Si
ringraziano i Coldplay: Violet Hill
Violet Hill
Was
a long and dark December
From the rooftops I remember
There was snow
White snow
La massa
disordinata di studenti diretti a Hogsmeade sembrava interminabile:
alcuni
chiacchieravano tra loro, altri cantavano ad alta voce - nonostante
fossero
piuttosto stonati -, altri ancora si spingevano a vicenda, cercando di
far
scivolare i compagni sulla neve, come i due ragazzi davanti a lei, fin
troppo
familiari.
«Signor
Black, per cortesia!», lo ammonì.
Sirius Black
smise di dare spintoni a James Potter e si girò per
guardarla. «'Giorno,
Professoressa», rispose, con un sorriso stupido sulle labbra.
«Vedete di
comportarvi decentemente oggi», replicò Minerva.
«Certamente».
Black accennò una riverenza.
Gli scoccò
l'occhiata più severa e minacciosa possibile e
proseguì avanti; si prospettava
una giornata lunga, lunga e stancante.
Clearly
I remember
From the windows they were watching
While we froze
Down below
Albus
accarezzò distrattamente la testa di Fawkes, mentre guardava
fuori dalla
finestra. Una lunga coda di studenti stava uscendo dal castello e si
riversava
lungo la via che portava a Hogsmeade, chiacchierando allegramente.
Cercò con lo
sguardo una figura ben conosciuta, che tuttavia si confondeva in mezzo
a quel
marasma. Dopo un'attenta ricerca, finalmente la trovò;
vagava tra gli studenti
come un cane da pastore con le sue pecore, il cappello a punta ben
dritto e il
mantello scuro svolazzante.
Sospirò,
mentre i ricordi del pomeriggio precedente gli invadevano la mente.
Minerva scriveva freneticamente sulla
pergamena; la stanza era silenziosa, si sentiva chiaramente il rumore
della
penna d'aquila sul foglio.
Albus, seduto di fronte a lei, alzava
casualmente lo sguardo per guardarla lavorare. Gli occhi della donna
erano
concentrati sugli appunti, scorrevano senza sosta da una parte
all'altra del
foglio, per poi posarsi sul pacco di verifiche di fianco.
«Stai registrando i voti?».
«All'incirca», rispose.
«Sto controllando i
vari progressi ed eventuali peggioramenti, essendo ormai a termine del
primo
semestre». Non lo degnò neanche di uno sguardo
mentre rispondeva, i suoi occhi
verdi parevano incollati alla pergamena.
Non volendo disturbarla ulteriormente, Albus
tornò al suo lavoro, in silenzio.
«Che ne dici di una
pausa?», le domandò poco
più tardi, ormai stanco di rispondere alle lettere del
Wizengamot.
Minerva lo fissò incerta, vagamente
insoddisfatta dell'ammontare di lavoro che doveva ancora svolgere, poi
s'alzò
di colpo dalla sedia, come se, all'improvviso, si fosse convinta di
smettere.
Lui non sembrò sorpreso.
«Vuoi del tè?».
Minerva si scaldò le mani,
sfregandole tra
loro. «Volentieri».
Pochi minuti dopo, la sua collega stava
davanti
alla finestra con una tazza di tè fumante tra le mani.
La neve aveva iniziato a scendere da qualche
ora, fiocchi candidi cadevano dal cielo intrecciandosi tra loro, quasi
danzando, come sottili ciuffi di cotone. Minerva li fissava con aria
distratta,
assente.
«Va tutto bene?»,
domandò Albus alle sue
spalle.
La donna si girò e, nonostante
fosse davvero
vicino a lei, non si scompose minimamente.
«Suppongo di
sì», mormorò in un sussurro
quasi impercettibile.
Albus posò le mani sulle sue,
intorno alla
tazza. «A me puoi dire qualsiasi cosa, lo sai».
Gli occhi azzurri erano immobili, seri, non
avevano quello strano scintillio che li accendeva quando il loro
proprietario
scherzava.
Era talmente vicino che poteva percepirne il
profumo di limone e zucchero, il respiro caldo. Minerva non osava
guardarlo. Si
scostò da lui, mantenendo lo sguardo a terra.
Solo una volta giunta sulla soglia lo
fissò
intensamente, un'espressione triste sul viso. «Lo so».
If
you love me
Won't you let me know?
Guardandola
allontanarsi con gli studenti, Albus non poté fare a meno di
pensare a cosa
sarebbe successo se le avesse impedito di uscire o se, addirittura,
l'avesse
baciata.
Non avrebbe
mai osato essere tanto ardito, non si sapeva mai cosa aspettarsi da
Minerva
McGranitt.
Forse gli
avrebbe dato uno schiaffo, scioccata dal suo comportamento, per poi
andarsene
turbata.
Il giorno
seguente sarebbe ritornata da lui scusandosi, Albus si sarebbe scusato
per il
bacio e sarebbero ritornati amici come prima.
Amici,
niente di più.
«Lo so»; le sue
parole continuavano a
risuonargli in testa, il suo tono triste e malinconico non faceva che
enfatizzare il loro potenziale significato, portando la nascita di
numerose
domande nella mente di Albus.
«Lo so»; che
significava? Cosa intendeva
dire? Perché quello sguardo triste, privo di speranza?
Vedendo la figura
di Minerva sparire in lontananza, il Preside decise che avrebbe
scoperto a
tutti i costi cosa la turbava.
«Io esco,
Fawkes», salutò.
Si allacciò il mantello e chiuse la porta alle proprie
spalle, mormorando: «Fuoco alle polveri».
Was
a long and dark December
When the banks became cathedrals
And the fog, became God
«Ciao,
Hagrid!», salutò
Rosmerta avvicinandosi al loro tavolo. «Buongiorno,
Minerva e
buongiorno, Filius», aggiunse, notando la presenza dei due
professori, che la
salutarono educatamente. «Cosa vi porto?».
«Un'Acquaviola,
grazie», rispose Minerva, dopo che i colleghi ebbero
ordinato. «Se riesci a
riempire il bicchiere fino all'orlo mi faresti un favore»,
continuò con
nonchalance, come se stesse discorrendo della prossima partita di
Quidditch.
Rosmerta si
allontanò dal tavolo con gli ordini, cercando di non
sembrare troppo sorpresa
da ciò che Minerva le aveva chiesto. Anche Hagrid e Filius
cercarono di
nascondere al meglio la propria incredulità.
La
professoressa, tuttavia, non ci fece caso, presa com'era dai propri
pensieri.
La
proprietaria dei Tre Manici tornò poco dopo con uno sciroppo
di ciliegia,
quattro pinte di idromele e un bicchiere stracolmo di Acquaviola.
Minerva
quasi si gettò sul proprio calice e iniziò a bere
il liquore tutto d'un sorso;
fu un miracolo se non le andò di traverso quando Rosmerta
disse: «Oh,
buongiorno, professor Silente».
Con il cuore
in gola, Minerva abbassò lentamente il bicchiere.
Albus era
appena entrato nel locale, il cappello coperto di neve e il mantello
fradicio.
«Buongiorno, Rosmerta», salutò. Si
sedette al tavolo con i colleghi. «Desidererei
del Whiskey Incendiario, grazie», aggiunse rivolgendosi alla
barista.
Minerva
evitò il suo sguardo, fissando con grande
curiosità il fondo del bicchiere
ormai vuoto.
«Natale è
alle porte», commentò allegro.
Filius e
Hagrid borbottarono il loro assenso, visibilmente sollevati.
"Perché
è qui?", pensò Minerva. Albus non aveva mai
accompagnato gli studenti a
visitare il villaggio, specialmente a dicembre; preferiva rimanere al
caldo nel
suo ufficio, magari sorseggiare una cioccolata calda... di sicuro il
peggio del
lavoro d'insegnante - le uscite a Hogsmeade - le affidava ai colleghi,
era uno
dei vantaggi dell'essere Preside.
«Tutto bene,
Minerva?». Alla professoressa occorsero diversi secondi per
capire che Silente
stava parlando con lei. Sei paia di occhi erano puntati in sua
direzione:
quelli scuri di Hagrid, quelli grigi di Filius e quelli incredibilmente
azzurri
di Albus, che la fissavano con intensità.
"Perché
continua a chiedermi se sto bene?", pensò innervosita. "Ha
capito da
prima di ieri che qualcosa non va, non può essere diretto -
una volta in vita
sua! - e chiedermi perché sto male?".
Minerva
s'alzò, quasi rovesciando l'Acquaviola.
«A che gioco
stai giocando?», gli chiese bruscamente, prima di uscire
sbattendo la porta.
Bury
me in honor
When I’m dead and hit the ground
A love back home unfolds
L'aria di dicembre
era fredda e le penetrava attraverso gli abiti, facendole venire la
pelle
d'oca. Tutti gli studenti erano dentro i negozi per fare compere o
semplicemente per scaldarsi un po'; rimpianse d'essere uscita dai Tre
Manici
senza prendere il proprio mantello, ma era troppo tardi per tornare
indietro.
Non si
accorse nemmeno di lui, uscito dal locale poco dopo per seguirla. Il
rumore dei
suoi passi era soffocato dalla neve, ma anche se fosse stato molto meno
silenzioso Minerva non l'avrebbe sentito, persa com'era nei suoi
pensieri.
Sussultò
quando la prese sottobraccio.
«Mi dispiace
averti disturbata, eri sovrappensiero?».
Lei annuì
lievemente, senza guardarlo.
Rimasero in
silenzio per un tempo che parve interminabile: secondi, minuti, forse
ore.
Sentiva il
bisogno crescente di parlare con lui, di dirgli cosa le stava
succedendo, di
chiedergli perché...
Minerva
stimava Silente da sempre, da quando era arrivata a Hogwarts il primo
anno: era
il suo insegnante preferito, il suo mentore.
Quando erano
diventati colleghi la stima si era trasformata in una forte amicizia e,
poco a
poco, Minerva si era inesorabilmente innamorata.
Certo, non
era così stupida da sbandierarlo in giro; era sempre stata
una persona discreta
e non avrebbe mai voluto rovinare il suo rapporto con lui.
Negli ultimi
mesi, tuttavia, qualcosa era cambiato. Lo aveva notato da come Albus le
si
rivolgeva: la sua voce era più profonda del solito, i suoi
occhi brillavano di
una strana luce, le mani cercavano un contatto fisico, anche minimo,
con il suo
corpo. Tutto sembrava indicare che Silente avesse maturato un sincero
sentimento verso di lei... sentimento che non si azzardava a
dichiarare.
Passavano
molto tempo insieme; discutevano della scuola, di Trasfigurazione,
giocavano a
scacchi, o semplicemente stavano seduti alla scrivania, lui a
rispondere a
lettere del Ministero, lei a correggere verifiche. Più di
una volta Minerva lo
aveva sorpreso a guardarla correggere i compiti, pensando che non lo
vedesse, più
di una volta Albus aveva
preso le mani tra le sue, quasi per caso, più di una volta
si erano trovati a
così poca distanza l'uno dall'altra, più di una
volta erano arrivati al punto
di baciarsi... ma poi lui distoglieva lo sguardo, sempre.
Il
pomeriggio precedente non era stato altro che l'ennesima dimostrazione
delle
sue teorie: l'aveva fissata tutto il tempo, mentre fingeva di
rispondere alle
lettere del Wizengamot, pensando che fosse troppo assorbita dal lavoro
per
notarlo. L'aveva distratta volutamente, chiedendole di fare una pausa.
Quella
domanda - "va tutto bene?" - era retorica; Albus sapeva benissimo la
risposta.
Minerva non
stava bene, affatto. Questa sua indecisione la stava uccidendo, la
logorava
piano piano.
«Stai
tremando». Silente si fermò e la professoressa
alzò lo sguardo dalla strada. Lui
si slacciò il mantello invernale e glielo posò
sulle spalle, allacciandole gli
alamari, mentre le sue mani indugiavano più del dovuto
intorno alla chiusura.
So
if you love me,
Why'd
you let me go?
Erano
arrivati in un luogo che non aveva mai visto prima, forse
perché non si era mai
presa la briga di esplorare l'area intorno al villaggio con
più attenzione. Si
trovavano su una collina innevata da cui si estendeva una piccola
valle, alle
loro spalle si distinguevano, in lontananza, i pochi edifici che
facevano parte
di Hogsmeade. Si girò verso di lui, notando che la stava
fissando con una
strana espressione.
Quello
sguardo era quasi insopportabile... i suoi occhi azzurri,
così luminosi e allo
stesso tempo penetranti, la facevano sentire debole, esposta, nuda.
«Cosa ti
succede, Minerva?».
Glielo aveva
chiesto con franchezza, finalmente. Ora che aveva ottenuto
ciò che voleva,
però, non sapeva cosa rispondere; non avrebbe potuto
rivelargli quello che
provava, sarebbe stato un disastro, una catastrofe.
«Non mi
succede proprio niente».
«Non sei mai
stata brava a mentire», fece notare lui.
«No,
infatti». Abbassò lo sguardo.
«Allora, mi
diresti cosa ti turba, per favore?».
Minerva alzò
la testa, fissandolo dritto negli occhi. Non sapeva dove avrebbe
trovato il
coraggio di parlare, ma sentì se stessa dire:
«Tu», sussurrò.
Albus
aggrottò le sopracciglia. «Io?».
«Tu mi
turbi, Albus. Tu sei il mio problema».
Silente
attese un attimo prima di continuare; chissà a cosa stava
pensando.
«Non
capisco».
Minerva si
lasciò sfuggire una risata amara. «Non capisci? Il
grande Albus Dumbledore non
capisce? Eppure mi pareva che fossi dotato di un grande intelletto, o
sbaglio?».
«Così dicono»,
replicò lui.
«Credi che
non abbia notato come ti comporti in questi mesi? Mi sei sempre stato
vicino,
come un buon amico, ma negli ultimi tempi...», si
fermò, incerta se continuare
o meno.
Albus sembrava
perso nella contemplazione il paesaggio, incapace di guardarla.
Minerva
sospirò, per poi continuare: «Negli ultimi tempi
ho notato il tuo cambiamento:
quando mi parli, quando mi guardi, quando mi sfiori».
Silente era
immobile, pareva un blocco di marmo.
«Non reggo
più questa tensione tra noi, Albus, ecco cosa mi
turba».
«Continuo a
non capire».
Ma davvero?
No, lui capiva benissimo.
«Vorrei
sapere perché ti comporti così; perché
ti avvicini a me e poi ti allontani
all'improvviso? Perché questa continua toccata e fuga,
questo tira e molla?».
La sua richiesta era chiara e diretta, non poteva far finta di non
comprendere.
Albus parve
trattenere il respiro. Era arrivato il momento cruciale: aveva scoperto
cosa la
turbava, ma, ora che Minerva gli aveva rivolto la domanda che attendeva
da
diversi mesi - sperando che lei si accorgesse del suo strano
comportamento -, la
domanda per cui si era preparato centinaia
di risposte diverse prima di scegliere quella appropriata, nessuna
parola
sembrava quella giusta. «Suppongo che sia soltanto colpa
della mia codardia»,
replicò a bassa voce.
«Ora sono io
a non capire».
Albus
sorrise e la guardò, finalmente. «La colpa
è mia; perché non ho saputo
esprimere meglio i miei sentimenti verso di te, o meglio, non ho
trovato il
coraggio - sì, Minerva, il coraggio - per confessarli.
Suppongo che la
temerarietà manchi anche ai Grifondoro migliori, qualche
volta».
Lei lo
guardò, incapace di parlare.
«Che tipo di
sentimenti nutri nei miei confronti?», riuscì a
balbettare, con un fil di voce.
Uno strano
sorriso illuminò il volto di Silente, i suoi occhi azzurri
brillavano più che
mai ed erano vicini, sempre più vicini...
Albus le
accarezzò dolcemente la guancia, guidando il suo mento verso
di lui con le
dita. Riusciva a percepire il suo respiro caldo, il suo profumo di
limone e zucchero,
proprio come il pomeriggio precedente. Minerva chiuse gli occhi e le
labbra
dell'uomo sfiorarono le sue in modo timido, quasi impercettibile.
Silente si
separò da lei un attimo dopo e la guardò
intensamente; la donna sentì il sangue
affluirle alle guance e lottò con tutta la sua forza per
impedirlo.
«Questi sono
i miei sentimenti nei tuoi confronti: credo di essermi innamorato, come
uno
stupido vecchio quale sono».
L'espressione
di Minerva si addolcì, la sua mano accarezzò la
guancia di Albus. «Non pensare,
nemmeno per un momento, di essere uno stupido vecchio,
capito?», sussurrò.
I suoi occhi
azzurri s'inumidirono di lacrime. Minerva avvicinò il viso a
quello di Albus e
sfiorò di nuovo le sue labbra.
«Non-pensarlo-nemmeno-per-un-momento»,
mormorò,
facendo una pausa dopo ogni parola per baciarlo di nuovo.
Lui le cinse
la vita con le braccia e la strinse forte a sé. Per lungo
tempo rimasero così:
Minerva appoggiata al petto di Albus, ascoltando il suo cuore che
batteva - a
tratti calmo, a tratti rapido come le ali di un colibrì -,
mentre lui le
accarezzava i capelli e inspirava il suo profumo a pieni polmoni.
I took my love down to
violet hill
There we sat in the snow
All that time she was silent still
Quel pomeriggio di fine dicembre, il Preside e la
professoressa di
Trasfigurazione rientrarono da Hogsmeade più tardi del
solito. Avevano
trascorso l'intero pomeriggio su quella collina innevata, isolati da
tutto il
resto del mondo. Avevano trascorso l'intero pomeriggio l'una tra le
braccia
dell'altro, a contemplare la meraviglia di quel luogo che pareva
incantato,
magico - per ironia della sorte -, a contemplare la meraviglia
dell'amare e
dell'essere amati.
So
if you love me
Won't
you let me know?
If
you love me,
Won't
you let me know?
Questa
fic è stata una vera agonia. Quattro sere in cui
l'ispirazione andava e veniva sempre nei momenti meno opportuni - tipo
quando mia madre urla: Jooo, vai a letto!
Quattro sere in cui continuava ad avere il blocco, dopo mezzo paragrafo.
Quattro sere in cui avevo il cuore a metà per la sofferenza
di Minerva e non vedevo l'ora di farli baciare, anche così,
senza un particolare motivo... ma no, ho stretto i denti, ho tenuto
duro, perché questa storia venisse decentemente. O almeno
spero.
La canzone, Violet Hill dei Coldplay, parla di guerra ma, in
realtà, è proprio la visione perfetta del
rapporto tra Minerva e Albus, o almeno in questa storia che la mia
mente malata ha concepito.
In costante tensione, in una guerriglia sottile e delicata, fatta di
sguardi, parole... per poi giungere alla pace, all'amore.
Spero che vi sia
piaciuta, sul serio.
Io so di averci messo
tutta me stessa.
Jo
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