Forever
our Destiny
The red
wires: I fili rossi
Una ragazza camminava in silenzio fra le lapidi. Le avevano
detto più volte che un cimitero non era il posto adatto a
una ragazza, ma a lei non interessava. Ormai, tutti coloro che
frequentavano o lavoravano al cimitero la conoscevano. Andava
lì ogni giorno, con pochissime eccezioni, tanto che se non
compariva per una volta, alla visita successiva si informavano sulla
sua salute.
Arrivata alla “sua” lapide si fermò.
Nuove lacrime, come ogni giorno, le rigarono il volto. Ancora non
riusciva a crederci. Ogni volta che andava lì le sembrava
tutto sbagliato. Tremendamente sbagliato. Quella lapide non doveva
esistere. Si era recata lì a notte fonda, mentre le stelle
scintillavano allo stesso modo del giorno in cui lui l’aveva
lasciata, in quel modo bellissimo e luminoso, così magico
che pareva quasi che anche loro volessero onorare la memoria del grande
detective.
Guardò l’orologio. Il momento non era ancora
arrivato.
Abbassò lo sguardo sulla lapide.
– Ciao, Heiji. –
Le sue parole si persero nella notte, mentre alla mente le tornava il
ricordo dell’ultima volta che le aveva parlato,
l’ultima volta che le aveva sorriso.
Il cielo stellato
brillava sopra le loro teste. Era una sera davvero limpida e le stelle
si vedevano bene nonostante tutte le luci. A quasi mezzanotte, solo
chi, come loro era reduce dall’ultimo film della serata si
vedeva in quella strada.
« Grazie, Heiji, grazie!
Era un film bellissimo, grazie! »
Già. Quella
volta niente a che vedere con gialli e misteri. “La leggenda
del filo rosso” era un successo nazionale. E, incredibile a
dirsi, era stato proprio Hattori a proporre quel film.
« Di niente, Kahzua,
è stato un piacere.»
Ci stava prendendo gusto
per quei film. Oh, che nessuno penasse male, continuava a trovarli
totalmente stupidi, inutili ed esasperatamente esagerati. Ma sentire
lei che gli si stringeva, piangendo sulla sua spalla, aveva qualcosa di
particolare, diverso dal terrore con cui gli si aggrappava durante i
film d’azione.
Camminarono per un
po’, ma Heiji ad un tratto si fermò. Erano entrati
nella zona dei mercatini, e non gli piaceva.
«È… troppo
affollato. Vieni, andiamo via di qui».
La trascinò,
malgrado le proteste, in un vicolo laterale.
«Heiji che hai? Lasciami!»
Lui obbedì
subito. Kahzua non riuscì a capire cosa succedesse. Il volto
del detective ormai ventenne era rosso come un peperone, nonostante la
sua carnagione scura.
« Ti devo…
dire una cosa».
Lei si
bloccò. Quelle parole le aveva già sentite.
Sì, già sentite. Nel film di pochi minuti prima.
« Cosa, Heiji?»
Il silenzio
calò nuovamente, per altri interminabili secondi. Di nuovo
la stessa domanda, che cadde ancora nel nulla. Il silenzio del ragazzo
pareva infinito. Che la notizia non fosse così bella? Magari
doveva trasferirsi per lavoro. O forse sarebbe stato via per anni. O
forse…
«State fermi!» urlò una voce
sconosciuta, spuntando dal buio del vicolo.
Un uomo, alto, pelato e
con la barba si fece avanti. In mano aveva un coltellaccio, che
puntò verso i due.
«Allontanatevi!»
Hattori, ripresosi dalla
sorpresa, gettò uno sguardo preoccupato a Kahzua, per poi
ubbidire.
«Ora datemi tutto quello che
avete, forza!»
Heiji si
voltò leggermente, nascondendo la sua tasca destra e
ciò che quel rigonfiamento conteneva. Non doveva
accorgersene assolutamente.
Kahzua non
tardò a reagire, quando l’uomo le si
avvicinò. Uno dei suoi calci e quello arretrò,
verso la parete opposta del vicolo. Errore. Il rapinatore si diede la
spinta contro la parete, scagliandosi di nuovo contro la ragazza, il
coltello nella mano come un pugnale.
Ma Heiji non
l’avrebbe permesso.
Si gettò
davanti alla ragazza. Quando crollò a terra
lanciò un urlo, rimanendo disteso sull’asfalto.
L’uomo se la diede a gambe. Heiji aveva avuto ragione, non
era preparato a quello.
«Heiji! Santo cielo, Heiji!» gridò terrorizzata
la ragazza, precipitandosi da lui.
Lo girò sulla
schiena, rivelando una profonda ferita all’avambraccio, da
cui il sangue sgorgava copioso.
«Heiji, Heiji!» continuava a ripetere lei.
Lui riaprì
gli occhi, guardandola.
«Beh… adesso
perlomeno… siamo soli…»
Kahzua rapidamente
estrasse il cellulare e, con la stessa velocità con cui
messaggiava con Ran, chiamò un'ambulanza.
«Shh! Non ti
affaticare…» fece lei, sciogliendosi i
capelli.
Hattori
lanciò un urlo, quando Kahzua strinse il suo nastro rosso
poco sopra la ferita.
«Scusa, scusa! Devo fermare
l’emorragia!»
Lui sorrise, anche se
lievemente, riprendendo a respirare.
«Non…
è… nulla…»
Lei lo fissò
preoccupata. Gli occhi socchiusi del ragazzo tornarono ad aprirsi.
«Con i capelli
sciolti… sei anche… più
bella… del solito…»
L’affermazione
colse impreparata la ragazza.
«Cosa?»
Il volto del ragazzo
davanti a lei si faceva sempre più pallido, passando dal
solito colore scuro di pelle ad un marroncino leggero, che si sarebbe
scambiato per terra.
«Non me
l’ero… immaginata così… la
scena… ma… » fece un profondo respiro,
troppo lungo per il cuore della ragazza. « Ti amo…
Kahzua…»
Questa volta gli occhi
di lei incrociarono i suoi, vedendoli per la prima volta in una luce
diversa. L’aveva detto. Dopo tanti anni che attendeva quel
giorno era arrivato. Sì, aveva ragione lui, non
sé l’era mai immaginata così quel
momento, ma andava bene lo stesso. Le sembrava quasi di udire delle
sirene, in lontananza. Sarebbe andato tutto bene. Ma il ragazzo non
aveva ancora finito.
«Kahzua… »
disse, attirando la sua attenzione, più di quanto non stesse
già facendo.
«Zitto, Heiji, non
sforzarti…»
Lui si sforzò
ugualmente. Con il braccio sano s'infilò una mano in tasca,
estraendone una scatolina, che Kahzua prese subito.
La aprì.
«Kahzua…
vuoi… sposarmi?»
Un anello di brillanti
luccicava al suo interno.
Lei tornò a
guardare Hattori, con gli occhi lucidi di lacrime per la gioia.
«Sì, Heiji, con tutto
il cuore, sì!»
Sul volto del ragazzo si
dipinse un grande sorriso, poi chiuse gli occhi e con un sospiro
appoggiò la testa di lato.
Kahzua sorrise a sua
volta, guardando il volto beato del ragazzo. Ora le sirene erano
vicinissime. Sì, tutto sarebbe andato bene. Quella pozza di
sangue per terra sarebbe stata solo un ricordo.
Ma il sorriso presto si
tramutò in una smorfia di orrore, riempiendosi di lacrime,
non più di gioia ma di terrore, che le rigarono le guance.
«Heiji!»
Il detective non
respirava più.
Nuove lacrime sulle sue gote. Spostò per un attimo lo
sguardo dall’orologio all’anello che le scintillava
sul dito e di nuovo all’orologio.
– Ecco. È passato esattamente un anno da quando te
ne sei andato. Me lo ricordo ancora, sai? La voce atona e fredda di
quel medico che dettava agli altri l’ora esatta del decesso.
L’ho odiato. Poi però si è accucciato
accanto a me e mi ha consolata, ma io non l’ho neanche
sentito. Davanti a me c’eri solo tu. Continuavo a dirti di
non fare scherzi stupidi, di riaprire gli occhi.
Non potevo crederci. Eppure io sono qui, mentre tu sei sotto due metri
di terra.
Già, sono qui, a un anno dalla tua morte, a tirare le somme
della mia vita senza di te. Tutto è cambiato da quando non
ci sei più.
Alcune cose sono cambiate dentro di me, come il fatto che non porto
più i capelli legati, che il nastro rosso che ho usato per
tentare di fermare il sangue è finito dentro il mio amuleto,
che adesso posto sempre vicino al petto, con me.
Altre, tante, cose sono cambiate nella mia vita. Adesso mi sembra di
vivere in un mondo… piatto. Come se tutto girasse sempre in
un modo o nell’altro, senza quella seconda scelta che davi
tu. Non ho più nessuno da svegliare la mattina, nessuno a
cui preparare il pranzo quando sua madre non c’è,
nessuno da chiamare per le lunghe biciclettate per Osaka. Tutte quelle
sfumature della mia vita non ci sono più, scomparse insieme
a te. Ho ancora degli amici, certo, ma non potrò mai avere
altri amici d’infanzia come te. Quel posto era sempre stato
tuo, unicamente tuo.
Sai, tutti hanno pianto per te. Ran è scoppiata in lacrime,
perfino Shinichi ha iniziato a piangere senza ritegno. Anche Sonoko, te
la ricordi? Anche lei ha pianto un sacco, anche se più volte
ti aveva definito irritante. Tutti, persone coinvolte nei tuoi casi,
familiari, amici. Tutti hanno pianto per te. Avevi questa
capacità di farti amare da chiunque.
Al funerale c’era anche lui. Quello che ti ha ucciso. Lo
avrei riconosciuto fra mille. Mi sono alzata e, nel bel mezzo della
cerimonia, sono andata da lui. L’ho sbattuto contro questo
stesso albero, tenendolo per la gola. –
Altri ricordi la sommersero, come un'onda di piena.
Rimase scioccata nel
vederlo. Il suo volto non l’aveva mai dimenticato. Solo,
totalmente rimosso. Ma ora era lì, lo avrebbe riconosciuto
in tutto il mondo. In un lampo lo aveva spinto contro il tronco
dell’albero, sotto lo sguardo dei presenti.
«Tu!»
aveva urlato. «Osi anche venire qua?» aveva
gridato, con gli occhi lucidi.
Lo afferrò
per la gola.
«Hai una
più pallida idea di cosa hai fatto, eh? Lo hai ucciso!
È morto mentre mi chiedeva di sposarlo, ti rendi conto? Sei
solo un lurido, misero…»
«Calmati
Kahzua, ti prego!» aveva esclamato Shinichi.
All’uomo iniziava a mancare l’aria, così
aveva mollato un po’ la presa su di lui.
«Come puoi
dirmi di stare calma? L’ha ucciso e viene anche qui, come se
nulla fosse… Lo ha ucciso! Merita di…»
«Nessuno lo
merita, Kahzua. Heiji, pensi che Heiji sarebbe stato felice di avere
un’assassina per ragazza? Adesso lascialo andare»
Heiji. Era bastato il
suo nome per farla cadere in ginocchio, mollando la presa, continuando
a ripetere il suo nome fra i singhiozzi.
«Mi
dispiace» erano state le ultime parole dell’uomo
mentre veniva portato via.
– Non l’ho mai potuto perdonare per quello che ha
fatto. Non ci sono mai riuscita. –
Fece una pausa, mentre cercava di nuovo il fiato necessario per parlare.
– Dopo il funerale mi sono chiusa in camera mia. Non sono
andata a scuola per giorni. Aspettavo che tu venissi a chiedermi come
stavo, aprendo la porta come facevi sempre. Ma non sei mai venuto. Non
è colpa tua, certamente, ma non sei mai venuto. Mi hai
lasciata. –
Guardò persa l’albero di ciliegio lì
affianco.
– Già… il ciliegio… Alla
fine Shinichi me l’ha detto. La storia del tuo primo amore e
tutto il resto. Ho voluto io che tu fossi seppellito qui. Sai, non
riesco ad abbandonare un solo ricordo tuo. Ogni tanto mi sembra ancora
di vederti, a fare il tifo per me ai tornei, con la coda
nell’occhio mi pare di scorgerti compiere i piccoli gesti a
cui non avevo mai fatto caso… la mia vita è un
dejà vu continuo, ormai. Ma il ricordo che più di
tutti non riesco a lasciare è quello di quella sera. Lo
rivedo di notte, nel mio letto. Ti vedo tirare fuori la scatolina,
porgermela… e mi chiedo il perché.–
Guardò perduta l’orizzonte per un tempo vago,
lunghissimo.
– Già… Perché?
Perché mi hai lasciato? Ogni tanto però ripenso
alle parole di quel dannato medico. “È un miracolo
che sia vissuto tanto con una ferita come quella”. E allora
penso con quanta forza volevi sentire la mia risposta, quanto volevi
sentire quel sì, tanto da morire poco dopo… e mi
chiedo ancora il perché.
Di chi è la colpa? A volte penso che sia tua. Se non mi
avessi portato a quel film a quell’ora, se non mi avessi
trascinato in quel vicolo, se non fossi stato così timido da
metterci tanto a chiedermelo… però poi penso che
non sia giusto dare la colpa a te.
Tu non volevi morire, hai lottato per vivere… e allora penso
che sia colpa mia.
Se ti avessi impedito di andare in quel vicolo, se avessi dato un
calcio più forte a quell’uomo, se avessi stretto
di più quel nastro… forse ora saresti vivo.
Ma altre volte penso che non potevo farci niente, allora do la colpa a
quell’uomo, al filo rosso che non ti ha tenuto stretto a me e
altre ancora penso che sia stato di nuovo tu, che se non ti fossi
buttato davanti a me forse io al posto tuo sarei sopravvissuta, che se
mi avessi ascoltato non sforzandoti troppo sarebbe andato tutto bene,
che se non avessi perso tempo a fare discorsi saresti vivo… –
Sospirò. Era già quasi l’alba.
– Ma poi ho capito che l’hai fatto proprio
perché sei tu, ed è per questo che ti amo.
E ripenso alla tua dichiarazione, io che ero tanto invidiosa di quella
che Shinichi aveva fatto a Ran, e capisco che mi hai fatto la miglior
dichiarazione del mondo.
Perché ogni parola ti costava fatica, ogni gesto dolore, ma
hai continuato. E ora io sono qui, a parlare con una tomba, ma non
perché abbiamo sbagliato qualcosa.
E ancora, mi chiedo se per te è cambiato qualcosa, se ti ho
delusa, ma poi capisco. –
Chiuse gli occhi, tranquilla. Nulla poteva cambiare le cose, e lei le
aveva appena accettate, così com’erano.
– Capisco che se ci fossimo comportati diversamente non
saremmo stati noi. E allora era destino che tu morissi?
No, ma non dipendeva solo da noi.
Perché i nostri destini si sono incrociati a quelli di tutte
le persone del mondo e il nostro filo rosso si intreccia con i loro,
veniamo trascinati dagli altri e gli altri da noi.
Ogni tanto mi sembra di vederlo, quel filo, e so che non si
è spezzato, perché tu mi stai aspettando ancora
oggi. E sebbene più volte abbia pensato di farla finita e di
raggiungerti, oggi so che sarebbe sbagliato, più di
qualunque altra cosa, perché tu non lo vorresti mai. –
In quel momento, sentì Heiji con lei, a darle la forza di
continuare. Strinse la mano come se si aspettasse di trovare quella del
ragazzo.
– Su questo mondo il mio ruolo non è ancora
finito, ho ancora dei compiti da svolgere. Però, un giorno
sarò con te, e allora non ci lasceremo mai più,
perché ogni destino ha un lieto fine, e presto o tardi anche
il nostro giungerà. –
E allora lo seppe con tutto il suo essere. Stava facendo la cosa giusta
e lui sarebbe stato con lei, fino alla fine. Sentì il suo
cuore alleggerirsi, uscire dalla fossa dov’era finito e
tornare nel suo petto.
– Perciò quello che ti chiedo è questo,
Heiji: aspettami ancora un po’, perché un giorno,
quando avremo compiuto entrambi il nostro destino, staremo insieme. Per
sempre. –
Alzò lo sguardo verso l'alba e, per la prima volta da
un anno, sorrise sapendo che anche Heiji stava sorridendo con lei.
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*By
Sherry Myano*
Allora... ok, devo proprio divertirmi ad attirare le ire dei vari fan.
A mia discolpa posso dire di essere un accanitissima
Heiji♥Kahzua e che non intendevo fare nulla di male con
questa fic.
Non ho idea di come mi sia venuta in mente. Però l'ho
trovata adatta alla coppia, più a loro che a Shinichi e Ran.
Probabilmente questa fic è ambientata dopo la lotta con
l'organizzazione, tanto che ho voluto aggiungere la specifica che Heiji
era un ventenne (Un sedicenne che pensa al matrimonio era poco adatto).
Beh, che posso dire, anche solo per dirmi che sono una scema e che devo
smettere di scrivere cose come queste commentate in tanti!
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