Il solipsismo dell'infanzia è circondato da una boa, che è il margine dell'esitazione, lo spazio concavo che si bagna d'incertezza nell'abbraccio asfissiante della realtà. Ce lo scrolliamo di dosso nel tempo, perché è il tempo l'unica cosa che può grattare via la sacca embrionale dell'immaginazione. È la verità, quella cruda e appiccicosa: ci sono ancora sugli occhi dei pittori, nei cuori dei poeti, sulle labbra degli amanti piccoli rimasugli di questa membrana calda sfilacciata dal dolore e dall'amore, come la carta rimasta attaccata ad un regalo mai scartato del tutto. Buon compleanno, essere umano, eccoti la tua porzione di musa, la Coscienza; sfuggi l'unione incestuosa con il fascino di chi ti capisce davvero ed eviterai la morsa del Narciso platonico, il compiacimento, l'autocommiserazione, tutti dardi scagliati da te stesso nel tuo cielo, arciere infame che tenta di colpire le nuvole nella sua testa. Quanto siamo umani, lo dico nel rammarico, quanto più ci neghiamo o ci accettiamo. È la storica disgiunzione degli opposti, o l'uno o l'altro, il resto è la peggiore follia.