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Andy – Ferite dal passato.
Ottobre 2008.
Andy non aveva mai pensato al modo in cui avrebbe detto alla sua famiglia di
essere gay. Per uno come lui, che a detta di Michael pianificava anche come
tagliare il cibo che aveva nel piatto, era una cosa abbastanza strana, ma il
fatto era semplicemente che Andy non si era mai posto il problema.
Quando a sedici anni si era innamorato per la prima volta, l'istinto gli aveva
suggerito di provare a confidarsi perlomeno con David, ma il fratello
frequentava l'università lontano da casa e si vedevano una volta al mese, troppo
poco per cercare di intavolare un discorso. Temeva il suo giudizio, temeva di
non sapersi spiegare e quindi alla fine aveva deciso di lasciar perdere.
In seguito era diventato sempre più facile rimandare il momento della
rivelazione, specialmente quando aveva iniziato il college e passava più tempo
al campus che a casa sua, non dovendo più avere paura di essere scoperto da un
momento all'altro. Non che la sua vita sentimentale fosse così esaltante o piena
di ragazzi, solo al terzo anno era uscito un paio di settimane con un tizio del
suo corso, ma non era andata bene e alla fine avevano deciso di restare solo
amici.
Andy sapeva che nascondersi non era la cosa migliore da fare, ma sospeso in quel
limbo di ambiguità si trovava bene e quindi – pur sapendo di sbagliare – non
aveva intenzione di fare davvero coming out.
Sapeva poi che le idee della sua famiglia erano abbastanza conservatrici e che
la loro reazione alla notizia non sarebbe stata granché positiva.
Tutta una serie di buoni motivi per tacere e nascondersi dunque, un po' perché
non gli era mai piaciuto sollevare discussioni eclatanti riguardo se stesso e un
po' perché Andy riteneva che in fin dei conti la sua sessualità non fosse affare
altrui.
Poi era arrivato Michael e le cose erano cambiate.
Nessuno dei due aveva mai tentato di mettere fretta all'altro, anzi Michael in
particolare era quello che aveva davvero paura di parlare con la sua famiglia,
ma Andy, già prima di conoscerlo, aveva promesso a se stesso di raccontare la
verità solo quando fosse arrivata la persona giusta.
Doveva in sostanza valere la pena di mettere tutto in discussione: l'avrebbe
fatto comunque per mettere le cose in chiaro e sì, anche perché era innamorato
di Michael e non voleva che rimanesse un'ombra nella sua vita.
A distanza di tempo, Andy si era reso conto di quanto questo ragionamento fosse
stato vigliacco e anche un po' egoistico, dettato anche dal bisogno di sentirsi
accettato anche a costo di dover nascondere quel lato di sé.
Nonostante tutti i buoni propositi comunque, Andy
non aveva mai immaginato come
sarebbero effettivamente andate le cose, non aveva mai provato nessun discorso
col quale introdurre l'argomento, forse aspettandosi inconsciamente che non
pensarci avrebbe annullato il problema.
Accadde tutto durante il pranzo di famiglia di una domenica di metà ottobre: lui
e Michael avevano da poco finito di sistemare l'appartamento nel quale si erano
trasferiti, sistemandola di tutto punto improvvisandosi persino imbianchini per
dare una rinfrescata alle pareti. In cambio di quel lavoro, la signora Harris
aveva offerto loro tre mensilità gratuite di affitto e loro avevano accettato,
considerato che quel risparmio, dopo aver affrontato un trasloco, era una
comodità considerevole.
Il fatto che avesse lasciato il campus, non era andato giù al padre di Andy, che
non capiva quale fosse la necessità di affittare una casa della quale occuparsi
sottraendo tempo prezioso allo studio. Anche quel giorno, mentre Andy raccontava
di come lui e Michael avessero sistemato i mobili e di come fossero soddisfatti
del loro lavoro, non aveva potuto trattenersi dal criticare questa scelta.
–
Non capisco per quale motivo tu abbia presto
questa decisione, Andy.
Fondamentalmente suo padre non era una persona
cattiva, adorava solo avere in mano il controllo di ogni cosa, per quanto non si
rendesse conto che questo potesse essere irritante agli occhi degli altri.
Andy si rese conto di aver
parlato
solo dopo qualche secondo, quando vide la faccia dell'uomo cambiare colore e la
sua espressione diventare di ghiaccio. E allora ricordò le parole che aveva
appena pronunciato.
– Io e Michael siamo andati a vivere insieme
perché lui è il mio ragazzo. Io e lui stiamo insieme.
Adesso non poteva più tornare indietro. Se avesse potuto avrebbe riformulato la
frase, ma tanto il concetto sarebbe rimasto uguale. Aveva addosso lo sguardo del
padre, della madre e di Eleanor e il silenzio glaciale iniziava a mettergli
ansia.
Alzò lo sguardo, aprì la bocca come a dire qualcosa. Per un attimo si era
sentito spavaldo e coraggioso, ma adesso avrebbe solo voluto rimangiarsi tutto.
–
No.
Suo padre pronunciò quell'unica sillaba sputandola fuori come se fosse veleno e
raggelandolo con un'occhiata severa. Inutilmente cercò lo sguardo di Eleanor,
mentre sua madre sussultava.
–
Scusa? – chiese, poggiando la forchetta sul
piatto e rendendosi conto che la sua voce si era già abbassata di almeno due
tonalità.
– Non può essere. Mio figlio non è un
frocio schifoso.
Sapeva che il suo commento sarebbe stato di quel genere, ma quelle parole gli
arrivarono lo stesso al petto come una pugnalata. Si sentì smarrito, senza
sapere come replicare. Eppure c'erano tante di quelle cose da dire...
–
Andy, tesoro, cosa vuoi dire? – chiese sua
madre, conciliante – Ti sei sbagliato, non...
La rabbia per l'insulto che il padre gli aveva rivolto fu più forte del dolore
che l'offesa gli aveva provocato, così Andy si trovò a reagire come mai gli era
capitato in tutta la sua vita.
– Non mi sono sbagliato, mamma. Sono un
frocio schifoso come dice papà, e sono
innamorato di un ragazzo che mi ama. Ma non penso che questo vi importi.
Gli occhi della donna si riempirono di lacrime, Andy la vide stringere fra le
mani il tovagliolo e inghiottire silenziosamente come se ciò che le aveva appena
detto avesse la consistenza di un boccone amaro da mandare giù.
–
Vattene. Non ho più un figlio da questo
momento. Non voglio più vederti alla mia tavola o in casa mia. – suo padre
mostrava una calma glaciale mentre pronunciava queste parole.
Andy in un primo momento aveva pensato che gli avrebbe urlato contro, che si
sarebbe arrabbiato, che avrebbero litigato per cercare di chiarirsi. Quel gelo
non se l'aspettava e forse era la cosa che faceva più male, ma di certo non
sarebbe rimasto lì ad implorarlo di ascoltare ciò che aveva da dire.
Senza dire una parola si alzò da tavola e andò in camera sua a sistemare il
borsone da viaggio. Non sapeva dire se fosse più arrabbiato o più ferito dalla
reazione dei suoi genitori, ma si accorse che comunque le mani gli tremavano
mentre chiudeva la zip del bagaglio.
–
Andy... – sua sorella Eleanor era immobile
sulla soglia della stanza.
–
Che c'è? – borbottò. Ecco, lei avrebbe potuto
intervenire per difenderlo, ma aveva preferito tacere.
–
Andy, non prendertela. Vedrai che gli passa.
Vedrai che gli passa e ti perdona.
–
Io non ho bisogno del perdono di nessuno,
Eleanor. – le rispose, stupito da come anche secondo lei il torto fosse stato il
suo.
Non riusciva a capire perché nemmeno a lei sembrasse importare del fatto che
avesse detto di essere innamorato, ma che fosse concentrata solo sulla sua
omosessualità. Davvero la sua felicità contava così poco?
–
Andy, per favore, cerca di ragionare...
Una delle poche cose in grado di fargli perdere davvero la pazienza era l'essere
trattato come un bambino che non capiva nulla ed Eleanor aveva il fastidioso
vizio di farlo sentire spesso così, quando avevano una discussione.
–
Eleanor, non c'è nessuna cazzo di cosa su cui
ragionare! Sono gay, d'accordo? E se la cosa non vi va bene, tolgo il disturbo e
non ne parliamo più!
Un'altra parola e probabilmente avrebbe pianto,
per quanto cercasse sempre di controllare le sue emozioni. Doveva andarsene da
quella casa, quasi gli mancava l'aria, le parole di suo padre lo stavano facendo
sentire sporco, come se davvero
stesse sbagliando qualcosa.
All'ingresso di casa rimase qualche attimo, esitante. Aprire la porta e poi
richiuderla avrebbe significato andarsene per sempre e non sapeva se era pronto
ad una cosa del genere. Non era mai stato in grado di prendere decisioni così
radicali, ed era la prima volta che gli capitava di stare per troncare un
rapporto così di netto. E in fondo erano i suoi genitori, forse avrebbe
potuto...
Dalla cucina sentiva sua madre e suo padre
parlare fitto, con la donna che chiaramente stava piangendo e si chiedeva come
fosse possibile che un problema
come quello di Andy fosse capitato proprio nella loro famiglia.
Respirò profondamente, mentre sentiva che il dolore stava prendendo una
consistenza fisica, colpendolo ovunque con le sue lame taglienti. Non c'era
nessun bisogno di provare a spiegarsi o di chiedere che capissero, di certo non
avevano alcuna intenzione di ascoltarlo.
E, per quanto la cosa lo ferisse, non voleva certo implorarli.
Si ritrovò in macchina quasi senza accorgersene, con la musica dell'autoradio a
tutto volume per scacciare il flusso dei pensieri che gli annebbiavano la mente.
Non pensarci forse lo avrebbe aiutato a far finta che non fosse successo nulla.
Non raccontò subito a Michael come erano andate le cose. Alle sue domande sul
perché fosse tornato un giorno prima del previsto e sul perché avesse un'aria
stanca e quasi avvilita, rispose vagamente, senza scendere nei dettagli.
Soltanto la sera sul tardi, mentre stavano guardando la televisione sdraiati sul
divano, Andy si lasciò sfuggire un sospiro più profondo, sempre ripensando alla
solita storia.
–
Ehi, ma mi vuoi dire che è successo? Sei
strano da quando sei tornato... – chiese Michael.
–
Oh, beh... Ho detto ai miei che sono gay e
che sto con te.
L'altro rimase in silenzio, forse non trovando le parole giuste per commentare.
–
E... è andata male?
– Praticamente un disastro. Mio padre mi ha...
mi ha fatto capire in un modo non esattamente diplomatico che per lui sono
morto. E che l'idea che suo figlio sia un frocio schifoso
lo disgusta.
Sentì le braccia di Michael avvolgerlo in un abbraccio e poi le sue labbra
posarsi sul collo.
–
Mi dispiace.
–
Io... non lo so se sono più arrabbiato o
deluso o tutte e due le cose. Nemmeno mia madre o mia sorella hanno detto
qualcosa. Pensavo che...
Pensavo che avrebbero capito, almeno loro.
–
Potevi dirmelo che avevi intenzione di
parlare. Magari sarei venuto con te.
Gli strinse una mano.
–
Non l'avevo programmato. E comunque era una
cosa che dovevo fare da solo. Tranquillo, Michael.
–
Sono orgoglioso di te. – sussurrò Michael al
suo orecchio dopo qualche attimo di silenzio – E ti amo. E sei la cosa più bella
che potesse capitarmi. Mi dispiace da morire per come sono andate le cose, Andy
e... lo so che è difficile. Non so nemmeno come provare a farti stare meglio...
–
Non importa, dai. Magari passa. Del resto
penso che non meritino tutto il mio dolore.
Invece importava.
Per quanto Andy si ostinasse a far finta che fosse tutto apposto, la ferita che
suo padre gli aveva inferto bruciava in modo insopportabile, specialmente nei
momenti più impensati. Si era accorto che Michael cercava di fare del suo meglio
per cercare di non fargli sentire troppo la mancanza della sua famiglia – ad
esempio aveva smesso di parlare dei suoi genitori e cercava di andare in una
stanza diversa da quella in cui si trovava lui quando telefonava a casa –
tuttavia non riusciva a smettere di pensarci.
Più di una volta, preso dallo sconforto, aveva anche provato a chiamare sua
madre, sperando che gli venisse chiesto di parlarne, ma non era mai successo.
Una volta, senza che se lo aspettasse, al telefono aveva risposto suo padre.
Quando l'uomo si era reso conto di avere a che fare col figlio, il suo tono di
voce si era fatto freddo e indifferente.
–
Che vuoi?
–
Volevo solo salutare mamma.
– Meglio di no, Andy. E se vuoi un consiglio,
trova qualcuno disposto a curarti.
Aveva riattaccato lasciandolo di sasso e facendogli passare la voglia di provare
a telefonare di nuovo. Ogni tanto sentiva Eleanor e David, ma non tanto spesso
come prima. Quest'ultimo era anche venuto a trovarlo all'università, ma non
avevano mai affrontato direttamente l'argomento, come a far finta che tutto
andasse bene.
Col tempo, Andy si era abituato a quell'andazzo, cercando di non sentire più la
mancanza di quella che era una parte fondamentale della sua vita.
Prima o poi, si ripeteva, sarebbe davvero riuscito a fare a meno di loro.
***
Non ha ascoltato nemmeno la metà del discorso di Eleanor, troppo perso nei
ricordi dolorosi legati a suo padre e al modo in cui nell'ultimo anno e mezzo ha
praticamente fatto finta che lui non esistesse.
–
Andy... Andy ci sei ancora? – chiede ad un
certo punto la sorella.
–
Sì, sì, sono ancora qui.
–
Non sembra nulla di grave, però l'hanno
ricoverato per dei controlli e forse dovranno fargli un piccolo intervento.
–
Ah, capisco.
Si chiede se sia normale il fatto che non riesca a provare assolutamente nulla.
–
Dovresti venire anche tu. – ripete Eleanor,
un po' preoccupata.
–
Perché?
Andy si chiede se Eleanor stia semplicemente ignorando come stanno le cose o
davvero non abbia capito.
–
Come perché? Che domande sono queste, Andy?
–
Non... Ha detto che non sono più suo figlio,
quindi non penso che gli importi più di tanto. – replica lui con calma.
E quelle parole –
frocio schifoso,
dovresti curarti – tornano di nuovo a
fargli male, più di quanto avrebbe immaginato. Sono vecchie ferite che si
riaprono e tornano a bruciare come se non fossero mai guarite.
–
Era arrabbiato.
Una persona arrabbiata non getterebbe veleno a quel modo, vorrebbe rispondere
lui. Non ferirebbe a morte un figlio che, con tutti gli errori che potrà fare,
resterà sempre un figlio.
E
amare
non può essere un errore.
–
Non gli è mai passata, evidentemente. Non ho
alcuna intenzione di farmi insultare di nuovo, Eleanor.
Non sa quanto potrebbe reggere il colpo, stavolta. Si sente già abbastanza
vulnerabile per via di Michael, adesso un altro sguardo di disprezzo potrebbe
farlo crollare ancora di più.
–
È nostro padre.
Come se il sangue contasse qualcosa, in questo caso. Come se il legame familiare
potesse lavare via ogni insulto e ogni brutto ricordo.
La voce di Eleanor inizia ad irritarlo, è inflessibile, quasi Andy stesse
soltanto facendo i capricci.
–
Dov'era nostro padre quando Michael è morto e
io ho quasi tentato di ammazzarmi? Dov'eravate tutti quando sono tornato a casa
dal funerale e la casa era talmente vuota da farmi venire un attacco di panico?
Dove diavolo eravate?
Il rancore dà vita a domande rabbiose, che
l'hanno sempre tormentato e che tuttavia non ha mai avuto il coraggio di
formulare. Ora quel dolore che si porta dietro da
troppo
tempo è esploso.
–
Ti sei mai chiesta come sto adesso? Lo sai
che se sto meglio è tutto merito di un'estranea, mentre invece avreste dovuto
essere voi a starmi accanto?
Per un attimo si sente smarrito all'idea che Elena se ne sia appena andata e si
chiede come sarebbe riattaccare il telefono e parlare con lei di quello che sta
succedendo.
–
Non riesco a pensare di poter passare sopra a
tutto. Non so nemmeno se a lui importa vedermi.
Quello che gli fa più male in assoluto è il fatto che, proprio mentre sta
parlando, avverte il bisogno di vedere suo padre e la sua famiglia. Di nuovo
quel senso lacerante di vuoto che solo loro potrebbero colmare. E non è solo
questione di orgoglio il non voler fare il primo passo verso una
riconciliazione, è più forte la paura di essere nuovamente rifiutato. E poi
significherebbe anche ammettere che ha sbagliato qualcosa, mentre lui sa di
essere sempre stato dalla parte della ragione.
–
Fa' come vuoi.
Il tono è quello di chi ha perso la pazienza e per un attimo Andy si sente in
colpa.
–
Senti, ci penso, d'accordo?
Poi un attimo di silenzio.
– Perché pensi che sia io a star
sbagliando?
È la stessa voce di quando era ragazzino e si rivolgeva a sua sorella o a suo
fratello quando aveva bisogno di un consiglio o non sapeva cosa fare. Ha paura
della risposta che potrebbe dargli, chiude gli occhi e aspetta.
– A cosa credi ti porterebbe odiarlo per
sempre? Magari c'è un modo per fargli cambiare idea, per fargli capire.
E forse il prezzo da pagare per avere la possibilità di spiegarvi è fare il
primo passo, no?
Le sue parole suonano convincenti, in un certo senso, anche se Andy continua a
pensare che ci sia qualcosa di sbagliato, nel suo discorso.
Fare il primo passo significherebbe anche rischiare di venire rifiutato per
l'ennesima volta, chiedere attenzioni, una cosa che lui ha sempre detestato.
–
Andy... mi dispiace.
A quelle parole non riesce a replicare: dire che non fa nulla sarebbe mentirle.
E Andy nel corso degli anni ce l'ha avuta anche con lei, per il suo silenzio,
per non aver mai fatto nulla per difenderlo. Anche con David è stata la stessa
cosa, non è bastata una cena insieme per ricucire del tutto il loro rapporto.
Però, forse, a piccoli passi qualcosa potrebbe essere ricostruito.
–
Dispiace anche a me, Eleanor. Non puoi
immaginare quanto.
Mi mancate e non posso fare a meno di desiderare che torniate a volermi bene.
Andy ha sempre pensato che il suo essere
omosessuale non debba essere accettato
quanto esser preso come una condizione di fatto, più o meno simile all'avere i
capelli scuri invece che chiari. E nemmeno dalla sua famiglia vorrebbe essere
accettato, quello che avrebbe
voluto sin dall'inizio era che gli fosse detto che non importava che il nome di
Michael fosse declinato al maschile.
L'importante doveva essere solo la sua felicità.
La saluta con una scusa, proprio un attimo prima che le sue difese crollino
completamente, promettendole che cercherà di pensare a quella loro discussione.
Non ne ha molta voglia, in realtà. Continua a provare quel senso di assoluta
indifferenza a quanto Eleanor gli ha raccontato, ma allo stesso tempo si sente
in colpa per non riuscire a sentire nulla. Un controsenso, o forse solo il
frutto di sentimenti contrastanti che si fanno strada dentro di lui.
Non riesce a pensare ad altro mentre, seduto davanti al computer con una
sigaretta fra le dita, cerca inutilmente di distrarsi guardando qualche video su
Internet.
Sa che suo padre non gli dirà mai che gli dispiace per come si è comportato.
Non farà mai il primo passo, né ammetterà di aver sbagliato. Fa parte del suo
carattere rigido e inflessibile non riconoscere i suoi errori e per questo Andy
ha paura di come potrebbe essere il loro incontro.
Non gli è mai capitato di immaginare come sarebbero andate le cose se la sua
famiglia avesse accettato Michael. Magari di conseguenza lui sarebbe riuscito a
trovare il coraggio di aprirsi con i suoi genitori e con Elena e le cose
sarebbero state diverse, più tranquille.
Forse non ci sarebbe stato nemmeno l'incidente.
Forse quella sera sarebbero andati insieme a casa dei genitori di Michael e lui
non avrebbe preso la moto e forse...
Trovare una spiegazione a tutto quello che è successo è un chiodo fisso, ormai.
Tutti i suoi pensieri sono spesso riconducibili al ridisegnare una realtà
alternativa che avrebbe potuto deviare il corso degli eventi fino al punto di
non uccidere Michael.
E quel lavoro fa più male, ma Andy non può fare a meno di pensare a come,
cambiando un minimo avvenimento, tutto quello che sarebbe venuto dopo avrebbe
preso una piega sostanzialmente diversa.
Si alza per andare ad aprire il portoncino e far uscire in giardino Luna, che
già da un po' si è accampata davanti all'ingresso richiamando la sua attenzione
e poi torna a sedersi al computer, cercando di lavorare alla sua tesi.
La casa è diventata nuovamente silenziosa, adesso che Elena se n'è andata, ma
Andy si sente diverso ora, come se fosse
diventato più facile sopportare quella solitudine senza dover per forza fingere
che Michael sia solo uscito di casa.
Il cellulare lampeggia, annunciando l'arrivo di un messaggio di Elena.
Sono arrivata a casa. Grazie di tutto.
Almeno lei ha un posto da chiamare
casa, pensa Andy, sorridendo
malinconicamente. Un po' la invidia, perché ha qualcuno su cui contare e che si
preoccupa per lei.
Lui ha Allie e Bea, ma non è esattamente la stessa cosa. Loro la sera vanno via,
lasciandolo in preda ai suoi fantasmi, e non possono essere la sua famiglia, non
come la intende lui, perlomeno. E come lui hanno vissuto lo stesso dolore per la
morte di Michael, il loro è un consolarsi a vicenda, l'abbraccio di Allie non
potrebbe mai essere come quello di sua madre.
Ripensandoci, non ha nemmeno chiesto ad Eleanor dove sia ricoverato suo padre.
Per un attimo prova il forte istinto di richiamarla, ma poi rinuncia,
paralizzato all'idea di sentire il sollievo della sua voce per l'interesse che
sta mostrando o peggio ancora, di sentirsi fare una predica su cosa è giusto e
cosa è sbagliato.
Pensa troppo, fino a farsi venire il mal di testa: Michael lo prendeva sempre in
giro per questo, ma per quanto Andy si sforzasse, non riusciva a non fare sempre
lo stesso errore, anche per cose stupide, che chiunque altro avrebbe liquidato
in pochi secondi.
Vorrebbe che Elena non se ne fosse andata, in modo da provare a chiedere
consiglio a lei: per quel poco che la conosce, pensa che lei sarebbe della
stessa idea di Eleanor, considerato come già ha affrontato la questione di lui e
David.
La compagnia di Elena è stata terapeutica per entrambi: se all'inizio aveva
pensato che parlarle di Michael gli avrebbe fatto male, adesso che se n'è andata
gli sono venuti in mente altri aneddoti che vorrebbe raccontarle.
Ma ci sarà tempo, questo è certo, sa che Elena non sparirà: lei gliel'ha
promesso e comunque già Andy immaginava una cosa del genere ancor prima che lei
parlasse.
E chissà, forse com'è successo con lei, a piccoli passi, potrà anche ritrovare
la sua famiglia, far capire loro che non c'è niente di sbagliato in lui.
Probabilmente sta solo facendo pensieri troppo ottimistici, ma Andy non riesce a
pensarla diversamente in questo momento.
Perché in fondo, il suo più grande desiderio è ancora quello, avere una famiglia
nella quale trovare un rifugio nei momenti in cui sta troppo male per farcela ad
andare avanti da solo.
______
Ho scritto questo capitolo praticamente di getto, infatti come potete vedere
l'aggiornamento è molto più veloce rispetto agli ultimi periodi.
Rileggendolo mi sono resa conto che fa male. Probabilmente troverete
refusi/ripetizioni/errori, e vi prego di perdonarmi per questo, è dovuto al
fatto che ad un certo punto non sono più riuscita a leggerlo col distacco
necessario a fare le correzioni.
Forse non è il capitolo migliore, ma è quello più necessario. Potrei
scrivere un milioni di motivi del perché, ma credo che fra le righe si capisca
quanto per Andy sia stato difficile superare certe cose.
E nulla, vorrei in particolare ringraziare Elisa per tutte le recensioni che mi
ha lasciato in quest'ultimo periodo e anche chi sta leggendo e seguendo
costantemente. Non sapete quanto mi facciano bene le vostre parole, spero che
continuiate ad averne per i capitoli che verranno.
Un bacio,
Aika.
PS no, non penso che il prossimo aggiornamento sarà così veloce. Io ci provo,
però insomma... mi conoscete, no? ♥
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