La preda

di mamie
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Partecipa alla challenge Vitii et Virtutis di Starhunter.

Prompt: Gola - Appetito/Fame

LA PREDA


  Fay non voleva.
Non voleva vivere. Non voleva continuare un’esistenza fatta solo di rimorsi e di un dolore troppo grande per essere alleviato. Non voleva che i suoi compagni facessero dei sacrifici per lui. Specialmente non voleva che a farli fosse Kurogane, cosa che il ninja invece faceva in continuazione e senza apparentemente rendersi conto di provocare in questo modo un supplemento di sofferenza alla coscienza tormentata del mago.
Gli aveva dato il suo sangue, mescolato a quello del vampiro. Aveva fatto di se stesso la sua unica preda. Si era volontariamente offerto come cibo per la sua fame. Questo Fay non riusciva a sopportarlo.
Eppure non riusciva nemmeno a rifiutare quella vita che gli era stata donata con tanti sacrifici.
Quando i suoi occhi si accendevano d’oro era segno che la sete cominciava a tormentarlo. Nondimeno, Fay non chiedeva mai a Kurogane di placare il suo tormento; era sempre l’altro che arrivava ad accorgersene e finiva per forzarlo in qualche modo a dissetarsi.
- Bevi anche tu… ma se non vuoi, lascia perdere, lo lascerò scorrere sul pavimento.
Kurogane sapeva come obbligarlo a vivere. Lo sapeva forse per quell’istinto che gli impediva di perdersi d’animo nei momenti più drammatici.
Fay aveva pensato anche di lasciarsi morire di fame, ma la fame è un pessimo nemico da combattere. Il sangue di Kurogane che gocciolava per terra gli dava una smania che non riusciva in nessun modo a controllare. Allora alla fine si avvicinava e appoggiava le labbra al polso gocciolante del ninja.
Succhiava.
E il sangue di Kurogane, caldo e denso, andava a rinfrescare la sua sete, placava la parte animale del suo essere e lo faceva sentire vivo, più vivo di quanto si fosse mai sentito nella sua miserevole esistenza. L’avidità con cui succhiava quella vita non mancava di sconvolgerlo e gli faceva desiderare ancora di morire.
 
Kurogane, in quei momenti, restava immobile ed evitava accuratamente di guardarlo. Forse per una forma estrema di delicatezza (e il rude ninja sapeva essere veramente delicato quando era necessario) o forse perché il contatto delle labbra di Fay sul suo polso, i suoi denti che mordevano, la sua lingua che leccava le gocce di sangue intorno, lo portavano al punto in cui sarebbe bastato un soffio, una parola, uno sguardo per fargli perdere completamente il controllo.
Fay si staccava da lui leccandosi il sangue sulle dita e anche quel gesto Kurogane si sforzava di non guardarlo, di far tornare regolare il suo respiro, di rimettere in riga i suoi pensieri sconclusionati.
Alla fine Fay se ne andava via, facendo finta, anche lui, di essere inconsapevole.
I suoi occhi si spegnevano e il suo sguardo tornava azzurro e triste.
Un muro di silenzio e di parole non dette si alzava fra loro.
Fino a quando il vampiro non aveva di nuovo fame.




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