Premessa:
Racconti.
Ecco quello che sono queste piccole
storie, legate fra loro
solo dal fatto che le ha scritte la stessa autrice (me medesima) e
prendono
ispirazione dalla mia di vita.
Canzoni, cose lette, persone
conosciute, piccole cose.
Ho scritto poesie e storie lunghe,
con personaggi complessi
e quant’altro. Ma racconti, per il puro gusto di scriverne,
mai.
E queste sono piccole storie, senza
nessunissima pretesa.
Non ci sarà un
aggiornamento regolare e possono essere lette
in disordine, tanto sono tutte diverse. Ho solo voluto riunirle in una
raccolta
perché volevo fossero tutte lì.
Il titolo è una citazione
bellissima di Imagine di John
Lennon. L’adoro ed è l’unica cosa che
riassuma il senso di questi racconti.
Grazie a chi leggerà ed a
chi commenterà,
Camilla
.A Carola, perché il suo
sogno si realizzerà e perché non ho
mai visto una persona investire tanto tempo, tante energie e tanti anni
per
realizzare ciò in cui crede.
E perché a
nove anni ti avevo promesso che ti avrei regalato il mio primo romanzo
entro il
tuo decimo compleanno. Poi non ci sono riuscita, chissà
perché Xd
La principessa con le lame
d’argento
13 febbraio 2003
Lucido. Ecco la prima cosa che
pensò del ghiaccio,
guardandolo attentamente.
Sua mamma la guidò
dolcemente verso l’entrata. Non sapeva
molto bene cosa fare.
Le strinsero i pattini ai piedi. Era
la prima volta che
provava.
La danza non le era mai
piaciuta… Non riusciva a volare
abbastanza, con un paio di punte ai piedi.
Nuotare le faceva paura ed i corsi di
lavoretti o di teatro
per bambini non le piacevano, era troppo timida per poter parlare con
le altre
persone liberamente.
“Provaci.”, disse
sua mamma.
La bimba provò a scivolare
sul ghiaccio con un po’ di
grazia. Cadde quasi subito, ma non aveva paura, anzi.
Quel ghiaccio brillava e lei si
rialzò riprovando a stare in
equilibrio sulle punte.
Rideva ed era felice, quel primo
giorno sulla pista.
Ebbe un presentimento un
po’ inspiegabile. Di quelli che
hanno solo i bambini, forse.
Sentì come una certezza:
avrebbe pattinato tanto e sempre.
Si riscosse, guardando davanti a sé.
La sua sorellina già si
lamentava e voleva provare anche
lei. Aveva solo tre anni ed a malapena camminava bene.
La mamma la tenne ferma e sorrise
alla maggiore delle
figlie.
“Caro, vuoi fare una
lezione di prova? Se ti piace puoi
continuare, se vuoi!”, le disse.
La bimba sgranò gli occhi,
felice.
Aveva compiuto sei anni il giorno
prima e quello sarebbe
stato per sempre il miglior regalo di compleanno.
“Non voglio più
diventare principessa, ora. Voglio essere
pattinatrice.”, pensò lei d’istinto.
12 febbraio 2012
“Peggio di così,
potevi solo cadere.”, dice secca la
maestra. I tratti slavi sono induriti da quell’arcigna
severità che le è
propria. I capelli biondi ormai ingrigiti raccolti in una crocchia, gli
occhi
straordinariamente duri. Tutto in lei esprime freddezza, mancanza di
affetto
per qualsiasi cosa.
La ragazzina abbassa lo sguardo come
quando era piccola. Non
ci sono lacrime da mandare giù, solo tanta rabbia.
Rabbia nei confronti di se stessa che
a quella gara ha fatto
davvero schifo.
La prima gara dei suoi quindici anni,
riflette amaramente
lei.
È stata tutta colpa del
ghiaccio. Lei pattina meglio, quando
è più lucido.
E quel giorno lei era stata fra le
ultime ad essere chiamata
ed il ghiaccio non risplendeva più tanto.
Sua madre la accoglie con quel
sorriso che vuole dirle che
va tutto bene, ma in realtà si aspettava di più
da quella figlia che le ha
sempre dato mille soddisfazioni sia nella scuola, sia nello sport.
“Fa niente, fa niente.
È naturale, non puoi fare tutto
bene.”, dice, ma non è così. Nel suo
tono c’è un’asprezza non voluta, che la
figlia coglie benissimo e gira lo
sguardo altrove.
Si consola al pensiero che domani
tutti a scuola le
faranno gli auguri. La sua amica
bionda la prenderà in giro dicendo che non importa se la
partita di polo è
andata male. Lei non l’ha mai capito, perché la
sua amica faccia finta che lei
faccia polo. Fra le lame dei pattini e lo stare su un cavallo
c’è una bella
differenza. Ma è matta, la sua amica, dopotutto.
La ragazzina che invece è
arrivata prima alla gara saltella
felice, facendo ondeggiare tutt’intorno a sé
l’abito color panna e stringendo
la coppa al seno. È appena una bambina e come minimo a due
anni in meno di lei.
Si atteggia da gran dama per un’unica vittoria, mentre lei ne
ha già vinte
tante, di coppe come quella.
Sua sorella intanto ha appesa al
collo una medaglia. Non è
ancora il tempo delle coppe, per lei, è troppo piccola.
Saltella verso la madre ed
è felice, davvero.
Fra voi due
invidia
non ce n’è mai stata, anzi.
Non avete mai gareggiato
l’una contro l’altra e vi siete
sempre sostenute ed incoraggiate a vicenda.
“Andrà meglio la
prossima volta, Caro!”, ride lei. E no, non
è come il tono freddo di sua madre, la voce della sorella
minore, anzi. È piena
di fiducia perché per lei i suoi fratelli maggiori sono
tutto, anche dei
modelli da seguire.
Dopotutto potrebbe andare meglio la
prossima gara, ma la
sconfitta le fa male lo stesso.
Note:
Devo molte spiegazioni.
Lei è una delle persone
più speciali che conosca.
Le ho vomitato addosso a mezzanotte
di sera in terza
elementare, potete capire. Se non mi ha ammazzata è
perché era mezzanotte e
stava dormendo, anche se lei dice che in quel momento era sveglia.
Ehm, cosa c’entra? Niente,
assolutamente niente.
È un racconto che ha
cambiato persona, tempi verbali e
faccia diverse volte. è iniziato il 14 febbraio e finito il
28 marzo. Preso in
mano, modificato, miscelato, mescolato, tagliuzzato.
Magari potevo cavarne qualcosa di
pi?u grammaticalmente e
stilisticamente ordinato e corretto. È che questo
è il flusso di pensieri di
una bambina, nonostante la terza persona.
La prima parte
all’imperfetto e la seconda al presente… Il cambio
di tempi verbali è voluto.
E la storia è vera.
L’amica bionda (che poi lei sia più
bionda di me fa lo stesso, davvero) sono io, ed anche la battuta sul
giocare a
polo è vera. Anzi, se mai doveste conoscerla capireste che
l’ho presa in giro
fino alla nausea per questo.
Bene…
Il prossimo racconto sarà
migliore di questo, lo giuro.
Baci
Cami
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