Cap. 6
Oramai il prato di Hogwarts, i suoi camini, i suoi terrazzi,
la Foresta Proibita, tutto era stato imbiancato dalla neve. Hermione era fuori
nel parco e respirava lentamente per assaporare quell'aria e creare, nella sua
mente, l’immagine del paesaggio invernale.
Le mancava non vedere la neve.
Aveva avvertito una sensazione soffocante al petto quando,
passeggiando per il corridoio con Ron, una ragazzina aveva urlato ad un suo
compagno quella frase già tanto sentita e risentita.
“Guarda, sta nevicando!”
Sentiva la voce di Ron, non molto distante da lei, discutere
con gli altri ragazzi della squadra di Quidditch.
Ridevano, scherzavano, e di tanto in tanto si beccavano
perché non erano d’accordo sugli orari dell’allenamento. Ma l’ultima parola
spettava sempre e solo al capitano. Chi era? Ginevra Weasley!
Ron l’aveva presa male quando alla Tana era arrivata
la lettera che comunicava la notizia. Stava morendo dall’invidia, detto a
parole della sorella. Ma doveva capire che lui era già Prefetto, non si poteva
avere un tale carico di responsabilità! A nessuno era permesso.
Sentì un fiocco freddo posarsi delicatamente sul suo naso,
sorrise.
Alzò la testa verso l’alto e fece qualche passo in avanti.
Aveva la tentazione di aprire le braccia al cielo e imitare
alla perfezione quelle scene da film, dove la protagonista si mette a ridere
felice. Felice perché l’amore della sua vita le aveva appena chiesto di
sposarla. O di andare ad un ballo studentesco, dipende.
Oppure quelle in cui arriva lui e l’abbraccia da
dietro. Lei ricambia l’abbraccio sorridendo e poi, quando la neve inizia a
cadere più fitta, proprio come stava succedendo in quel istante, poi…
Si sentì strattonare per un braccio e venir trascinata via
frettolosamente.
Non era Ron, non poteva. Sentiva ancora la sua voce in
lontananza.
Probabilmente stava per mettersi ad urlare o reagire in
qualche modo, ma fu sbattuta in malo modo contro qualcosa di duro. Qualcosa che
era certa fosse il tronco di un albero.
“Salve Granger.”
“Malfoy?!”
“Aspettavi qualcun altro che ti trascinasse via così?”
La sua risposta fu un basso grugnito.
“Ora smettila di sognare ad occhi aperti e ascoltami.”
Tentò di andare via ma la mano del ragazzo premette
prepotentemente sulla sua palla, inchiodandola nuovamente all’albero.
“E’ perché dovrei farlo?”
Erano davvero molto vicini. Lei non si preoccupava di
parlare a bassa voce, lui invece sembrava tenerci particolarmente.
“Perché è una cosa che ti interesserà, credimi.”
Stava per rispondere, ma il ragazzo fu più veloce e le fece una
domanda che la lasciò letteralmente spiazzata.
“Faresti di tutto per riacquistare la vista, vero?”
“Che vuoi dire…?”
“Rispondimi. Ci tieni? Vorresti tornare a vedere…”
“Che domande, certo che voglio tornare a vedere!”
“Non gridare!”
Malfoy abbandonò la presa sulla sua spalla e parlò un
tantino più ad alta voce, con tono meno circospetto.
“Be’ io posso aiutarti, so come farti riacquistare la vita.
E credimi, è l’unico modo.”
Hermione aggrottò la fronte.
“Scusa se mi viene da ridere, ma non credo proprio che sia tu
quello che mi può aiutare. Soprattutto quando non c’è riuscita un ekip intera
di Medimaghi e medici! Né tanto meno capisco perchè dovresti fare una
cosa del genere.”
“O non ti preoccupare, Granger. Niente si fa per niente…”
“Vuoi qualcosa da me, e in cambio dici di potermi ridare la
vista… No, mi spiace ma non ti credo.”
“Mi sembrerebbe strano il contrario. Infatti, sono qui per
convincerti.
Chi ha lanciato l’incantesimo che non ti fa più vedere?
Esatto, mio padre. Sappi che questi sono incantesimi particolari, è magia
antica e occulta. Un incantesimo come il tuo può essere tolto solo da colui che
l’ha scagliato…”
La ragazza sussultò.
“Ma sappiamo entrambi bene che non potrei mai portarti
ad Azkaban, né questo basterebbe a scarcerarlo… Comunque, c’è un altro modo. Un
unico altro modo, che si dia il caso io sappia.
Nessun Medimago, o non so chi altro, ha saputo come
guarirti. Niente di più normale, nessuno può sapere certe cose… se non è di
famiglia.”
“Tu mi stai dicendo, che quello che mi ha colpito è un
incantesimo che nessuno sa come scagliare o guarire se non è della tua
famiglia?”
“Esattamente, ogni famiglia ha una sua storia e le sue…
risorse.”
“Questo è assurdo, cosa vuoi Malfoy?!”
“Be’ Granger, se nessuno è riuscito a guarirti un
motivo ci deve essere, e io te ne sto offrendo uno. Nemmeno tanto assurdo se ci
pensi. Le tradizioni esistono perché si tramandano e, come loro, si lasciano ai
posteri tante altre cose… Questa è la mia proposta: io ti aiuto a riacquistare
la vista, e tu aiuti me. Ti dirò poi cosa mi serve.
Pensaci, ma non troppo. E non una parola con la Donnola!
Altrimenti non se ne fa più niente. Non tentare di ingannarmi, non ci
riusciresti.
Ti do tre giorni, non avremmo abbastanza tempo altrimenti.
Mi farò vivo io.”
Così lo sentì allontanarsi.
Quella sì che era una scena da film…
Sotto la neve non con il suo “amore” ama con… con… Ah! Era
assurdo!
Restò ferma, appoggiata a quell'albero. Dopo qualche minuto
arrivò Ron.
“Eccoti, come mai sei venuta qui? Credevo fossi rientrata a
scuola… Forse ti annoiavi? Scusa ma con quei cretini che vogliono fissare
l’allenamento di…”
“Non ti preoccupare, Ron. Mi ero solo allontanata un attimo,
torniamo dentro?”
“Certo.”
La prese per mano e si avviarono. Ancora nevicava e tra i
suoi capelli si erano annidati centinaia di candidi fiocchi.
“Lo sai che ho incontrato il Furetto venendo qui? Sempre con
quell'espressione schifata di tutto e di tutti stampata sulla faccia! Questa
volta però i due bestioni non erano con lui…”
Hermione non rispose e lasciò cadere lì la conversazione,
era troppo impegnata a pensare.
Il Furetto...
Potevano fare un circo. Il Furetto, la Donnola, i Bestioni,
la Zannuta!
Sospirò stancamente ma, dalle sue labbra, dovette uscire un
qualcosa che assomigliava più ad un verso d’esasperazione.
“Che c’è? Cosa ho fatto questa volta?”
“Niente, Ron. Niente…”
***
Intorno a lei era tutto buio. Vedeva solo nero, un’unica
tinta, niente ombre, niente movimenti.
Dei passi risuonarono nel silenzio più assoluto, e poi
quella voce.
“Granger.”
“Malfoy.”
“Allora?”
“Accetto.”
Il ragazzo ghignò e poi una luce accecante la invase. Chiuse
gli occhi istintivamente e quando li riaprì, sola all’ombra di un albero,
Hogwarts si ergeva davanti a lei in tutta la sua grandezza.
La vedeva, vedeva la sua scuola. Vedeva il cielo, gli
alberi, gli studenti passeggiare. Era una sensazione bellissima, era felice. Si
sentiva libera…
Una folata di vento freddo le sparpagliò i capelli sul viso
e sulle spalle, accanto a lei apparve Draco Malfoy.
“Bene Mezzosangue, ora tocca a te mantenere la tua
promessa…”
“Cosa vuoi?”
Il ghignò sul viso del ragazzo si allargò ancora di più. Si
voltò a guardarla negli occhi e mosse le labbra, piano, ma lei non sentiva.
Quelle parole non avevano suono e, all’improvviso, tutto
quello intorno a lei si dissolse. Lasciando ancora una volta il nero, il vuoto…
Hermione aprì di scatto gli occhi e, dopo qualche secondo,
prese a rigirarsi nel letto.
Domani avrebbe dovuto dare la sua risposta, e non sapeva
cosa fare. Quel pensiero oramai non la lasciava un secondo, persino di notte
era arrivato a perseguitarla!
Non ne aveva parlato a Ron e nemmeno a Ginny. Era rimasto un
segreto, come voleva lui…
Quel sogno però, non preannunciava niente di buono.
Lei, in verità, non aveva mai creduto in quel genere di
cose. Le riteneva tutte una farsa, come Divinazione, ma quel sogno racchiudeva
le sue paure.
Se anche quello che le prometteva Malfoy fosse stato vero, a
che prezzo avrebbe pagato la sua vista?
Nel sogno aveva visto, ma poi era ricaduta nel buio…
Si girò un’altra volta tra le coperte e le lenzuola presero
ad attorcigliarsi attorno alle sue gambe. Infastidita, si divincolò da quella
stretta con dei movimenti abbastanza bruschi e poi, appoggiando seccamente un
mano sul cuscino, si alzò sulle ginocchia. Oramai era completamente sveglia e,
conoscendosi, non avrebbe più dormito.
Fuori era ancora buio, svogliatamente tirò le tende del suo
baldacchino e andò a premere il grosso pulsante in alto sulla sua vecchia e
malconcia sveglia, una voce la informò che erano le tre del mattino.
Era ormai questione di ore, quando si sarebbe fatto vivo
Malfoy? Magari a colazione! Ma era troppo presto. No, no e no!
Doveva rifletterci e fare la scelta giusta.
Tornare a vedere… Mettersi nelle mani di un Serpeverde…
Si alzò dal suo letto e iniziò a girare per la stanza, poi
decise di andare in Sala Comune. Era il luogo più adatto per pensare, e a
quell’ora di sicuro non avrebbe incontrato nessuno.
Draco entrò in Sala Grande e lanciò uno sguardo al tavolo
dei Grifondoro. La Granger era seduta come al solito accanto a Weasley e,
mentre il ragazzo le parlava, sembrava non ascoltarlo affatto.
Si sedette al suo tavolo e iniziò a fare colazione.
Nell’arco della giornata avrebbe dovuto trovare il momento giusto per paralare
alla Grifondoro e, dal canto suo, sperava non facesse la stupida e che
accettasse.
A pensarci bene, era poco quello che le avrebbe chiesto in
cambio di ciò che lui avrebbe fatto per lei. Ma ormai era andata…
Si spalmò un po’ di Marmellata Tutti Gusti su di una fetta
biscottata.
“A che pensi?”
Era Blaise.
“A niente.”
Per fortuna sua madre non aveva fatto troppe domande.
Si era insospettita quando aveva chiesto di inviargli
“il sapere di famiglia”, ma aveva creduto anche a ciò che le aveva
raccontato. Studiare certe cose serviva in quel momento come non mai, e prima
si apprendevano meglio era.
In realtà, quelle pergamene incantate le aveva divorate
tutte in una notte, quando gli era stato concesso di leggerle, tanta era la
voglia di sapere. Ma tutto non ricordava, quindi era necessario il supporto
cartaceo.
Non gli andava di raccontare a sua madre quello che aveva in
mente e, per la verità, non le aveva detto niente nemmeno della Waag.
Narcissa aveva già tante preoccupazioni di cui occuparsi…
“Dai sbrigati con la colazione, Draco. A prima ora abbiamo
Difesa.”
Blaise era in piedi e mentre si occupava di raccogliere la
sua borsa piena di libri, Draco alzò gli occhi al cielo sospirando. Iniziava
bene la giornata.
Era notte, a quell’ora lei sarebbe dovuta essere nel suo
dormitorio e non in giro per il castello!
Non poteva scegliere un orario peggiore quel Serpeverde!
“…fatti trovare alle undici e mezza vicino alla biblioteca.
Lì ci dovresti saper arrivare, no?”
La cosa la convinceva sempre meno, perché Malfoy le aveva
chiesto di incontrarsi di nascosto?
Lei aveva accettato il patto, a pomeriggio, quando lui
l’aveva chiamata dopo la lezione di Erbologia e avevano parlato dietro ad una
serra.
Voleva tentare, ma aveva paura. Se ne era quasi pentita e
aveva avuto la tentazione di raccontare tutto a Ron, ma quel pomeriggio Malfoy
aveva ribadito la clausola della segretezza. E così…
Hermione aveva studiato il modo migliore per arrivare alla
biblioteca. Era il posto che frequentava di più, ed aveva imparato a
riconoscere alcuni punti di riferimento che la guidavano nel tragitto a partire
dalla Torre dei Grifondoro.
Malfoy aveva scelto bene, fosse stato un altro posto non ci
sarebbe mai arrivata. Appoggiò la mano alla pesante porta chiusa e subito sentì
la sua voce.
“Finalmente.”
“Perché mi hai fatta venire?”
“Devo tener fede alla mia promessa, devo farti riacquistare
la vista. Non credere che sarà una cosa breve, però. Tutt’ altro. E tu dovrai
collaborare…”
“Non capisco.”
“Non devi, non ora… Seguimi.”
Sentì il suono dei suoi passi.
“Aspetta! Come faccio?”
“Se ti aspetti che ti prenda manina manina come fa Weasley,
ti sbagli di grosso. Ti darò le indicazioni da seguire.”
“Va bene.”
“Per ora continua a camminare dritto.”
Malfoy si mosse e lei fece come le era stato indicato.
“Ora gira a sinistra.”
Non che le piacesse molto il tono in cui lui le parlava,
sembrava stesse impartendo ordini… e ineffetti così era. Se ne stava approfittando
troppo quel Serpeverde, e lei iniziava a pentirsi seriamente di aver accettato.
“Okay, fermati. Ora ci sono le scale per i sotterranei.”
“Perché stiamo andando nei sotterranei?!” chiese allarmata.
“Quando saremo arrivati ti spiegherò”rispose con un po’
d’esasperazione nella voce.
Lei restò ferma sulla soglia delle scale.
“Allora Granger? Non abbiamo tutta la notte, sai? E poi
Gazza potrebbe spuntare da un momento all’altro… Ho capito…. Ad un passo da te
c’è il primo scalino.”
Però, aveva davvero capito!
Non sapeva tra quanto aspettarsi uno scalino e Malfoy, se
pur di contro voglia e adottando quel tono zuccheroso nella voce, tornò accanto
a lei per indicarglielo.
“Grazie.”
Scese il primo scalino.
“Uno.”
Scese il secondo.
“Due.”
“Non ce ne è bisogno, ora!”
“Tre. Quattro. Cinque…”
“Malfoy smettila!”
Hermione continuava a scendere le scale senza difficoltà,
accompagnata dalla fastidiosissima conta.
“Otto. Nove…”
Batté violentemente un piede a terra per il nervosismo, ma
sbagliò a scendere l’altro gradino. Si sentì mancare il terreno sotto i piedi e
precipitare ma per fortuna una mano salda l’afferrò per il braccio.
“Ho detto nove, non dieci. Mi servi intera per lavorare alla
pozione.”
Si liberò della presa del ragazzo e si rimise in piedi,
spazzolandosi i vestiti ed aggiustandosi la gonna.
“E’colpa tua se se sono caduta. E poi, quale pozione?”
“Quella che ti farà riacquistare la vista.”
“Dobbiamo preparare una pozione?!”
“Esattamente Granger. Quindi, sbrighiamoci.”
Riprese a scendere le scale e Malfoy riprese a contare.
Quella cantilena l’accompagnò sino all’ultimo scalino, dove
ci fu un piccolo battito di mani che la fece innervosire ancora di più.
Accompagnata dalle indicazioni del Serpeverde Hermione
arrivò, assieme al ragazzo, in una stanza vuota.
“E’ qui che dobbiamo preparare la pozione?”
“Già. Questa è la vecchia aula di Pozioni, in disuso da
anni. Non c’è pericolo che entri nessuno, comunque l’ho protetta con un
incantesimo. Ho già provveduto a portare qui tutto quello che ci occorre. Ho
preso gli ingredienti giusti qui ad Hogwarts e ne ho fatto arrivare degli altri
che mancavano. Ora, dato che te la cavi tanto bene in Pozioni, dovrai lavorare
anche tu alla tua pozione.”
Hermione rimase ferma, pensierosa. Allora era vero, non
l’aveva ingannata?
“Cosa vuoi da me Malfoy? Questo ti deve aver arrecato un bel
disturbo. L’incantesimo, gli ingredienti… Cosa vorrai in cambio?”
“Devo dire di essermi reso conto che questo, forse non ha lo
stesso prezzo di quello che ti chiederò. Ma a me serve… e quindi va bene così.”
Non rispose.
“Avvicinati al banco da lavoro. Fai una decina di passi.”
Hermione si avvicinò al tavolo e potè sentire il leggero
fruscio del fuoco acceso sotto il calderone e un rumore di boccette che si
urtavano e che venivano appoggiate sul tavolo.
Draco prese in mano le pergamene stregate e, pronunciando
una formula a bassa voce, quelle, da bianche si riempirono di scritte.
“Iniziamo, se tutto va bene questa pozione sarà pronta tra
cinque mesi.”
“Cinque mesi?!”
“Né più né meno. Il tredici Marzo, Granger, è un giorno che
devi segnare sul calendario.”
“Allora, da cosa iniziamo?”
“Sangue di Drago, due cucchiai. Da mischiare alle schegge di
Ametista, dieci grammi. ”
La ragazza annuì.
“Quando versi il primo sangue nel calderone fallo piano e in
senso circolare, in modo che vada a ricoprire tutta la base. Poi aggiungi
l’altro, non importa se non si distribuisce egualmente. Aggiungi le scaglie e
inizia a mescolare… quante volte dice? Le hai le indicazioni, vero?”
Draco la guardò con un sorrisino, era partita subito con la
dispensa di consigli utili.
Era proprio questo ciò che voleva.
“Certo. Dice che bisogna girare tre volte verso destra,
prima di aggiungere le radici dell’erba Panacea.”
“Bene. Gira tre volte a destra e una a sinistra, dopo
aggiungi le radici.”
“Ne sei sicura?”
“Certo, e poi se sbaglio sarò io a pagarne le conseguenze.”
“Infatti.”
“Hai fatto?”
“Sì… Ehi Mezzosangue, una cosa: cambia tono. Non accetto
ordini da nessuno, men che meno da te.”
Hermione non rispose, era inutile farlo. Alzò l’angolo della
bocca in un sorriso di soddisfazione.
Si prendeva la sua rivincita.
Restarono circa un’ora e mezza a lavorare su quella pozione,
tra battibecchi e frasi taglienti. Hermione era stanca, ma l’euforia batteva la
stanchezza. Ancora non le sembrava vero di aver trovato un modo per riavere la
vista. Non sapeva come l’avrebbe spiegato a Ron e agli altri, ma in quel
momento non le importava. Un moto d’affetto diretto a Malfoy , che venne subito
cancellato, la invase.
Draco regolò la fiamma del calderone e si appoggiò di
schiena al tavolo, con le braccia conserte.
“Per oggi abbiamo finito, la pozione deve restare a bollire,
e gli altri ingredienti vanno aggiunti piano a piano. Ad intervalli e in tempi
precisi.”
“Immagino sia inutile chiederti, ancora, quale sarà la mia
parte in questo accordo…”
“Immagini bene. Sappi solo che avendo la vista, potrai fare
il tuo lavoro cento volte meglio. Quindi
sarai informata quando arriverà il momento.”
“Sappi solo, che non mi stancherò mai di chiedertelo.”
“Fa come credi.”
Le passò accanto e andò ad aprire la porta per spiare il
corridoio.
“Andiamo.”
Una volta fuori dalla stanza, il ragazzo pronunciò un
incantesimo di isolamento sulla stanza e poi si incamminarono.
Arrivarono quindi davanti alla biblioteca.
“Domani, ci rincontriamo qui alla stessa ora. E cerca di
essere puntuale, non mi piace aspettare…”
“Le cose per me sono più complicate e di conseguenza più
lente…”
“Non mi riguarda. L’importante e che ti fai trovare.”
Lo sentì andare via e, dandogli un’ultima volta dello
stronzo, Hermione si avviò per tornare ai dormitori.