Alicia era a casa sua, seduta davanti al focolare. Era stata
una giornata tranquilla, e lei ne era rimasta quasi turbata. In effetti, era
TROPPO tranquilla. Lei abitava a Urù’baen, ed era difficile trovare giornate
come quelle, in cui apparentemente la vita sarebbe sembrata come quella di un
paesino fuori dall’Impero. Poi, lei… dopo l’inizio della missione di suo padre,
ancora si stupiva del fatto che lei, sua madre e suo fratellino Almayer fossero
ancora vivi. Fortuna che la sua sorella maggiore, Kristen, era andata via da
quella città molto tempo prima… non che Alicia avesse paura della morte o cosa,
l’unico motivo per cui non aveva seguito suo padre nella missione era perché lui
le aveva detto che comunque era troppo giovane e avrebbe fatto meglio a restare
a proteggere la madre e il fratello nel caso fosse stato scoperto tutto. Il
padre di Alicia aveva insegnato alla ragazza come difendersi usando arco e
spada, dato che, a parte Kristen, era la più grande dei figli, e suo fratellino
aveva appena sette anni. Le aveva insegnato qualche parola dell’antica lingua,
anche se lei non sapeva affatto che farsene poiché non possedeva alcun potere
magico e inoltre, almeno di quei tempi, dubitava di poter incontrare un
elfo.
Quell’eccessiva tranquillità la preoccupava. La preoccupava
tantissimo. Sentiva che qualcosa di brutto, di terribile stava per succedere, ma
non sapeva quando, dove e come.
La porta dell’ingresso principale si aprì fragorosamente, e
Alicia mise istintivamente la mano sul pugnale, che teneva sempre in tasca.
- Cosa, succede, figliola? Sembra che sia appena entrato
Galbatorix in persona! – disse Eloisa, la madre di Alicia, che era appena
entrata e che reggeva con le braccia un pesante cesto pieno di frutta e patate.
Dietro di lei si stagliava una figurina esile, molto simile alla madre:
Almayer.
- Niente, mamma… vuoi una mano? – rispose Alicia, cercando di
suonare tranquilla, mentre si alzava dalla poltrona e aiutava la madre a portare
la cesta in cucina.
- Dobbiamo farci bastare questa roba per un po’ di tempo, i
viveri della città stanno scarseggiando e tra poco anche le patate ci costeranno
una fortuna – disse Eloisa, non appena le due ebbero posato la cesta sul grande
tavolo della cucina.
- Si, mamma… vorrà dire che dovremo eliminare metà pranzo –
rispose Alicia, sospirando. Poi scostò i lunghi capelli corvini (che avevano la
cattiva abitudine di finirle davanti agli occhi) e scoprì il suo viso: un paio
di occhi viola rilucevano sul suo viso, accompagnati da un piccolo naso e da una
bocca a forma di cuore.
Tra le due ci furono alcuni secondi di silenzio, poi Alicia
chiese: - Hai ricevuto notizie di papà? –
- No, tesoro. E la cosa comincia a preoccuparmi. Ho paura che
il prossimo messaggio sarà di addio… o non arriverà mai - .
Alicia rimase un po’ sbigottita. Sua madre non era mai stata
così poco speranzosa. Evidentemente anche lei era estremamente preoccupata.
- A volte mi chiedo perché l’abbia lasciato andare – continuò
Eloisa, buttandosi seduta sulla grande poltrona dell’ingresso – salone, la
stessa dove prima sedeva Alicia.
- L’ha fatto per il bene di tutti – disse Alicia – soltanto
grazie a lui, a Faolin e a quell’altra sarà possibile sconfiggere Galbatorix. E
ora ci vorrà qualcuno che gli sottragga gli altri due oggetti che non sono suoi.
Non so chi sarà, ma spero che abbia successo. - .
La donna e la ragazza rimasero in silenzio, quasi in attesa….
Poi…
- Ahi! – urlò Alicia.
- Che succede? – chiese allarmata Eloisa.
- N-non lo so – disse Alicia.
Poi, accadde qualcosa di strano: Alicia cominciò a sentire una
voce… ripeteva un messaggio, ma la voce era ancora troppo bassa per poter essere
sentita… poi la voce aumentò di volume, e Alicia potè sentire cosa diceva.
Riconobbe subito la voce di suo padre.
Alicia, figlia mia, ho brutte notizie da darti. La nostra
spedizione è stata scoperta. Arya è stata catturata, a me e a Faolin restano
ormai pochi secondi di vita… e anche le vostre vite sono in pericolo, perché
oramai Galbatorix sa ciò che voi sapete. Se non volete essere catturate,
torturate e uccise, scappate via, più in fretta che potete!
Alicia scosse il capo.
- Che è successo, figliola? – chiese Eloisa.
- Era papà – rispose Alicia, ancora troppo sconvolta per
piangere – dice che… che sta per morire… e dice che dobbiamo scappare, e al più
presto! –
La donna si avvicinò alla figlia, e la abbracciò. – Non… non…
scherzi, vero?-
- No, mamma, no… -
- E perché dovremmo scappare? –
- La spedizione è stata scoperta, e hanno catturato… Arya.
Mamma, noi sappiamo tutto della spedizione, la prima cosa che Galbatorix farà
sarà quella di catturarci e torturarci per estorcerci tutto quello che sappiamo.
Dobbiamo scappare - .
Odiava ammetterlo, ma in quel momento scappare era il modo
migliore per salvarsi. Combattere non sarebbe servito a niente, una ragazzina,
seppur ben allenata, non avrebbe mai potuto competere con un soldato addestrato.
Magari con una guardia, quello si, ma non un esercito!
Le due donne, quindi, si affrettarono a prendere almeno le cose
essenziali per la loro vita fuori da Urù’baen: soldi, viveri e qualche vestito.
Alicia prese anche la sua spada e il suo arco, le altre due armi che possedeva,
oltre al pugnale, sempre nascosto nella sua tasca sinistra e sempre pronto
all’uso.
Alicia mise la spada nel suo fodero, che portava a mò di
cintura sul suo vestito, si mise l’arco in spalla, poi prese per mano il
fratellino. Insieme alla madre uscirono, nascoste dal buio della notte senza
luna di Urù’baen. La città sembrava morta, soprattutto a quell’ora, dove le
uniche luci accese erano le lanterne delle osterie, che però non emanavano
abbastanza luce da permettere di vedere un palmo di naso più avanti dei propri
occhi.
Stavano per raggiungere le mura della città, quando sentirono
dietro di loro un rumore metallico, come pezzi di ferro che scontrano tra di
loro. Alicia pensò a delle armature, ma sperò che la verità non fosse
quella.
Poi, una luce abbagliante travolse il gruppo di fuggitivi da
dietro. Era come se un enorme falò fosse stato acceso alle loro spalle.
- Fermatevi! – gridò una voce profonda, sicuramente
appartenente ad un soldato – Fermatevi e giratevi. Ordini del re Galbatorix -
.
Alicia, sua madre e suo fratello fecero finta di niente, anzi,
corsero più velocemente. Ma non bastò. Alicia si sentì afferrare il braccio, poi
cadde a terra. Infine sentì un forte dolore alla testa. Poi il nulla.
*
Alicia aprì gli occhi. Provò a muovere le braccia e le gambe,
ma non ci riuscì. Era legata, e l’avevano spogliata delle armi. Cercò di mettere
a fuoco la stanza in cui si trovava. Come ben poteva immaginare, si trovava in
una cella. Una fredda e buia cella. E non sapeva nemmeno che fine avessero fatto
sua madre e suo fratello. Sperò soltanto che fossero vivi, o magari… anche già
liberi…. Ma quest’ultima ipotesi era certo la più improbabile.
La ragazza cercò di liberarsi. Provò a muoversi, a contorcersi,
ma le corde erano così dure e così legate strette che le era impossibile
muoversi anche di un solo centimetro. Provò a rilassarsi e a non pensare a cosa
ne sarebbe stato di lei poco tempo dopo, ma non le fu possibile. Infatti era
appena entrata una guardia. Si aspettava che fosse venuta per ucciderla, o farle
del male, ma non fu così. Con grande stupore della ragazza, la guardia prese la
spada, e la usò per tagliare le corde.
Alicia si alzò in piedi. Le gambe e le braccia le facevano
male. Sicuramente era rimasta svenuta per almeno un paio di giorni, vista la
difficoltà che aveva nel camminare.
- Muoviti, ragazzina! – disse la guardia, con voce minacciosa –
Il re vuole parlare con te, e subito! –
Prese il braccio della ragazza, e la condusse fuori dalla
cella. Alicia vide che, mano a mano che procedevano, altre guardie si univano a
loro. Cosa pensava Galbatorix, che una ragazza come lei, oltrettutto disarmata,
sarebbe stata pericolosa? La ragazza, involontariamente, si mise la mano sul
fianco. E si rese conto che Galbatorix aveva avuto ragione a radunare per lei
tutte quelle guardie. Dopotutto, non era disarmata. Le restava, lì, in tasca, il
suo pugnale… e con quello sarebbe riuscita ad uccidere minimo due guardie….
Frenò l’impulso di tirare fuori l’arma e uccidere i suoi
carcerieri: non sarebbe certo riuscita ad ucciderli tutti, inoltre era certa che
nel palazzo erano presenti altre guardie, e l’ipotesi di fuggire era
inconcepibile, almeno in quel momento.
Alicia quindi si lasciò condurre. La portarono in una grande
stanza dalle pareti color rosso sangue e con parecchie porte. Al centro della
stanza vi era un ciclopico trono ricoperto da un drappo cremisi. Nonostante
sopra non ci fosse nessuno, Alicia era sicura che si trattasse del trono di
Galbatorix, e questo certo non la rassicurava.
La ragazza e le guardie rimasero in attesa per una decina di
minuti, poi una porta, una delle tante, si aprì.
Non appena Galbatorix entrò, tutte le guardie si misero in
ginocchio, il capo rivolto a terra. Solo Alicia era rimasta in piedi, la schiena
eretta e la testa alta, quasi a dimostrare di non avere paura.
- Andate via, lasciatemi solo con la ragazza – ordinò il re
alle guardie. Queste ultime scattarono come se avessero avuto un porcospino nel
sedere, e corsero fuori dalla stanza. Così Alicia era sola con Galbatorix, il
quale la fissava minaccioso.
- Ragazzina, sai perché sei qui? – disse il re, assumendo un
tono di voce tanto duro e imperioso da far prostrare chiunque, ma non Alicia,
che rimase in piedi.
- No – rispose Alicia, cercando di suonare convincente.
- Allora credo proprio che abbia bisogno che qualcuno ti
chiarisca le idee, prima di incontrare la morte. Tu sei qui perché il tuo caro
padre ha partecipato ad un attentato alla mia persona, autorità e al mio potere.
Quest’attentato riguardava un uovo, hai presente, ragazzina? Ebbene si, cara,
quest’uovo era mio, e tre di loro, compreso tuo padre, me l’hanno rubato. E sai
che rubare è reato, vero? –
- Quell uovo non era vostro. Non era di nessuno, e voi ve ne
siete appropriato illegalmente – rispose Alicia, cercando di restare calma, ma
lasciando trasparire comunque rabbia e rancore.
- Calma, ragazzina, calma. Non vorrai certo lasciar scivolare
la tua unica speranza di salvezza, vero? Ebbene, ho qualcos’altro da dire, prima
che tu possa scegliere tra la morte e la vita. Tuo padre e quell’uovo erano
diretti da qualche parte, vero? So che sai dove, ragazzina. È ormai noto a tutti
noi l’amore di tuo padre nel confidarsi con la famiglia… ora, dimmi a chi era
destinato quell’uovo - disse il re, modulando il tono di voce in modo da
sembrare amichevole, quasi paterno.
- Si, so dove e a chi doveva portare l’uovo. Ma si scordi che
io possa dirvelo. Resterò muta come un pesce. Non tradirò il segreto –
- Neanche se ci fosse in gioco la tua vita e quella della tua
famiglia? –
- No – disse Alicia, emettendo un lungo sospiro.
- Ebbene, se tu non mi dici ciò che voglio, tu morirai appena
uscirai da questa stanza, e tua madre e tuo fratello resteranno a vita nelle mie
prigioni. A te l’ardua scelta –
- Come se servisse a qualcosa! So che ci farete morire comunque
–
- Bene, io ti ho dato la facoltà di scegliere. Sei sicura?
–
Alicia rimase un paio di secondi a pensare. Non pensava a
Galbatorix come ad un uomo di parola. Se avesse detto qualcosa, probabilmente
Galbatorix avrebbe comunque fatto uccidere lei, sua madre e suo fratello, e
avrebbe passato il suo tempo e impegnato i suoi soldati alla ricerca della
persona predestinata, fino a provocare la morte sua e, magari, di tutta la sua
famiglia, o del suo paese…
E così, prese la sua decisione. Qualche lacrima cominciò a
rigare il suo volto.
- Meglio morire, piuttosto che vedere uno stupido giullare
tiranno spadroneggiare su tutto ciò a cui tengo – disse la ragazza duramente,
poi chiuse gli occhi, aspettando la morte.
Ma Galbatorix non le fece niente. Gridò: - Magog! Vieni! -
.
La guardia che aveva portato via Alicia dalla cella si presentò
nella stanza.
- Ai vostri ordini, mio signore – disse la guardia,
prostrandosi davanti al trono.
- Porta via questa ragazza da qui – disse Galbatorix – e
uccidila con la tua lancia. Non voglio spargimenti di sangue, qui - .
La guardia prese Alicia per un braccio, e fece per portarla
via. Mentre attraversavano la porta opposta a quella da cui erano entrati,
Galbatorix disse: - E mi raccomando, falle più male che puoi. È questa la
punizione contro gli ingrati come lei - .
Alicia e la guardia attraversarono la porta, che conduceva ad
un lungo corridoio. La ragazza, nonostante la paura, potè vedere sulla faccia
della guardia un’espressione di rabbia, mista però ad una strana indecisione.
Alla fine strattonò ancora più bruscamente il suo braccio, e quasi la buttò
dentro la prima stanza a sinistra.
Sembrava una specie di armeria. Alle pareti erano appesi archi,
spade e balestre, e al centro della parete davanti a lei c’era una sorta di
piedistallo, sopra al quale era poggiata quella che pareva essere una grosso
ovale di pietra rosa. Alicia guardò meglio le armi alle pareti. Sembravano molto
buone e resistenti, nonostante non avesse la possibilità di osservarle più da
vicino.
E poi, sulla parete destra della stanza, la ragazza si accorse
di un particolare: tra il nero delle spade e degli archi, spiccava il marrone
chiaro di un altro arco. Accanto a questo, riluceva il viola della lama di una
spada. Alla ragazza quasi scappò un urletto di gioia. Erano le sue armi. E,
accanto a queste, c’era una piccola borsa di pelle. La sua borsa.
Prima che la guardia riuscisse a chiudere il portone metallico
della stanza, Alicia fece in tempo ad osservare meglio il piedistallo davanti a
lei, e la pietra che vi giaceva sopra. Sgranò gli occhi. Quella non era una
pietra… Alicia aveva ricevuto abbastanza istruzione da suo padre da capire che
non lo era. Era un uovo. Un uovo di drago, per essere precisi.
La guardia chiuse il portone, facendo un fracasso terribile. Un
secondo dopo, era parato davanti alla ragazza, brandendo la lancia come un
macellaio brandisce la mannaia.
- Ragazzina mia, sei stata troppo imprudente… e ora… morirai! –
disse, poi fece per buttarsi contro di lei.
Alicia subito scansò il colpo di lancia, facendo quasi cadere
in avanti l’uomo.
- Cosa credi, che io mi faccia uccidere tanto facilmente? –
disse, ridendo. Poi tirò fuori la sua arma, il pugnale. La guardia provò di
nuovo ad attaccarla, ma lei si scansò di nuovo. Poi, con un gesto fulmineo,
ficcò il pugnale nel petto dell’uomo, che urlò di dolore prima di cadere a
terra, senza vita, in un lago di sangue.
Alicia rimase in piedi davanti al cadavere, e impallidì. Le
urla dell’uomo sicuramente avrebbero fatto accorrere tutti i soldati della
reggia, e lei doveva scappare immediatamente. Si rese conto, in una frazione di
secondo, che il palazzo era sconfinato, e che lei non sapeva né dove si
trovasse, né, tantomeno, il modo più veloce per uscire.
Si avvicinò alla parete, e prese le sue cose. Poi si avvicinò
al piedistallo con l’uovo.
Cosa avrebbe dovuto fare? Andarsene senza prenderlo, e rendere
tutto ciò per cui la sua gente combatteva inutile, o prenderlo, entrare nella
storia, ma correre almeno il doppio dei rischi che già stava correndo?
Non aveva molto tempo per pensare. Già sentiva passi e voci,
provenienti dalla stanza del trono.
Prenderlo o non prenderlo? Prenderlo o non prenderlo?
Alicia emise un profondo respiro, e prese l’uovo tra le mani.
Avrebbe passato la sua vita fuori da Urù’baen a cercare qualcuno che il drago di
quell’uovo avrebbe trovato idoneo. Aprì la sua borsa e, tra i morbidi vestiti,
pose l’uovo. Poi chiuse la borsa, e se la mise in spalla. Aprì la porta, e si
preparò alla fuga.
Fortunatamente il corridoio era abbastanza lungo e buio, così
le guardie, anche se fossero state all’inizio del corridoio, non l’avrebbero
vista.
Corse dalla parte opposta rispetto a quella da cui era entrata,
verso l’ignoto. Quando arrivò alla fine del corridoio, vide che sulla destra vi
era una ripida scala a chiocciola in discesa, fiocamente illuminata da delle
lanterne. Alicia non ci pensò su molto, e cominciò a scendere.
La scala era lunghissima, e continuava a girare, in una spirale
strettissima. Dopo un po’ Alicia si sentì girare la testa.
Ma non doveva cadere, non doveva… sentiva il clangore delle
armature, di sopra, ed era sicurissima che, dopo aver setacciato ogni singola
stanza, i soldati si sarebbero diretti verso le scale. Se si fosse fermata,
l’avrebbero presa….
Infine, la scala finì.
Davanti alla scala c’era una porticina. Alicia l’aprì, non
sapendo cosa potesse trovarci dentro, ma al contempo non avendo altra
scelta.
Nella stanza dove era entrata, esattamente come in quella da
cui era uscita, c’erano delle armi. Ma queste armi non avevano nulla a che fare
con quelle che c’erano nell’altra stanza. Mentre quelle della stanza precedente
erano di ottima fattura e curate nel minimo dettaglio, queste ultime erano
piuttosto rozze, anche se parevano resistenti. Ora che ci pensava, Alicia poteva
scommettere l’uovo che trasportava nella bisaccia che quelle erano le armi
destinate alle guardie. E le venne in mente una geniale idea….
Prese una delle armature, e se la infilò. Per l’altezza le
andava bene, ma le stava leggermente larga. Meglio, avrebbe potuto nascondere la
bisaccia con l’uovo. Poi prese un fodero da spada, e ci infilò dentro la sua,
infine se lo legò in vita. Non avrebbe potuto tenere comodamente l’arco, ma
anche per quello aveva un’idea. Per completare poi il travestimento, si raccolse
i lunghi capelli neri sulla testa, e si infilò un elmo. Infine uscì, reggendo in
mano l’arco.
Trovò davanti a lei un gruppo di soldati.
- Hai trovato qualcosa? – chiese una di queste. Almeno il
travestimento aveva funzionato, pensò Alicia.
- Si – rispose la ragazza, camuffando la voce, aiutata anche
dal fatto che l’elmo la soffocava parecchio, rendendola più indefinibile.
- Cos’hai trovato? – continuò la guardia.
- Il suo arco –
- Bene. Ora dobbiamo sapere dov’è finita lei. Venite - . Tutti
i soldati, Alicia compresa, si avvicinarono.
La guardia tirò fuori una pergamena, e la aprì. Alicia sorrise,
sotto l’elmo. Era proprio quello che ci voleva. L’uomo aveva tirato fuori una
mappa della reggia.
- Noi siamo qui – indicò la guardia, puntando col dito su un
quadrato della mappa.
- Direi che è meglio se ci dividiamo, nel cercare quella
stupida ragazza - .
Gli altri soldati andarono subito via, seguendo l’ordine, ma
Alicia e la guardia con la mappa rimasero lì.
- Non ti ho mai visto da queste parti, uomo – disse la guardia
– sei nuovo? - .
Alicia annuì.
- E allora, se non vuoi finire nelle segrete del castello
cercando quella ragazzina, è meglio se tieni questa mappa. E, mi raccomando,
fammela riavere, o saranno guai. L’ho stilata io personalmente, e non voglio che
vada perduta - .
Così dicendo, la guardia diede ad Alicia la mappa, poi se ne
andò. La ragazza tirò un sospiro di sollievo. Ora aveva una mappa del castello,
ora poteva fuggire!
Srotolò la pergamena, e la osservò. Era divisa in cinque
riquadri, ciascuno contrassegnato da un numero. – 1, 0, 1, 2, 3. Alicia ricordò
dove la guardia aveva puntato il dito, e vide che era nel riquadro – 1. Non le
ci volle molto a capire che i numeri stavano ad indicare i piani del palazzo.
Quindi, in quel momento, si trovava nei sotterranei. Per arrivare all’uscita,
doveva semplicemente salire le scale. E fu ciò che fece.
Finite le scale, tornò nel corridoio da cui era da poco uscita.
Si rese conto, osservando più attentamente, che quella da cui era uscita non era
l’unica porta: erano varie le aperture che si aprivano dalla parete. Guardò di
nuovo la mappa. Per l’uscita, doveva prendere la terza porta a sinistra.
Entrò nella suddetta porta, e si ritrovò in un corridoio
lunghissimo, illuminato a giorno da delle torce. La ragazza si coprì gli occhi:
infatti era rimasta per un paio d’ore nella semioscurità, e ora tutta quella
luce la infastidiva.
Lentamente i suoi occhi si abituarono alla luce, e potè
osservare ciò che stava sulle pareti. Queste erano dipinte di rosso acceso, e su
di esse erano disegnati, con oro puro, draghi e Cavalieri, tutti con un
espressione tanto minacciosa da incutere paura.
La ragazza sospirò, e si sforzò di non guardare le pareti
mentre attraversava il corridoio. Poi, dopo una decina buona di minuti, si
ritrovò davanti ad un’altra porta, intarsiata d’oro, anch’essa recante disegni
di draghi. Attraversò la porta.
Si ritrovò davanti a quello che pareva un grande salone
d’ingresso. Davanti a lei stava il portone principale, il portone della
salvezza. Ma c’era un piccolo problema…
Due guardie erano appostate accanto al portone, e la
squadravano, sospettose. Lei fece ugualmente per avvicinarsi al portone, ma le
guardie la bloccarono.
- Cosa c’è? – chiese lei, confidando nella sua voce
soffocata.
- Chi sei? – chiese una delle sentinelle.
- Sono una guardia, come voi –
- Davvero molto divertente – disse l’altra sentinella – ma poco
convincente. Si da il caso, infatti, che ci abbiano appena informato della
scomparsa dell’armatura di un nostro collega… e ci hanno chiesto di far togliere
l’elmo a chiunque tenti di uscire… sapete, con una ragazzina fuorilegge in
libertà… -
- Bene – disse Alicia. La ragazza si tolse l’elmo, poi, con uno
scatto fulmineo, sfoderò la spada e colpì le due sentinelle: la prima, al collo,
la seconda, al ventre.
- Contenti, adesso? – disse la ragazza, rivolta ai due uomini rantolanti. Poi
si voltò, verso il portone. Lo aprì. E uscì, verso la libertà.
***********************************************************
Per quanto riguarda i personaggi che ho inserito, appunto, nello spazio "Personaggi", devo precisare che si tratta solo di qualcosa di indicativo, perchè, a dire il vero, i personaggi dell'elenco sono presenti un pò tutti (più, ovviamente, altri personaggi inventati)... solo che nell'elenco manca la voce "un pò tutti"...
Detto questo, leggete e commentate!