Continuai a cantare, per lui, per noi, per i muri di quella stanza che in pochi attimi avevano visto di noi quello che in anni interi per altri erano stati come i girasoli di Van Gogh davanti ad un pubblico di ciechi.
Arrivato all'ultimo verso non gli staccai gli occhi di dosso nemmeno per un secondo.
"When you look at me
And the whole world fades
I'll always remember us this way."
Le ultime note si librarono nell'aria insieme al pulviscolo dorato che abbracciava la sua figura facendolo sembrare uscito da un romanzo d'altri tempi.
"Dannazione Styles, ti avevo chiesto di suonare per me, non di farmi piangere."

“Conosco questa canzone,” sussurra Louis, e Harry deve drizzare l’orecchio nella sua direzione per capire cosa stia dicendo. “È stata scritta affinché le persone ci ballino. Dovremmo ballare.” Non possiamo, Harry quasi sputa fuori, ma sarebbe stupido da parte sua. Louis sa che non possono. Anche se sembra un qualsiasi parigino nei suoi vent’anni, e Harry sembra un qualsiasi parigino hipster nei suoi vent’anni, non possono in ogni caso. Per essere precisi, probabilmente non l’avrebbero fatto nemmeno se fossero dichiarati. Ma se fossero stati due studenti universitari, entrambi a Parigi per uno scambio culturale, conosciutisi per mezzo di libri caduti a terra in biblioteca, o grazie ad amici in comune, o ammirando le Ninfee di Monet? “Come avremmo ballato?” mormora Harry, la bocca quasi completamente premuta contro la guancia di Louis, così vicino da poter sentire il suo calore. Che immagine devono dare, due milionari che stanno congelando in un parco sognando altre vite.
Una somma degli eventi del Novembre 2014.

"Harry gli posa due dita sotto il mento, nella barba morbida e lo costringe ad alzare il capo.
Per un minuto buono si guardano e non pronunciano parola, o almeno non lo fanno con la bocca."