Sospirai. Malgrado la ferita mortale, restava comunque di una bellezza mozzafiato. Mi tolsi le scarpe e le calze, per non macchiarle del sangue che era ovunque sul pavimento e mi sedetti sul letto, accanto a lui. Scostai una ciocca di capelli neri che gli ricopriva la fronte, scoprendo una porzione di viso rimasta pulita; lasciava intravedere la pelle olivastra, molto abbronzata malgrado la stagione, tipica delle persone che passano molto tempo all'aperto. Mi avvicinai ancora, posandovi le labbra e dandogli un tenero bacio, ispirando l'odore di salsedine che, da quella distanza, riusciva a filtrare lievemente attraverso quello più forte e intenso del sangue.

Ero solo uno studente universitario. Avevo una vita normale. Incasinata ma normale. Non mi sarei mai aspettato che il soprannaturale potesse entrare in questo modo nella mia vita... e non solo in senso metaforico.

Dolci parole di sofferenza sussurrate danzando sotto un albero morto

Una volta presentatomi lo condussi nell'appartamento. La casa sembrava piacergli, come del resto il quartiere -che aveva girato in lungo e in largo perdendosi- poiché pieno di parchi in cui andare a correre. Di solito le persone a cui facevo vedere la casa apprezzavano la vicinanza al supermercato e alla linea metropolitana, oppure il fatto che la zona fosse tranquilla e il vicinato silenzioso... A lui piaceva perché poteva andarci a correre.
Quando finii il mio discorso con cui descrivevo l'appartamento, ormai imparato a memoria e pronunciato con voce monotona per tutte le volte che l'avevo ripetuto a possibili acquirenti, la sua prima ed unica domanda fu riguardo la distanza esatta tra la casa e la palestra più vicina. Nessuno me l'aveva mai chiesto e a me non era mai importato. Però, conoscendo il quartere, seppi comunque rispondere a quel cruciale quesito dipanando i suoi dubbi.

Un ragazzo introverso dai capelli verdi vive con il suo coinquilino che conduce una vita notturna unica in una città anonima. Ha una famiglia molto particolare, come le abilità che possiede.

Non tutte le favole hanno un lieto fine.

Potrei non sopravvivere a questa notte. Approfitto di questo momento di quiete per narrarvi le mie gesta, sperando che possano essere per voi un monito. Non abbassate mai la guardia, poiché il nemico potrebbe essere proprio dietro di voi.

Quante volte in vita vostra avete desiderato potervi teletrasportare, possedere la superforza, leggere nel pensiero o volare? Anche il protagonista lo desiderava tanto... però non è stato particolarmente fortunato.

Un ragazzo osserva al televisore un servizio sull'uomo d'acciaio, intervistato da Lois Lane. Sembra che i due abbiano avuto una litigata, ma questo al ragazzo non importa. Lui è concentrato solo esclusivamente sull'eroe, sulla sua gigantesca S cucita sulla sua calzamagia e su ciò che quella calzamaglia nasconde.

Da ormai quasi una decina di giorni Ben provava a convincerla ma con pochi risultati. Malgrado tutti i suoi tentativi aveva ancora le sue remore e ne aveva ben motivo.
-Dai Julie, sarà divertente! Non ti fidi di me?-
-Certo che mi fido... Però non mi sembra giusto.-

I due si scambiarono un altro bacio affettuoso prima che Jack, senza quasi rendersene conto, spostò più in alto le proprie labbra ed andò a solleticargli la punta del naso con i denti, stampandogli un leggero morso.
-Ahi! E questo cosa significa?-
-Scusa, era tanto che volevo farlo.- Confessò il guardiano del Gelo, mentre le sue guance si imporporavano per via dell'imbarazzo.

Mancavano solo tre giorni al matrimonio. L'ansia era palpabile e tutta la Grecia non faceva altro che parlare dell'evento che avrebbe unito per sempre l'eroe Hercules alla splendida Megara.
Nessuno poteva dubitare del loro amore, specialmente dopo che si era diffusa la notizia che il giovane si era gettato nello Stige per salvarla e aveva rinunciato alla propria immortalità per poterle stare accanto.
Eppure il futuro sposo aveva i suoi dubbi e le sue paure. Nascondeva un segreto e non era sicuro che sarebbe riuscito a guardare negli occhi la donna con cui sperava di trascorrere tutta la vita senza che lei potesse accettare questa parte di lui.

Finalmente era arrivata la notte. Non vedevo l'ora che calasse il silenzio. Quello era il mio momento preferito. Non solo perchè finalmente potevo isolarmi dai suoni della città caotica in cui abitavo, piena di rumori, luci e gente frenetica, ma anche perchè potevo finalmente uscire.
Attesi pazientemente, fissando l'orologio luminoso sul mio comodino, sdraiato sotto le coperte, in pigiama, pronto per andarmene.

Volevo giocare, volevo divertirmi. I miei compagni di gioco si lamentavano affamati. Ma anch'io avevo fame e presto mi sarei nutrito.
In qualche modo avrei sconfitto la noia di quella eterna maledizione che chiamano vita.

Fino a che punto bisogna immergersi nell'oscurità per poter dar la caccia a ciò che vi si cela?
Cosa bisogna conoscere di quel mondo per non farsi sopraffare da esso?