[A Neme-chwan.
E a Giorgio~.]
Capitolo I
[Quando
la vidi, ricordo che mi invase
lo stupore,
e non la voglia.]
Il vento
proveniente dall'entroterra, in quella cocente giornata estiva,
appiccicava con fervore la maglia alla pelle.
Intendiamoci, Giorgio
aveva in mente di trascorrere la maggior parte del tempo sull'altipiano
- che circondava la sua città come le braccia di una madre
attorno ai fianchi del bimbo -, osservando le nuvole e le loro forme,
suonando la chitarra senza preoccuparsi del tempo che volava via
assieme alle note: aveva intenzione di masticare i tiepidi pomeriggi
come i ruminanti masticano l'erba, macerandola per tempi imprecisi e
tremendamente lunghi.
Lui, insomma, ne aveva
tutta la buona volontà.
Ma una chiamata,
nebulosa come la provenienza di quella voce familiare, stravolse tutti
i suoi piacevoli piani.
«Ehi,
Giorgio! Razza di sfaticato, vieni a darci una mano al
locale!»
... Addio, dolci
meriggi imbevuti nella noia, e benvenute, sere rumorose dei suoi
diciassette anni, consumate tra i tavoli di un ristorante italiano nel
cuore di Londra.
Pioveva.
Come - quasi - sempre,
a Londra.
Ah, come rimpiangeva
il suo amato altipiano, mentre correva come uno scattista in
allenamento gli ultimi cinquanta metri che lo separavano dal ristorante.
Alzò lo
sguardo sull'insegna, e sospirò un «Belin!»
di routine.
Da quanti anni quelle
lettere recitavano "Le Due Italie"? Perché i suoi due
fratelli si ostinavano a non volerlo cambiare, per dargli
ciò che gli era di diritto?
... Cosa costava
chiamarlo "Le Tre Italie", per la miseria!
Sbuffò, un
po' risentito, e aprì la porta laterale, quella che portava
direttamente nella cucina del locale.
«To', guarda
chi c'è!»
Ah, Lovino, lui e la
sua adorabile simpatia - e il calore
con cui lo accoglieva ogni volta che tornava da Seborga a Londra,
sì. Meno male che c'era Feliciano, che nel giro di qualche
secondo gli sarebbe saltato addosso per la gioia.
«Giorgio~!»
Proprio lui, quel ciclone castano che lo stava abbracciando. O
soffocando, per essere più precisi. «Bentornato,
fratellino!»
Ah, e non
dimenticavano mai di rimarcare la sua età! Che si
comportassero in questo modo volontariamente o meno, non è
che gli procurasse una gran gioia sentirsi dire sempre d'essere
più piccolo di loro.
«Grazie,
Feli, Lovi!» E tuttavia la pioggia era stata lavata via
dall'entusiasmo - velato o no - dei due ragazzi che lo aspettavano
nella cucina del ristorante. Ecco perché erano sicuri che
Giorgio tornasse sempre a lavorare da loro, invece di rimanere a Genova
con il vecchio zio: era una sorta di richiamo nel petto, quello che lo
spingeva a comperare un altro biglietto per tornare a Londra.
«Contento di
essere tornato, ve'~?»
Non ebbe tempo a
sufficienza per rispondere che Lovino gli aveva tirato in testa un
asciugamano per i capelli - anche se, a essere sinceri, era un
asciugamano da cucina, probabilmente sporco d'olio d'oliva rigorosamente italiano.
«Cambiati e
va' a dormire. Riprendi domani ai tavoli.»
... Oh, fantastico,
era appena arrivato e già loro erano partiti in quarta a
dare quei consigliordini
- come li aveva battezzati Giorgio stesso -, belin!
Non era solo questione
di fratelli, in realtà.
C'era un altro motivo
per cui Giorgio tornava sempre a "Le Due Italie".
La prima volta glielo
aveva domandato Feliciano, per quello che ne ricordava, ma di certo non
avrebbe potuto dimenticare la propria risposta.
Tornava a Londra
perché c'era un
punto interrogativo.
Un punto
interrogativo, sì, uno di quei simboli spagnoli che si
utilizzano all'inizio delle domande, per agevolare l'intonazione del
lettore.
E, giustamente, quella
volta l'amico spagnolo di Feliciano e Lovino, che si stava gustando un
cono gelato, aveva risposto proprio con un «¿Qué?»
perplesso.
Giorgio ricordava
anche di non aver risposto, accantonando la scusa di un cliente appena
entrato, così come era chiara e lucida nella sua mente la
spiegazione delle proprie parole.
D'altronde, osservata
dal bancone dove si trovavano il registratore di cassa e il piano da
cucina per le pizze, il profilo di quella bella donna al tavolino
disegnava proprio la curva morbida del punto interrogativo, e il basco
blu, appoggiato sulla borsa accanto a lei, quando veniva sistemato sui
lunghi capelli s'intonava perfettamente con il punto fermo del simbolo
rovesciato.
Non che la donna in
questione, Kristina Oxenstierna - così si firmava quando
pagava con la carta di credito - si fosse mai preoccupata di degnarlo
di più di qualche sguardo di cortesia, in realtà.
I suoi occhi di ghiaccio si limitavano a fissare la porta della cucina
o il banco dei gelati, in attesa della cena, mentre con lunghe occhiate
Giorgio esaminava il suo modo di tagliare l'entrecôte, di
portare alla bocca il boccale di birra, e si gustava il suo profilo
silenzioso, isolato, che rumoreggiava nella sua testa più
del chiacchiericcio confuso degli altri clienti: che questi fossero
abituali o semplici passanti, le loro parole formavano una folla
confusa di persone, da cui la donna veniva ora inghiottita ora
imbellita, in un buffo trucco di suoni e luce.
Giorgio si ripromise
che avrebbe scoperto più
del nome di quel bel punto interrogativo.
«Lovi,
abbiamo un problema.»
«Feli, ti
ricordo che Swigert disse "Abbiamo avuto
un problema", e che non siamo su un'astronave, ma nel nostro
ristorante! [1]»
«Lo so,
fratellone, ma il problema rimane.»
«E che
problema. Uno stupido ammodernamento del locale!»
Feliciano si
stiracchiò, e l'atmosfera seria che s'era formata si
dissolse per un solo secondo, prima di annebbiare, assieme ai vapori
delle pentole, l'intera cucina.
«Lovi, prima
di entrare in perdita, sarebbe il caso di sistemare la sala per i
clienti. Insomma, non voglio finire a mangiare pasta di grano tenero
perché qui costa meno, ve'!»
... Ecco qual era la
sua preoccupazione primaria - o almeno, quella che affermava senza
troppi scrupoli.
«Non
è detto che dopo aver riarredato il locale i clienti
aumentino.»
«Ma
è molto più probabile che non vengano ora come
ora, no~?»
Feliciano non era
stupido. Come poterlo chiamare stupido, dal momento che rispondeva a
tono a un personaggio difficile da convincere come Lovino?
O, perlomeno, era
sveglio quando si trattava di parlare - visto e considerato che,
durante la loro discussione, non s'erano preoccupati né di
parlare a bassa voce né di chiudere le porte che conducevano
alle cucine.
E Giorgio - l'unico,
probabilmente, che sarebbe stato in grado di capire le loro parole -,
volente o meno, s'era imbattuto in parte del discorso: ma quanto aveva
udito era stato sufficiente per ricostruire le dinamiche trascorse e
quelle future.
"Le Due Italie"
avevano intenzione di recarsi da un arredatore d'interni, eh? Forse
sarebbe stata anche la volta buona per cambiare il nome del locale e
aggiungere l'Italia mancante!
Così il
ragazzo si promise di ricordare questi dettagli tecnici, appuntandoli
nella memoria come le calamite sulla superficie del frigorifero, per
poter poi riflettere con attenzione riguardo il progetto di
"riconoscimento del proprio valore all'interno del ristorante" -
progetto che aveva appena deciso di portare a termine.
«... Feli,
sai bene quanto me che nessuno si offrirà mai di assumersi
quest'incarico per la cifra che avremmo in mente.»
«Come siamo
pessimisti, fratellone!»
«Me ne
stracatafotto del pessimismo, qua si parla di realtà! E la
realtà nostra è che non possiamo spendere lire su
lire!»
Qualcuno avrebbe
potuto ribattere, affermando che le lire non erano più
utilizzate da un decennio circa, ma il silenzio s'impadronì
ferocemente delle cucine.
«E la fiera
del mobile di Milano, Lovi? Ambrogio potrebbe darci una mano,
no?»
Lovino lo
fulminò con un gesto tagliente della mano. «Non
provare a chiamare quella sanguisuga di nostro fratello!»
L'altro
abbassò gli occhi, un po' dispiaciuto. Quando Lovino vide il
suo sguardo mogio, sbuffò, e tuttavia lo
abbracciò con forza, come ogni buon fratello maggiore -
anche se era un abbraccio forse un po' goffo e improvviso.
A dirla tutta, Giorgio
si sarebbe voluto unire all'abbraccio, perché per lui era
difficile vedere Lovino esprimersi in gesti d'affetto verso i suoi
cari, tuttavia respinse la voglia di intrufolarsi nella cucina e di
abbrancarsi al braccio di Lovino, prima che questo gli lanciasse un
ceffone sulla nuca.
Quindi si
allontanò dalla porta, passeggiò avanti e
indietro lungo il corridoio per qualche minuto: infine, quando le voci
dei due s'erano affievolite e al loro posto aveva ripreso il rumore di
routine della lavastoviglie, si decise a fare la propria entrata nelle
cucine.
«Ah,
Giorgio, giusto tu mancavi!»
Si costruì
la migliore espressione innocente che fu in grado di sostenere.
«Per che cosa, ragazzi?»
Lovino parve
nuovamente di pessimo umore. Sbuffò una seconda volta.
«Ci mancavi tu per concludere la serata in bellezza, per
cosa, altrimenti?!»
Ah, sarcastico come
sempre, il suo adorato fratellone.
Sorriso di
circostanza, alzata delle mani sopra le spalle, piegamento in avanti
della schiena: con questi gesti teatrali Giorgio masticò un
«Belin, sempre molto allegri,
eh?» e scomparve, camminando all'indietro, verso il bancone e
il registratore di cassa.
Se non altro, da
quella posizione la loro affezionata cliente era perfettamente visibile
in tutta la sua silenziosa presenza.
Note
Varie:
Lo so che
son scema a dirlo, ma Giorgio è il nome di Seborga, e
Kristina il nome di Fem!Svezia. *Si sente scema, infatti.*
«Quando la vidi, ricordo che mi
invase lo stupore, e non la voglia.» Citazione da
"Proposito d'amare", di Giorgio Gaber.
Quando
parla di Swigert, Lovino si riferisce alla mitica frase
«Houston, abbiamo un problema». In
realtà, la frase precisa fu proprio «Houston,
abbiamo avuto un problema».
«Me ne stracatafotto» è una citazione da
Montalbano.
Ambrogio è il mio OC! di Milano, ed è una persona
che pensa sempre e solo a lavorare, in pratica.
Note
Autrice:
Ebbene sì.
Questa volta vi racconto (?) una Seborga/Fem!Svezia.
Immagino che uno dei primi pensieri che vi siano passati per la testa
sia stato: ma come diavolo è arrivata questa a shipparli?
La risposta è semplice, perché c'è lo
zampino di Neme-chwan, con cui ruolo questo crack!pair. Dire che
è favoloso è dire poco, sì.
Non so esattamente quanti capitoli saranno, visto che per ora ne ho in
cantiere quattro - ma tenete conto del fatto che sono molto volubile. C:
In ogni caso, vi accompagneremo con questa fic settimanalmente, mi
auguro, e ogni lunedì. Magari riuscirò ad
addolcirvi l'inizio di settimana, chissà, io me lo auguro. :D
Questa fanfiction è uno spin-off da un'altra fanfiction;
l'autrice è una ragazza adorabile, ovvero _Chiaki, ovvero la
fanfiction Silence.
Non posso costringervi a leggerla, ma ve lo consiglio caldamente,
perché è stupenda. C:
Inoltre, la storia partecipa all'iniziativa "Ci sono anch'io!"
dell'Hetalia non è ---> the forum.
Bien, per stavolta ho concluso.
Vi ringrazio per essere arrivati fin qui. C:
Alla prossima settimana!
claws_Jo
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