioni
Un ragazzino solo. Un sarcastico, irritante bastardo. Quando la salvezza dell'uno è affidata all'altro, tutti sanno che non finirà bene... oppure sì?
Segue "Harry's First Detention".
Genere: Avventura, Commedia, Sentimentale | Stato: in corso
Tipo di coppia: non specificato | Personaggi: Harry Potter, Severus Piton, Un po' tutti
Note: Traduzione, What if? | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Primi anni ad Hogwarts/Libri 1-4
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Harry guardò gli altri ragazzi. Erano tutti alti e muscolosi, ed ora incombevano sopra di lui in un semicerchio, intrappolandolo a tutti gli effetti. “Di che cosa volete parlare?” chiese con nervosismo crescente. Cosa poteva volere da lui un gruppo di ragazzi più grandi da una Casa diversa?


Il sorriso di Jeffreys si fece più ampio, mentre questi gli stringeva leggermente le spalle. “Che cosa sai di tuo padre, Potter?”
“Il mio papà?” Fece eco Harry, perplesso, chiedendosi se stessero parlando di James Potter o del Professor Piton. “Perché?”
“Perché sono curioso di capire se sai che razza di assoluto bastardo fosse!” Ringhiò Jeffreys, facendo cadere la sua maschera amichevole e spingendo Harry con forza bastante a farlo sbattere contro uno degli altri ragazzi.
“Non lo era!” protestò automaticamente Harry, mentre già combatteva per liberarsi dalla stretta dello studente più grande. Il Corvonero lo tenne fermo con facilità, le mani che si serravano dolorosamente attorno ai bicipiti di Harry. “Lasciami!”
“Non ancora, Potter,” Jeffreys si esibì in un ghigno. “Lo stai tenendo, Smythe?”
“Non andrà da nessuna parte,” lo rassicurò il ragazzo che stava reggendo Harry.
“Lasciami!” esclamò Harry ancora, la voce che si faceva più forte. “Lasciami andare!”
Silencio!” Uno degli altri due ragazzi agitò la bacchetta verso Harry e, malgrado questi provasse con tutte le sue forze, nessun suono emerse dalla sua gola.
“Grazie, O'Leary. Non possiamo permettere che qualcuno lo senta e ci rovini la festa,” disse Jeffreys, fingendo di assestare piccole pacche sulla testa di Harry, poi assestando ai suoi capelli uno strattone feroce.
Il grido di Harry esplose – ovviamente – silenzioso, così come l'imprecazione che ringhiò verso l'altro ragazzo.
Jeffreys era apparentemente abile a sufficienza da leggere le labbra – almeno per comprendere quella parola – e schiaffeggiò Harry in faccia, con forza bastante a fargli volare via gli occhiali.
“Ehi, aspetta un attimo!” esclamò l'ultimo Corvonero, suonando allarmato. “Non pensavo che avessi intenzione di fargli davvero del male!”
“Zitto, Peterson,” sbottò Jeffreys. “Il vecchio di questo bastardello ha mandato mio padre ad Azkaban, ed ho intenzione di fargliela pagare. Oltretutto dobbiamo ringraziare lui personalmente per la sconfitta del Signore Oscuro e, se non fosse mai avvenuta, tuo zio e i genitori di Smythe non sarebbero stati cacciati fuori dal paese dagli Auror o uccisi come la mamma di O'Leary.”
Harry non era ben sicuro di cosa Jeffreys stesse parlando. Stava lentamente cominciando ad apprendere chi fossero Voldemort e i Mangiamorte e cosa precisamente fosse accaduto un decennio prima, quando i suoi genitori erano stati uccisi. Capiva che Jeffreys lo riteneva responsabile per qualcosa che suo padre aveva fatto, e che i parenti degli altri ragazzi sembravano essere stati sostenitori di Voldemort che rimpiangevano il modo in cui la guerra era finita. Perché esattamente questo si traducesse in un desiderio di picchiare a sangue lui, non lo afferrava, ma a questo punto non era interessato alle loro ragioni.
Le parole del Professor Piton riguardanti il fatto che dovesse difendersi gli tornarono alla mente, ed afferrò la bacchetta. Non era ancora in grado di fare molto con quella, e Smythe lo reggeva sempre per le braccia, ma si sentì meglio tenendola in mano. “Lasciami ANDARE!” urlò ancora – silenziosamente – mentre si gettava da una parte, sperando di riuscire a liberarsi.
Ottenne un braccio libero – il braccio della bacchetta – e cominciò a dimenarsi e scalciare. Jeffreys imprecò e si protese per afferrarlo, ricevendo per il suo sforzo un gomito nel naso. Smythe si aggrappò al braccio che ancora teneva con una presa mortale e O'Leary avanzò, sollevando nuovamente la bacchetta.
Accio bacchetta!” gridò Harry, senza essere sicuro di aver appreso il nuovo incantesimo a sufficienza da farlo funzionare, senza parlare del fatto che non sapeva se sarebbe stato efficace mentre era sotto un Incantesimo Silenziante: ma, con sua grande soddisfazione, la bacchetta di O'Leary tremò incontrollabilmente e la maledizione che era stata puntata contro Harry colpì invece Peterson. Peterson cadde con uno strillo di sorpresa, le gambe bloccate insieme, e sbatté il mento sul pavimento.
Harry girò su sé stesso e calciò con forza Smythe sugli stinchi, sperando di costringerlo a lasciarlo andare: ma il ragazzo più grande gli assestò un pugno nello stomaco, ed Harry crollò in ginocchio, boccheggiando per riprendere fiato. Riuscì a malapena a mantenere la presa sulla bacchetta.
“Ottimo lavoro,” ansò Jeffreys, asciugandosi il sangue dalla faccia e fissando Harry con un'espressione omicida. “Tiriamolo su e portiamolo in un qualche posto tranquillo e silenzioso.”
“Aspetta,” piagnucolò Peterson dal pavimento, mentre O'Leary cercava di cancellare la maledizione. “A che serve trascinarlo via? Cosa pensi che ci accadrà quando tornerà indietro e racconterà ad uno dei professori cosa gli abbiamo fatto?”
“Non tornerà indietro,” replicò Jeffreys, con una tale raggelante sicurezza nella voce da far comprendere precisamente ad Harry cosa intendesse dire; e, malgrado il dolore allo stomaco, combatté pazzamente quando Jeffreys l'afferrò per il colletto.
“Fermatevi!” Una voce nuova riecheggiò nel corridoio e, per un attimo, tutti si bloccarono. “Combattere nei corridoi è proibito! Storia di Hogwarts lo dice chiaramente!”
Per la prima volta da sempre Harry fu deliziato nel vedere Hermione Granger, per quanto potesse essere una so-tutto-io ficcanaso. Si contorse ed agitò le braccia convulsamente mentre le gridava – senza poter essere udito – di andare a cercare aiuto.
“Harry? Sei tu? Che stai facendo? Farai perdere punti al Grifondoro se un professore ti vede in una rissa.”
Jeffreys fissò la ragazza dai capelli cespugliosi con disgusto. “Liberati di lei,” sbottò verso Smythe, mentre serrava la presa su Harry.
“Con piacere,” replicò l'altro, alzando gli occhi al cielo. “Vattene, racchia,” ordinò, incombendo sulla studente del primo anno.
Hermione si irrigidì e non poté del tutto nascondere il dolore nel suo tono, mentre replicava caparbiamente, “Non me ne andrò da nessuna parte senza Harry. Cosa gli state facendo? Lasciatelo andare!”
Smythe ringhiò una parole estremamente sgarbata e, piazzando una mano sulla faccia di Hermione, la spinse con tutta la sua forza. Lei cadde all'indietro e strillò quando il suo sedere incontrò dolorosamente la pietra del pavimento. Smythe si eresse sopra di lei e si lasciò scappare una risatina divertita davanti alle lacrime nei suoi occhi. “Non sei più un arrogante piccola vacca, ora, eh?” la provocò. Vedere la ragazza ferita spinse Harry a contorcersi ancor più energicamente, le labbra che formavano imprecazioni verso i suoi attaccanti. Con la coda dell'occhio vide un lampo di capelli biondi, ma la piccola figura – era Malfoy, quello? – sgattaiolò via in un attimo.
Harry si era aspettato con quasi assoluta sicurezza che Hermione sarebbe scappata prima che il ragazzo più grande portasse avanti il suo attacco iniziale: ma Hermione era fatta di un materiale più solido di così. Rotolò su un fianco, quasi fosse sul punto di scappare via, ma poi fece invece scattare il piede in avanti e calciò Smythe precisamente sul lato del ginocchio. Il grosso ragazzo si fece sfuggire un urlo di dolore mentre la gamba gli sfuggiva da sotto – la giuntura forzata in una direzione decisamente innaturale – e lui collassava al suolo: sfortunatamente, cadde precisamente sopra ad Hermione, che si trovò schiacciata con uno stridio di spavento.
Jeffreys afferrò Harry per il davanti delle vesti e lo lanciò contro il muro. Il retro del cranio di Harry colpì la pietra, e il mondo scomparve per un attimo in una nebbia di agonia al calor bianco. Quando riprese a fatica conoscenza scoprì che O'Leary aveva rimesso Peterson in piedi e Jeffreys si stava sforzando di sollevare Harry di peso. “Prendigli le gambe!” ordinò a Peterson. “Andiamocene di qui!”
Peterson obbedì, afferrando le caviglie di Harry e sollevandole così che il ragazzo fosse sospeso tra i due Corvonero. “Lanciali una maledizione!” Ordinò Jeffreys a O'Leary. “Qualcosa di efficace e di durevole, così che smetta di agitarsi!”
Harry aveva perso la bacchetta, ma era lungi dall'essere indifeso. Si contorse pazzamente, mettendo a buon frutto la sua esperienza nella Caccia ad Harry. Riuscì a liberarsi un piede e calciò Peterson in piena mascella, gettandolo indietro contro O'Leary e facendoli cadere entrambi.
“Ehi!” Ron era uscito dalla Sala Grande per cercare Harry ed aveva visto la mischia in corso. Si guardò intorno e guizzò nella Sala, chiamando i suoi fratelli; poi, schizzò indietro verso la rissa per aiutare i suoi compagni di Casa.
Quando arrivò, vide che Harry era quasi riuscito a liberarsi dalla presa di Jeffreys. Smythe, comunque, era riuscito a scrollarsi di dosso il dolore dal ginocchio abbastanza a lungo da afferrare Hermione per i capelli, mentre lei cercava di sgusciare via da sotto di lui. La ragazza si lasciò sfuggire uno strillo di dolore mentre lo studente più anziano la strattonava brutalmente indietro, poi alzò le mani in un gesto di difesa mentre lui sollevava il pugno per colpirla. Ron si lanciò addosso al ragazzo più grosso, costrinendolo a lasciare andare Hermione ma anche – una volta di più – schiacciando la povera ragazza sotto alle forme dei due ragazzi che si battevano. Ron afferrò il polso di Smythe, impedendogli di colpire Hermione, mentre Hermione riuscì a piazzare il gomito nel plesso solare di Smythe mentre si contorceva per liberarsi.
Jeffrey imprecò, quando vide i suoi alleati cadere. “Tu, piccolo bastardo!” Afferrò Harry per la gola e lo inchiodò al muro. Il fiato di Harry gli si mozzò in gola. Artigliò la stretta del ragazzo più grande; vide confusamente Jeffreys tirare indietro il pugno serrato e seppe che non aveva speranza di bloccare il colpo diretto alla sua faccia.
“Lascia andare il Primino,” una nuova voce emerse, molto profonda e molto minacciosa. La pressione sulla gola di Harry si alleggerì improvvisamente e, mentre lui ingoiava disperatamente una boccata d'aria decisamente necessaria, vide che la punta di una bacchetta stava scavando nel collo di Jeffreys, proprio sotto al suo orecchio. Attaccato all'altra estremità della bacchetta vi era un Marcus Flint molto grosso e dall'espressione arrabbiata. Harry lo conosceva come prefetto di Serpeverde e membro della squadra di Quidditch, perché Oliver Baston una volta gliel'aveva indicato mentre i Grifondoro cedevano il campo ai Serpeverde. Le esatte parole di Baston erano state: “E' proprio un grosso stronzo, perciò tienilo d'occhio!”; e, guardando l'espressione malevola di Flint, Harry non trovò ragione alcuna per dubitare dell'affermazione di Baston.
Nel frattempo l'intervento tempestivo di Ron aveva impedito a Smythe di ferire ulteriormente Hermione; ma il muscoloso studente del settimo anno era riuscito a scrollarsi di dosso i colpi del bambino più piccolo. Acchiappò Ron per il davanti della camicia, mentre con l'altra mano afferrava la bacchetta. Il sangue di Ron gli gelò nelle vene quando Smythe gli puntò la bacchetta tra gli occhi e ringhiò, “Cruc-”
Prima che Smythe potesse concludere l'incantesimo, un altro corpo si schiantò contro il suo, strappandogli la bacchetta dalle mani e interrompendo la Maledizione Senza Perdono. Le cose si trasformarono in una lotta senza quartiere, a quel punto, e tutto si fece confuso; Ron non aveva idea di chi l'avesse salvato, ma immaginò si trattasse di uno dei suoi fratelli – un sospetto che si rafforzò quando sentì Smythe grugnire per la soddisfazione ed una nuova voce maschile gemere per il dolore. Ron affondò prontamente i denti nel polso che ancora stringeva ed ebbe il piacere di udire lo strillo di Smythe, mentre il grido di sofferenza dell'altra persona si spegneva. Un paio di gambe avvolte nei calzoni di un abito entrò agitandosi nel suo campo visivo, evitando di stretta misura di calciarlo in faccia e confermando che c'era almeno un altro ragazzo ad aiutarlo nello scontro. Poi Hermione riuscì ad afferrare due manciate piene dei capelli di Smuthe e sbatté il cranio del ragazzo più vecchio contro il pavimento; questi gemette e si afflosciò, e Ron afferrò l'opportunità per bloccargli insieme entrambi i polsi e per sdraiarsi sopra di essi. Solo allora alzò la testa e si guardò attorno.
Hermione era inginocchiata accanto al capo di Smythe, le vesti spiegazzate, e respirava pesantemente, con una sinistra luce di sfida negli occhi. Smythe stava gemendo, ma non opponeva molta resistenza – per ora – e Ron si guardò incontro per vedere quale dei suoi fratelli era corso in suo aiuto.
Spalancò la bocca. Lì, seduto con entrambe le ginocchia fermamente piantate nello stomaco di Smythe, vi era Draco Malfoy. Per una volta l'acconciatura immacolata del Serpeverde era scarmigliata, e lui aveva un labbro rotto. “Malfoy!” sbottò Ron, incredulo. “Eri tu?”
Nell'istante stesso in cui le parole furono fuori dalla sua bocca, desiderò di poterle ricacciare dentro. Di tutte le stupide cose da dire! Ma, sorprendentemente, per una volta Malfoy non ghignò. “Non pensavi che avrebbe lasciato che difendeste un Primino Serpeverde senza aiuto, vero?” chiese, gettando un'occhiataccia a Smythe. “Ehi, Granger, che ne pensi di sbattergli di nuovo il cranio contro il pavimento? Penso che si stia svegliando.”
Ron era troppo stordito per riuscire a comprendere l'inspiegabile affermazione di Malfoy, così si girò per vedere cos'altro era accaduto mentre lui era distratto. Vide che un grosso prefetto Serpeverde teneva sotto mira con la bacchetta quello che aveva stretto Harry, mentre Fred e George stringevano un terzo avversario in una presa mortale che Ron sapeva per dolorosa esperienza personale essere estremamente efficace. L'ultimo degli assalitori di Harry se ne stava rannicchiato per cercare di sfuggire ad un'alta ragazza dalla pelle nera con una spilla da prefetto di Serpeverde sulle vesti.
Anche quando fu chiaro che la rissa era finita, altri studenti accorsero correndo, attratti dalla Sala Grande dal rumore. Ron vide Percy, Oliver Baston e il resto della squadra di Quidditch di Grifondoro, ed anche il timido Neville Paciock che si avvicinava correndo pazzamente. A rendere la situazione anche più interessante, un considerevole numero di Serpeverde erano già accorsi e, con le bacchette estratte, davano manforte ai loro prefetti.
Ron notò che, mentre gli altri si assembravano, Flint e la ragazza (Jones? Jonas?) fecero schioccare ordini che fecero sì che i Serpeverde formassero un efficiente perimetro difensivo. I Grifondoro erano meno organizzati, e tendevano ad aggirarsi nei dintorni ed a chiedere risposte piuttosto che a cedere il comando ad un singolo individuo. Dal momento che Percy era l'unico prefetto Grifondoro presente, Ron non poteva veramente dare la colpa gli altri Grifondoro per essere scarsamente intenzionati a prendere ordini da lui. Oliver Baston, ad ogni modo, apprezzò in fretta l'utilità dell'approccio dei Serpeverde e fece in modo che la squadra di Quidditch imitasse immediatamente le manovre dell'altra Casa. Il resto dei Grifondoro prese esempio, e presto non solo c'era un gruppo misto a fare la guardia contro ulteriori attacchi, ma ciascuno degli attaccanti era ora sorvegliato da almeno due persone.
“Tu, ******* piccola Mezzosangue *****,” ringhiò Smythe verso Hermione quando la testa gli si schiarì e lui realizzò che, grazie all'intervento della ragazza, il loro piano per aggredire Harry era fallito.
Le labbra di Hermione si serrarono mentre lei si alzava, lentamente. “Bastoni e pietre possono spezzarmi le ossa, ma gli insulti non potranno mai farmi male,” replicò lei, malgrado la sua voce tremasse un poco. Fece due passi a sinistra, poi, ed abbassò bruscamente il tallone. La bacchetta di Smythe si spezzò in due sotto al suo piede, e il ragazzo più vecchio si fece sfuggire un urlo di angoscia. “Oh, cielo,” disse Hermione dolcemente. “Quanto sono stata goffa. Suppongo che, essendo una Mezzosangue, io continui a dimenticarmi quando siano fragili le bacchette.”
Gli altri studenti fissarono Hermione con un miscuglio di meraviglia e timore. Spezzare la bacchetta di qualcuno era l'equivalente scolastico di un'esplosione nucleare. I singhiozzi increduli di Smythe furono l'unico suono per diversi secondi, poi: “Bel colpo, Primina,” disse Jones, il prefetto Serpeverde, in tono d'ammirazione.
Questo infranse il silenzio. “Lasciami andare,” domandò Jeffreys: un discreto sfoggio di spavalderia, considerando che la bacchetta di Flint era ancora dolorosamente affondata nel suo collo. “Questo non ha nulla a che fare con te o le tue serpi, Flint.”
Flint sbuffò. “Hai dato fastidio ad uno dei nostri Primini. Questo è un affare fottutamente nostro.”
“Il moccioso Malfoy non avrebbe dovuto mettersi in mezzo ai piedi di Smythe,” discusse Jeffreys. “Si è meritato che gli dessimo una lezione.”
Flint gettò un'occhiata verso Draco e sorrise. “Sembra che a farsi dare una lezione sia stato Smythe,” replicò. “E stavo parlando di Potter.”
Jeffreys e gli altri Corvonero fissarono Flint, così come i Grifondoro. “Cosa? Potter è un leone, non un serpente.”
Flint scrollò le spalle. “Appartiene al Capo della nostra Casa, questo fa di lui un serpente. Toccalo e muori.”
“Cosa ***** stai dicendo?” sbottò Jeffreys, furioso. “E' il fottuto Ragazzo Che E' Sopravvissuto, tu, ******* imbecille! I tuoi Serpeverde dovrebbero essere occupati a mettersi in fila per ucciderlo!”
Harry tremò di fronte alla profondità dell'odio negli occhi dell'altro ragazzo, e Flint gli lanciò una rapida occhiata, valutandolo. “Baston, vieni a portare via il tuo Cercatore da questo pazzo cretino, d'accordo?”
Oliver accorse e tirò via Harry. Batté una mano sulla schiena di Harry, rassicurante, e Katie Bell, un'altra compagna di squadra, si affiancò dall'altra parte di Harry, avvolgendolo in un mezzo abbraccio e restituendogli i suoi occhiali, miracolosamente integri. “E' tutto a posto, Harry,” gli bisbigliò nell'orecchio. “E' tutto sotto controllo.”
“Tu, *******!” Jeffreys continuò ad imprecare, ed alla fine Jones ne ebbe abbastanza.
Schioccò le dita e rivolse un gesto di comando verso Percy. “Ehi, tu! Percy – finiscila di guardarti intorno inutilmente e tieni sottocontrollo questo spreco di spazio,” ordinò, indicando Peterson.
“Erm – bene, sì. Sì, certo!” Percy obbedì in fretta, sconcertato sia dall'ordine perentorio che dal fatto che la bellissima ragazza del settimo anno conoscesse il suo nome.
“Primina – sì, tu. Vieni qui,” Jones invitò Hermione al suo fianco e si accostò a dove Jeffreys stava ancora imprecando verso Flint. “Bene – questo è un ottimo incantesimo da imparare. Pronta? Guarda la mia bacchetta.” Alzò la bacchetta e la puntò contro Jeffreys. “Castrato ex-”
“NO!” Ogni maschio dal secondo anno in su nelle vicinanze urlò e si piegò, e Jeffreys impallidì, assumendo la stessa sfumatura di colore del muro di pietra.
Jones sospirò. “Oh, d'accordo. Te lo insegnerò più tardi,” promise ad Hermione. “In quanto a te, pezzo di merda codardo, abbassa la cresta, o te lo strapperò con una maledizione! Snip-snip!”
Nessuno dovette chiedere a che cosa lei si stesse riferendo con quel 'lo', e Jeffreys si quietò, gli occhi spalancati e le mani strette attorno a sé stesso in un gesto protettivo.
Flint alzò gli occhi al cielo, rivolgendosi a Baston. “Streghe!” Ma lo disse piano.

Piton gettò un'occhiataccia alla tavola di Grifondoro, alla quale un certo ragazzino dai capelli in disordine innegabilmente non era seduto. Il cibo sarebbe stato servito da un momento all'altro e Potter, il disobbediente piccolo moccioso, non si vedeva da nessuna parte. Vitious aveva preso posto alla tavola degli insegnanti diversi minuti prima, perciò il piccolo mostro aveva di certo finito la sua lezione speciale; e ciò significava che stava deliberatamente ignorando le esplicite istruzioni di Piton sull'essere in tempo per i pasti così da non doversi arrangiare con gli avanzi degli altri.
Potter aveva diversi anni di malnutrizione ai quali porre rimedio, ma essere incastrato tra Ron Weasley e Neville Paciock alla tavola del Grifondoro difficilmente avrebbe giovato al suo apporto calorico. Nel momento in cui quei due avevano finito di servirsi, gli elfi domestici erano fortunati se riavevano indietro le stoviglie. Se Harry non fosse stato lì nel momento in cui il cibo veniva servito, non gli sarebbe rimasto niente.
E tuttavia, malgrado Piton gli avesse spiegato il concetto in chiare, semplici parole di meno di tre sillabe, comprensibili anche ai Grifondoro, il posteriore di Potter non era fermamente piantato nel suo sedile nella Sala Grande: no, il demonietto stava ovviamente gironzolando per i corridoi, masticando Cioccorane e chiedendosi quale nuovo guaio potesse progettare. Piton serrò i denti. Avrebbe fatto vedere al ragazzo cosa significava ignorare le sue istruzioni! Tamburellò le dita sulla tovaglia, domandandosi dove avrebbe dovuto posizionare il moccioso così che il maggior numero possibile di studenti lo vedesse venire imboccato con il cucchiaio dagli elfi domestici. Forse, se avesse piazzato una tavola speciale proprio di fronte a quella degli insegnanti...
Venne distratto mentre era occupato a comporre menù punitivi – abbondanti fegato e cipolle, cassette di broccoli – dalla vista di uno dei suoi Primini che scivolava in ritardo nella Sala. Piton lanciò un'occhiataccia verso Draco Malfoy. I suoi serpenti avrebbero dovuto sapere che non dovevano arrivare in ritardo. Apparentemente la punizione nella Guferia non aveva insegnato al giovane signor Malfoy a seguire le istruzioni del Capo della sua Casa. Forse avere due Primini imboccati dagli elfi domestici avrebbe fatto recepire il messaggio...
Ma, un attimo – Malfoy non si stava sedendo: invece, stava bisbigliando con aria d'urgenza a Flint. Piton guardò, sorpreso, Flint rivolgere un segnale all'altro Prefetto anziano, Davidella Jones, ed entrambi affrettarsi fuori dalla Sala, seguiti da Malfoy.
Be'. Interessante. Quel particolare paio di prefetti prometteva una salutare dose di sofferenza per qualche povero furfante. Piton considerò distrattamente l'ipotesi di seguirli, ma decise che era meglio lasciare che i suoi prefetti affrontassero la situazione. Flint era grosso e non contrario a tirare uno schiaffo dietro la testa a qualche studente più piccolo, ma Jones era quella che la maggior parte dei suoi serpenti temeva davvero. Era decisamente simile ad una più sana versione di Bellatrix – capace di incredibile crudeltà, ma maggiormente discriminante nella sua scelta di vittime. Anche Flint sapeva che non era il caso di finire sulla sua lista nera.
Tra l'uno e l'altra, Piton era sicuro che potessero gestire chiunque fosse il responsabile del problema in questione, principalmente somministrandogli un'indelebile lezione sul perché comportarsi male fosse poco saggio. Il suo intervento avrebbe meramente intralciato la loro capacità di infliggere una punizione sommaria e, davvero, lui era occupato a sufficienza anche senza dover supervisionare punizioni in più. Ma gli altri suoi Serpeverde erano irrequieti ora, e si guardavano alle spalle, verso i prefetti e Malfoy; diversi li avevano già seguiti.
Poi il più giovane dei Weasley, che era stato – sorpresa, sorpresa – uno dei primi a sedersi a tavola, si alzò in piedi e lasciò la stanza. Probabilmente in cerca di Potter, rifletté Piton con un senso forzato rispetto per la lealtà Weasley. Il clan delle teste rosse aveva evidentemente accolto Potter come uno dei loro, e questo avrebbe anche potuto significare che Ron non si sarebbe accaparrato tutto il cibo. Forse.
Ed ora che succedeva? Weasley era appena schizzato nuovamente alla tavola del Grifondoro, ed il resto dei suoi fratelli, seguiti a breve distanza dall'intera squadra di Quidditch e da una discreta percentuale del resto della tavolata, lo stavano ora seguendo fuori dalla porta. Questo ruppe gli indugi anche per i Serpeverde che rimanevano, che a loro volta scattarono verso l'uscita.
Piton guardò Minerva, solo per scoprire che lei lo stava fissando con una simile espressione d'allarme. Quale calamità aveva potuto attrarre un tale numero di adolescenti affamati lontani dalla tavola della cena?
“Dovremmo andare a vedere cosa sta succedendo?” gli chiese Minerva, la voce deliberatamente bassa.
“Farlo indicherebbe una mancanza di fiducia nei nostri prefetti,” replicò, ma senza riuscire del tutto a sopprimere il disagio nella sua voce.
Ora anche i Corvonero si stavano guardando intorno nervosamente, avendo notato finalmente che c'era qualcosa che non andava. Tipico, ringhiò Piton tra sé e sé. Sarebbero stati capaci di recitare ogni permutazione conosciuta dell'incantesimo Ignatio Compelare del Diciottesimo Secolo, ma avevano bisogno che gli elfi domestici dicessero loro che i vestiti che avevano addosso stavano bruciando.
Un contingente di Corvonero si mosse verso la porta e finalmente anche i placidi Tassorosso cominciarono ad apparire curiosi. Mentre l'ultima tavola nella Sala Grande si svuotava, Piton e Minerva si scambiarono un'altra occhiata e si alzarono contemporaneamente.
“Andrò io,” disse Minerva, facendogli segno di tornare a sedersi.
“No, andrò io,” ribatté Piton. “Sai perfettamente che i piccoli idioti si disperderanno non appena mi vedranno.”
“Sì, ma tu non ti preoccuperai di informarti sul responsabile – ti limiterai ad esonerare dalla colpa la tua Casa e a dedurre arbitrariamente punti da tutti gli altri,” replicò lei.
Gli occhi di Piton si serrarono: ma, prima che potesse replicare, Silente si alzò in piedi. “Forse dovremmo tutti andare, dato che sembra che tutti gli studenti siano ora coinvolti in qualunque cosa stia accadendo – come spettatori o partecipanti.”
“Un'idea eccellente!” squittì Vitious, felice. Pomona Sprite sospirò – era stata una lunga giornata, nelle serre – ma seguì gli altri doverosamente.
Albus aprì la strada attraverso la Sala, mentre Piton teneva il muso e trascinava i piedi. Qualunque cosa potesse essere accaduta, con il Preside ad investigare era praticamente certo che la sua Casa sarebbe stata ritenuta responsabile mentre le lodi per i delinquenti della McGranitt sarebbero salite ai cieli.
Minerva era agitata, camminando al fianco di Piton. “Cosa diamine potrebbe aver attratto l'attenzione contemporaneamente dei Serpeverde, degli Weasley e della squadra di Quidditch di Grifondoro?” si chiese ad alta voce.
Il respiro si spezzò nella gola di Piton. I Weasley, il Quidditch, la sua Casa... Harry! Si fece bruscamente largo a spallate oltre Vitious e Sprite, correndo verso la porta a tutta velocità. Minerva sussultò, quando realizzò la cosa un attimo più tardi, e subito dopo era proprio accanto a lui, affrettandosi per vedere che cosa stava succedendo. Occorse tutto l'autocontrollo di Piton per non spintonare il Preside da parte quando raggiunsero il retro della folla assiepata.
Già mentre la presenza scintillante del Preside apriva un passaggio attraverso gli studenti, l'altezza di Piton gli permise di vedere al di sopra delle teste di molti. Colse l'immagine di qualcuno con scuri capelli arruffati stretto in un mezzo abbraccio da una delle più grandi tra le ragazze Grifondoro, e il cipiglio si intensificò. Aveva avuto ragione. Qualunque cosa fosse accaduta, Potter ci si era trovato in mezzo, sebbene, almeno, apparisse relativamente integro. Si costrinse a prendere un respiro profondo e a rimanere educatamente silenzioso, lasciando che fosse Silente a parlare, anche se smaniava dal desiderio di strappare Potter dalle mani dell'altra Grifondoro e controllarlo di persona.

Harry riuscì a sorridere quando Flint e Baston alzarono gli occhi al cielo di fronte a qualunque incantesimo l'altra prefetto di Serpeverde fosse stata sul punto di lanciare. Per la prima volta dal momento in cui aveva percepito i passi dietro di lui si sentiva al sicuro. Con i ragazzi più grandi di due Case ad occuparsi di lui, per non parlare di Ron e dei suoi fratelli e anche di Hermione (!), comprese che non sarebbe stato il bersaglio preferito dei bulli in questa scuola, come Dudley si era assicurato che accadesse in passato.
Ed Harry doveva tutto ciò al Professor Piton. Il Prefetto Flint non aveva detto questo? Harry apparteneva a Piton, perciò era un serpente. E il Cappello l'aveva reso un leone. E la Zia Molly e lo Zio Arthur (come ora loro insistevano che lui li chiamasse) l'avevano reso un Weasley... Harry sorrise tra sé e sé. Improvvisamente era passato dal non avere nessuno a cui lui importasse all'avere intere folle di persone schierate per aiutarlo.
“Oi! Che state facendo?” Un'ondata di Corvonero emerse dalla Sala Grande, seguita da alcuni Tassorosso curiosi che erano riluttanti a rinunciare al divertimento. Vedendo diversi compagni di Casa riversi sul pavimento o bloccati contro il muro, i Corvonero si fecero avanti: solo per bloccarsi, sgomenti, quando una falange di bacchette di Grifondoro e di Serpeverde li prese immediatamente di mira. Per un attimo sembrò che le ostilità potessero nuovamente esplodere, ma il famoso intelletto Corvonero permise ai nuovi arrivati di calcolare rapidamente le possibilità e di determinare che un attacco diretto si sarebbe concluso con poca probabilità a loro favore.
“Santo cielo.” Prima che qualunque altra cosa potesse accadere, il tono gentile del Preside fece bloccare tutti.
Ron sospirò per il sollievo. Finalmente gli insegnanti avevano capito che c'era qualcosa che non andava e si erano alzati da tavola. Il Preside, avvolto in abiti di uno scintillante color porpora e gialli, si fece strada attraverso la folla degli studenti, con i Capi delle Case che lo seguivano da presso. “Quale sarebbe il problema questa...?” La voce di Silente si spense nello choc quando lui realizzò che, contrariamente alla sua iniziale deduzione che una vera e propria guerra fosse finalmente esplosa tra Serpeverde e Grifondoro, le due Case erano per una volta realmente unite mentre fronteggiavano un branco di sconcertati Corvonero.
“Erm...” Sbatté le palpebre diverse volte, ma si riprese in fretta. “Come stavo dicendo, cosa succede, qui?”
“Be', signore,” cominciò Flint; ma Silente sollevò una mano in un gesto gentile.
“Forse, signor Flint, potremmo tutti abbassare le bacchette prima di andare avanti?”
“Meglio di no, Preside,” intervenne Malfoy. “Non si può dire cosa potrebbero provare a fare, se lo facessimo. Quello lì,” indicò, con uno scintillio malefico negli occhi, “ha provato a lanciare una Cruciatus su Ron Weasley.”
Si poté udire un ansimo strozzato. Nella foga dello scontro, in pochi avevano sentito davvero la maledizione di Smythe, ed anche Flint ne fu allibito.
Quello che accadde subito dopo fu anche più scioccante.
“TU, BASTARDO!” Uno scoppio di energia color rubino esplose superando gli altri e colpì Smythe in piena faccia. Questi urlò per il dolore mentre la sua pelle si ricopriva all'istante di bolle purulente dall'aspetto arrabbiato. “NON AVVICINARTI MAI PIU' AL MIO FRATELLINO, TU, FOTTUTO VIGLIACCO SACCO DI -”
“Ehi, ehi, ehi, Grand'Uomo,” disse Jones cercando di calmarlo, posando una mano, per fermarlo, sul braccio proteso di Percy, prima che questi potesse lanciare un'altra maledizione. “Pas devant les domestiques1, capisci. O les professeurs2, in questo caso. Calmati, splendore. Ha imparato la lezione. Per ora.”
Con il respiro affannoso e ancora cercando di trafiggere con lo sguardo l'ora piangente Smythe, Percy obbedì. Ron fissò a bocca aperta suo fratello, sbalordito, mentre i gemelli osservavano Percy con un nuovo rispetto. Chi avrebbe mai immaginato che quel cretino pedante e rispettoso delle regole che era loro fratello potesse scoppiare a quel modo? Il suo spirito protettivo rivaleggiava con quello di Molly.
“Hmmm,” disse Silente, pensoso. Agitò la bacchetta e improvvisamente i quattro ragazzi che erano stati tenuti sotto sorveglianza dagli altri furono stretti da funi. “Meglio? Ora forse il resto di voi potrebbe mettere via le bacchette e dirmi cos'è accaduto.”
La professoressa Sprite aveva già spinto i suoi Tassorosso e gran parte dei Corvonero verso la Sala Grande, mentre Vitious, Piton e la McGranitt rimasero dietro il preside, guardando severamene i propri studenti.
“Be', Professore, noi – cioé, io e Jones – siamo arrivati qui verso la fine. Non sono precisamente sicuro che cosa sia successo all'inizio...” Flint guardò verso Draco, che guardò Ron, che guardò Hermione, che guardò Harry.
Harry agitò le braccia, frustrato, e gridò: ma era ancora sotto l'effetto dell'Incantesimo Silenziante.
“Ti chiedo scusa, Harry. Molto negligente da parte mia.” Un altro movimento della bacchetta del Preside, e improvvisamente la voce di Harry ritornò.
“ - togliere questo FOTTUTO incantesimo – oh. Scusate,” Harry arrossì, evitando gli occhi di Piton.
“Harry, potresti per favore dirci cos'è accaduto?”
Così, Harry spiegò come i ragazzi più grandi gli avessero teso un agguato, e come Hermione fosse intervenuta in suo aiuto solo per essere buttata a terra. “ - e allora lei gli ha tirato un calcio al ginocchio e lui è crollato come un sacco di patate, proprio sulle chiappe!” Esclamò Harry entusiasta, prima di realizzare chi fossero i suoi ascoltatori. “Erm, scusate. Volevo dire, è caduto, e poi stavano lottando e allora -”
“Sono arrivato e ho visto cosa stava accadendo,” intervenne Draco, “così sono entrato nella Sala e ho chiamato i nostri Prefetti. Quando sono tornato indietro -”
“- io ero andato a cercare Harry e li ho visti lottare, così ho chiamato Percy e i gemelli e sono saltato su quello che stava per strappare via alla radice i capelli di Hermione,” si intromise Ron.
“Sì, e quando sono arrivato stava per lanciarti la Cruciatus, così l'ho placcato, e per un po' è stato tutto un po' confuso, fino a che,” Draco sospirò, ma quel che era giusto era giusto, “la Granger non ha sbattuto la testa di Smythe sul pavimento e l'ha messo fuori gioco.” Ora gran parte delle persone stavano adocchiando Hermione con meraviglia, e lei arrossì sotto ai loro sguardi.
“Non appena Malfoy è venuto a dire a me e a Jones che qualche Corvonero stava prendendo a calci uno dei nostri Primini, ci siamo messi a correre,” Flint aveva ovviamente deciso che gli studenti erano stati abbastanza a lungo sotto le luci della ribalta. “Così io e Jones siamo arrivati qui e abbiamo preso Jeffreys e Peterson sotto controllo. Poi io -”
“Un momento, signor Flint,” lo interruppe la professoressa McGranitt. “Sono un po' confusa. Hai detto che uno dei Serpeverde del primo anno stava venendo attaccato? Ma pensavo che solo il signor Potter fosse stato preso di mira.”
Flint la guardò semplicemente. “Sì, Professoressa.”
Lo sguardo della McGranitt passò da Piton a Silente. “L'ultima volta che ho controllato, signor Flint, il Cappello Parlante aveva messo il signor Potter nella mia Casa.”
“Il Capo della nostra Casa ha messo Potter sotto la protezione dei Serpeverde, Professoressa,” intervenne Jones freddamente. “Questo lo rende anche nostro.”
La McGranitt aprì e chiuse la bocca senza che alcun suono emergesse. Piton ghignò. “Ben reso, signorina Jones, signor Flint,” commentò in tono mellifluo.
Il Preside sorrise raggiante. “Sono d'accordo. E' meraviglioso assistere ad un simile splendido esempio di cooperazione tra le Case, così come ad una tale, evidente dimostrazione di rispetto verso il Capo della vostra Casa. Cinquanta punti ad entrambe le Case per aver lavorato assieme ed altri dieci a Serpeverde per aver offerto una pronta assistenza ad uno studente del primo anno. Ora, dunque, signor Flint. Credo che fossi arrivato al punto in cui tu e la signorina Jones siete arrivati in aiuto del signor Potter?”
“Sì, signore. Questi due,” fece cenno con il capo verso i gemelli, “avevano già bloccato O'Leary, e non sembrava che avessero bisogno di alcun aiuto, e Smythe era praticamente sepolto sotto a questi tre, perciò la battaglia era praticamente finita; fino a quando il resto dei Corvonero ha deciso che voleva farsi coinvolgere.” Flint fece una pausa, poi decise di essere gentile. “Ad essere sincero, signore, non penso che sapessero cosa questi quattro stessero facendo. Pensavano semplicemente che i loro compagni di Casa fossero in pericolo.”
Il professor Vitious era apparso sempre più sconvolto mano a mano che l'enormità dei crimini commessi da quattro dei suoi studenti venivano alla luce. “Santo cielo, Potter, stai bene? Sono scioccato e disgustato che qualcuno dei miei Corvonero possa aver pianificato una cosa simile!”
Harry sorrise al piccolo professore. “Io sono a posto, signore.”
“Un'altra menzogna, signor Potter?” chiese Piton severamente, trattenendosi a malapena dall'afferrare il ragazzo e trasportarlo di peso in Infermeria. “A prestar fede a quello che tu e gli altri avete detto, sei stato preso a pugni, strozzato, lanciato contro un muro e -”
“Professore!” esclamò Harry scandalizzato. L'ultima cosa che voleva era che il suo professore lo trattasse come un bambino di fronte a tutti. “Sono a posto. Davvero.”
“Forse, Severus, vorresti essere così gentile da portare tutti e quattro i nostri battaglieri studenti del primo anno da Madama Chips? Tutti loro, sembra, potrebbero essere un po' malconci.”
“Albus, devo puntualizzare che i miei studenti, il signor Smythe in particolare, potrebbero a loro volta avere bisogno di assistenza medica,” disse Filius. Poteva essere disgustato dal loro comportamento, ma avrebbe comunque fatto il proprio dovere e si sarebbe occupato della salute dei suoi studenti.
“Certamente. Magari potresti chiedere a Madama Chips di unirsi a noi nel mio ufficio non appena si è presa cura di questi quattro?” Silente si rivolse a Piton con aria d'attesa.
“Oh, per favore, Professore, non possiamo mangiare, prima? Sto morendo di fame,” protestò Harry, guardando Piton con espressione implorante.
“Già!” fece eco Ron. “Erm, voglio dire, anche io, signore,” aggiunse in fretta di fronte all'occhiataccia di Piton.
Piton aggrottò la fronte, ed avrebbe rimproverato i ragazzi per la loro imprudenza se Silente non avesse riso ed annuito prima che lui ne avesse la possibilità. “Molto bene, Harry. Questo permetterà a Madama Chips di provvedere a questi giovanotti, prima; ma non appena la cena sarà finita, il professor Piton vi porterà tutti e quattro in Infermeria, e mi aspetto che non ci siano discussioni.”
“Sì, signore,” promise Harry.
Vitious, Silente e i quattro studenti di Corvonero salirono all'ufficio del Preside, mentre la McGranitt e Piton spingevano il resto della scuola di nuovo nella Sala Grande. Per la prima volta a memoria di studente l'uso di sedere alla tavola della propria Casa andò a farsi friggere, perché quelli che erano stati coinvolti nella Grande Battaglia si lasciarono cadere seduti tutti attorno ad una tavolata, e il resto degli studenti si affrettò a raggiungere i posti più vicini per poter origliare e sentire cos'era accaduto.
“Miseria, sei uno che si contorce parecchio,” commentò Flint, assestando ad Harry una spintarella amichevole. “Mentre correvo verso di te ti ho visto mettere proprio una bella lotta con quegli imbecilli.”
Harry arrossì.
“Aspetta di vederlo muoversi su una scopa!” intervenne Baston attraverso la tavolata. “Il modo in cui cambia direzione praticamente non è umano!”
Dall'altra parte del tavolo, Ron e Draco erano finiti seduti vicini. Entrambi evitarono per un po' l'uno gli occhi dell'altro, accuramente; ma fu Ron a cedere per primo. “Perciò, um, Malfoy – er, Draco – grazie, voglio dire, per prima,” borbottò Ron. “Sai, con quel Corvonero.”
“Prego, Weasley.” Draco esitò, prima di aggiungere. “Suppongo che siamo pari – tu l'hai costretto a lasciarmi andare prima che mi spezzasse il braccio.” Ghignò. “Non sapevo che la tua famiglia si fosse data al cannibalismo!”
“Huh?” Gli occhi di Ron si serrarono. Sospettava che ci fosse un insulto, là in mezzo, ma non ne era sicuro.
Draco alzò gli occhi al cielo. “Il modo in cui gli hai masticato il polso? Cannibalismo? Afferrato?”
“Oh.” Ron arrossì. “Be', volevo che ti lasciasse andare. Suonava come se ti stesse davvero facendo male.”
Ora era il turno di Draco di farsi rosso. “Be', già...”
Vi fu una pausa imbarazzata.
“Tuo fratello conosce degli incantesimi davvero spaventosi,” commentò Draco alla fine. “Te li ha insegnati?”
“Qualcuno,” ammise Ron. “Vuoi che te li mostri?”
Draco scrollò le spalle in maniera deliberatamente indifferente. “Già, magari. Voglio dire, sarebbe divertente.” Ron sorrise. “Ce n'è uno che il più grande dei miei fratelli ha imparato dai goblin. Diamine – è fantastico.”
“Sì?” Draco lasciò cadere la maschera di disinteresse. “A cosa serve?”
Mentre i due ragazzi parlavano in tono animato ed Harry, Oliver, Katie e Marcus discutevano del Quidditch, Jones si rivolse ad Hermione.
“Hanno dovuto far levitare quel grosso gorilla fino all'ufficio del Preside, Primina – non poteva neanche camminare. Che incantesimo hai usato?”
Hermione arrossì. “Non era un incantesimo. Gli ho solo tirato un calcio. Mio padre si è assicurato che io conoscessi un po' di mosse per la difesa personale.”
Uno dei Serpeverde che non aveva partecipato alla rissa disse in tono di scherno: “Tuo padre te l'ha insegnate? Un Babbano? Che razza di difesa personale conosce un Babbano? E a che servirebbe, comunque?”
Hermione arrossì per la rabbia. “Stai insultando mio padre?”
Prima che l'altro Serpeverde potesse replicare, Jones disse in tono morbido, “E' stata lei a spezzare la bacchetta di Smythe, Singh. Starei attento a quello che dico, se fossi in te.”
Vi fu una distinta pausa di silenzio prima che Singh dicesse, in un tono decisamente più rispettoso, “Senza offesa, Granger. Non fare così la Grifondoro. Intendevo dire solo che i Babbani... be', cosa possono saperne sulla lotta?”
Fu la goccia che fece traboccare il vaso. Hermione sapeva perfettamente che la sua incapacità di tenere la bocca chiusa in classe l'aveva fatta segnare a dito dai suoi compagni come una fastidiosa secchiona. Sapeva che la sua profonda conoscenza di tutte le regole spesso la faceva comportare come una santarellina spiona. Sapeva anche di non poter incolpare nessuno se non sé stessa per questo: ma, malgrado tutto il suo amore per le regole, il suo interesse nel rispondere alle risposte, il suo atteggiamento ossessionato dai compiti, Hermione Granger non era una codarda. Aveva un suo orgoglio e, qualunque cosa la società Magica potesse pensare, era ferocemente leale ai suoi genitori ed alla società Babbana nella quale era cresciuta. Decise che, se i ragazzi in questa nuova scuola avevano intenzione di disprezzarla così come quelli nella vecchia avevano fatto, allora poteva, già che c'era, dare loro una buona ragione. All'inferno l'essere una brava ragazza. Per una volta, Hermione avrebbe combattuto il fuoco con il fuoco.
Lanciò un'occhiata a Davidella Jones, la tendenza della quale a prendere a calci i sederi di chi la intralciava combinata con la sua spilla da Prefetto le avevano vinto l'ammirazione di Hermione. Ecco, qui c'era qualcuno che era ovviamente una studentessa rispettata ed una Brava Ragazza, ma che anche ragazzi imponenti come Flint non infastidivano. Hermione aveva trovato un esempio da seguire.
Jones alzò le sopracciglia in un silenzioso incoraggiamento e, confortata, Hermione lanciò un'occhiataccia circolare a Singh e agli altri purosangue. “Sulla lotta? Pensate che i Maghi siano i soli a saper combattere? Voi non avete la minima idea di che cosa sia veramente combattere. Lanciare maledizioni è per le femminuccie. I Babbani combattono a mani nude. E i Babbani sono molto più tosti dei Maghi, poi,” andò avanti, la fronte aggrottata mentre guardava la tavolata. “Qui nel mondo magico, se finisci ferito in uno scontro, vieni rimesso a posto in un attimo da Madama Chips o da qualche altro guaritore. Quando i Babbani combattono e vengono feriti, restano feriti. Non puoi sperare di combattere se non riesci a sopportare il dolore, e i Babbani sanno più cose sul dolore e la sofferenza di qualunque Mago.”
“Aspetta un attimo, Granger!” sbottò Malfoy. “Weasley, qui, è quasi stato cruciato3. Quello porta un sacco di dolore e sofferenza!”
Hermione alzò gli occhi al cielo. “Nessuno sta sminuendo il coraggio di Ron nel salvarmi, Draco.” Ron arrossì fino alla punta delle orecchie. “O il tuo nel salvare lui.” Ora era il turno di Draco di sembrare a disagio. Salvare un Grifondoro? Ma a cosa stava pensando? E che cosa avrebbe detto suo padre? “Ma i Babbani conoscono il vero dolore, quello che dura, ed è quello che ci rende buoni combattenti.”
“Perciò tu conosci il dolore, Granger?” Questa volta era stato un membro della squadra di Quidditch di Grifondoro a parlare, lo scetticismo chiaro nella sua voce. “Prova a venire colpita da un Bolide.”
Hermione si sporse in avanti. “I miei genitori sono dentisti, Bradley. Sai che cosa significa?” La maggior parte dei purosangue scosse il capo. “I Babbani hanno dei buchi dei denti, e i dentisti li sistemano. Sai come li sistemano? Prima, prendono un grosso, luuuungo ago,” sollevò le mani per mostrare quanto fosse lungo l'ago, “e lo ficcano nella tua gengiva,” mimò la cosa, “e leeeeeentamente iniettano una medicina che brucia terribilmente. E poi prendono una macchina che ha un'estremità appuntita che gira davvero davvero in fretta ed emette un suono lamentoso come questo -” La sua imitazione fu talmente buona che a causa sua metà della tavolata si coprì le orecchie per il dolore. “E alla fine la usano per scavare buchi nei tuoi denti.” Ora tutti i purosangue erano verdi. Anche Jones respirava debolmente ed era aggrappata al braccio di Percy. Gli altri Nati Babbani si stavano divertendo immensamente, e i Mezzosangue erano, a seconda del luogo nel quale erano cresciuti, o divertiti o disgustati.
“E questo può andare avanti per ore,” proseguì Hermione in un tono tale da dare i brividi. “E poi riempiono i buchi con il metallo, e -”
“Oh, avanti!” Sbottò Percy, un leggero velo di sudore sul viso. “Te lo stai inventando!”
“No, è tutto vero!” Un Nato Babbana Grifondoro del quarto anno fu anche troppo felice di sostenere la storia di Hermione. “Guardate – i miei non hanno saputo che io fossi un mago fino a quando non avevo quasi dieci anni, e per allora le mie carie era state guarite alla maniera babbana. Vedete? E'one una.” Spalancò la bocca e indicò all'interno così che gli affascinati e nauseati Purosangue potessero vedere le sue otturazioni.
“E' disgustoso!” disse Flint, debolmente.
Il ghigno di Hermione quasi superò quello di Piton. “E non ho neanche parlato del modo in cui i Babbani raddrizzano i denti storti – ti mettono delle strisce di metallo in bocca e le stringono e le stringono fino a che i tuoi denti non sono stati tirati in posizione, ed occorrono anni e anni.” Ora diversi tra i purosangue avevano spinto via i piatti e si reggevano i fazzoletti contro la bocca.
“Ed entrambi i miei parenti fanno questo di mestiere. Giorno dopo giorno, mese dopo mese, anno dopo anno. E poi vengono a casa e mi raccontano tutto. Perciò non provare a scherzare con me, Singh. Infliggere dolore è nel mio sangue.”

“Minerva,” Severus aggrottò la fronte, osservando gli studenti. “Non ti sembra che molti degli studenti stiano guardando la tua signorina Granger con una specie di affascinato terrore?”
La McGranitt seguì la direzione del suo sguardo. “Santo cielo. In genere non vedo espressioni come quelle se non durante la consegna delle domande dei M.A.G.O. e dei G.U.F.O.. Cosa diamine sta succedendo da quelle parti?”

Prima che il pasto fosse finito, la reputazione di Hermione nel Mondo Magico era stata fatta. Oh, lei era ancora conosciuta come una brava studentessa, anche se un po' secchiona; ma la voce aveva fatto il giro della scuola come un lampo: Non Metterti Nei Guai Con La Granger. Tra il suo essere figlia di due esperti torturatori e la sua dimostrata tendenza a rompere le bacchette delle persone che l'offendevano, la Granger era evidentemente qualcuno da non far irritare.
Harry si guardò intorno nella Sala e sorrise raggiante. C'erano così tante persone che si preoccupavano per lui. Per la prima volta nella sua vita aveva degli amici – e non solo Ron, malgrado questi avrebbe sempre avuto un posto speciale come primo amico di Harry. Ma i Serpeverde erano venuti a salvarlo così come i Grifondoro, il che avrebbe reso il professor Piton felice; ed anche Draco e Ron sembravano andare d'accordo, tanto per cambiare.
Lanciò un'occhiata verso la tavola degli insegnanti: sia Piton che la McGranitt apparivano perplessi, ma Harry pensò che ciò fosse probabilmente dovuto all'inusuale quantità di chiacchiere che stavano andando avanti stanotte. Si strofinò il retro della testa. Sì, c'era un livido lì, ed era sicuro che il Professor Piton avrebbe fatto storie per quello – ad essere sinceri, Harry sarebbe rimasto un poco ferito se non ne avesse fatte – ma ne valeva la pena di ogni livido che si era fatto per vedere a quante persone in questa nuova scuola lui piaceva. Si ricordò le parole di commiato dello Zio Vernon, riguardo al fatto che lui non sarebbe piaciuto a nessuno ad Hogwarts, esattamente come dai Dursley, e sbuffò. Il Professor Piton aveva ragione. Lo Zio Vernon era solo un grasso, stupido tricheco. Non capiva niente.
Harry aveva trovato degli amici ed una nuova casa ed anche – malgrado dovesse stare attento a non dirlo troppo a voce alta, per paura di imbarazzare il Professor Piton – un nuovo papà che si preoccupava per lui e si assicurava che mangiasse tutte le sue verdure e visitasse l'Infermeria quando si faceva male. Harry sospirò, felice. Doveva essere il ragazzo più fortunato del mondo intero.



Note alla traduzione:
(1): Mai davanti ai domestici. In francese nell'originale.
(2): I professori. Come sopra.
(3): Malgrado io trovi spesso nelle fanfiction termini derivativi come cruciare o cruciato, in Harry Potter non mi pare siano presenti. Ho deciso comunque di usare il termine cruciato per due ragioni: intanto perché era la resa più simile all'originale inglese; poi, perché, essendo parte del discorso di Malfoy, mi sembrava avere un suo senso.

Festeggiamo qui il fatto di essere arrivati ad un quarto della storia. Ciò significa che ci saranno ancora mooooolti capitoli da godere, che la trama avrà ancora molto da offrire, ma che ci stiamo addentrando sempre più al suo interno. Ditemi che questo capitolo non vi è piaciuto e vi mando Moody a casa. E' tanto pieno di amore e buoni sentimenti e coccolosità inter ed extra Case hogwartsiane che viene voglia di mangiarsi tutti i personaggi.
Per la gioia di chi segue la storia, vi dico che il prossimo capitolo è già stato tradotto e aspetta solo che anche quello dopo ancora lo sia per essere pubblicato!

Buone vacanze e grazie a tutti voi che vi siete fermati a lasciare una recensione. Un grazie doppio a chi mi ha segnalato le opportune correzioni al testo.
  
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