1° Una piccola elfa.
Con una mente come la sua si poteva immaginare di tutto…bastava puntare lo
sguardo fuori della finestra accanto al tavolo e s'inizia a sognare: il suo
cavallino color neve e via…boschi dorati con brillanti cascate diamantine, il
vento tra i capelli mentre galoppa libera, il rumore lontano degli animali, che
scorrazzano liberi nelle foreste scure… il sole lucente che colora il giorno e
accarezza la pelle o l'argentea luna che risveglia il canto perduto dei lupi e
s'infrange sui mari, il silenzio e la pace… il suo non era un sogno, ma la Terra
di Mezzo! Un mondo popolato da ogni sorta di razza. Elfi, meravigliosi
detentori di saggezza, Umani, signori dei cavalli e del Dono mortale, Nani,
scultori di città nelle montagne e amanti dei gioielli, ed infine gli
Hobbit…piccoli e grassotteli, sempre gioviali e senza problemi, eterni bambini…
la razza che più adorava. "LEITHIAN!" La ragazzina sobbalzò e lentamente
sollevò gli occhi sul genitore, che l'aveva ripresa pochi momenti prima. Suo
padre era un uomo robusto e autoritario, molto alto, con larghe spalle e forti
braccia, nonostante fosse un elfo. Infatti poco di lui poteva dirsi elfico, se
non per le classiche orecchie a punta e i lunghi capelli biondo oro. Ma il
suo papà non era un elfo comune: oltre che essere un re era un
marinaio. Cirdan, il Carpentiere, lo chiamavano coloro che venivano per
chiedergli consiglio, ma per lei era il suo caro papà, che adorava il mare, le
barche e lei. "Perché hai interrotto la tua lettura?" chiese lui, appoggiando
le mani sui fianchi. "Ehm…io…" balbettò la ragazzina imbarazzata. "Ti sei
di nuovo distratta? Sai bene che le lezioni sono importanti per una
principessa." Sospirò Cirdan, avvicinandosi alla giovane ragazza "Ma sono
noiose queste cose!" "So bene che sono noiose, ma quando occuperai il mio
posto dovrai essere una brava regina…" le spiegò l'uomo, accarezzandole la
testa. La ragazzina abbassò il viso, imbronciata. "Facciamo così…prima
termini questa lezione, prima ti porto a fare un giro in barca." Le promise
l'elfo. Leithian sollevò di scatto la testa, con gli occhi che le brillavano di
felicità. "Me lo prometti, papà?" "Parola di Cirdan il Carpentiere"
promise l'uomo, con gesti teatrali, facendo ridere la piccola elfa. La
giovane Elfetta prese in mano il libro e riprese a leggere: "…Gli elfi
somigliano da sempre agli umani, ma si differenziano per le orecchie a punta,
l'altezza e la bellezza. Gli elfi sono esseri immortali, e regnano da sempre
nella Terra di Mezzo, sin dai primi giorni di questo mondo. Certi vivono in
abitazioni ricavate su piattaforme, chiamate Talan, posti tra gli immensi rami
dei Mallorn, alberi secolari dalle lucenti foglie d'oro e argento." "Ti
ricordi il nome di tale città e dei loro sovrani?" chiese l'elfo interrompendo
la figlia. La ragazzina ci pensò un po' su. "Il regno è quello di
Lothlorien, e i suoi sovrani sono Sire Celeborn del Doriath, parente di Thingol,
e Dama Galadriel, detentrice di Nenya." "Brava! Continua pure.." "Altri
in palazzi bianchi, di cristallo, che si affacciano su paesaggi celestiali,
fatti di cascate e crepacci…questa è Imladris. Quivi regna Sire Elrond,
possessore di Vilya, con sua figlia Arwen. Altri elfi si sono insediati in cupe
foreste, costruendo le loro abitazioni in radure illuminate dalla luce
sfavillante del sole o dalla splendida luna solitaria. Parlano di Bosco Atro e
di Sire Thranduil." La ragazzina si interruppe con uno sguardo
malinconico. "Papà…perché non parlano della nostra città? Anche noi siamo
elfi! Anche noi abbiamo una meravigliosa città…" si adirò Leithian. "Noi
siamo diversi dagli altri elfi, Leithian, ma non ti fermare…in questo libro
potrebbe esserci qualche paragrafo che parla di noi." Le spiegò Cirdan. "Gli
elfi, nati agli inizi dei tempi, hanno una conoscenza della Terra di Mezzo quasi
totale. Conoscono tutte le storie antiche, e le tengono racchiuse nelle loro
immense e pregiatissime biblioteche. Ma non solo posseggono la meravigliosa
capacità di ricordare avvenimenti passati, di fatti le canzoni della Terra di
Mezzo sono state create da loro, amanti della musica e della poesia, saggi e
grandi guerrieri, pieni di speranza. Si narra che gli elfi vivano fino a quando
la terra stessa abbia vita." Leithian abbassò il libro e lo chiuse, felice di
aver terminato un altro giorno di lezione. "Ma in questo libro non si parla
di noi!" mugugnò la ragazzina ricordandosi del particolare. "Infatti! Quindi,
sempre che tu ne abbia voglia, potresti cercare qualcosa in questo di libro."
Rispose l'elfo, consegnandole un testo rilegato da una pregiata stoffa rossa.
Nessun titolo ad ornarne la copertina e la costa, niente rune dorate o fregi
floreali marcati a fuoco, solamente una copertura di tessuto color del
fuoco. "Posso leggerlo in un altro momento?" "Certo, bambina mia! Ora
andiamo…la nostra barca ci aspetta." Le sorrise Cirdan. Ella sorrise e prese
per mano l'elfo, stringendo nell'altra il libro. Non fecero in tempo a fare
un paio passi fuori del palazzo che un paggio arrivò correndo: "Vostra
Altezza! Sire Elrond è venuto a chiedervi udienza per una questione della
massima urgenza…Le chiede di riceverlo al più presto!" "Bene! Correte a
riferirgli che lo accoglierò immediatamente…andate." L'elfo si inchinò e
scomparve nei corridoi del palazzo. Cirdan si voltò verso la figlia, che lo
guardava con un'espressione triste dipinta in volto. "Tesoro…" "Lo so,
papà! Il regno è più importante…vai da Elrond, sarà qualcosa d'importante…noi
potremmo uscire un'altra volta." Bisbigliò la ragazzina. "Va bene! Farò il
prima possibile, poi andremo insieme in barca…te lo prometto." L'elfo baciò
la ragazzina e si affrettò verso il palazzo. Molte volte Cirdan aveva visto
nella fragile giovane elfa la fredda calma che aveva caratterizzato la madre, il
ragionamento perfetto che soleva avere, e di questo si stupiva molto. Ma
soprattutto si preoccupava di ciò che presto l'avrebbe invasa: la voglia di
viaggiare. La madre di Leithian, un'elfa dei reami di Lorien, amava viaggiare,
esplorare il mondo e per questo l'aveva perduta. Nenuial, così ella si
chiamava, non aveva più fatto ritorno ai Porti Grigi da uno dei suoi viaggi…non
aveva neanche rivisto le sue spoglie…solo una breve lettera di Galadriel in cui
gli porgeva le sue condoglianze a lui e sua figlia. *** Leithian si
sedette sulle dune di sabbia e contemplò il sole che sfiorava il mare, lasciando
che la luce scivolasse e giocasse con le onde, tingendo la sabbia d'ogni
sfumatura d'oro, arancio e giallo. Il padre non aveva ancora terminato con il
signore d'Imladris. "Forse è qualcosa di veramente importante…e non devo
disturbarli! Però mi aveva promesso che saremmo andati in barca, oggi." Mormorò
la ragazzina giocherellando con la sabbia. I gabbiani mandarono un acuto
grido, quasi a rincuorarla. E così fece anche il vento: le passo sul viso
accarezzandole i lineamenti, che avevano perso quasi del tutto le fattezze
tipiche dei bambini, e le scompigliò i capelli dolcemente, facendole arrivare
alle narici un odore che non aveva mai sentito prima. Si alzò in piedi,
chiuse gli occhi e inspirò l'aria: non sapeva di mare, neanche di salmastro, ma
era un odore dolce, come quello della resina, che le fece pensare alle lezioni
sulle foreste dove abitavano gli altri elfi. Ella non aveva mai visto i
boschi, solamente coste, con rocce e sabbia, e pochi alberelli qua e là nei
giardini, ma nulla più; suo padre aveva così paura di perderla che non l'aveva
mai fatta uscire dai Porti Grigi. Ma il suo sogno era da sempre stato quello
di viaggiare per la Terra di Mezzo, scoprire nuovi luoghi e abitanti…conoscere
finalmente gli Hobbit. Mithrandir le aveva raccontato sempre delle sue
avventure, delle genti e dei luoghi, descrivendoli in ogni particolare, ma la
sua fantasia era completamente diversa dalla realtà. Presto se ne sarebbe
andata…molto presto il suo sogno si sarebbe realizzato!
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