Io e te
Correva
veloce, l'aria gli sferzava il viso, le lacrime gli velavano gli occhi
impedendogli la vista.
Correva
lontano dal cadavere di sua sorella, la cui ultima espressione gli era
ancora
impressa nella mente.
Era stato
stupido ed egoista, Ariana era morta solo per causa sua: l'aveva persa
per
soddisfare le proprie ambizioni, l'aveva persa per il Bene Superiore.
I suoi passi
soffocati dalla ghiaia e dai grossi sassi taglienti che emergevano dal
terreno echeggiavano
nel silenzio di quella landa desolata, correva senza sapere dove stesse
andando.
All'improvviso
il suo piede urtò contro qualcosa di duro e Albus cadde a
terra.
Un dolore
lancinante gli trafisse la gamba sinistra, acuto e penetrante.
Vedeva
grigio ovunque guardasse: i sassi affilati su cui era caduto, il colore
del
cielo plumbeo.
Strisciò
supino per qualche metro cercando invano di rialzarsi, allora
alzò il busto
facendo leva sulle braccia e respirando pesantemente.
Riuscì
a
girarsi a fatica ed esaminò la gravità della sua
situazione; la ferita
consisteva in un taglio profondo e radicato nella pelle chiara, sangue
scuro
sgorgava a fiotti misto al terriccio e alla ghiaia fine.
Non ci
voleva un Medimago per capire che non ce l'avrebbe fatta a tornare a
casa:
Godric's Hollow era troppo lontano dal luogo in cui si trovava,
sperduto in
mezzo alla brughiera, inoltre la sua gamba era totalmente inadatta a
sopportare
il peso del corpo.
Avrebbe
potuto aspettare per tutta la vita, nessuno sarebbe venuto per portarlo
a casa
e probabilmente suo fratello Aberforth sarebbe pure stato contento.
Sarebbe
morto lì, lo meritava. Aveva ucciso Ariana, meritava di
morire.
Avrebbe
voluto urlare dal dolore, dalla rabbia, dalla frustrazione: aveva perso
una
delle persone più importanti della sua vita solo per il suo
egocentrismo, come
avrebbe potuto continuare a vivere?
Il grigio
continuava a sovrastarlo, l'opprimeva, gli toglieva il respiro: sarebbe
morto
lì, in quel luogo dimenticato da tutti. Sarebbe morto
circondato da quel colore
così ambiguo, né nero né bianco,
semplicemente un banale grigio. Era quello il
colore della morte?
Nel silenzio
della brughiera, uno strano suono invase l'aria.
Si
trattava di un uccello che volava sopra di
lui in modo circolare, probabilmente attendendo i compagni.
L'animale in
volo gli confermava che la sua ora era vicina, non vedeva l'ora di
dilaniargli
le carni.
Come se il
suo pensiero lo avesse attirato, la bestia planò verso di
lui, sbattendo le
lunghe ali con grazia.
Ti prego fa in
fretta,
pensò. Chiuse gli
occhi, attendendo la propria fine in
silenzio.
Un acuto
pigolio gli fece spalancare le palpebre. Un meraviglioso volatile dalle
piume
scarlatte lo fissava intensamente, inclinando il muso da un lato.
I suoi occhi
erano piccoli e lucidi, neri come due caramelle alla liquirizia. Il
becco era
grosso e adunco, dai riflessi dorati, come alcune lunghe piume che
componevano
la coda e parte delle ali.
Albus
alzò
una mano e, istintivamente, lo accarezzò sul muso, facendo
scorrere l'indice
sull'ossatura del becco.
«Il
mio
ultimo conforto», mormorò. «Persino la
morte è ancora gentile con me».
La bestiola
chiuse gli occhi godendosi il suo tocco affettuoso poi,
inaspettatamente, piegò
il capo verso la sua gamba martoriata e... pianse.
Le lacrime
dell'uccello
caddero sulla sue ferita, un bruciore ardente gli pervase la gamba e
Albus
gemette. In un attimo tutto finì e il volatile
tornò a fissarlo come prima, uno
sguardo pieno di compassione e pena.
Era facile
per una creatura innocente provare compassione per un uomo dannato
quale era:
stupido, egoista, assassino.
Sospirò,
notando che il suo respiro era notevolmente migliorato. La ferita non
gli
doleva più, dandole un'occhiata il mago s'accorse che si era
completamente
rimarginata.
Come se quello
sguardo gli avesse schiarito i pensieri nella mente annebbiata dal
dolore,
Albus si rese conto che l'animale davanti a lui non era un semplice
uccello, le
sue lacrime dai poteri curativi erano una caratteristica facilmente
distinguibile: si trattava di una fenice, uno splendido esemplare di
fenice.
Le piume
rosse e dorate erano lucide e brillanti, il colore dell'animale
spiccava in
mezzo alla brughiera ingrigita dal cielo plumbeo.
Rimase a
contemplarlo a lungo, il volatile non se ne andò e non si
mostrò infastidito,
ma rispose al suo sguardo con fierezza e curiosità.
Diversi
minuti dopo Albus alzò in piedi, barcollando un poco.
La gamba
sopportava perfettamente il peso del suo corpo, riusciva a camminare
senza
problemi.
Sorrise alla
bestiola che continuava a fissarlo in silenzio.
«Grazie», gli sussurrò.
Gli
voltò le
spalle, iniziando ad allontanarsi. Udendo un verso acuto si
fermò di scatto,
girandosi verso l'uccello. La fenice emise un pigolio sommesso,
continuando a
guardarlo. Si avvicinò di qualche passo, facendo schioccare
il becco.
Albus lo
guardò sorpreso. «Ti ho già
ringraziato, mio piccolo amico. Che posso fare per
te?».
L'animale
giunse di fronte a lui e, lentamente, iniziò a strofinare il
muso contro le sue
gambe. L'uomo ridacchiò, «Come può una
bestiola pura e innocente come te voler
stare con una persona come me?».
In risposta
la fenice si alzò in volo, girò due volte intorno
alla sua testa e si posò
sulla sua spalla destra, continuando a fissarlo con fierezza.
«Così
sei
deciso, eh?», domandò Albus.
L'uccello
stridette compiaciuto.
«Quanto
è
strano; sulla strada per la morte s'incontra una nuova amicizia e
morire non è
più necessario. Credo di doverti diversi ringraziamenti,
amico mio».
La fenice
poggiò il muso contrò la sua guancia e
tubò come una colomba.
«Anche
se ti
ho appena conosciuto, so già di volerti bene».
Accarezzò
di
nuovo il becco, facendo passare le dita sotto il suo collo, mentre la
bestiola
chiudeva gli occhi con soddisfazione.
Era stato
così vicino alla morte, così vicino a sfiorare il
grigio, ad attraversarlo con
la propria anima dannata... eppure il rosso era giunto in suo aiuto, il
rosso
delle piume della fenice, il rosso scintillio riflesso nei suoi
profondi occhi
scuri.
Gli sorrise
debolmente, per poi sussurrare: «Staremo insieme per sempre,
io e te».
Questa storia
ha partecipato al contest Amici
animali - in memoria del pesciolino Francis di Charlotte McGonagall, classificandosi
prima.
Spero davvero
vi sia piaciuta, mi sono impegnata moltissimo v.v
Fatemi sapere
^^
Jo
1^
classificata: MaryLouise
Grammatica: 9.5/10
Allora,
nel mezzo di una storia quasi perfetta, ho riscontrato 3 virgole
mancanti e una frase di dubbia comprensione.
La
riporto qui:
"...alzò
il busto, facendo leva sulle labbra".
Ecco,
suppongo tu volessi dire "braccia", vero?
Stile:
9.8/10
Ecco,
come sai io adoro il tuo stile, ma devo sottolineare un dettaglio
stilistico:
Tu
hai usato più di una volta l'espressione "sopportare il
peso", che, pur non essendo errata, ritengo andrebbe sostituita con
"supportare".
Originalità:
9/10
Anche
se Albus e Fawkes non sono insoliti come scelta, devo ammettere che li
hai trattati in modo insolito. Non avevo mai letto questo tipo di
vicenda per il loro incontro.
Tuttavia,
la descrizione dei sensi di colpa di Albus è molto comune e
ti ha impedito di raggiungere il punteggio pieno.
Utilizzo
prompt: 5/5
Il
prompt è stato utilizzato in modo magistrale, credo il
miglior utilizzo di tutto il contest! Complimenti; l'hai utilizzato in
modo inaspettato e innovativo e l'hai inserito armoniosamente nella ff.
Caratterizzazione
e IC: 10/10
Su
questo non ho nulla da dire. Il giovane Albus era il ragazzo tormentato
e dilaniato dai sensi di colpa che conosciamo e Fawkes è
molto dolce e "premuroso", sia quando guarisce Albus che quando lo
segue e gli si posa sulla spalla.
È
bello il modo in cui la fenice finisce per salvarlo non solo
fisocamente ma anche interiormente.
Gradimento
personale: 10/10
Ok,
come sempre credo di essere stata obiettiva, ma tu sei troppo brava!
È inutile!
Fra
l'altro, quando ho indetto questo contest una delle mie segrete
speranze era di leggere di questi pg, quindi ho apprezzato tantissimo
questa storia.
È
ben scritta, perfettamente IC e gradevole da leggere: cosa chiedere di
piu?
Totale:
53.3/55
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