Ormai scrivo praticamente solo per i contest, e questa shot non fa
eccezione: partecipa al "Telefilm's
Contest: fai la tua scelta!"
organizzato da S_Lily_S con i prompt "Attesa del treno" e "Gelato".
L'immagine non c'entra con il concorso, l'ho semplicemente trovata
adatta per illustrare la
storia, ed è opera di Dave
Gorman.
MELTING IN YOUR HANDS
Se qualcuno avesse chiesto ad uno qualunque dei viaggiatori che
affollavano la stazione della Gold Line che cosa stesse facendo la
ragazza in tailleur e scarpe gialle, avrebbe risposto che stava
leggendo gli orari dei treni in partenza. Questo perché si trovava effettivamente sul lato della
bacheca dei treni in partenza e sembrava fissarla con sincero interesse.
Sul distributore del caffè era riflessa la sua figura, simile al
manichino di un negozio di abiti usati. I tacchi alti, anziché
slanciarla, la facevano assomigliare ad un uccello trampoliere ubriaco;
gli spessi collant che spuntavano dalla gonna, più adatti ad una
vecchia signora che ad una ragazza non ancora trentenne, peggioravano
il quadro generale che però sarebbe risultato accettabile se non fosse
stato per il trucco. Non aveva idea di essere molto più graziosa al
naturale: aveva un viso delicato e appuntito che in sé poteva risultare
affascinante per gli estimatori di Arwen Undòmiel. Ma se già gli
occhiali non aiutavano, il problema era proprio il fard, che le
arrotondava le guance e le dava quell'aria da impiegata comunale che è
quanto di più simile, nel mondo reale, ad un Mantello dell'Invisibilità.
Un bambino, seduto accanto alla madre su una panchina vicino alla
biglietteria, sbirciava con aria schifata il cono gelato ormai quasi
sciolto che teneva in mano.
La ragazza dalle scarpe gialle, il cui nome era Amy Farrah Fowler e che
non stava affatto leggendo gli orari ma aspettava il suo ragazzo, lo
notò e dapprincipio lo trovò piuttosto buffo. Ultimamente trovava buffe
parecchie cose, forse perché si guardava attorno più spesso.
I gusti sembravano essere stati scelti con cura (viravano dall'arancio
al blu, secondo la moda), ma il bambino doveva aver cambiato idea e
lasciava che il gelato gocciolasse sul pavimento, nonché sui pantaloni
della salopette di jeans.
Un pensiero attraversò la mente di Amy, e fu amaro.
Non l'aveva nemmeno assaggiato.
L'altoparlante annunciò il treno per Los Angeles e la madre del bambino
scattò in piedi, tirando il figlio per un braccio in direzione delle
scale. Lui cercò subito di divincolarsi e iniziò a piangere. Il gelato
era rimasto a terra, con la punta del cono all'insù come in un
corollario della legge di Murphy.
Amy ebbe un brivido, nonostante i vestiti che portava fossero sin
troppo pesanti per la stagione. Sentì di essere proprio come quella
poltiglia di latte, zucchero e coloranti artificiali che una creatura
capricciosa aveva gettato via.
Sheldon la trattava così. La teneva con sé, come un'amica esclusiva che
doveva essere sempre attenta alle sue esigenze, senza peraltro
accorgersi che anche lei ne
aveva, di esigenze, desideri e momenti di sconforto. Doveva fare
richiesta scritta per un abbraccio, guadagnarsi un coupon per un
appuntamento extra. Ogni volta che le sembrava che la loro relazione
avesse fatto un passo avanti, il comportamento di lui distruggeva
subito questa speranza. Restavano insieme perché Sheldon aveva deciso
secondo i suoi criteri che inserirla nella sua routine era qualcosa di
positivo e gratificante, ma non c'era posto per i sentimenti. E
siccome, ormai, di sentimenti lei traboccava, la situazione era ad un
passo dal diventare insostenibile.
Sheldon non voleva assaggiarlo,
quell'amore, per quanto i suoi colori fossero sgargianti e ne
conoscesse a menadito le caratteristiche organolettiche. Non poteva
essere questione di fiducia, a questo punto, né di timidezza; forse
aveva ragione Penny quando diceva che "non era ancora entrato nella
pubertà".
Non gliene faceva una colpa, questo no. Lei stessa aveva scoperto da
poco la propria femminilità, ed era stato un cambiamento incredibile
nella sua vita: per mesi le era sembrato di camminare ad un metro da
terra, con accanto le sue nuove amiche, e poter dire finalmente "Sono
la ragazza di Sheldon Cooper" era stato un traguardo al di sopra delle
sue aspettative... ma perché, perché lui non voleva aprirsi alla vita
vera? Perché restava chiuso nella sua torre di idiosincrasie e schemi
immutabili?
Eppure, finché le era consentito di far parte di quegli schemi, poteva
considerarsi al sicuro dalla disperazione totale. Finché non l'avesse
lasciata cadere a terra, era ancora al sicuro, a sciogliersi tra le sue
mani...
Si riscosse, vedendolo arrivare. Come sempre sentì l'impulso di
corrergli incontro, di gettargli le braccia al collo... di
schiaffeggiarlo, anche, ma per baciarlo subito dopo. Come sempre, seppe resistere,
procedendo con cautela su quei tacchi assassini e mantenendo una certa
dignità. Si sentiva molto Bree Van de Kamp, qualche volta.
- Ti ringrazio di essere venuta a prendermi. Devo dedurne che il nostro
contratto è ancora valido.
Ecco ciò che la ripagava di tanta frustrazione, di esperimenti falliti
e involontarie ma non meno spiacevoli umiliazioni: vedere una scintilla
di gratitudine sincera sul suo viso, per quanto contorta e tutta
particolare... sentirlo tastare il terreno in cerca di appigli, troppo
orgoglioso per chiedere scusa ma non per tentare un avvicinamento. E
lei non aspettava altro.
- Certo, Sheldon. Eri preoccupato di dover tornare a casa in autobus?
- Questa possibilità sussisteva, in quanto durante la nostra ultima
conversazione al telefono hai espresso colorite affermazioni
riguardanti il nostro rapporto, che ho dedotto essere strettamente
collegate al tuo livello di ormoni nel sangue. Immagino tu sia nel tuo
periodo.
Amy assunse un'espressione severa e sospirò, mentre la tensione in lei
iniziava a sciogliersi lasciandola un poco stordita e accelerandole i
battiti. Si era immedesimata nel soggetto sbagliato: lei non era il
gelato sciolto sul pavimento della stazione, era quella madre che
strattonava il figlioletto per portarlo in un posto dove lui non voleva
andare. Tutti gli uomini erano bambini, no? Soltanto, a lei era toccata
una creatura un poco più... speciale delle altre. Non aveva nessun
senso forzare i limiti di Sheldon per costringerlo a donarle ciò che
forse non le avrebbe mai concesso spontaneamente; molto meglio
camminare al
suo fianco e gioire ad ogni impercettibile progresso nel loro rapporto.
Perché lo amava, lo amava tanto da poter attendere per sempre.
Pensò a tutto questo mentre con l'auto usciva dal parcheggio e si
lasciava alle spalle Raymond Avenue.
Le palme scuotevano la chioma al vento carico di profumi e per una
volta Sheldon non le proibì di tenere i finestrini abbassati. Quel
giorno la vita era bella, da qualsiasi punto di vista.
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