Quel giorno me ne stavo sdraiato sul divano del salotto, lontano dalla lite furibonda tra la signora Harmon e Hayden che aveva distrutto la tranquillità della mia cantina. Parlavo con il dottore del più e del meno. Di quanto fossi annoiato, di quanto mi sentissi in colpa per tutto quello che avevo fatto nel passato. Lui ascoltava e prendeva appunti come aveva sempre fatto ma, ad un tratto, posò la penna e il taccuino e si mise una mano sugli occhi, come per placare un gran mal di testa. Dopo qualche secondo di silenzio parlò.

Era lì, in piedi, avvolto nell'accappatoio e con i capelli corvini che gocciolavano sul pavimento. La sue pelle era bianca e le guance arrossate a causa dell'acqua bollente della doccia dalla quale era appena uscito. Non aveva l'espressione che Frank si aspettava. Non sembrava furibondo e non si intravedeva quell'ombra minacciosa negli occhi verdi venati d'oro che lo faceva sentire piccolo e insignificante. Non aveva lo sguardo triste nè deluso. Il chitarrista aveva passato tutta la notte fuori, e Gerard odiava non sapere dove fosse, soprattutto dopo le ultime scappatelle che si era concesso con le fan che si buttavano senza vergogna tra le sue braccia. Era certo che avrebbe dovuto affrontare un'altra sfuriata e che sarebbe stato costretto a scavare nella propria memoria per spiegare cos'era successo la sera prima. Invece Gee stava lì, più bello che mai, illuminato dalla luce del mattino che, filtrata dalla stoffa leggera delle tende, creava un gioco di colori che si proiettavano sul suo viso pallido. Lo guardava con un’espressione amorevole, e con quel sorriso immenso.

Vedo me e Gerard sdraiati su un tappeto intenti a baciarci, vedo il momento in cui era stata scattata la foto che ho visto poco fa e poi... Vedo sangue, tantissimo sangue. Non sono io a sanguinare... E nemmeno lui. Ma siamo coperti di sangue, soprattutto sul volto.