Buonasera a tutti :D
è la prima fan fiction che posto in questa sezione,
nonchè la prima in assoluto sul cast degli Avengers... l'ho
scritta abbastanza di getto subito dopo aver letto della nascita di
India Rose Hemsworth, e ho deciso di provare a postarla.
Il pairing, come ho già scritto nella presentazione, è uno dei miei preferiti, ovvero Tom
Hiddleston/Chris Hemsworth ... Detto ciò, credo di non avere
altro da aggiungere :D
Spero vi piaccia, magari al punto di lasciarmi una recensione, anche
piccola piccola!
A presto,
Scar
R o s e B i a n c h e
Ok, Tom, sta calmo e respira.
Non è niente, non
è niente!, mi ripeto percorrendo i corridoi
bianchi. Il pavimento è stato lavato di recente, rischio di
scivolare sulle mattonelle ancora umide, mi stringo saldamente ai gambi
delle rose bianche che ho in braccio e continuo a farmi forza, come un
coach che incoraggia l’atleta prima della sua prova
più difficile.
Vai, saluti e te ne vai.
Non mi sono mai piaciuti gli ospedali, fin da bambino, li associavo
solo a cose dolorose, alla malattia, alla perdita… avrei
preferito di gran lunga restarmene a casa, questo è poco ma
sicuro.
- piccolo cervo! – una voce profonda, tuonante, mi
accoglie non appena entro nella stanza, mi stiro nel sorriso
più convincente che mi riesce. – è
meraviglioso che tu sia qui -
Mi raggiunge in due passi e avvolge le sue braccia attorno alle mie
spalle, mi abbraccia come se fossi un bambino, suo fratello. Mi perdo
sul suo petto, adesso respiro di nuovo, cerco l’odore
familiare del suo dopobarba, sfumato dopo la nottata passata qui
dentro.
- si bè, mi sembrava il minimo… e poi ero da
queste parti – poso le rose sul comodino e sfioro con le mie
le guance della neo mamma, stanca ma raggiante
- Tommy, non dovevi! – mi lancia un sorriso enorme, che
ricambio a fatica, prendendo i fiori e portandoseli al naso
- visto il nome della bambina… - mi affaccio sulla culla, un
fagotto vestito di bianco dorme sotto il lenzuolo leggero
- vuoi… vuoi tenerla in braccio? – Chris mi
raggiunge, siamo entrambi di spalle ad Elsa, il contatto del suo
braccio col mio è sufficiente a darmi i brividi –
sei pur sempre suo zio – ammicca e si abbassa a prendere la
bambina
- non… non credo di esserne capace – mi ritraggo
spaventato, le mie mani scattano in avanti prima che me ne renda conto,
il suo sguardo si acciglia, mi guarda e non posso fare a meno di
trovarlo bello.
Non c’è altro modo per descriverlo, davvero.
- ti accompagno a prendere un caffè – lascia la
piccola India nelle braccia di sua madre e mi porta gentilmente fuori
dalla stanza. Non appena al di qua della porta mi supera e percorre a
grandi passi il corridoio, stringendo i pugni – se non volevi
venire bastava dirlo! – sbotta non appena abbastanza lontani
- ma io volevo
venire – rimango distante, cerco di ricordarmi che sono
arrabbiato, guardo altrove, lontano dai suoi occhi
- e allora devi comportarti civilmente. Anche quelle… rose
bianche! Cosa credevi di fare? -
- sono dei fiori qualunque – ribatto prontamente, incrociando
le braccia. Mento sapendo di mentire, e lui lo sa… Se la
ricorda quella rosa, lasciata da nessuno fuori dalla sua porta, dopo il
nostro primo bacio. Chiudo gli occhi e mi concedo il lusso di perdermi
nel ricordo, è come se lo stessi rivivendo, così
vorace, folle, segreto… ma così dolce.
- amore eterno e puro – sussurra sottovoce, muovendo un solo
passo verso di me
- amore eterno e puro – confermo, avvicinandomi rapidamente a
lui
- qualcuno potrebbe vederci – mi ferma, scioglie le nostre
mani, scuote la testa
- non m’interessa -
- sono un padre, adesso – si avvia verso la porta con le
spalle basse, senza nemmeno degnarmi di un ultimo sguardo –
dirò ad Elsa che sei dovuto scappare per un incontro
improvviso di lavoro, d’accordo? – non si aspetta
veramente una risposta, non vuole vedermi, non vuole guardarmi, non
davanti a sua moglie e sua figlia.
- e a me cosa resta? – chiedo in un ultimo, disperato
tentativo di non farlo andare via. Voglio un abbraccio, un bacio, il
suo corpo sul mio, le sue mani nei capelli, come una volta. Persino i
più cattivi si meritano un ultimo desiderio prima
dell’esecuzione.
Si volta, mi raggiunge, si guarda attorno furtivo, mi bacia.
È un bacio leggero, veloce, come una carezza, come un petalo
di rosa che si posa un attimo prima di perdersi di nuovo nel vento.
– ti restano le rose –
- promettimi che verrai a trovarmi. Da solo. – sottolineo,
trattenendolo per un braccio e fissandolo dritto negli occhi. Senza
imbarazzi, senza indugi, ho bisogno di lui.
- d’accordo – acconsente svelto con un cenno della
testa, mi prometterebbe di tutto in questo momento, pur di farmi andare
via.
- hai promesso – gli ricordo prima di voltargli le spalle e
uscire dall’ospedale.
O forse sarebbe più corretto dire dalla sua vita.
Aspetterò per ore, giorni, settimane la sua
visita… ma un giorno, davanti alla mia porta,
troverò solo una rosa bianca, tutto quello che
potrà mai donarmi.
Sarà unica e sola, diversa da tutte le altre rose che ci
sono al mondo, perché sarà sua.
Fine
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