I
could never leave your side – no matter what I say.
You
are the only thing in this world I would die without.*
Le
mani tra i
capelli, le labbra sulle labbra, i denti, le lingue che si rincorrono
e accarezzano, credi che Harry sia arrabbiato ma hai torto: non
è
arrabbiato, è semplicemente stanco. Stanco di fingere che
sia tutto
a posto, stanco di fingere che tu sia solo il suo migliore amico,
stanco di sentire in continuazione le domande su Eleanor, stanco di
tutto. Anche tu sei stanco, non è vero?
Per
questo lo lasci fare, in quel piccolo motel a metà strada
tra le
vostre città natali, lasci che tiri i tuoi capelli fino a
far male,
lasci che morda le tue labbra a sangue, lasci che le sue lacrime di
frustrazione
- perché di questo si tratta, sì - scivolino
sulla tua pelle senza
dire una parola, mentre ti spoglia, ti strappa di dosso la maglietta
che indossi e sposta la bocca sul tuo collo, sul petto, stringendo i
denti su ogni lembo di pelle che incontra, imprimendo con forza la
loro forma, tentando di marchiarti come suo,
in qualche modo. Sei schiacciato contro la parete dal suo corpo, lo
senti fremere mentre abbassa la zip della sua giacca scura e poi se
la sfila, lasciandola cadere a terra senza dire una parola
né
spostarsi, le mani che tornano immediatamente sul tuo petto, sui tuoi
fianchi, sui pantaloni della tuta che indossi.
Non
dici nulla
quando li tira verso il basso, spogliandoti ancora, lasciandoti solo
con l'intimo addosso; in un altro momento, in un'altra vita, avresti
riso della sua irruenza, ci avresti scherzato sopra come facevi prima
che l'incubo avesse inizio, come quando potevate fare quello che
volevate senza avere sul collo il respiro pesante dei vostri capi e
delle fan. Ma no, non adesso che siete così vicini al
baratro da
sentire l'aria gelida che proviene dal fondo del burrone; non ora,
non in quella camera in affitto, non con Harry in quelle condizioni.
Quando
piangeva hai sempre cercato di asciugare le sue lacrime, tentato di
far sorridere quelle labbra che piegate dalla tristezza sono
sprecate, ma questa volta sai di non potercela fare: sei nelle sue
stesse condizioni, ti senti sulle spalle il peso di quelle
responsabilità che hai sempre cercato di ignorare ma che
adesso ti
gravano addosso perfino accentuate. È una situazione
orribile, non
la sopporti più neanche tu; per Harry è ancora
più complicato,
però, perché nonostante tutto è ancora
un ragazzino, un ragazzino
che si è trovato a fare i conti con un mondo che credeva
splendido e
invece ha scoperto pieno di ipocrisia e falsità; il suo
sogno si è
lentamente trasformato in un incubo dalle tonalità pastello,
una
culla piena di spine, un paradiso che in realtà lo spinge a
peccare.
Deve mentire, deve nascondere tutto ciò che prova dietro un
sorriso,
può vivere il suo primo grande amore solo di nascosto, in un
luogo
che non può nemmeno definire suo.
–
Louis,
– ti chiama con un singhiozzo, lasciandosi andare contro il
tuo
petto, le dita che si infilano oltre il tessuto dei tuoi boxer dai
colori improbabili e le lacrime che non smettono di scivolare sul suo
viso. – Non ce la faccio più, – soffia
ancora, le labbra contro
il tuo collo, i denti che sfiorano la pelle senza poterla toccare
davvero - non deve lasciare segni visibili, quando tutto ciò
che
vorrebbe è gridare al mondo che tu sei suo, tanto quanto lui
è tuo.
Non
dici nulla, lasciando scivolare le mani sul cotone della sua camicia,
sbottonandola lentamente e con qualche difficoltà, e non
appena
senti il calore familiare della sua pelle ti lasci scappare un
sospiro sconfitto: non riuscirai mai a farlo stare meglio, ormai
è
una certezza, per quanto ci proverai quei momenti che potete
ritagliarvi non saranno mai abbastanza - non
lo sono mai
stati.
Gli
slacci la
cintura e i jeans, lasci che scivolino sulle sue gambe, e senza
pronunciare una parola lo spingi verso il letto appoggiato alla
parete opposta della camera; è l'unica cosa che puoi fare,
l'unico
modo in cui puoi stargli vicino per davvero. È squallido,
non è
giusto che possiate amarvi solo in quel modo, ma è l'unica
possibilità che avete per farlo.
Le
dita si immergono
nei suoi ricci, lo costringi dolcemente a sollevare il viso fino a
guardarlo negli occhi rossi di pianto, specchiandoti nelle sue iridi
chiare e sentendo una spiacevole morsa all'altezza del cuore; appoggi
le labbra martoriate sulle sue, cercando di infondergli un po' della
sicurezza che non possiedi nemmeno, cercando di fargli capire che
è
quello il motivo per cui state facendo tutto questo, per cui vi
trovate in quel motel, e Harry accoglie quell'ennesimo tentativo con
una disperazione che ti spinge pericolosamente vicino alle lacrime.
Ma no, non puoi piangere, devi mostrarti più forte di quello
che
sei; per lui, per dargli un motivo valido per cui continuare a vivere
in quel modo. Tu, il tuo, l'hai trovato la prima volta che l'hai
visto, quando ancora non potevi immaginare quella disastrosa
evoluzione degli eventi.
Vi
liberate degli
ultimi vestiti che avete addosso, prima che Harry si sieda sul
materasso e ti cinga le vita in un abbraccio; gli accarezzi i capelli
con tenerezza, ancora una volta, prima di spingerlo a sdraiarsi. Ti
stendi su di lui, tentando di non pesargli troppo addosso, e torni a
baciarlo come se non ci fosse un domani - e non è una
possibilità
così remota, visto cosa vi siete ridotti a fare per un po'
di amore.
Ti
muovi fino a far
scontrare i vostri bacini, con una lentezza molto diversa dalla foga
che Harry ha mostrato pochi minuti fa, prima di crollare miseramente,
e allontani la bocca dalla sua per udire il suo primo, timido gemito;
ti rendi conto, ancora una volta, di quanto sia diventato
indispensabile, per te, sentirlo anche in quel modo: non bastano le
canzoni che incidete, non bastano le risate, non basta la voce
impastata di sonno di quando vi svegliate insieme agli altri sul
tourbus, no, hai bisogno anche dei suoi gemiti, dei suoi sospiri, dei
suoi sussurri eccitati, non puoi più farne a meno.
Le
sue dita sulla
schiena, le unghie che graffiano la pelle, ti senti morire all'idea
di perderlo; Harry è parte di te, ormai, come non avresti
mai potuto
credere possibile. Baci il suo mento, la gola, scendi sullo sterno,
sul ventre, sotto l'ombelico: hai bisogno di sentirlo, di sapere che,
almeno in quel momento, è lì con te e non se ne
andrà; accarezzi
il suo pube con le labbra, prima di sfiorare la sua eccitazione. Lo
senti trattenere il fiato quando lo accogli nella tua bocca, cercando
di dargli quanto più piacere puoi, gli occhi che ormai
pizzicano
dalla voglia di piangere e il collo rosso per lo sforzo.
Non
pensi a ciò che
stai facendo, i tuoi movimenti sono quasi meccanici, le pupille fisse
sul viso umido di lacrime di Harry; hai le ginocchia sul pavimento,
stretto tra le sue gambe aperte, ma non ti senti in imbarazzo neppure
per un secondo. Continui a muoverti, sempre più in fretta,
con più
foga, i suoi sospiri aumentano, finché dopo qualche minuto
il sapore
del suo piacere non ti invade la gola e il suo ultimo, prolungato
gemito non ti riempe le orecchie.
Il
suo respiro è
veloce ed irregolare, quando ti sollevi e torni a stenderti su di
lui; lo baci sul collo con dolcezza, aspettando che riprenda fiato, e
intanto lo osservi: anche con le guance umide di lacrime, gli occhi
gonfi, le labbra screpolate e i capelli stravolti, è sempre
la cosa
più bella che tu abbia mai visto; nonostante l'espressione
affranta
e la pena nelle sue iridi, non puoi proprio fare a meno di
considerarlo meraviglioso. È il tuo piccolo angelo in
quell'inferno
che sono diventate le vostre vite da quando avete cominciato la
scalata verso il successo, e si offre al tuo sguardo, nonostante sia
palese che non voglia farlo, perché sa bene che la tua paura
è che
ogni volta sia l'ultima, l'ultima possibilità che hai di
guardarlo
in quelle condizioni.
–
Ti
amo, – glielo dici contro una guancia, in un sussurro quasi
impaurito; sa che lo ami, sai che ti ama, ma dirselo è
diverso, è
la sensazione del salto nel vuoto che ti alleggerisce spaventosamente
lo stomaco e ti fa battere più forte il cuore. Nel tuo tono
non c'è
nulla della spensieratezza che la gente pensa ti caratterizzi, no, ci
sono solo tanto dolore e stanchezza; e sono le stesse cose che senti
nel suo, quando ti risponde che anche lui ti ama, che ti ama troppo e
che non è giusto non poterlo dire a tutto il mondo, doversi
nascondere, la voce che assomiglia a quella di un bambino che fa i
capricci. Ma Harry non è più un bambino, ha
capito come vanno le
cose, è cresciuto grazie e insieme a te.
Ti
muovi appena sul
suo corpo, e capisce subito cosa vuoi fare: alza appena le gambe,
cingendoti i fianchi, e con lo sguardo ti ordina di fare tutto
ciò
che vuoi, che non gli importa del dolore fisico perché
è quello che
sente nel cuore che lo sta uccidendo lentamente. Fa male ad entrambi,
ma non ti interessa più nulla, e lo accontenti facendoti
largo,
piano e con fatica, nel suo corpo.
La
prima volta che
avete fatto l'amore la ricordi bene, è stato un momento
pieno di
imbarazzo e ignoranza: non sapevate come mettervi, non l'avevate
programmato e non vi eravate informati, e alla fine avevate riso
tutto il tempo, con le guance rosse ma la certezza, da qualche parte
all'altezza dello sterno, che quello non sarebbe stato l'ultimo
tentativo. Ora sapete cosa fare, come muovervi, conoscete a memoria
l'uno il corpo dell'altro, ma quella sicurezza che vi aveva fatti
sorridere non esiste più, seppellita da montagne di
incertezza e
bugie.
Stringi
i denti,
assestando le prime spinte profonde e irregolari, le ginocchia di
Harry contro i tuoi fianchi e le sue mani sulla schiena, occhi negli
occhi, lacrime che si mischiano alle lacrime.
Ci
avete provato a
far finta che tutto andasse bene, davvero, che non ci fosse nulla di
così strano a voler tenere privata la vostra relazione, ma
giorno
dopo giorno vi siete resi conto che nulla di tutto quello era
normale, e allora sono arrivate le prime lacrime, i primi litigi, il
dolore, e la certezza che non potrete mai mostrarvi al mondo per come
siete veramente. Mai.
E
continui a spingerti dentro il suo corpo, chiamando il suo nome tra i
singhiozzi che scuotono il petto di entrambi, fino a raggiungere
l'agognato orgasmo che non è mai stato, prima,
così triste ed
insoddisfacente. Crolli su di lui senza nemmeno rendertene conto, la
maschera da ragazzo forte miseramente sbriciolata dalle lacrime che
rigano senza sosta il tuo viso, e ti lasci stringere nel suo
abbraccio caldo e affettuoso: è tardi per tornare indietro,
lo
sapete entrambi, siete diventati indispensabili l'uno per l'altro e
l'idea di separarvi è semplicemente improponibile. Morireste
dentro,
nell'anima, se succedesse, e ne siete dolorosamente consapevoli;
forse non è giusto nemmeno dipendere così tanto
l'uno dall'altro,
ma è la vostra realtà e, soprattutto,
è la verità.
Dopo tante bugie, almeno quella certezza è intoccabile.
*
Il titolo e la citazione in corsivo sono tratti da “Better
than I
know myself” di Adam Lambert –
bellissima. Questa volta lo dico
perché, oibò, l'ho ascoltata un centinaio di
volte (e non esagero:
a metà storia l'avevo sentita già 69 volte - e il
numero è tutto
un programma, LOL) e devo fare un po' di pubblicità
perché.. me ne
sono innamorata perdutamente. ♥
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