Come un gatto sotto la pioggia, come un drago senza ali. [GrimmTatsu] di M e g a m i (/viewuser.php?uid=150368)
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NDA: Lo
so, lo so,
molti di voi si saranno chiesti “ma che
cavolo…?!”. Eppure è anche questo il
bello dei crack pairing, no? ... No, eh? x°D
Beh,
sta di fatto che
questo è un crack che mi piace molto, ma proprio moltissimo.
E così ho cercato
di immaginare, come sarebbe se questi due
si conoscessero davvero, nella storia di Bleach, se Grimmjow
ritornasse, e fosse un alleato degli shinigami? E’
stato parecchio
difficile, probabilmente un’AU avrebbe reso meglio, non so.
Però ho voluto
provare, anche per renderlo un po’ più realistico
e plausibile.
Niente di troppo romantico, eh. Solo che scrivendo questa one-shot,
nella mia
mente si sono creati tanti spunti per altre one-shot con degli sviluppi
in più.
Chissà mai che ci possa fare una raccolta (alle long ci ho
rinunciato)...
chissà, vedremo.
Beh, buona lettura. ♥
~
« Cosa
diavolo stai facendo?! »
Grimmjow
si voltò di
scatto, allentando appena la presa sulla camicia del ragazzo, senza
però
abbassare la mano che era pronta a sferrargli un pugno in piena faccia.
Ci
risiamo...
«
Lascialo andare. », scandì lentamente,
guardandolo minacciosa.
Lui
ricambiò il suo
sguardo, con orgoglio.
« ...
E se non lo facessi? »,
sibilò a denti stretti.
«
Provaci. Ti prego, provaci. Ho solo
bisogno di una scusa per prenderti a calci nel sedere. »
Andava
sempre a finire
così. In un secondo, si era trasformata in una lotta di
sguardi. Il povero
ragazzo che non si sa neanche cosa avesse fatto per scatenare le ire di
Grimmjow, aveva approfittato della sua distrazione per scappare.
Sì,
perché ormai la sua
attenzione era totalmente catturata.
Tatsuki
Arisawa,
diciassette anni.
Capelli:
neri.
Occhi:
castani.
Abilità
speciali...
incredibilmente brava a rompere i cosiddetti al re Grimmjow
Jaegerjaques,
attualmente costretto nei panni dello... studente delle superiori.
~
Ichigo
gliel’aveva
spiegato. E anche più di una volta, ad essere sinceri.
Questo non voleva dire,
però, che lei accettasse quella spiegazione.
Grimmjow
Jaegerjaques.
Che...
che razza di nome.
Ma
non era questo a
sconvolgerla, e neanche quei capelli azzurri che la irritavano
particolarmente,
almeno non quanto il fatto che i cosiddetti shinigami avessero
accettato lui e
gli altri suoi compagni come alleati.
Certo,
non erano fatti
suoi. Il destino del mondo non era nelle sue mani. Non che non le
importasse,
in quella storia erano coinvolti i suoi più cari amici,
ma... preferiva non
pensarci. Per non sentirsi... troppo inutile. Quindi non erano fatti
suoi.
Questo
però finché non
arrivava un tizio maleducato e attaccabrighe a fare il teppista nella
sua
scuola.
Quelli
sì che erano fatti
suoi, accidenti. Forse non poteva salvare il mondo, ma non era entrata
nel Comitato
Disciplinare solo per far risultare qualche credito in più
sul suo curriculum
scolastico.
Non
lo avrebbe lasciato
fare come voleva... questo era poco ma sicuro.
«
Aaarisaaawaaa! »
Tsk.
Ecco un altro
rompiscatole.
Facendo
finta di niente,
continuò a camminare imperterrita lungo il corridoio, mentre
il rompiscatole continuava a
chiamarla a
gran voce, incurante degli sguardi esterrefatti degli altri studenti
che stavano
passando l’intervallo al chiuso, in quella giornata piovosa.
Perché anche se
lei stava cercando in tutti i modi di ignorarlo, lui non desisteva,
anzi, si
faceva più insistente.
C’era
poco da fare, era
fatto così, Asano Keigo.
«
Arisawa, senti, senti, non è che mi
presteresti i tuoi appunti di matematica? », le aveva chiesto
con un tono
implorante, raggiungendola finalmente dopo tanto schiamazzare. Aveva
perfino
unito le mani e chinato la testa in segno di preghiera.
« No.
Spostati. », ribattè senza esitazione
lei. Poteva mettersi anche in ginocchio sui ceci, per quanto la
riguardava.
« Ti
scongiuro! Stamattina devo aver bevuto
del latte scaduto, e ho passato l’intera lezione in bagno
a-... »
Lo
zittì con lo sguardo,
fulminandolo. E che diamine! Un po’ di educazione era
chiedere troppo?
La
irritava... la
irritava da morire il fatto che Asano, come tutti
gli altri suoi compagni maschi, si sentissero
in libertà di sfoggiare quel linguaggio noncurante e a volte
pure sboccato di
fronte a lei, come se non gli importasse cose pensasse. Cosa che non
avrebbero
mai fatto davanti a... ad Orihime, per esempio. Ma anche con qualsiasi
altra
ragazza con l’aria da ragazza.
D’altro
canto, lei aveva
più un aria da ragazzo,
e loro la
trattavano come tale.
Distolse
lo sguardo,
facendosi ricadere una lunga ciocca nera sulla spalla. Nonostante la
pioggia, l’afa
impermeava l’aria circostante. L’umidità
le faceva appiccicare capelli lunghi
al collo, le davano fastidio.
Forse
era il caso di
tagliarli. Tanto... non aveva senso tenerli così.
« Ti
ho detto che non te li presto. L’ultima
volta non sono più tornati indietro. »
« Ma
quella volta è stato perché-... »
«
Niente ma. Chiedi a Kojima, o a Ichigo. »
«
Glieli ho già chiesti. »
«
E...? »
« E
non me li vogliono dare. »
«
Farti un paio di domande no, eh? »
«
Sì, e mi sono risposto che ho degli amici
insensibili! », si lamentò Asano, offeso. Ed era
per questo che il secondo dopo
esclamò con un sorriso sornione: « ...
Vorrà dire che chiederò ad Inoue! »,
mentre si allontanava a grandi passi, per mettersi al sicuro.. Non che
avesse
intenzione di farlo davvero, chiederli ad Inoue Orihime. Voleva solo
far
arrabbiare la ragazza, sapendo quanto era protettiva nei confronti
dell’amica.
Amica che scriveva appunti in una maniera incomprensibile per qualsiasi
essere
umano, con frasi e formule sparse a caso, e fiorellini, e disegni di
strani
robot come cornice – chissà come, però,
riusciva a prendere sempre il massimo
dei voti.
« Vedi
di star lontano da Orihime o ti
infilo gli appunti di matematica dove non li vorresti sentire!
», sbottò infatti
Tatsuki, punta sul vivo, con un linguaggio sboccato che tanto
rimproverava ai
ragazzi. « ASANO, TORNA QUI! »
E
lo avrebbe pure
rincorso per fargli chiedere scusa strisciando, se non fosse che
avrebbe
rischiato di finire addosso a una grossa figura che le aveva sbarrato
il passo,
davanti alle scale. Per poco non gli era finita addosso.
« Ah.
Chi si vede. Sempre a urlare dietro a
qualcuno. »
Non
aveva neanche bisogno
di guardarlo, per capire di chi si trattasse. Quella voce profonda e un
po’
roca, quel tono di scherno... poteva benissimo immaginare il sorriso
che gli si
era dipinto sul viso, quegli occhi azzurro ghiaccio così
penetranti, squadrarla
dall’alto in basso.
«
Levati dai piedi. », replicò senza
guardarlo, cercando di controllare l’impulso di menar le mani
che si era
accentuato ancora di più in lei al sentire la sua voce.
«
Altrimenti...? »
Si
era chinato su di lei,
tenendo le mani in tasca, allargando quell’odioso sorriso
sarcastico. Il suo
quasi metro e novanta avrebbe dovuto metterla in soggezione, in
confronto al
suo metro e sessanta scarso. Eppure Tatsuki non indietreggiò
di un passo, anzi,
alzò gli occhi verso di lui, verso Grimmjow Jaegerjaques. Osò farlo, e senza tanti
problemi, anche.
Doveva
ammetterlo, gli
piaceva provocarla. Quello sguardo bruciante di orgoglio, pieno di
rabbia...
beh, le donava.
Gli
era capitato
raramente di incontrare qualcuno con occhi del genere. Kurosaki Ichigo,
forse.
L’aveva colpito subito, per il suo sguardo, così
risoluto a vincere anche se
non aveva uno straccio di speranza – sì, beh,
all’inizio, poi le cose si erano
capovolte, ma insomma, chi se ne frega?
Da
quello che aveva
capito, quei due si conoscevano da molto. Amici
di infanzia, in gergo umano. Era pure amica
di Inoue Orihime, la femmina che Aizen aveva fatto rapire da quel pezzo
di-...
sì, da Ulquiorra. Pace
all’anima sua.
Kurosaki
le aveva
raccontato tutto, eppure...
Eppure
c’era quel modo in
cui quella umana teneva la testa alta, per niente intimorita nonostante
sapesse
che cosa lui fosse, il modo in
cui...
lo guardava, con quell’aria così fiera.
Gli
sembrava... di potersi
specchiare, in quegli occhi scuri, troppo magnetici perfino per un
essere vuoto
come un Hollow.
Lo
attraevano, con una
forza incredibile.
« Cosa
vorresti fare, sentiamo? », domandò
abbassando il tono di voce, divertito, quasi eccitato, come un
predatore
davanti alla sua preda preferita che gli offre una caccia coi fiocchi,
avvicinandosi talmente tanto al suo viso che se qualcuno li avesse
visti,
avrebbe pensato a tutto tranne che a uno scambio di minacce.
Ma
Tatsuki non
indietreggiava, non l’avrebbe mai fatto.
« Se
te lo dicessi, ti rovinerei la
sorpresa. Sappi solo che finisce con te con un mucchio di ossa rotte.
»,
ribattè, senza lasciarsi intimorire.
Si
rendeva conto di star
giocando col fuoco?
Non
era solo lui a
provocare lei, era anche il contrario. Da quanto andava avanti, ormai?
Dal
primo momento che si erano visti, probabilmente, quando Ichigo li aveva
presentati di sfuggita, suggerendo caldamente a Grimmjow di starle alla
larga e
non fare casini. Avvertimento che però non era servito a
niente. Due caratteri
troppo simili, troppo testardi, troppo orgogliosi, due morali troppo
differenti. Ed era scoccata la scintilla, che aveva dato vita
all’incendio,
nello stesso istante in cui avevano incrociato per la prima volta lo
sguardo.
Trema, umana, di
fronte al re.
Ma
lei, quell’umana,
quell’Arisawa Tatsuki, non aveva vacillato neanche per un
istante. Lo aveva
fissato dritto negli occhi, come pochi osavano fare, quasi lanciandogli
una
muta sfida.
E
chi era lui per non
accettare una sfida che si preannunciava così... eccitante?
« Ah
ah. Sei brava a far andare la lingua,
femmina... », sorrise ancora, con un doppio senso non troppo
velato, che
Tatsuki si costrinse a ignorare.
«
Questi sono ancora più chiacchieroni. », e
gli mostrò un pugno avvicinandolo al suo viso, facendolo
sorridere ancora di
più.
Poi...
« Grimmjow.
»
Si
voltarono entrambi,
quasi infastiditi da quell’interruzione. Era assurdo, come
ogni volta che si
trovavano a parlare, a provocarsi a vicenda, tagliassero fuori tutto il
resto.
Era assurdo... come arrivasse ad esistere solo lo sguardo
dell’altro. Non si
erano neanche accorti di quel ragazzo che gli si era avvicinato.
« Cosa
vuoi, Kurosaki? » sbuffò Grimmjow
seccato, tirandosi su e allontanandosi da Tatsuki. Per un attimo aveva
provato
l’impulso di avvicinarsi ancora di più a lei, come
per sottolineare il suo
territorio, come per dire “questa
è la
mia preda, vattene, non vedi che sono impegnato?”,
con un senso di
possessività che aveva già dimostrato nei
confronti di Ichigo stesso. Le cose
però erano cambiate, adesso. Non riusciva più a
considerare Kurosaki come una
preda, come agli inizi. Gli costava ammetterlo... ma adesso, adesso era
un suo pari. Per questo lo era
stato a sentire.
Se si fosse trattato di chiunque altro, se chiunque altro avesse osato
interromperlo mentre si stava dedicando alla sua nuova
preda, lo avrebbe letteralmente sbranato.
«
Dobbiamo andare. »
Non
c’era bisogno che
aggiungesse altro, la sua espressione parlava da sola. Tatsuki
sentì un brivido
correrle lungo la schiena, come ogni volta che vedeva Orihime, Ishida,
Sado e
Ichigo correre fuori dalla classe, campando per aria le scuse
più assurde.
Un
brivido di paura.
Sì,
era così che si
sentiva. Ogni volta, aveva paura che quella potesse essere
l’ultima volta che
li vedeva. Sapeva che non erano deboli, che erano in grado di
combattere,
eppure il non poter essere al loro fianco per aiutarli, il non poter
constatare
coi propri occhi che stessero bene, le faceva morire il respiro in
gola, e
sentiva come il cuore fermarsi fino a che non rivedeva la chioma
arancione di
Orihime, un po’ più spettinata di prima, entrare
in classe e risedersi al suo
fianco, oppure fino a che non riceveva una sua chiamata se la scuola
era già
finita.
Strinse
i denti, provando
rabbia verso se stessa e la sua stupida debolezza. Non si era sentita
così
inutile, mai, non da quando quella storia degli shinigami era iniziata.
Era
sempre stata al fianco di Ichigo, fin da quando avevano entrambi
quattro anni.
Lo aveva difeso, quanto gli altri compagni di classe lo avevano preso
in giro
per il colore dei suoi capelli, o detto qualche parola di troppo su sua
madre,
o quando, più in là negli anni, teppisti avevano
incominciato ad attaccar briga
con lui.
Aveva
sempre protetto
Orihime, fin troppo bella e diversa dalle altre ragazze, che,
invidiose,
cercavano di rovinare quella sua bellezza così innocente,
oppure da qualche
bastardo che aveva provato ad allungare le mani più del
dovuto.
Adesso,
invece, non
poteva fare... niente per aiutarli. La sua presenza non era
indispensabile per
nessuno, anzi, sarebbe stata solo un impiccio. Quello che provava non
era
semplicemente risentimento per essere stata, come dire...
“tagliata fuori”, ma
vera e propria frustrazione per la sua impossibilità di fare
qualsiasi cosa.
Poteva
solo aspettare, e
sperare che sarebbero tornati, ancora una volta.
« Non
scappare via. Torno subito. »
La
sua voce, così roca e
profonda, l’aveva riportata alla realtà. Sbattendo
le palpebre per tornare
lucida e liberare la mente da quei pensieri deprimenti, alzò
per l’ennesima
volta lo sguardo verso Grimmjow, incrociando quello di lui per una breve frazione di
secondo,
mentre se ne andava, seguendo Ichigo.
Perché
le era sembrata
come una promessa?
E
infatti, erano tornati.
Non era neanche finita la pausa pranzo che si era di nuovo trovata
Orihime
seduta al suo fianco, intenta a mangiare con gusto uno dei suoi soliti
bentō assortito
discutibilmente.
Le
posò una mano sui capelli,
sistemandole distrattamente una ciocca più in disordine
delle altre.
Aveva
combattuto anche lei?
«
Grazie, Tatsuki-chan. », le sorrise, con quell’aria
spensierata che di solito
aveva il potere di calmarla. « Ne vuoi un po’?
», le chiese poi, allungando
verso di lei le bacchette che tenevano qualcosa di indistinto, sul
giallognolo.
«
N-... No, non ho fame. », replicò, alzano
le mani in segno di scusa.
«
Oh... beh, non importa. », e riprese a
mangiare come niente fosse, canticchiando. Orihime dopotutto era
abituata alle
persone che non condividevano i suoi bizzarri gusti culinari.
Tatsuki
la guardò
mangiare per qualche minuto, appoggiando il viso contro una mano, persa
nei
suoi pensieri. Poi finalmente si alzò, non riuscendo
più a sopportare la
tensione che le si stava accumulando addosso. Aveva bisogno di
camminare. Di
starsene un po’ da sola.
« Vado
un attimo in bagno. »
« Fuoi
che fi accompfagni? », bofonchiò
l’amica con la bocca piena, deglutendo in fretta e rischiando
quasi di
strozzarsi.
«
Tranquilla, non ce n’è bisogno. »
«
Sì, Arisawa non risente della solidarietà
femminile che spinge le ragazze ad andare in bagno in gruppo!
», s’intromise Asano,
ancora risentito per la questione appunti.
« Sei
scortese, Asano-san. In fondo anche
Arisawa è una ragazza ». Gli avrebbe fatto una
statua, a Kojima Mizuiro e alla
sua cavalleria. « Anche se non si direbbe... »,
aggiunse a bassa voce con un
sorriso, convinto di non essere sentito. Ecco, adesso la statua
gliel’avrebbe
distrutta a calci.
Aspettò
che Orihime
avesse finito di tossire, dandole pacche sulla schiena, poi
lasciò la classe.
Aveva
davvero bisogno di
starsene un po’ da sola. E di prendere un po’
d’aria, magari, pensò, fermandosi
a prendere un succo di frutta al distributore automatico.
La
pioggia non aveva
smesso di cadere, anzi, si era fatta più forte. Per questo
era convinta che non
ci sarebbe stato nessuno sul tetto della scuola.
Come
si sbagliava.
Arrivata
in cima alle
scale, provò ad aprire la porta, senza riuscirci. Era
chiusa...? Riprovò ad
aprirla, spingendo con tutte le sue forze. Sì mosse di
qualche centimetro, ma
non di più, come se ci fosse qualcosa davanti che la
bloccava. Stava per dare un'altra
spinta, quando la resistenza che faceva si annullò in un
secondo, rischiando di
farle perdere l’equilibrio.
« Oh,
ma si può sapere che cazzo vuo-...?!
», sbottò quel qualcosa
che fino a
pochi secondi prima bloccava la porta. Era seduto per terra,
rannicchiato contro
la parete, sotto il tetto che riparava giusto l’ingresso del
terrazzo colpito
dalla pioggia incessante.
Sembrava
un... un gatto
che si rifugia come può dall’acqua. ... Che
paragone stupido.
Grimmjow
ammutolì sorpreso,
vedendola. Poi, poggiando il braccio sul ginocchio della gamba piegata,
inaspettatamente,
distolse lo sguardo.
Non
l’aveva mai fatto.
Si
chiese se fosse
successo qualcosa. Forse durante lo scontro di prima. Magari era
rimasto ferito-...
Che cretina, si stava veramente preoccupando per lui?, si
rimproverò nella sua
testa, scuotendola.
Tornò
a guardarlo, fu
quasi più forte di lei.
Eppure, nonostante la sua aria sicura e decisa, dovevano
esserci cose...
che turbavano anche lui, cose che lo spingevano a voler stare... solo.
Sì,
lo guardava e le sembrava
incredibilmente solo in quel momento. Come qualcosa di diverso, fuori
posto, che
non c’entrava niente col suo mondo. Forse anche lui si
sentiva così. Non era
umano, dopo tutto, eppure era costretto a comportarsi come tale.
Chissà perché lo
faceva, poi...
Aveva
i capelli bagnati,
notò. La pioggia glieli aveva fatti ricadere sul viso in
modo disordinato,
senza il gel a domarglieli come al solito. Grimmjow piegò la
testa all’indietro
appoggiandola al muro, e si passò una mano tra le ciocche
ribelli, inarcando un
sopracciglio, guardandola appena.
« Hai
intenzione di startene lì in piedi
ancora per molto? Lo sai che se mi giro riesco a vederti sotto la
gonna? »
Istintivamente,
Tatsuki
si portò le mani alla gonna, arrossendo e tirandola
più che poteva. Gesto che
lo fece sorridere, anche se lo sguardo di lei rimaneva di fuoco. La
osservò
tentennare per qualche secondo, indispettita, per poi sedersi al suo
fianco, tenendo
le gambe ben strette.
«
Cosa... cosa ci fai qui? »
«
Fatti miei, non ti impicciare. Tu, invece,
che ci fai qui? »
« ...
Fatti miei. », replicò lei a sua volta,
appoggiandosi al muro.
Rimase
in silenzio, non
sapendo bene cos’altro dire. Per qualche strano motivo, si
sentiva nervosa.
Sarà stata la preoccupazione per prima, che non era ancora
del tutto scemata.
Saranno anche stati i commenti stupidi dei suoi compagni di classe, che
anche
se non lo voleva ammettere, un po’ la ferivano.
Sarà
stato soprattutto
che una parte di lei avrebbe voluto stare da sola, perché in
quel momento si
sentiva vulnerabile. Eppure, guardandolo, anche se sulle sue labbra si
era
dipinto il solito sorriso beffardo, vedeva... la stessa cosa. Per
questo anche
lui si era rifugiato lì, da solo, piuttosto che andare a
tormentare qualche
povero primino come spesso lo beccava a fare. O forse stava solo
interpretando
le cose nel modo sbagliato. Forse stava solo... cercando somiglianze
con sé
stessa che non stavano ne in cielo né in terra.
... Forse semplicemente, non voleva così tanto rimanere da
sola.
Fissò
la pioggia cadere.
La campanella che segnava la fine della pausa pranzo doveva essere
già suonata.
Non aveva voglia di tirare fuori il cellulare per controllare.
Così si limitò a
scartare la cannuccia del succo di frutta e a infilarla nel cartone,
portandosela alle labbra. Se per una volta avesse fatto tardi, non
sarebbe
crollato il mondo.
Grimmjow
la osservò bere per
qualche secondo, poi, senza tanti complimenti, con uno scatto veloce
che non
riuscì neanche a bloccare, le fregò il
contenitore.
« Ehi!
», esclamò Tatsuki colta alla
sprovvista, fulminandolo con lo sguardo.
« Aah,
ci voleva. Avevo giusto sete. Però
potevi prendere l’affare con il latte, eh. »,
sbuffò, tirando su dalla
cannuccia e tornando ad appoggiare la testa alla parete, chiudendo gli
occhi.
A
fatica, decise di non
ribattere. Non aveva voglia di litigare, e poi l’idea di
quell’energumeno che
si beveva del latte le faceva passare ogni voglia di discutere.
Così si limitò
a riprendersi il succo di frutta con malagrazia, senza neanche girare
il verso
della cannuccia. Non voleva che pensasse che le facesse schifo bere da
dove l’aveva
fatto lui, appoggiare le labbra dove l’aveva fatto lui. Ma perché diavolo non voleva che lo
pensasse...? Distolse lo
sguardo, cacciando quei pensieri.
«
... Sai,
ti ho visto, quella volta. Vi ho visti, tu ed Ichigo. », se
ne uscì
all’improvviso dopo un po’. Non che quel silenzio
le dispiacesse, anzi. Era
strano stare in silenzio con lui, senza che partissero frecciatine o
frasi
pungenti, o ancora, minacce più esplicite. Però
il solo rumore della pioggia la
intristiva ancora di più.
«
Quando? », chiese lui, sempre con gli
occhi chiusi, aggrottando appena la fronte.
«
Quando stavate combattendo, qui a
Karakura. Era notte. E... ora che ci penso, non hai neanche sfoderato
la katana.
»
Grimmjow
rimase a pensare
per qualche secondo, cercando di ricordare. Non si era minimamente
accorto
della presenza di nessun’altro. Era talmente... preso a
pestare Kurosaki che
nient’altro contava per lui. Distruggere,
distruggere, distruggere.
Erano
cambiate tante
cose, da quel momento. Lui... si sentiva in qualche modo cambiato. Non
aveva
ancora capito perché, solo... i panni
dell’Arrancar che rappresenta la
distruzione, ormai, gli stavano stretti.
Voleva...
qualcosa di più.
Provare qualcosa di diverso, oltre al bisogno di combattere, alla sete
di
distruggere qualsiasi cosa. Si diede del coglione. Forse si stava solo
immedesimando troppo nell’umano che era costretto ad
interpretare.
« ...
Ma anche senza di quella, gli stavo
facendo il culo. », rispose con noncuranza.
Tatsuki
voltò la testa
verso di lui, sconcertata. Anche lui piegò leggermente la
testa di lato,
aprendo un occhio per guardarla, e accennando a un sorriso, al quale
lei si
trovò a rispondere senza neanche rendersene conto.
« ...
Vero. »
Così
anche lei sapeva
sorridere. In un modo tutto suo, tendendo appena gli angoli della
bocca,
lasciando solo intravvedere i denti bianchi, tra cui teneva la
cannuccia del
succo di frutta. Aveva un aria divertita, un po’ perfida, con
lo sguardo perso
nel vuoto mentre pensava a chissà cosa, forse a quando era capitato a lei di pestare Kurosaki - ed era sicuro che le fosse capitato. Sembrava quasi una
bambina.
Anche
quell’espressione...
le donava.
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