One
more night
Notte fonda.
Mi aggiro per la
città, reduce da
una tediosa cena di lavoro, in cerca di svago. Ho lavorato un bel po'
per
accattivarmi le simpatie di quell'azionario e, visto l'eccellente
risultato
ottenuto, penso proprio di meritarmi un po' di sano divertimento.
Sono leggermente alticcio, merito
del vino italiano che ho ordinato per compiacere il mio ospite, ma
sento di non
aver ancora perso lucidità, sono pienamente in grado di
guidare. Infatti mi
trovo a bordo della mia costosa auto sportiva e corro agilmente e senza
difficoltà, vagando senza una meta precisa e incurante dei
limiti di velocità -
sono piuttosto ricco e posso permettermi di prendere multe, non
è affatto un
problema e di certo non sarebbe la prima volta.
Le vie del centro sono ampie e
illuminate da numerosi lampioni, c'è gente in giro ma non
è poi molta. I
pianterreni dei palazzi, disseminati d’insegne di care boutiques dai nomi altisonanti, chiuse da
spesse saracinesche,
appaiono bui.
Svolto un paio di angoli,
sbuffando, finché non mi salta all'occhio l'insegna di un
lussuoso locale. Lo
conosco bene ma, a causa dei miei impegni, è da un pezzo che
non lo frequento.
Così mi viene in mente l'idea di fermarmi a bere un
bicchiere e ascoltare un
po’ di musica.
Accosto al marciapiede, gremito di
persone che sostano fuori dall'entrata, lascio in moto la macchina e
l'affido
al parcheggiatore di turno.
Mi faccio largo fra le decine di
uomini davanti alle porte del club e mi avvicino al buttafuori. Alto e
robusto,
mi rivolge un'espressione poco raccomandabile.
“Se non sei sulla lista qui non
entri, amico” dice con voce possente.
“Eppure dovresti ricordarti di me,
Craig. Ti ho sempre lasciato belle mance” rispondo, per nulla
intimorito,
sventolandogli una banconota di grosso taglio sotto al naso. Alla vista
dei
soldi l'uomo cambia espressione e annuisce con la testa, agguantando i
verdoni.
“Chiedo scusa. Bentornato, signor
Chaolan”
“Così va meglio”
Dopo questo breve scambio di
battute, si sposta di un metro abbondante e mi lascia passare
nonostante le
grida di rabbia degli altri. Essere ricchi ha i suoi vantaggi e questo
è un
locale per clienti d' élite. Tutto qui
è migliore, raffinato, ricercato, perché dovrebbe
essere diverso con i clienti?
E’ gestito da un tale che siede
perennemente a uno dei tavoli della galleria di fronte al palco
principale.
Sedere a uno di quei tavoli vuol dire godersi la vista migliore, spesso
e
volentieri ne avevo prenotato uno anch'io in passato. Vado al bancone e
pago un
importo salato per aggiudicarmi l'unico posto che si è
liberato. Ne approfitto
anche per ordinarmi un drink, così prendo posto e aspetto
che lo spettacolo cominci.
Dopo
pochi minuti il sipario si alza e nella penombra si intravede una
sedia. Si
accende un faro e un caldo pezzo swing invade la sala. Sono arrivato
appena in
tempo per godermi la sua esibizione.
“Ecco il
suo drink, signore”
Una
sensuale cameriera bionda si avvicina al mio tavolo e vi appoggia sopra
un bicchiere
di whisky con ghiaccio, attirando la mia attenzione per un attimo.
“Grazie
Nina” le rispondo cordiale.
Lei,
riconoscendomi, scuote leggermente il capo in un cenno di saluto, poi
se ne va.
Fisso un istante la sua figura mentre si allontana, è
indubbiamente attraente
ma decisamente troppo fredda e scostante per me.
Mi volto
verso il palco e noto che lo spettacolo è già
iniziato. Il faro illumina la
sedia e la donna che vi è seduta sopra, una splendida
visione.
‘E dopo
il ghiaccio, il fuoco’ penso, ammirandola.
Avvicina
il microfono alle labbra scarlatte con fare provocatorio e attacca.
“I’ve got you under my
skin. I’ve
got you deep in the heart of me. So deep in my heart, you’re
nearly
a part of me”
Canta con
una voce calda e sensuale, non riuscendo a nascondere del tutto
l’accento
irlandese, accarezzandosi le gambe con finta aria di innocenza. Il
vestito che
indossa stasera è rosso, di stile orientale, e lascia
intravedere un’ampia
porzione delle sue gambe e un generoso accenno al suo
decolleté. Decisamente il
mio preferito.
Eccola
mentre si alza in piedi, elevandosi sui suoi tacchi vertiginosi
– Dio solo sa
come fa a camminarci senza perdere l’equilibrio – ,
facendosi più avanti verso
il pubblico sotto il palco e camminando lentamente, trascinando una
gamba
davanti all’altra, mostrando le cosce con estenuante, morbida
sensualità. Sa
che tutti la stanno guardando, che la desiderano follemente. E se ne
compiace.
“I would
sacrifice anything come what might for the sake of holding you near, in
spite
of a warning voice that comes in the night, It repeats and shouts in my
hear”
Sfiora i
fianchi con la punta delle unghie smaltate di rosso, salendo sempre
più su. Poi
si volta verso la galleria, scruta i volti con una rapida occhiata e,
appena
trova il mio, prosegue con la strofa successiva.
“Don’t
you know, blue eyes? You never can win. Use your mentality, wake up to
reality”
Mi guarda
negli occhi, mi sfida con quel sorriso malizioso sulle labbra. Mi sfida
e mi
provoca, dicendomi che no, non posso vincere. Contro di lei,
è sottinteso.
Sorrido e
sorseggio il mio drink mentre continuo a guardarla, incapace di volgere
lo
sguardo altrove, e ad ascoltarla far sua quella canzone e
l’attenzione degli
spettatori, accendendo in loro una passione viva come il fuoco.
“And I love you when
you’re under my skin”
canta qualche minuto dopo, ringraziando il pubblico con un profondo
inchino che
manda i presenti in visibilio alla vista della scollatura. Si
allontana, cala
il sipario, uno scroscio di applausi accompagna la fine della canzone.
Lo
spettacolo successivo non si fa attendere e un quartetto di procaci
ballerine sale
sul palco, alla fine dell’applauso di rito saranno pronte a
mostrare le proprie
grazie in uno striptease. Abbandono
il bicchiere vuoto sulla tovaglia, prendo il cappotto e mi allontano.
Lo
spettacolo per me è finito ma non la sua magia. Scendo dalla
scala, scivolo fra
i tavoli della platea e sguscio dietro un piccolo e lungo corridoio,
raggiungendo i camerini. Li scorro uno ad uno e mi fermo solo davanti
alla
porta che reca il cartello Anna Williams.
Mi schiarisco la voce e busso.
“Chi è?”
domanda dall’interno.
“Prova un
po’ a indovinare?” le chiedo, aprendo la porta e
guardando dentro.
E’ seduta
alla specchiera, l’abito orientale le avvolge ancora le
curve. Non si volta
neppure, mi osserva dallo specchio, lasciandosi scappare un sorriso.
Entro e
chiudo la porta.
“Qual
buon vento, Lee? E’ un po’ che non ti si vede da
queste parti” fa, civettuola.
“Sono
stato impegnato” rispondo vago, avvicinandomi alle sue spalle.
“Ti è
piaciuta la mia esibizione di stasera?”
“Eccellente,
direi”
A quella
risposta scoppia a ridere, come se si aspettasse di sentirmelo dire.
“Strano
però, credevo che potesse essere definita eccellente solo
quella di New York New York”
“Anche”
le appoggio entrambe le mani sui fianchi. “Ma sai bene che la
parola è riferita
a te, non soltanto alle tue esibizioni”
Volta la
testa verso di me ed è un attimo. Lambisco quelle labbra
scarlatte con le mie,
l’attiro nella morsa delle mie braccia, lei non mi respinge.
Il suo profumo,
così misterioso e invitante, mi investe e mi fa
letteralmente impazzire. La
spingo sul divanetto di vellutino bluette nell’angolo, sono
subito su di lei.
Affonda le dita nei miei capelli mentre le bacio il collo e le spalle
nude,
bramoso di averla tutta per me, ancora una volta. Le sfilo
l’abito di dosso,
lasciando frusciare il raso sul pavimento, scoprendo l’intimo
di pizzo nero e
bianco.
Ma lei è
una predatrice, non si lascia ammaliare con troppa facilità,
anche a lei piace
condurre il gioco e io, a volte, glielo lascio fare, per niente
dispiaciuto. Mi
costringe a stendermi sul divano e mi intrappola i fianchi fra le sue
cosce,
come in una lotta, ma poi si china su di me e mi bacia, togliendomi
prima la
giacca e poi la cravatta, infine mi sbottona la camicia con mani
esperte.
Scorre le unghie sui muscoli del torace, delle braccia e
dell’addome
saggiandone il volume. Sorride e si sdraia di fianco a me ma, noto,
solo per
togliermi i pantaloni. Non è una che perde tempo, va dritta
al bersaglio.
L’afferro per i polsi e mi riposiziono prepotentemente sopra
di lei, anch’io la
desidero e non voglio più attendere.
Poco dopo
tutti gli indumenti sono finiti in terra, Anna comincia ad ansimare,
stringendosi sempre di più a me, facendomi capire in ogni
modo possibile che
gradisce quel contatto. Il suo corpo mi accoglie, mi si avvinghia
addosso come
se non desiderasse altro che essere un tutt’uno con me, la
pelle candida e
vellutata è rovente, ho quasi la sensazione che la
passionalità di questa donna
possa bruciarmi davvero.
Geme più
forte, un piacere d’incredibile intensità ci
invade, mentre mi spingo più in
profondità dentro di lei e, contemporaneamente, stuzzico il
suo seno con la
bocca, quasi schiacciandola sotto il peso del mio corpo da lottatore.
Alla fine
ci rivestiamo, stanchi e accaldati. E’ solo ora che la magia
ha un epilogo. Le
sollevo la chiusura del vestito, lei riannoda la cravatta intorno al
mio collo.
Ironicamente, finge di strozzarmi premendo forte sulla gola, poi si
china a
baciare il tessuto, lasciando una macchia di quel poco di rossetto che
le è
rimasto sulle labbra. Ignoro la cosa, non mi sono mai soffermato a
decifrare i
suoi bizzarri comportamenti da primadonna, sono semplicemente giunto
alla
conclusione che non la capirò mai. La
guardo un momento, le accarezzo i capelli di seta, poi le sfioro il
mento con
le dita. Non mi abituerò mai alla sua conturbante bellezza.
“Buonanotte”
le sussurro.
Ci
scambiamo un sorriso complice, poi usciamo dal locale e ognuno percorre
la
propria strada. La osservo attraversare il marciapiede nel senso
opposto al mio,
poi, appena svolta l’angolo, mi allontano a mia volta.
Volevo
solo un’ultima notte insieme prima della mia partenza per il
Giappone – dove
parteciperò allo storico torneo di arti marziali
–, un addio, perché non so se,
al mio ritorno, ci rincontreremo. Incredibile, persino il suo corpo
sembrava
volermi dire addio, come se ne fosse a conoscenza.
“I’ve got you under my
skin…” mi ritrovo
a canticchiare mentre mi avvicino al parcheggiatore. “You never can win…”
Solo ora,
sulla strada per tornamene a casa, capisco il senso di quel pezzo, cosa
aveva
voluto dire. Ha ragione, non potrò mai vincere contro di
lei, l’ho fatta mia
molte volte ma non lo sarà mai davvero. E’ uno
spirito libero, non la mia anima
gemella, non siamo fatti l’uno per l’altra. Posso
avere tutte le donne che
voglio ai miei piedi ma non posso avere lei. Non che l’avessi
mai sperato, non
che l’avessi mai voluta come compagna. Tuttavia, devo
ammetterlo, solo con lei partono scintille. Le altre donne si lasciano
adulare e poi sono mie e, quando mi stanco, le butto via senza rimorsi.
Anna è diversa, mi tiene testa, lotta con me, non mi lascia
vincere tanto facilmente. Mi dimostra che ama sedurre ed essere
sedotta, ma rimarca che non è di nessuno, appartiene solo a
se stessa. Con lei, alla fine, c'è gusto, anche se finisco
per perdere, sfinito dalle sue voglie, come stanotte.
Sì, ha decisamente vinto.
“Wake up to reality”
L’angolo
di Amy
Ciao
gente,
primissima storia su questo
pairing e seconda nel fandom, cosa ne pensate? Volevo scrivere una
storia breve
ma che, comunque, superasse i limiti di flashfics e drabble. Non so se
ne sia
uscito qualcosa di decente, spero di sì ^^ Questa coppia mi
piace molto, anche
se non staranno mai insieme perché sembra che nella trama i
sentimenti siano
banditi (T^T), io li trovo perfetti. Ditemi se devo modificare il
rating e
inserire l’OOC.
La canzone utilizzata, per chi
non la conoscesse, è “I’ve got you under
my skin” di Frank Sinatra e Bono, il
testo mi sembrava in qualche modo attinente alla situazione e
così mi sono
lasciata ispirare. Non uccidetemi.
Un ringraziamento speciale va alla
mia Lory che l’ha letta in anteprima ^^ (o almeno un
pezzettino XD).
Grazie in anticipo a chi leggerà
e/o recensirà,
Amy
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