Selfishness
Kami
aveva solo diciassette anni, quando era rimasta incinta. Troppo giovane per
avere un figlio. E poi lei e Spirit – suo partner e padre dell’esserino che
portava in grembo – non erano davvero una coppia. Quello che era successo era
stato un errore, si erano lasciati prendere dalla foga e dall’alcool.
E
come avrebbe fatto a crescere un figlio mentre era ancora impegnata nella
caccia alle uova di Kishin? Spirit, poi, non sembrava esattamente un possibile
futuro buon padre.
Tuttavia,
quando gli aveva detto cosa il loro errore aveva comportato, e dopo la confusione
e la paura che aveva visto dipingergli il volto, se l’era ritrovato a chiederle
di sposarlo, lei che credeva sarebbe scappato a gambe levate.
«Non
sono perfetto, ma quello che aspetti è il nostro bambino, e io voglio prendermene
cura. Insieme.» così le aveva detto. E chissà perché si era fidata – di un uomo
che non sarebbe mai riuscita davvero ad amare; avevano una buona risonanza,
certo, ma non basta per amare qualcuno.
Ma
aveva accettato, ed era diventata Kami Albarn.
Era
nata una bambina, l’avevano chiamata Maka. Era bionda e aveva degli occhietti
verdi. Non amarla sarebbe stato impossibile, era sua figlia. Tuttavia Kami sapeva fin dall’inizio che non
sarebbe mai stata una brava madre – perché
non era quello che voleva essere – e che la finzione della famigliola felice
non avrebbe funzionato a lungo.
«Ti
amo. Amo entrambe.» le aveva detto Spirit. Credergli? Non lo sapeva. Nonostante
questo si era ritrovata a rispondere: «Anche io.»
Quante bugie.
Mentre
Maka cresceva, e la vita procedeva con tranquillità, la loro caccia alle uova
di Kishin continuava. Era riuscita, alla fine, dopo tanti sforzi, a trasformare
Spirit in una Death Sythe, e di questo Kami era felice perché aveva raggiunto
il suo obiettivo.
Tuttavia
dopo la nomina ricevuta da Shinigami-sama, le cose avevano cominciato a
prendere una brutta piega.
Spirit
era un donnaiolo, lo era sempre stato, e lei lo aveva sempre saputo, ma da
quando era diventato una figura così importante in città, il tempo che passava
con le altre donne era aumentato. Era una cosa che non riusciva a sopportare,
non perché lo amasse – nonostante il tempo non aveva mai imparato a farlo – ma
perché la lasciava sempre sola ad inventare scuse su scuse per spiegare alla
loro bambina perché il padre mancasse da casa o cosa ci facesse con la mamma di
una sua compagna d’asilo.
Ma
aveva sopportato; aveva sopportato a lungo le dimenticanze, i ritardi e anche
le notti in cui tornava ubriaco, nascondendo quanto meglio poteva il suo vero
volto a Maka, che cresceva sana e forte e che continuava ad amare il suo
adorato papà.
Ma
Kami era stanca. Stanca di stare con un uomo che non amava, di crescere una
bambina che, in verità, non aveva voluto – perché nonostante l’amasse per
crescerla aveva perso troppe cose – stanca dei litigi e degli sguardi fin
troppo consapevoli che le altre donne le rivolgevano.
Così,
una sera, era stata lei a non tornare a casa. L’aveva passata insieme ad un vecchio
compagno della Shibusen, per scappare almeno per una notte da una vita che non
aveva chiesto. Si era sfilata la fede, e aveva lasciato che lui facesse il
resto.
Quando
poi si era risvegliata, il giorno dopo, in quel letto sfatto con accanto il
corpo caldo a cui si era concessa, aveva preso la sua decisione.
«Finiamola
qui.» aveva detto a Spirit quella mattina stessa, ignorando le sue domande su
dove fosse stata – quelle che di solito era lei a fargli.
«Ma
Kami…»
«Non
funziona. E io sono stanca.».
«Non
dire così! Giuro che cambierò, io ti prometto che- »
«Non
ho mai creduto ad una sola delle promesse che mi hai fatto – gli disse con tono
freddo – e non lo farò stavolta. Mi concederai il divorzio, dopodiché me ne
andrò.»
«Ma
Kami! Che ne sarà di noi? E Maka?»
«Maka
è grande abbastanza, sta per entrare alla Shibusen. Se la caverà anche senza di
me.»
«Ma
io ti amo.»
Dopo
quelle parole l’aveva guardato fredda, senza alcuna espressione, rispondendogli
poi con tono indifferente: «Smettila di mentire. Smettiamola entrambi.»
Quando
aveva salutato Maka, furiosa col padre per quello che stava accadendo alla sua
famiglia – perché ben presto la consapevolezza aveva abbagliato anche lei –
l’aveva abbracciata, ma la ragazzina non aveva pianto. Non aveva mostrato
debolezze di fronte a lei, una caratteristica che aveva preso da Kami stessa.
«Fai
buon viaggio.»
«Ti
manderò una cartolina ogni tanto.»
«Le
aspetterò con ansia.»
Tutto
ciò che aveva detto a Spirit era stato un “addio” senza alcuna emozione, prima
di salire su quel treno per non tornare.
La
promessa fatta a Maka l’aveva mantenuta, e almeno una volta al mese le inviava
una cartolina da uno dei posti che visitava. Ogni tanto le telefonava anche.
Era
consapevole che non fosse abbastanza, che Maka, ormai quasi adolescente,
avrebbe avuto bisogno di lei in un periodo così delicato della sua crescita,
avrebbe avuto bisogno dei suoi consigli per essere una brava shokunin, avrebbe
avuto bisogno di una madre che le
stesse accanto.
Tutto
ciò che aveva fatto era stato lasciarla con quel donnaiolo di suo padre, mentre
lei era scappata. Perché era un’egoista.
«Sai mamma, spero di diventare
forte come te un giorno, perché sei la persona che ammiro più al mondo.» le
aveva detto Maka una volta.
Ripensando
a quelle parole, ora, avrebbe voluto mettersi a piangere.
Era
stata un fallimento come madre, eppure lei la riteneva il suo esempio da
seguire, quando invece avrebbe dovuto odiarla con la stessa forza con cui
odiava il padre perché non si era comportata diversamente da lui ed aveva
pensato solo a sé stessa, perché l’aveva abbandonata, perché probabilmente non
sarebbe più tornata indietro da lei.
Sperò
con tutto il cuore che sua figlia trovasse la propria strada, che mai sarebbe stata come lei. Che sarebbe
stata felice, sicura e fiera delle proprie decisioni, senza rimpianti.
Perché
Kami, invece, non lo era mai stata, e i rimpianti le attanagliavano l’anima.
≈≈≈
Odio Kami – se non si
era capito.
Sarà anche stata una
grande shokunin, ma a mio parere pure una cattiva madre. Non migliore di
Spirit, insomma. Per me poi, quei due, non si sono nemmeno mai amati ed il
concepimento di Maka è stato un errore – ma Maka naturalmente questo non lo sa.
Sì, tutto naturalmente
secondo la mia modesta ipotesi.
Poi chissà, Ohkubo non ci dice mai nulla – per questo la nota ooc, ma io Kami
me la immagino esattamente così.
E, sempre secondo me,
Maka è anche più consapevole di quel che sembra del fatto che la madre l’ha
praticamente lasciata a sé stessa, solo preferisce fingere e continuare ad
idealizzarla.
Sì, giusto per rendere
la situazione più disastrata e melodrammatica di quello che è – d’altronde
tutti (o quasi tutti) i ragazzini di Soul Eater hanno avuto un’infanzia
difficile/triste/catastrofica.
Ma Ohkubo quel che ha
non lo sfrutta, quindi tocca a noi. E io tiro fuori cose del genere.
Magari in un giorno
non troppo lontano (?) potrei scrivere ancora sul tema famiglia. Chissà.
Per ora ringrazio chi
è arrivato fin qui.
Alla prossima!J
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