D'estate, viaggeremo nella gran carovana come ebbri gitani,
Copiosa di nobile uva spagnola e sviolinate dorate follie.
Torero in flamenco, poeta in arancio. I raggi del Sole filtrano gli amuleti,
la strada č l'onda che ogni imperatore infermo ha guidato.
Per lungo tempo i nostri sensi, eternamente assopiti,
volgono il dorso, con l'innocenza di un ricordo infantile,
al sacrificio del bestiame, per sentirne lontano i reali palpiti.
Distanti dalle pecore astiose, plebaglia nera; le aquile.
Nasceremo ancora una volta dal grembo della Vita.
Nella giungla dall'asfalto aggressivo, suono di mandolino, andremo.
Illumineremo le stelle con la pių brutale passione, quella di chi libera il destino nella mezzanotte cosparsa d'astri.

Vive in preghiera, il martire d'amore sulle acque della Venezia stillante,
soffrendo la sete di un bacio che solo le nubi saziano nelle ore desolate,
braccia e labbra sprezzanti, un taccuino
tra le mani, nell'ora velata del supplizio mattutino.
Vuole in prestito le labbra del tramonto per muoversi nell'aria,
astro addolorato che discende a orizzonte, un bacio bisbiglia
intorno alla cupola e all'invidiato terrazzo d'una dorata fanciulla:
"Debbo andarmene, la morte č invidiosa della nostra culla!".
Fluttua nell'aria una nota poetica che narra di questo amore,
due bambini innamorati, angeli insani, portan via il loro cuore
per volare liberi come allodole e fuggire dall'ingordigia della morte.
In ogni territorio fluisce il loro sangue, un suono di pianoforte
che rafforza gli amanti sotto cattiva stella.