Il tempo passa e per vari motivi il legame che unisce Ruki a Reita va sfaldandosi, Reita non ne parla per non aumentare la tensione che legge negli occhi di Ruki, Ruki non riesce ad esprimere a voce le sue paure, intanto passano i giorni, i mesi, gli anni e il filo si assottiglia sempre di più; quella che doveva essere una “pausa” sta rischiando di tramutarsi in un abisso di solitudine.
Nella mente di Ruki un turbinio di pensieri che prendono forma di canzone, il suo modo più sincero per aprire a Reita il suo cuore.

- Eravamo carichi, parlavamo, ridevamo, immaginavamo le grida dei fan, l’aria era elettrica, come lo è sempre prima di un live.
Ci chiamavano, era il momento.
Il sipario abbassato, il buio, noi cinque tutti insieme, uno accanto all’altro.
Poi succedeva... –

Il mio grido disperato fende l’aria nel momento esatto in cui spalanco la porta di ferro alla sommità del palazzo
｢Non farlo!｣

Tratti spigolosi stuprano con violenza il foglio bianco, il ritmo incalza frenetico e, senza esitazione, la mia mano dipinge la storia che danza sulle note della melodia di Uruha.

Ho iniziato a chiedermi quanto le piccole scelte, quelle più insignificanti, possano incidere sul percorso del nostro “viaggio”, se un tè al posto di un caffè abbia fatto di me quello che sono ora, se prendendo una direzione al posto di un’altra, ora non ci sarebbe Reita ma solo Akira.

Kou, ti ricordi quando mi chiedevi ｢Hey Yuu, ma tu riesci a vedere tra di noi qualcosa di simile a quel filo rosso di cui canta Taka?｣ e io alzavo le spalle?
Bè, ora lo vedo perfettamente quel filo che lega i nostri destini, ma ti sei sbagliato Kou, non è rosso...il nostro filo è nero!

"Prima che l’abisso ti divorasse completamente, in una fredda giornata di Novembre, con lo sguardo triste fissavi il mare mentre io ti seguivo sovrapponendo le mie impronte alle tue e tu, con quelle mani che si facevano giorno dopo giorno più sottili, tiravi la sciarpa sul viso a nascondere la tua anima malata."

Mentre percorro il corridoio, il tappeto rosso attutisce i miei passi, sento la mente sempre più inebriata, come se fossi ubriaco, l’adrenalina fa vibrare ogni fibra del mio corpo e il gusto del proibito accelera il mio battito cardiaco.
Ho imboccato la strada che mi porterà verso la perdizione, lo so, e ne sto già gustando il sapore mentre mi fermo giusto il tempo di un respiro davanti alla 709.

Quella strana atmosfera che si è sempre creata tra di noi è stata un pugnale nel mio cuore sin dagli anni della scuola, quando mi portava a fare e rifare sempre la stessa cosa, ogni notte, pensandoti e piangendo per la mia codardia nel voler nascondere i sentimenti che ho provato per te dalla prima volta in cui la tua mano si è allungata verso di me a lavare via il sangue che mi offuscava la vista dopo l’ennesimo pestaggio.

I miei occhi vagano nel vuoto delle stanze, con le membra che tremano avvelenate dalla paura arrivo al giardino sul retro, il profumo dolciastro del ciliegio mischiato ad un retrogusto metallico mi avvolge dandomi la nausea e un sapore di bile mi invade la bocca.

Il vortice si richiude su se stesso ricominciando il ciclo ed è di nuovo quel giorno di 12 anni fa.
Suoni, luci, colori, amici...gli odori della festa portati via dal profumo del mare e tu che per l’ultima volta hai visto il mio sorriso.

La finestra socchiusa lascia entrare il soffocante vento di fine estate che porta con sé il profumo di fiori funerari e all’improvviso mi accorgo che tutto è impregnato di morte.
La consapevolezza delle tue parole mi sbatte addosso
“Non saremo mai uno”
[AOIHA]