Una scusa qualunque
Al centro dell'ufficio
apparve un breve lampo di fuoco lasciandosi dietro un'unica piuma
dorata che
fluttuò dolcemente sul pavimento.
«E' il segnale di
Fanny» disse Silente, afferrando la piuma mentre cadeva.
«La professoressa Umbridge
deve aver saputo che non siete nei vostri letti... Minerva, vada a
distrarla,
le racconti una storia qualunque...»
La professoressa
McGranitt uscì in un fruscio di stoffa scozzese.
[Harry Potter e
l'Ordine della Fenice - Capitolo 22: L'Occhio del Serpente]
Minerva
scese velocemente le scale a chiocciola che conducevano all'ufficio del
Preside.
Giunta in
corridoio, si guardò istintivamente intorno: nessuna traccia
di Dolores
Umbridge.
Proseguì grandi
passi, mentre la sua mente cercava
disperatamente una scusa per intrattenerla.
Problemi
scolastico - burocratici? No, di sicuro avrebbe rimandato a
più tardi.
Organizzazione
dei G.U.F.O. e dei M.A.G.O.? Nemmeno, mancavano ancora sei mesi.
Una
Caccabomba in corridoio? Nah, era compito di Gazza risolvere questi
problemi,
inoltre chiederle aiuto per una faccenda simile significava riconoscere
la sua
autorità come superiore.
Storse il
naso: avrebbe assegnato duecento punti a Serpeverde, piuttosto.
Accelerò il
passo nervosamente, cercandola con lo sguardo.
Poteva
sentire il rumore del suo cervello macchinare nel silenzio del
corridoio, lo
sentiva cercare una scusa stupida, una scusa qualunque, giusto per
tenere
occupata Dolores.
Merlino,
quanto odiava quella situazione. Quanto odiava lei.
Perché proprio
una donna del genere doveva essere lì? Minerva
percepì il proprio naso fremere
innervosito.
Stupido rospo infiocchettato di rosa... con
un ufficio pieno di gatti...
Si fermò di
colpo. Un ufficio pieno di gatti.
Piattini di ceramica con disegnati dei gatti.
Dolores
amava i gatti, stravedeva per i
gatti.
Rabbrividì
di colpo, rendendosi conto che ciò che intendeva fare era la
sua unica
possibilità di salvezza.
Un
ticchettio inquietante iniziò a diffondersi per il
corridoio. Era proprio
dietro l'angolo, sentiva il ticchettare delle sue scarpe rosa sul
pavimento di
marmo.
O la va o la spacca,
pensò
trasformandosi.
Dolores
Umbridge svoltò frettolosamente l'angolo, proseguendo verso
la Presidenza,
dritta come un fuso e determinata come una macchina da guerra.
Un miagolio
interruppe la sua marcia sicura verso l'obiettivo.
Aveva
sentito bene? Un miagolio?
Minerva
miagolò di nuovo, più forte.
Forza, girati, idiota.
Dolores si
fermò in mezzo al corridoio, voltandosi lentamente. Minerva
avanzò sicura verso
di lei, per farsi vedere.
Notò il suo
rapido cambiamento d'espressione: da rigido e determinato a tenero e
rassicurante.
Represse
un'ondata di nausea.
Si avvicinò,
mimando alla perfezione la tipica timidezza felina.
Dolores
volse lo sguardo verso l'ufficio di Albus, a circa una ventina di metri
da lei,
in fondo al corridoio.
No, no, guarda me. Non distrarti.
Miagolò
ancora, sonoramente.
La Umbridge
tornò a fissarla, incuriosita. «Cosa ci fai qui,
tutto solo?», domandò con voce
ancora più infantile del solito.
Solo? Sono una gatta, Dolores, una gatta.
Minerva le
scoccò un'occhiata penetrante.
Dolores si
girò ancora una volta verso la Presidenza, incerta sul da
farsi. Mosse un passo
in direzione del gargoyle, ma la professoressa di Trasfigurazione
attirò di nuovo
la sua attenzione con un miagolio lamentoso.
«Cosa c'è
adesso, mio caro?»,
chiese quella con
un tono leggermente irritato.
La stava
confondendo, proprio come aveva sperato.
Minerva alzò
una zampa, miagolando disperata. L'espressione della Umbridge si fece
allarmata. «Per Salazar, sei ferito!».
L'altra
mugolò in conferma, facendo finta di zoppicare verso di lei.
Dolores
scoccò un'altra occhiata incerta al gargoyle.
Dai, portami via con te. Sono ferita.
Gli occhi
ambrati del felino la fissavano con insistenza, pareva supplicassero di
aiutarlo.
Povera creatura...
No, c'erano cosa più importanti da
fare: il
Ministero, Cornelius...
Minerva
osservò compiaciuta l'espressione confusa della donna, per
poco non riusciva a decifrare
i pensieri che albergavano in quel cervello ristretto.
Il micio
miagolò dal dolore.
Senza
pensarci un'altra volta, Dolores lo sollevò per le zampe
anteriori e, tenendolo
stretto al petto, lo portò via con sé.
Mi sta stringendo tra le braccia. Godric,
che schifo.
Doveva farlo
per il bene di Potter, dei Weasley, di Hogwarts, di Albus... Albus. Guarda
cosa mi fai fare.
Per Hogwarts, Minerva. Per Hogwarts.
Dolores la
strinse più forte al petto e le accarezzò la
testa.
Il micio
rabbrividì dalla punta dei baffi alla coda, ma la Umbridge
non se ne accorse.
Quando
finalmente giunsero a destinazione, l'ufficio della professoressa di
Difesa, Minerva
venne poggiata sul tavolo, mentre l'altra si affaccendava intorno ai
suoi
bauli.
«Dovrei
averli messi da qualche parte...», borbottò.
Ti prego, fa che non sia quello che penso...
«Eccoli qua!»,
esclamò Dolores trionfante, estraendo dalla valigia una
grossa scatola di
croccantini per gatti.
Oh, no!
Ne versò un
po' in una scodella di ceramica e la poggiò sulla scrivania
davanti al micio.
Che dovrei fare, mangiarli con gusto? Per
cortesia...
«Scommetto
che devi avere molta fame, piccolino, non è vero? Ah, se
trovassi il tuo
padrone, si meriterebbe una settimana di punizione!».
Minerva
rimase ritta come un soldatino sulla cattedra, agitando la coda con
irritazione.
Devo fare un disegnino per farti capire che
sono di sesso femminile?
«Dai,
mangiane un po'», la incitò.
Chissà se
poteva graffiarle la faccia... Qualche graffietto, solo per
divertimento...
La Umbridge
si chinò sulla scodella e prese un croccantino tra le mani,
avvicinandoglielo
al muso.
«Avanti,
mangia», cinguettò.
Minerva
deglutì impercettibilmente. Per Hogwarts, Minerva, per
Hogwarts.
*
«Ebbene,
come è andata?», chiese Silente qualche ora
più tardi, quando Minerva fece
ritorno nel suo ufficio.
La
professoressa si aggiustò la crocchia, sistemandosi le vesti
e guardandolo
torva. «Direi che me la sono cavata»,
replicò a bassa voce. «Non credo che la cara Dolores sia molto contenta della
partenza di Potter e dei Weasley, a giudicare dalla sua espressione
furente di
poco fa, quando l'ho casualmente
incontrata in corridoio», commentò con un lieve
sorriso divertito, «ma almeno
il diversivo ha funzionato», concluse.
«Diversivo?».
Minerva
storse il naso sottile in una smorfia di disgusto.
«Diversivo», ripeté
schifata.
Un grande
sorriso si dipinse sul volto del Preside, «Mia cara, questa
me la devi proprio
raccontare».
Il micio ingoiò il decimo
croccantino, le
vibrisse che fremevano dal disgusto.
Sarà passato
abbastanza tempo, pensò Minerva.
Sì, di
sicuro Potter e i Weasley erano già partiti.
Dolores giocherellava con i croccantini
nella ciotola, sollevandone occasionalmente uno per ficcarglielo in
bocca.
Stanca di quella situazione, Minerva scese
dal tavolo senza degnarla di uno sguardo.
«Dove vai, micino?».
Non sono
affari tuoi.
«Vieni qui, non hai finito di
mangiare!».
Se continua
così potrei non rispondere delle mie azioni,
pensò mentre ribolliva di rabbia.
Si avvicinò alla porta che la
Umbridge aveva
lasciato socchiusa, ma non riuscì ad oltrepassarla; Dolores
la sollevò di peso,
guardandola fissa con gli occhi grandi, tondi e sporgenti.
«Credo proprio che dovrai stare qui
finché
non ritroviamo il tuo padrone», replicò quella,
gli occhi da rospo che
luccicavano.
Nemmeno se
mi pagassero fior di Galeoni!
Dolores la strinse a sé in un
abbraccio
soffocante; era chiaro che non sarebbe mai riuscita a liberarsene.
Avrebbe
dovuto usare le maniere forti e non era assolutamente dispiaciuta a
riguardo.
Alzò la zampa e penetrò
la pelle della
Umbridge con gli artigli affilati, soffiando inferocita.
L'Inquisitore Supremo urlò di
dolore,
lasciando la presa sul gatto per portarsi le mani al viso. Minerva ne
approfittò per sgattaiolare fuori dall'ufficio,
trattenendosi dal sorridere
alle urla di Dolores.
«Fammi
capire: ti sei trasformata in gatto sperando di fare leva sul suo amore
per gli
animali?», ripeté divertito pochi minuti
più tardi.
«Esattamente.
Devo dire che ha funzionato, nonostante qualche piccolo
sacrificio», affermò
Minerva, un vago senso di nausea al solo pensiero dei croccantini per
gatti che
le era toccato mangiare.
Silente rise
sotto i baffi, come se le avesse letto nel pensiero.
«E' inutile
che ridi, sai? Mi sono sacrificata
anche per te, dovresti essermi grato»,
fece notare con aria di superiorità.
«Davvero?»,
chiese Albus, un strano luccichio negli occhi.
Minerva
annuì con decisione, mentre il Preside si avvicinava a lei.
«Cosa suggerisci di
fare, allora?», le domandò.
«Riguardo
cosa?».
«Beh, hai
detto che ti dovrei essere grato»,
replicò l'uomo imitando la sua voce.
«Esattamente»,
scandì Minerva, dandogli un buffetto sul naso. «Ho
dovuto sorbirmi Dolores per
diversi, estenuanti minuti. Ho
dovuto
ingoiare ben diciassette - sì, diciassette!»,
rimarcò alla risatina divertita di Albus,
«Diciassette croccantini per gatti e
ti assicuro che sono disgustosi».
«Oh, ti
credo, ti credo».
«Penso di
meritarmi almeno una
ricompensa».
«Addirittura?».
Minerva
annuì con forza. «Sì,
addirittura», replicò.
Albus le
cinse la vita. «In cosa dovrebbe consistere questa
ricompensa?».
«Non so, di
sicuro qualcosa per cui sia valsa la pena di questa
messinscena».
Un lieve
sorriso illuminò il viso del compagno, mentre si avvicinava
a lei quasi
impercettibilmente.
«Spero che
questo vada bene», le sussurrò, prima di baciarla
teneramente.
Minerva
cinse il suo collo con le braccia stringendolo di più a
sé. «Sì, credo di
sì».
In quello
stesso istante, Dolores Umbridge camminava nervosamente per il suo
ufficio,
fumando di rabbia e con diversi graffi sul viso.
Vi prego, non
picchiatemi.
E' stata un'idea malata,
un'occasione per scrivere un po' di MMAD alle spalle del povero rospo,
sempre maltrattato... *ride*
Spero vi sia piaciuta,
nonostante sia una Fic molto semplice.
Grazie a tutti per aver
letto, attendo le vostre impressioni.
Jo
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