Anime & Manga > Pokemon
Segui la storia  |       
Autore: Kimberly Anne    09/10/2011    4 recensioni
«Per la trentaseiesima, sacrosantissima volta, Nardo: io quel Chiarolite non lo volevo neanche accettare! Avete finito di rompere le scatole, tutti quanti?»
Una terribile disgrazia sta per abbattersi sulla regione di Unima.
Ma gli Eroi non hanno alcuna intenzione di sventarla.
Direttamente da Pokémon Bianco e Nero: Unruly Heroes - Gli eroi che non avevano mai chiesto di diventare tali.
Genere: Avventura, Commedia | Stato: in corso
Tipo di coppia: Nessuna | Personaggi: Altri, N, Nuovo personaggio
Note: OOC | Avvertimenti: nessuno | Contesto: Videogioco
Capitoli:
 <<    >>
- Questa storia fa parte della serie 'Unruly Heroes'
Per recensire esegui il login o registrati.
Dimensione del testo A A A

Capitolo 11

Disagio Crescente

 

«Ahia!»

«Scusa.»

«Cerca di stare più atten-ahia!»

«Se stessi ferma, forse riuscirei ad evitare di farti male.» sbottò Lee, sollevando solo per un secondo lo sguardo dall’ago che teneva in mano, per lanciare a Kim un’occhiataccia.

Lei incrociò le braccia al petto, imbronciata. «Sei sicuro che quell’affare sia sterile? Ogni volta che una bolla scoppia, fa un male cane...»

«Non le sto scoppiando, le sto solo bucando per far uscire il pus.» puntualizzò Lee, pazientemente. «E ci ho passato sopra la fiamma dell’accendino, più sterile di così si muore.»

«Ecco, evidentemente le esalazioni di benzina mi uccideranno. Tu e il tuo zippo del cavolo.»

«Davvero quando non stai bene non puoi fare a meno di sparare idiozie a raffica? E stai ferma, accidenti! N, a che punto sei con le bacche?»

N sobbalzò violentemente. Dovendo occuparsi di Kim, Lee aveva deciso di ottimizzare i tempi, mettendo in mano all’ospite indesiderato mortaio e pestello. Così, erano dieci minuti buoni che N combatteva con una manciata di baccafragole. Il punteggio era attualmente 1 a 7... per le bacche.

«Q-quasi pronte!» esclamò il ragazzo, frettolosamente. Aveva una grossa macchia bluastra sul naso e l’aria di chi non ha la più pallida idea di cosa fare per sopravvivere altri cinque minuti. «Credo.»

Lee annuì. «Ok. Appena eliminato quel “credo”, aggiungi un cucchiaio e mezzo di olio di Bellossom. Uno e mezzo, non di più.»

«R-ricevuto.» balbettò N, nervosamente. «Un cucchiaio e mezzo, un cucchiaio e mezzo...» ripeté fra sé, continuando a pestare le baccafragole.

Seduta sul divano, accanto a lui, una donna dai lunghi capelli neri ridacchiò. «Oh, come siete carini!» disse, portandosi le mani al viso in adorazione. Da dietro le lenti degli occhiali, i suoi occhi parevano luccicare. «Un po’ mi dispiace avervi colto in un momento inopportuno, ma vedervi così... mi scalda il cuore.»

Kim e Lee la fulminarono con lo sguardo. Dama Munna era di certo una delle persone più irritanti che fosse capitato loro di incontrare, durante l’anno maledetto in cui erano partiti alla volta della Lega Pokémon di Unima. Costantemente con la testa tra le nuvole, inutile quando c’era bisogno di lei e perenne fonte di guai, il sospetto generale era che si sballasse di Fumonirico un giorno sì e l’altro pure. Beh, fin qui non è che fosse molto diversa da qualunque altro abitante di Unima. Ciò che la rendeva veramente insopportabile era...

«Sì, è decisamente un momento inopportuno.» sbottò Lee, riprendendo il suo lavoro con l’ago («Ahia!»). «Quindi vediamo di arrivare al punto in fretta. Che cosa ci fai qui, Zania?»

«Oh, è una storia un po’ buffa, a pensarci.» cinguettò lei. «Vedete, Vincenzo, del Laboratorio di Analisi – sapete, quello coi capelli neri e gli occhiali – non aveva tempo, quindi ha chiesto a Domitilla, quella simpatica di Ricerca e Sviluppo, quella che tempo fa si era quasi sposata con Emiliano di PokéNeurologia, ecco, a lei, di portarvi i risultati del test che avete richiesto l’altro giorno, ma pare che lei si sia presa un tremendo raffreddore, così ha chiesto di farlo ad Annibale, l’ex ragazzo di Annunziata, quella un po’ strana che ogni tanto vende fiori sul Percorso 6, solo che Annibale era veramente tanto impegnato, ma sua sorella è in buoni rapporti con la cugina del fratello minore di quella che fino a tre anni fa stava con – mi sfugge il nome, Ughetto? -, beh, insomma, Arianna, una mia collega, solo che lei oggi aveva una così importante partita di–»

«Ma ci arrivi al punto?!» la interruppero Kim e Lee, esasperati.

«Insomma, sì, Arianna ha passato i risultati a me e io ero libera, così sono venuta a portarveli.» concluse Zania, con un sorriso.

«La voglia di lavorare dei ricercatori mi commuove.» commentò Lee. «Sono dei tali scaricabarile... che cosa fanno tutto il giorno, raccolgono margherite?» 

Zania frugò nel suo camice da laboratorio fino a tirarne fuori una sottile scatola rettangolare. Un tempo doveva essere stata lucida e bianca, ma ora, forse a causa dei numerosi passamano,  era grigiastra, sbeccata e decorata da quella che aveva tutta l’aria di essere una macchia di caffè. «Ecco qui.» disse Zania, aprendola.

All’interno c’era un pezzo di stoffa nera e arancione, che sembrava essere stato strappato da qualcosa di più grande.

«Dai test risulta che si tratta di una microfibra elastica ed impermeabile, leggermente antiurto. In altre parole, proviene senz’ombra di dubbio dalla divisa di un fantallenatore.»

«Ah!» esclamò Kim, soddisfatta, puntandole un dito contro.

«Kim, se non stai ferma...»

«L’avevo detto! L’avevo detto, io, ma nessuno mi ha dato ascolto. “Non si sa mai”, “Meglio verificare”... un cavolo, e adesso ci ritroviamo con Dama Munna che attenta alla nostra sanità mentale con le sue chiacchiere! Pretendo delle scuse ufficiali, sia da te...» indicò Lee, «...che da te.» concluse, spostando l’indice in direzione di N.

Quest’ultimo, che fino a quel momento era stato troppo impegnato a valutare quanto fosse esattamente “mezzo cucchiaio” d’olio per prestare attenzione, alzò lo sguardo e le rivolse un’espressione confusa. «C-credo che Annibale non avrebbe dovuto dire ad Annunziata che assomigliava a un Conkeldurr...»

«Ascolta quando la gente parla!» lo sgridò Kim. «Abbiamo appena concluso, com’era sempre stato chiaro, ovvio ed incontestabile, che avevo ragione io: quella che Lee ha inseguito nella foresta era una fantallenatrice

«Evviva la modestia...» commentò Lee, alzando gli occhi al cielo.

«Senti, quando ci vuole ci vuole.» lo rimbeccò Kim. «Nel momento esatto in cui Unfezant è tornato con quel pezzo di stoffa, già sapevo di che cosa si trattava. Non avrai mai più il diritto di dubitare di me.»

«Ehm...» Zania alzò una mano per richiamare l’attenzione, come una scolaretta. «A dire il vero, non ci è stato possibile determinare il sesso di chi indossava questi abiti. Non c’erano tracce di DNA e...»

«Era una ragazza.» ripeté Kim, categorica. «Tanto per cominciare, Lee ha reagito istantaneamente quando l’ha vista scapp- ahia!»

«Scuuuusa.»

Kim storse il naso e continuò: «E poi, lo vedi quel bordino arancione? È chiaramente un orlo. E solo le gonne delle fantallenatrici hanno gli orli fatti così.» dichiarò, assumendo un’espressione completamente soddisfatta, alla “ho ragione, ho ragione, lo so che ho ragione.”

«Ooooh.» fece Zania, ammirata. «Com’è che sai così tante cose sulle fantallenatrici, Kim?»

La ragazza sembrò cadere istantaneamente dal suo piedistallo, colta alla sprovvista da quella domanda. Arrossì e balbettò qualcosa di simile a: «P-per nes... nessun... uhm...»

Lee ridacchiò. «Kim voleva diventare una fantallenatrice, da piccola.» spiegò, divertito.

«Zitto!» scattò lei, con le guance di un bel rosso cremisi. «È una storia vecchia, avevi promesso di non parlarne più!»

«Di cosa? Di come fossi incredibilmente determinata, solo finché non hai scoperto che avresti dovuto tingerti i capelli di blu?»

Kim lo guardò con un che di disgustato. «Questo è un colpo basso, Lee. Davvero un colpo basso.» borbottò. «Spero che il prossimo minestrone di N ti vada di traverso.»

«Cosa?» chiese il sopracitato, come cadendo dalle nuvole. «Non sono stato io, non ho fatto nien–»

«Ti vuoi decidere ad ascoltare?!» gli abbaiò contro Kim, ormai completamente esasperata dalla situazione.

«Senti, queste bacche mi stanno facendo impazzire!» piagnucolò N, disperato. «Me ne è finita una nell’occhio un minuto fa e brucia da morire, praticamente sembrano avere vita propria e davvero non ne vogliono sapere di...»

Con un sospiro, Lee si alzò in piedi e andò verso di lui. Gli porse la mano. «Dammi, ci penso io, altrimenti qui rischiamo una crisi isterica collettiva. Tu va’ a finire con Kim, mancano solo un paio di bolle.»

N rimase incantato a guardarlo, come se fosse stato una sorta di angelo disceso dal cielo per salvarlo. «Grazie... però...»

«Non preoccuparti.» sogghignò Lee. «Per quanto malvagie, le terribili baccafragole non hanno alcun potere su di me.»

L’espressione densa di gratitudine, N sembrava ora fisicamente impossibilitato a smettere di fissarlo, tale era il suo stato di adorazione.

«Allora, me lo dai il mortaio o no? Non abbiamo tutta la giornata, sai.»

«Posso baciarti?» chiese N, come in trance.

Lee diventò istantaneamente color porpora, si sbilanciò e per poco non cadde all’indietro. «Ma anche no!» urlò, terrorizzato alla sola idea.

«Oooooh, come siete carini!»

 

*******

 

«Che hai fatto alla mano?» chiese Kim, quando N le si avvicinò con l’ago che Lee per poco non gli aveva conficcato nel palmo.

N sbatté le palpebre, perplesso, come se si fosse accorto solo allora del sottile rivolo di sangue che gli scorreva lungo il dorso della mano. «Ah...» fece, a disagio. «Non è niente, non c’è bisogno che ti preoccupi.»

«E chi si preoccupa? È solo che è...» uno strano presentimento la fece esitare. «...strano...». Strinse le labbra fino a farle sbiancare, rendendosi conto da sola di che cosa si trattava. A colpo d’occhio non era facilissimo notarlo, ma il sangue sgorgava da quattro piccoli tagli a forma di mezzaluna.

Unghie.

Le sue.

Kim abbassò frettolosamente il capo, costringendosi a tacere.

«Oh, ne era passato di tempo, dall’ultima volta che avevo assistito a una scena del genere!» stava ridacchiando nel frattempo Zania, in brodo di giuggiole. «Non cambi mai, eh, N?»

Lui alzò le spalle, lievemente rosso in viso. «Sai com’è, sono “la cosa più banale che esista”.» disse, tranquillamente. «È normale che sia anche piuttosto prevedibile.»

Kim si morse la lingua. Col senno di poi, non è che avesse voluto davvero dirgli quelle parole. Era stato... come un riflesso condizionato.

Se mi dai un pugno, te lo restituisco. Se mi fai il solletico, rido. Se mi batti le mani davanti agli occhi, li chiudo. Ma se mi fai un complimento...

Nessuno le faceva complimenti. Beh, a parte Lee, ma lui non contava. I suoi erano come i complimenti dei genitori, non ci si poteva fare affidamento. Quindi, non c’era abituata. Che cos’era giusto rispondere, in situazioni del genere? “Grazie”? “Mi fa piacere”? “Va’ a quel paese” sembrava un’opzione molto più ragionevole.

D’accordo, N non le piaceva. Era strano, fastidioso, ambiguo, da un certo punto di vista addirittura terrificante. Ma questo non le dava il diritto di ferirlo gratuitamente.

«Ti preferisco di gran lunga quando sorridi.»

Si sentì sprofondare. Letteralmente. Il soffitto sembrò farsi sempre più lontano e le pareti sempre più alte, mentre una voragine lentamente la inghiot–

«Kim!»

N la prese per un braccio, evitando per un pelo che la sua spalla ustionata andasse a sfregare contro lo schienale della sedia su cui era appollaiata. «Sta’ attenta... rischi di farti male.»

Kim alzò lo sguardo su quegli occhi verdi, così pieni di preoccupazione nei suoi confronti.

Pensò alla sua mano sanguinante, al conforto che le aveva dato stringerla mentre piangeva.

«Un Magikarp entra in un caffè, splash.»

«Sei...» cercò invano le parole per esprimersi. Erano lì, un’accozzaglia di lettere che le turbinavano in testa, ma che non ne volevano sapere di unirsi a formare qualcosa di senso compiuto. Ce la mise tutta. «Sei un idiota.» disse infine, senza alzare lo sguardo. «E un maniaco. E un lacché di Nardo e... e un idiota. E ti odio.»

N aggrottò le sopracciglia. Per un attimo, i suoi occhi parvero farsi lucidi.

«...ok.» disse soltanto, alzandosi. Si mise una mano sulla nuca, a disagio. «Ah, probabilmente avrai sete. Vado a prenderti un bicchiere d’acqua.»

Allibita, Kim lo osservò sparire in tutta fretta dietro la porta della cucina. Si diede poi uno sguardo alla spalla: non c’erano più bolle gonfie, e lei non se n’era nemmeno accorta. Tirò un calcio all’aria, frustrata, senza capire perché.

«Ed eccone un’altra che non cambia mai.» sorrise Zania, che sembrava starsi divertendo come mai nella sua vita. «Quando ti deciderai ad essere un po’ più onesta con te stessa?»

«Quando ti deciderai a levarti dai piedi, Zania?» replicò Kim, acida. «Hai fatto quello che dovevi fare, perché non torni a raccogliere margherite?»

«A dire il vero...» la donna si sistemò gli occhiali, assumendo d’un tratto un’aria quasi professionale. «Comunicarvi i risultati del test non era l’unica ragione della mia visita.»

«Oh, eccola.» sbottò Kim. «Mi dispiace, ma non abbiamo soldi da destinare alla ricerca, né pokémon su cui lasciarti fare esperimenti, né tantomeno zucchero per la tua torta. Va’ a fare l’elemosina a chi non fa già fatica ad arrivare a fine mese.»

«Sottoscrivo.» concordò Lee, dall’altra parte della stanza. Dopo lo shock subito a causa della “proposta indecente” di N, si era rintanato in un angolo a trucidare le baccafragole, senza spiccicare parola.

«No, il fatto è che al Laboratorio abbiamo una piccola urgenza e... ci farebbe piacere se trovaste il tempo di occuparvene.»

Gli occhi di Lee s’illuminarono, nel buio del suo angolino. «Un’urgenza retribuita?» chiese, con cautela.

«Naturalmente.»

«Contaci, allora!» sorrisero Kim e Lee, scambiandosi un’occhiata complice. «Di cosa si tratta?»

«Oh, non è nulla di particolarmente complicato.» spiegò Zania. «Avete presente Emiliana, quella di Pokémonologia Avanzata che fino all’anno scorso stava con Ruggero di–»

«Vieni al punto!»

«Beh, sì, sono successe un po’ di cose ed è finita che un Elgyem ci è scappato via. Ma dobbiamo consegnare i risultati di un importante esperimento sui poteri psichici dei pokémon entro dopodomani...»

«Quindi ve ne serve un altro?» riassunse Kim, sbrigativa.

«Esatto. Entro domattina, possibilmente.»

Lee alzò gli occhi al cielo. «Fantastico.» disse, il tono impregnato di sarcasmo. «Ora abbiamo un titolo perfetto per il film di Nardo. Gli Eroi di Unima in: “Alla Ricerca dell’Inutile Elgyem Perduto: Corsa Contro il Tempo per un Pugno di Noccioline”!»

«Sul serio volete farvi pagare in noccioline?»

 

*******

 

«Non dire sciocchezze, è ovvio che vengo anch’io.»

«Non dire sciocchezze, è ovvio che resti a casa.»

«Non sarebbe meglio se non ci andasse proprio nessuno?»

«Sta’ zitto, N!» esclamarono Lee e Kim, lanciandogli una comune occhiataccia.

«Io vengo e basta. Non posso certo lasciarti andare da solo!» riprese Kim, testarda.

«No, tu non puoi andartene in giro nelle condizioni in cui sei, punto.» si oppose Lee, con decisione. «Ho già perso il conto delle volte in cui hai cercato di farti ammazzare, solo nell’ultima settimana.»

Kim sbuffò. Poteva anche essere vero... ma non aveva importanza! Lei era lei. Una piccola serie di incidenti non poteva bastare a fermarla. «Quanto la fai lunga, per un paio di graffi...»

«Una scossa elettrica, un morso di Galvantula e un’ustione di secondo grado tu li chiami “graffi”? Ma ti si deve staccare un arto per farti considerare l’idea di passare un paio di giorni a riposo?»

«Gli esseri umani ne hanno quattro appunto per l’eventualità.»

Lee si passò una mano sulla faccia e inspirò profondamente per calmarsi. «Senti, ho detto di no e la questione è chiusa. Tu e N rimarrete qui, mentre io andrò a occuparmi di Zania e del suo psicoaffare volante.»

«No!» esclamarono gli altri due, per una volta sulla stessa lunghezza d’onda.

«Non puoi andare da solo, chissà mai cosa potrebbe succederti!» disse N, sinceramente preoccupato.

«Kim ha appena avuto la stupenda idea di darsi fuoco, è lei che deve essere tenuta sotto stretta sorveglianza.»

«Preferisco morire, piuttosto che rimanere di nuovo sola col maniaco verde.» obiettò Kim. «E ripeto che lasciarti andare senza nessuno che ti copra le spalle è follia.»

«Non ho mica cinque anni! Sono anch’io un allenatore, esattamente come te.»

«Sì, ma...» Kim si morse un labbro, combattuta. Non voleva lasciarlo andare da solo, punto e basta. Non era così che andavano fatte le cose. Probabilmente con la sua testardaggine stava ferendo l’orgoglio di Lee, ma non le importava.

Dietro di loro, qualcuno tossicchiò.

«Ehm...» disse Zania, timidamente. «Se volete, posso restare io con Kim. Al Laboratorio non c’è comunque molto da fare, in questi giorni...»

Kim le lanciò un’occhiata di sbieco. «Di’ la verità, voi ricercatori passate sul serio tutto il giorno a raccogliere fiori, eh?»

«Ma allora è perfetto!» trillò N, che pareva estasiato dall’idea. «Quindi io andrò insieme a Lee e Zania controllerà che Kim sopravviva nel frattempo. Siamo a posto, no?»

Lee e Kim si scambiarono uno sguardo indecifrabile, che sottointendeva incertezza, preoccupazione, leggera ansia, “Io con questo/a non ci voglio stare”, “È tutta colpa tua” e “Ma in fondo che alternative abbiamo?”.

Alla fine, abbassarono la testa e sospirarono.

«E va bene, facciamolo.»

 

*******

 

«Le bende vanno cambiate ogni due ore, l’unguento alla baccafragola dovrebbe bastare fino al nostro ritorno, ma se dovesse finire...»

«La ricetta per farne dell’altro è sul tavolo della cucina, lo so.» sorrise Zania, con l’aria di chi ha tutto perfettamente sotto controllo - anche se le probabilità che fosse davvero così erano infinitesimali. «Non ti preoccupare, ho memorizzato tutte le indicazioni e ho il numero del tuo Interpoké, per ogni evenienza.»

Lee arricciò le labbra, poco convinto. «Assicurati che beva tanto. E se le dovesse venire la febbre...»

«...morirò tra atroci sofferenze e le mie ultime parole saranno “gliel’avevo detto”, sì.» lo interruppe Kim, annoiata.

«E sulla tua tomba farò scrivere: “Kimberly Anne Stewart, figlia scapestrata, amica inaffidabile e allenatrice suicida”.» ribatté Lee, piccato. «“Gli psicologi dei suoi conoscenti e gli avvocati dei suoi avversari ne piangono sentitamente la scomparsa.”»

«Molto divertente.» fece lei, sarcastica.

Lee le mise una mano sulla testa con fare paternale. «Vedi solo di comportarti bene. Ti lascio qui con due gambe e due braccia, preferirei ritrovarle tutte quante al mio ritorno.»

«Va beeeeene, mammina.»

«Ecco. Noi faremo del nostro meglio e torneremo a casa il prima possibile. Giusto, N?»

«Giusto!» confermò lui, scattando sull’attenti.

«Uhm.» Kim, un po’ incerta, guardò Lee, N ed infine Zania, che pareva aver impostato come screensaver facciale un sorriso tanto largo quanto inquietante. «D’accordo. Fate... fate attenzione.» borbottò, senza guardarli in faccia. «...tutti e due.»

N congiunse le mani al petto come in preghiera, d’un tratto sinceramente commosso. «Oh, è la prima cosa vagamente carina che mi dici da mesi!»

«Non farti strane idee! Sei incluso solo perché se ti facessi male diventeresti un peso per Lee, e Arceus non voglia che gli debba accadere qualcosa per colpa tua!»

«A-ah, certo.» l’assecondò N, tutto contento. «Allora andiamo?» chiese a Lee, avviandosi fuori dalla porta aperta.

Il ragazzo annuì. «Prima partiamo e prima ce la sbrighiamo, giusto?»

Stava per uscire anche lui, ma Kim lo fermò: «Lee, aspetta un secondo.»

Lui si voltò e alzò un sopracciglio. «Sì? Cosa c’è?»

«Hai il cappello storto, scemo. Ecco, sta’ fermo un attimo...» disse Kim, allungando una mano per sistemarglielo.

Lee ridacchiò. «Com’era? “Tieni sempre con cura...”»

«“Il cappello di un allenatore rappresenta il suo onore. Trattalo sempre con cura e rispetto.”» lo corresse Kim, abbassandogli un filo la visiera per completare l’opera. Il suo sguardo vagò per qualche secondo da destra a sinistra, incerto su dove soffermarsi. «Non ho ancora deciso se perdonarti o no. Però... grazie. Se non fosse stato per te, ora sarei ridotta a un colabrodo.»

«Ehi, dovere.» sorrise Lee. «Sai, Kim, occuparsi di te è un lavoro a tempo pieno. E io sono così bravo che, se iniziassi a pagarmi, potrei anche farne la mia professione per la vita.»

Kim fece per sorridere e dirgli qualcosa sulle righe di “Sì, aspetta e spera, il giorno in cui riuscirò a mantenerti non arriverà mai!”, ma dopo neanche un istante un paio dei suoi neuroni si collegarono e lei scoprì le sue guance diventare purpuree. «N-n-non dire scemenze!» esclamò, spingendolo fuori dalla porta. «Avanti, sbrigati e va’ a farti violentare da N, che è meglio!»

Lee rabbrividì. «N-non dirlo neanche per scherzo! Che ho detto di sbagliato?»

«Fila! Non dar aria alla bocca più di quanto non devi.»

«Ma io... e va bene, e va bene... Dio, se ti capirò mai...»

Kim chiuse la porta di botto, ritrovandosi leggermente affannata. Quella giornata sembrava essere un susseguirsi di situazioni decisamente stressanti.

A riconferma di questo fatto, due dita le picchiettarono sulla spalla sana. Dama Munna le sorrise.

«Allora, Obbligo o Verità?»

 

 

 

   
 
Leggi le 4 recensioni
Segui la storia  |        |  Torna su
Cosa pensi della storia?
Per recensire esegui il login oppure registrati.
Capitoli:
 <<    >>
Torna indietro / Vai alla categoria: Anime & Manga > Pokemon / Vai alla pagina dell'autore: Kimberly Anne