Come al solito… grazie e buona lettura! AH! Oggi
c’è qualcosa di più… BUON NATALE!!!!!!!!!!! ;) ^_^
Cap. 11
“Dai Hermione, altrimenti facciamo tardi alla partita!”
“Arrivo, Lavanda.”
Si avvolse la sciarpa rosso e oro attorno al collo e uscì
dalla camera. Quel giorno si giocava la partita decisiva: Grifondoro contro
Serpeverde.
Anche Draco gliene aveva parlato. Sempre più convinto a
battere la sua Casa, ovviamente.
Quella era la prima, ed anche unica, partita dell’anno a cui
avrebbe assistito. Non poteva vedere, quindi di sarebbe affidata completamente
alle parole del cronista .
I suoi compagni erano tutti in fermento, la squadra era in
subbuglio e Ginny, come Ron, era tesissima ma carica. Ovviamente la sua amica
non aveva fatto a meno di sottolineare il fatto che avrebbe battuto il suo
ragazzo (strano ma vero aveva pronunciato proprio quelle parole), le aveva
detto che sarebbe dovuta andare a leccargli le ferite… Ma Ginny non sapeva che
era da due giorni che non si parlavano…
Non si era presentata all’appuntamento fissato per la
manutenzione della pozione e, d’altronde, cosa doveva andare a fare? La pozione
era andata persa e poi, di certo non aveva scordato le parole di Draco.
Se solo ci pensava veniva assalita dalla rabbia, e quando la
sua assenza diventava soffocante, le bastava ricordare per scacciare
l’indomabile desiderio di averlo in quel momento al suo fianco.
La Sala Comune era un miscuglio di voci, rumori e
musica. E già, perché per la grande felicità della sua Casa, Grifondoro aveva vinto.
Hermione si era complimentata con la squadra, ma un pensiero
più che speciale era stato riservato ad un avversario. Al Cercatore avversario.
Chissà cosa stava facendo in quel momento, come stava…
Pensò che sicuramente era incollerito e furente. Magari ci
stava pensando Pansy Parkinson a rilassarlo…
Scosse subito la testa a quel pensiero e serrò la mano
attorno alla Burrobirra che stava bevendo. Quella era una tre le sue più grandi
paure.
In fondo, quale momento migliore? La loro Casa aveva perso,
Draco era solo e la Parkinson era la sua ex.
“L’ho lasciata io”.
Si morse il labbro inferiore muovendosi nervosamente sul
divano e, qualche secondo più tardi, un peso alla sua destra fece abbassare il
cuscino rosso.
“Ehilà! Allora, che c’è che non va? Forza Hermione, abbiamo
vinto! Sembra che tu stia ad un funerale piuttosto che ad una festa!”
“Oh Ginny…”
“Vediamo, è per chi so io?!” disse rassegnata e spazientita.
“Dovevi vedere la sua faccia quando ho afferrato il Boccino”
continuò Ginny con eccitazione mista ad una grande e palpabile soddisfazione
“per un soffio, devo ammetterlo, ma ce l’ho fatta! Devi dire a Malfoy che mi
dispiace davvero tanto e-”
“Ginny…” la interruppe l’amica con tono disperato.
“Cos’hai che non va? non ti senti bene?”
Hermione scosse la testa e appoggiò la Burrobirra sul
tavolino davanti a loro.
“No. Io ho paura che… Insomma, non ci parliamo più da quando
abbiamo litigato, poi c’è la Parkinson e adesso hanno perso e-”
“Aspetta, aspetta. Non sto capendo niente, che c’entra la
Parkinson con il fatto che hanno perso e con voi che non vi parlate più?”
Sospirò pesantemente.
“Be’ noi abbiamo litigato, loro hanno perso e… e lei è la
sua ex.”
“Ah… ho capito, hai paura che ti tradisca” disse senza
ironia, in maniera comprensiva.
Hermione annuì piano.
“Non hai tutti i torti, i ragazzi sono inaffidabili! Ma in
genere si parla di fiducia di coppia.”
Detto questo Ginny se ne andò. Era evidente che alla sua
amica non piaceva quel discorso, però le sue parole l’avevano fatto riflettere.
Lei non aveva fiducia in lui. Aveva subito pensato che la
stesse tradendo, era arrivata quasi a crederci come se l’avesse visto con i
propri occhi.
Ammonì sé stessa mentalmente, lei doveva avere
fiducia in lui.
Era una prova tutto quello che stava succedendo ed Hermione
doveva superarla.
Stanca ma ferma in questa convinzione decise di andare a
letto, ne aveva abbastanza di festeggiamenti per quella giornata.
Si alzò dal divano, cercò il muro e si avviò verso le scale
dei dormitori femminili. In genere non aveva problemi a camminare per la Sala
Comune, ma quando c’è una festa la gente tende a diventare sbadata e sconsiderata.
Ben tre ragazzi, di cui non conosceva l’identità, le erano
finiti addosso, scusandosi e dicendo di non averla vista. Era poi inciampata in
una poltroncina fuori posto, e aveva anche pestato la coda ad un gatto che,
graffiandola alla caviglia, era saettato via… presumibilmente.
Ron le venne in contro e, quasi ridendo, l’accompagnò sana e salva alle scale.
“Grazie Ron.”
Salì le scale e richiuse la porta dei dormitori alle sua
spalle. Si stese sul letto a pancia in giù, la testa nascosta tra le braccia.
Oltre alla sofferenza per la situazione con Draco, il sapere
di non poter più riacquistare la vista la tormentava e l’avviliva. Non poteva
nasconderlo, aveva pianto anche per questo.
Certo, la pozione sarebbe potuta essere preparata un’altra
volta, ma non c’era più tempo.
Si addormentò così, tra le ciglia perle argentate e sulle
labbra una piega amara.
“Perché non sei venuta? Troppo impegnata con Weasley?” parlò
a mezza voce, mentre le teneva puntata la bacchetta contro.
Hermione sospirò spazientita, cercava con tutte le sue forze
di concentrarsi, stringendo la bacchetta tra le mani all’altezza del petto.
“Via!”
“Expelliarmus!”
Draco lanciò l’incantesimo di disarmo contro la Grifondoro
che prontamente innalzò lo scudo protettivo. Fece qualche passo all’indietro,
barcollando per il potente controincantesimo, ma rimase in piedi.
“Bene, ora invertiamo i ruoli.”
La Waag passeggiava tra le file di studenti posizionati uno
di fronte all’altro nell’aula di Difesa che, per l’occasione, era stata
svuotata dai suoi banchi.
Al via della professoressa Hermione gli lanciò contro l’Expelliarmus,
e Draco riuscì a proteggersi con uno scudo innalzato tramite l’incantesimo
non verbale.
“Bene, vedo che per quanto riguarda il sortilegio Protego
(non verbale) è tutto a posto… Oggi studieremo altri incantesimi non
verbali, ma più potenti. Spostatevi dal centro dell’aula, per favore,
così potremmo far riapparire i vostri banchi” proseguì la professoressa.
Draco non smise di fissare Hermione neppure per un secondo,
e lei poteva sentire il suo sguardo. Era stata muta, e solo mentre si avviavano
verso i lati della stanza si decise a rispondere.
“Non dire scemenze. Io non son venuta, ma tu non mi hai
cercata.”
“Noi avevamo un appuntamento che non hai rispettato, non
dare la colpa a me. Se non vuoi più vedermi almeno rispetta il patto, la
pozione ha bisogno di essere curata con la massima precisione, e lo sai. Dopo
pranzo, ai bagni del secondo piano. Se hai cambiato idea fammelo sapere, però”
parlò velocemente, a bassa voce, guardando sempre avanti. Poi si allontanò da
lei, dirigendosi verso i suoi compagni Serpeverde.
Hermione rimase spiazzata, la pozione? Esisteva ancora una
pozione?
Lo cercò istintivamente con la mano, ma già non era più
accanto a lei, e fu meglio così. Un gesto del genere avrebbe attirato troppo
l’attenzione.
Il resto della lezione di Difesa proseguì come al solito e,
ad ogni minuto che passava, Hermione si sentiva sempre meglio, sempre più
leggera.
Iniziava a realizzare che, forse, non era tutto perduto.
Suonata la campanella gli studenti si alzarono e, raccolte
le proprie cose, si apprestarono ad uscire dall’aula. Ron ed Hermione rimasero
indietro, sotto consiglio del ragazzo, per evitare gli “ingorghi”, ma non erano
gli unici…
Ron la prese per mano e si diressero verso la porta, qui una
voce squillante li accolse sgradevolmente.
“Prima noi. La plebaglia va per ultima… sempre”
sentenziò la Parkinson malignamente.
Dai mormorii e dalle risatine, poteva immaginare che a non
più di due metri da lei ci fosse l’intero gruppo odiato Serpeverde, e quindi,
anche Draco.
Ron rimase immobile al suo posto, sicuramente scuro in viso.
Hermione sentì il rumore di numerosi passi allontanarsi, respirava quell’aria
di arroganza infinita e assottigliò gli occhi.
Come faceva ad esistere gente del genere? E soprattutto,
come era possibile che il suo ragazzo fosse un di loro?
Eppure, quando erano solo loro due, era diverso.
Più “normale” si direbbe. Più umano. Più squisitamente
ingenuo quando li poneva quelle domande che la facevano sorridere..
“Così l’hai salvata…” sussurrò, appoggiando le mani sul
tavolo in legno.
“Grazie” concluse Hermione, schiarendo poi la voce e
riportandosi un ricciolo castano dietro l’orecchio.
“Fosse stato per te, sarebbe finita tutta nelle fognature.
Non ne è rimasta molta, ma dovrebbe bastare.”
Annuì piano e sospirò.
“Però non c’è bisogno che me lo ricordi così premurosamente,
io… io ero sconvolta. Erano successe tante cose e poi, se proprio
dobbiamo dirla tutta, dì la verità… che sei riuscito a non perderla grazie ai consigli
che ti ho dato io in tutti questi giorni!”
Draco alzò un sopracciglio e si voltò verso di lei.
“E’ tutto merito di Piton, non montarti la testa. Quando
parli nemmeno ti ascolto.”
Hermione assottigliò le labbra e non rispose, decise di
usare il silenzio come arma.
Quando Draco finì di aggiungere l’ultimo ingrediente si mise
a fissare la Grifondoro, non volendole annunciare che ora poteva andare.
Si avvicinò di qualche passo a lei, voleva sapere… ma non
riusciva a chiederglielo.
Si passò una mano tra i capelli e si inumidì le labbra.
“Weasley ha… cioè, cos’è che ha fatto?” disse in tono
schifato e scettico.
Hermione, abbraccia conserte, corrugò la fronte.
“Che vuoi dire? Parla bene.”
“E tu cambia tono.”
Alzò gli occhi al cielo esasperata, nascondendo però la sua
felicità, unita al senso di vittoria, che aveva scaturito in lei il
comportamento di Draco.
“Voglio dire…” continuò pazientemente lui “che ha fatto
quando finalmente è riuscito a capire quale è la differenza tra una scopa e una
ragazza, e ti ha detto che gli piaci…?” pronunciò le ultime parole con
una nota derisoria nella voce.
Hermione si rabbuiò a quell’espressione ma decise che,
comunque, neanche questo avrebbe rovinato il suo momento.
“Mi ha baciata” disse con sicurezza e disinvoltura.
Draco sgranò gli occhi e subito dopo li assottigliò. Non
dubitava della sua serietà, questa volta. Dopo qualche minuto di silenzio,
Hermione lo sentì ridacchiare malignamente.
“Quel Weasley… E’ proprio un idiota.”
“E perché, scusa? Perché si comporta come tutti i ragazzi
normali e quando gli interessa una persona gliene parla civilmente?”
“Perché non sa in che guaio si è cacciato.”
Lo bloccò per un braccio sentendolo passare accanto a sé.
“No. Draco. Non provare a fare niente a Ron.”
“Non ci provo, lo faccio. E’ diverso.”
“Lascialo fuori da questa storia, di cui non ne sa
assolutamente nulla, oltrettutto. E’ una cosa che riguarda me e te, e basta.”
“Davvero? Io non credo. E’ stato lui a baciarti, o no?”
“Certo che sì! Ma è durato solo qualche secondo ed è stata
anche una cosa molto casta.”
“Be’ parliamo di Weasley dopo tutto.”
“Non per quello!”
“Ma si può sapere a che gioco stai giocando?” disse poi
irritato liberandosi dalla sua presa e cambiando del tutto atteggiamento.
“Stai con me, o almeno credo, fai la gelosa se si parla di
Pansy, ti baci Weasley, e poi pretendi anche che io me ne stia qui, come se
nulla fosse, a ignorare che quell’idiota si bacia la mia ragazza?!”
“Oh Draco, ma perché non capisci?! Ron mi ha dato un bacio,
ma io l’ho respinto. Se volessi stare con lui, non sarei qui ora. Ti pare?”
“Non ne sono tanto sicuro…” lo sentì borbottare.
“Che vuoi dire?” chiese con tono indagatore.
“Che un motivo per stare qui ce l’hai, e anche buono. Non si
trova tutti i giorni la possibilità di riacquistare la vista, dopo un incidente
come il tuo.”
Capendo all’istante quello che il ragazzo stava dicendo, e
non potendo sopportare che lui pensasse a lei come una approfittatrice
bugiarda, gli si avvicinò a gran passi e lo baciò con trasporto.
Dapprima lo avvertì rigido e spiazzato, ma ci mise poco, e
rispose al bacio con passione.
Quando, diversi minuti dopo, riemersero dal loro gioco fatto
di carezze e lingue , lei appoggiò la testa sul suo petto e rimasero in
silenzio.
Piano a piano il respiro tornò regolare ed Hermione immerse
il suo volto nella divisa del ragazzo.
“Perché devi essere così testardo…”
Sentì la sua voce giungere attraverso la stoffa della divisa
e sorrise.
“Prendere o lasciare Granger, è così.”
Draco la sentì ridere e quella sensazione di serenità, di
appagatezza, che viveva solo quando era con lei, si impossessò nuovamente di
lui.
I giorni passarono in fretta, le lezioni proseguivano, i
battibecchi erano sempre presenti, le carezze e i momenti d’intimità erano
sempre più ricercati ma, alla fine, Marzo era arrivato.
Anzi meglio, il grande giorno era arrivato.
Il tredici Marzo si presentava come una tranquilla e tiepida
giornata, dove ancora il freddo si faceva sentire ma i raggi del sole erano
sempre più forti e caldi.
Era notte. Si trovavano nella consueta stanzetta in disuso e
davanti ai suoi occhi, nella sua mano, Hermione stringeva un’ampollina dal
contenuto grigio perlato che tremava appena.
“Avanti, bevila” la sua voce era sicura e bramante.
“Siamo sicuri che i procedimenti sono stati giusti e che-”
“Tranquilla…” le spostò i capelli dall’orecchio e le parlò
con voce roca.
“Ho ricontrollato tutto, il colore infine è perfetto. Forza”
le diede un leggero bacio e poi si allontanò.
Hermione respirò profondamente poi aprì l’ampolla in fretta,
ma con decisione, e trangugiò il contenuto perlato.
Si portò subito e istintivamente una mano alla gola,
piegandosi in avanti, e lasciò cadere a terra la boccetta che si frantumò.
Subito Draco le fu accanto, rassicurandola tra le sue
braccia mentre il liquido denso scendeva per la sua gola e lasciva nella sua
bocca un sapore acido e aspro.
“Va tutto bene, c’era scritto che il sapore non era dei
migliori…”
“E di quale pozione lo è mai…” disse a fatica, cercando di riprendere
controllo di sé. Stava per parlare ancora quando si udirono dei passi per il
corridoio.
Sentì Draco scattare in piedi e con qualche colpo di
bacchetta pronunciare alcuni “Evanesco” poi, prendendola per mano, la portò
via.
Uscirono dalla stanza di corsa, spalancando con poca cura la
porta, mentre i passi si facevano sempre più vicini e frettolosi.
La porta alle loro spalle si chiuse sbattendo.
“Chi c’è?”
La voce del professor Piton giunse alle loro orecchie forte
e chiara, sentì Draco imprecare e mettersi a correre. Lo seguì senza indugio,
ma una domanda la tormentava e la spaventava: perché non vedeva?
Si nascosero più in fondo, in un’altra stanza. Draco chiuse
la porta, premendo contro il legno l’orecchio per sentire gli eventuali rumori.
Hermione invece era pressata contro il muro, aveva il
fiatone e gli occhi chiusi.
“Allora?”
“Credo che l’abbiamo seminato. Gli ho fatto credere che
siamo saliti su, ora Piton sarà già all’ingresso” disse ghignando divertito.
Lo sgabuzzino non era un granché, ma dovevano accontentarsi.
Si stava un po’ strettini, ma la cosa non gli dispiaceva poi tanto...
Si posizionò davanti a lei, che ancora riprendeva fiato, e
le bloccò ogni via di fuga appoggiando le mani contro la parete. I loro visi
erano a pochi millimetri l’uno dall’altro.
Sentendo la sua presenza molto vicina Hermione aprì gli
occhi e subito dopo dovette sgranargli, perché vide. E quello che vide fu
particolarmente… stupendo.
I suoi occhi erano magnetici, grigi, profondi, belli.
Furono quindi i suoi occhi la prima cosa che vide quando
riacquistò la vista, e non avrebbe chiesto niente di meglio.
Draco la stava scrutando attentamente, scrutava il suo viso
e poi scese in maniera “indecente” su tutto il suo corpo. Quante altre volte
l’aveva guardata così, a sua insaputa?!
Si guardò intorno e si accorse di essere in un vecchio e
polveroso sgabuzzino. C’era una crepa sulla porta in legno, ed era da lì che la
luce della luna penetrava.
“Non ti preoccupare, l’effetto può non essere istantaneo.”
Detto questo Draco la soffocò in un bacio mozza fiato, e non
le permise di replicare.
Hermione poteva sentire il respiro di lui e i loro nasi si
sfioravano.
“Allora, riesci a vedere qualcosa?”
“… No” decise di approfittare di quella situazione per
quanto poteva, voleva vederlo quando lui credeva di non essere visto. Voleva
osservarlo, ogni secondo, in ogni movimento, senza dover dare spiegazioni.
Draco si raddrizzò abbandonando le mani lungo i fianchi.
Qualcosa non andava. La pozione a avrebbe dovuto già fare effetto e se
non era così, allora forse avevano sbagliato...
Forse era stato lui a non saperla curare in quei giorni
durante l’ assenza di Hermione, forse l’incidente aveva alterato alcuni
ingredienti…
La guardò in viso, indeciso se metterla al corrente dei suoi
pensieri, ma poi nel buio riuscì a notare qualcosa di strano, che lo fece
riflettere.
Hermione si guardava in torno, non poteva credere di aver
riacquistato la vista. Si voltò verso Draco quando prese a parlare.
“Andiamo.”
Aprì la porta e si incamminò mentre Hermione lo seguiva a
passo spedito.
Avevano fatto circa due metri, dalle ampie finestre la luce
notturna illuminava il pavimento, e giochi di ombre e luci si riflettevano sui
muri. Era bello non dover più ricevere istruzioni anche per muoversi…
Tutt ad un tratto Draco si voltò con un ghigno, si fermò
anche lei di botto e ci mise pochi secondi a capire che si era morsa la coda da
sola.
“Tu ci vedi… Bugiarda” disse divertito e intrigato dal suo
comportamento.
Hermione, imbarazzata dall’essere stata scoperta e dal fatto
che lui si stesse avvicinando piano a lei, abbozzò un sorrisetto soddisfatto
della sua opera.
“Da quanto?”
Ora erano di nuovo uno di fronte all’altro, ma questa volta
era diverso. Questa volta si stavano guardando. Lui guardava negli occhi lei e
lei poteva vederlo, lei guardava negli occhi lui e lui lo sapeva.
Non capiva perché ma quella situazione la faceva sentire
strana, come una ragazzina al suo primo bacio, alla sua prima cotta. Eppure con
Draco aveva fatto molto più che un bacio, allora perchè ora stava arrossendo?
“Perché arrossisci?”
Già…
“Io non sto arrossendo!”
Alzò un sopracciglio in risposta.
“Okay, forse un po’… Non lo so. Non so perché” prese ad
attorcigliarsi una ciocca di capelli attorno all’indice. Abbassò lo sguardo e
poi lo riportò su di lui.
“Ho cominciato a vedere dopo poco che siamo entrati nello
stanzino.”
Draco annuì.
“Mi hai fatto preoccupare, dovevi dirmelo subito.”
“Perché? Ho voluto prendermi una piccola rivincita per tutte
le volte che mi hai guardata in un certo modo, senza che io ne
sapessi nulla…”
“Perché era preoccupante il fatto che non vedessi, ancora.
Credevo di aver sbagliato qualcosa nella pozione.”
Hermione sorrise cogliendo la preoccupazione sincera nelle
sue parole e gli si avvicinò.
“No, non hai sbagliato nulla…”
Si alzò sulle mezze punte e lo baciò. Fu un bacio dolce ma
significativo.
Dopo il miglior “buonanotte” di tutta la sua vita Hermione
era tornata a malincuore alla Torre dei Grifondoro, da sola, senza bisogno
d’aiuto.
Draco aveva detto che l’indomani le avrebbe spiegato in cosa
consisteva la sua parte del patto. Non poteva nascondere che una certa
agitazione l’aveva scossa, ma lui le era apparso piuttosto tranquillo e,
inoltre, non riusciva più a pensare che in qualche modo Draco potesse
ingannarla o farle del male.
I dubbi che un tempo, all’inizio di tutta quella storia,
l’avevano assalita, adesso erano scomparsi e anzi riusciva a provare persino
una certa dose di curiosità.
Volevo solo aggiungere che questo capitolo (soprattutto
verso la fine) è uno tra quelli che preferisco e che mi sono divertita un mondo
a scrivere… Spero sia piaciuto anche a voi ;) Alla prossima :D