E'
una sera tranquilla di maggio. Sto studiando per la verifica dei
promessi: leggo che l'innominato ha il castello in posizione
più
elevata rispetto al palazzotto di Don Rodrigo, leggo che l'innominato
ha un viso pieno di rughe e a prima vista può sembrare
vecchio, ma
nel suo sguardo si può leggere una forza che persino un
ventenne si
sogna. Poi cambio il capitolo e vado a leggere la digressione su
Federigo Borromeo: rido quando vedo che persino l'autore dice che
quella digressione può essere saltata e maledico la prof
perchè lei
non è d'accordo con il buon vecchio Manzoni. Così
passo al punto
dove Don Abbondio maledice tutto e tutti: maledice Perpetua
perchè
lo ha mandato lì, maledice Lucia perchè
è la causa di tutti i suoi
mali, maledice Don Rodrigo perchè sa che la sua vendetta si
scaglierà su di lui e maledice Renzo
perchè...perchè gli andava
forse, ormai che c'era!
All'improvviso
suona il telefono. In casa non c'è nessuno: mio padre
è a lavoro e
mio madre è uscita a mio fratello; a quanto pare dovevano
vedere uno
spettacolo, o qualcosa di simile.
“Pronto”
“Ciao
Ale, sono Giulia, potresti scendere, devo dirti una cosa”
“Si
arrivo”
Cosa
le succede. Ha una voce strana, preoccupata triste: ho un brutto
presentimento. Mi fiondo vicino al mio armadio e prendo le prime
cose che trovo: una maglia nera e un pantalone di una tuta da
ginnastica grigio. Mi infilo due ballerine nere e acchiappo le
chiavi.
Velocemente
esco e faccio i tre piani di scale: quella brutta sensazione non mi
abbandona. La voce era troppo preoccupata. Di solito Giulia
è sempre
allegra e solare: la conosco dall'asilo, per me è come una
sorellina. Bhe, sorellina...abbiamo una differenza di due mesi
esatti. Io sono nata a giugno e lei ad agosto, ma siamo nate
esattamente lo stesso giorno. Una coincidenza? Chissà!
Sorpasso
le panchine dove tanti signori e signore stanno recitando il rosario:
ce li ho proprio sotto casa, visto che abito in piazza. Mi metto a
correre, non so perchè: forse perchè mi ritorna
alla mente il tono
della mia migliore amica.
Arrivo
da lei. Mi tira in disparte, interrompendo subito il discorso che
stava facendo con altri nostri amici.
Mi
guarda e poi dice: “Il maestro Luigi è
morto”
Poche
parole, pronunciate in pochissimi secondi, ma hanno un effetto
devastante. Il maestro. Il mio maestro. Colui che mi ha accompagnato
per cinque anni di elementari, che ha provato ha mettermi in quella
testa che ho, un po' di matematica, che mi ha fatto ridere. Ricordo
come se fosse ieri il suo cavallo di battaglia “O povero
me” e
noi rispondevamo in coro “o povero noi”; e poi
tutti insieme a
ridere. Oppure quando gli chiedevamo “Maestro, ma che squadra
tifi?” E lui rispondeva “Il canigatti!”
Ci
mettevamo sempre a ridere: abbiamo provato a cavargli una squadra
decente, ma lui ha sempre detto il canigatti.
Eri
sempre sorridente. Lo sai maestro, mi ricordo ancora le tue regole;
il quaderno doveva avere sempre l'etichetta con il nome scritto
sopra: ti arrabbiavi sempre quando ne vedevi uno senza e
probabilmente ti arrabbieresti ancora se vedessi i miei quaderni di
adesso. Nemmeno uno ha il nome.
Saluto
la mia amica e scappo a casa. I tre piani di scale nemmeno li sento.
Arrivo a casa, mi metto il pigiamae mi butto sul divano. Accendo la
tv e metto 35 dove fa one piece. Parte la sigla, ma io nemmeno la
sento. Quelle parole mi rimbombano sempre nella mente: nemmeno il
pianto disperato di Ace riesce a farmele uscire dalla testa. Solo
Buggy riesce a strapparmi un sorriso con il suo modo di fare assurdo,
ma quel sorriso è falso. Come faccio a dimenticare quelle
dannate
parole.
Mi
stendo sul divano: la tv continua a parlare, ma in fondo a me cosa
importa. Quello è un cartone e questa è la
realtà. La dolorosa
realtà...
Dovrei
finire di studiare, ma non ne ho voglia.
All'improvviso
mi viene alla mente un ricordo. Era pomeriggio, dovevo fare le
lezioni pomeridiane. Ero alla medie. Nel piccolo paese in cui vivo
elementari e medie sono insieme hanno il cortile in comune. All'epoca
avevo il brutto vizio di arrivare con un anticipo mostruoso,
così mi
toccava aspettare mezz'ora prima che quei benedetti cancelli si
aprissero.
Un
giorno arriva proprio lui il mio maestro: ci mettiamo a
chiacchierare, mi chiede come vado in matematica e poi mi dice
“In
realtà io vorrei insegnare storia. E' la mia materia
preferita.”
All'epoca
avevo riso: non ci potevo credere, storia era e rimane la mia materia
preferita. E pensare che all'epoca volevo fare l'archeologa. Ora ho
un po' cambiato idea, ma chissà..
Nessuno
sa ancora il giorno del funerale, ma è sicuro che tutti noi,
la
pazza classe che è stata insieme all'asilo, elementari e
medie, ci
saremo al completo. E chi non potrà venirci sarà
comunque presente
con il cuore.
Io
sono sicura che questo, non è un addio, caro maestro, ma
è solo un
arrivederci.
Ciao
a tutti. Non so se mi elimineranno o no, la storia, ma dovevo
sfogarmi, in qualche modo.
Ora
vado, ho i promessi sposi da finire.
Ciao!!
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