PROLOGO
Il
rumore della zip che chiudeva la valigia fece venire la pelle d'oca
ad Isabella che guardandosi intorno ancora non credeva possibile che
una vita lunga ventisei anni potesse entrare tutta in due valigie.
Certo! La cosa non era stata del tutto indolore, però alla
fine ce l'aveva fatta. Impacchettata in scatole recuperate qua e là
dai vari supermercati della sua città, Isabella aveva stipato
tutti i suoi vestiti estivi in attesa del momento giusto per farseli
spedire, conscia del fatto che a settembre inoltrato, dove stava
andando, non c'era il rischio di morire dal caldo. Non a Londra per
lo meno.
Charlie
Brown sbadigliò annoiato. Isabella quasi si sentiva in colpa
per quello che avrebbe dovuto fargli passare il giorno dopo. Non solo
lo aveva sottoposto ad ogni tipo di cure, vaccini, controlli, ma il
giorno dopo lo avrebbe rinchiuso in un piccolo trasportino nel quale
lo aveva pesato, nelle ultime settimane almeno una ventina di volte e
che il povero Charlie Brown aveva cominciato ad odiarlo talmente
tanto che appena lo vedeva cominciava a ringhiare. Isabella lo
sapeva, ma tutto questo stress avrebbero reso Charlie Brown isterico
entro la fine del viaggio.
Sospirò
rimandando questo pensiero al giorno dopo e si guardò intorno.
La sua cameretta era quasi del tutto vuota. Non c'era più
nulla che testimoniasse il passaggio di un'intera vita tra quelle
pareti, a parte le scritte con l'uniposca sulle ante degli armadi che
parlavano di amori antichi e di canzoni che avevano segnato
l'adolescenza di Isabella.
Ora
era ad un solo passo. Ad un passo dal diventare adulta. Ad un passo
dal prendere la sua laurea in letteratura inglese. Ad un passo da
ottenere finalmente la sua tanto agognata libertà.
Perché
per quanto potesse dirne Ligabue, lei nella sua città non
riusciva a tenere botta. Aveva bisogno di scappare e di lasciarsi
dietro quei luoghi e tutte quelle persone che la stavano costringendo
a non essere: a non
essere se stessa, a non essere felice.
Si
sedette sul letto e una strana sensazione le prese la bocca dello
stomaco. Non voleva pensarci ma qualche cosa dentro di lei si stava
muovendo. Un mostro sopito che lei non aveva fatto parlare fino ad
allora e che ora si stava svegliando facendole venire una paura
fottuta.
Per
mesi aveva cercato di non dar peso alla sua vocina interna che le
faceva giornalmente il countdown, come un promemoria per ricordarle
quanto davvero mancasse, ricordandole che sarebbe partita da sola,
con un cane come suo amico, verso una terra nuova, un nuovo stato,
che non conosceva e che aveva visitato solo come turista e non come
persona che ci avrebbe passato, forse, tutta la vita.
Qualcuno
si avvicinò alla porta. Isabella ne vide la sagoma attraverso
il vetro smerigliato. Isabella sorrise arresa. Sapeva già chi
era e lei se l'era aspettato da quando aveva detto vado. Magari
sperava che succedesse un po' prima.
La
porta si aprì e apparve suo padre. Senza bussare, come suo
solito, con la rudezza di un padre, spaventato quanto basta da quando
si era reso conto che la figlia non era più la bambina che
stringeva tra le braccia appena l'altro ieri e che, in quel preciso
momento, invece, era una donna che poteva farcela anche senza di lui.
Isabella
lo guardò con un sorriso dolce. Era un uomo abbastanza
giovanile, che non dimostrava gli anni che in realtà aveva. Un
uomo che non esitava a commuoversi davanti ad un telegiornale, ma che
non aveva ancora versato una sola lacrima da quando aveva saputo che
la figlia doveva partire. Isabella sapeva perché. Tra di loro
c'era sempre stato un bellissimo rapporto. Lei lo aveva amato come
tutte le bambine amano il proprio padre e, nonostante tutti i litigi,
una volta cresciuta aveva tenuto con lui un rapporto unico ben
lontano da quello che aveva con la madre. Per lui, invece, Isabella
era la prima figlia, quella che sapeva tenergli testa, quella che
rispondeva a tono e solo dopo pochi minuti da un litigio le passava
tutto.
In
quel rapporto così strano e così forte, quel primo
grande distacco era un po' un lutto. Per entrambi.
Gli
occhi scuri e piccoli dell'uomo scrutarono la figlia per un attimo e
poi le chiese:
“Allora?
Sei pronta? Domani è il grande giorno!”
Isabella
sentì quel mostro divorarle lo stomaco e delle lacrime
cominciarono ad inumidirle gli occhi.
Annuì
appena e si guardò le mani con troppo interesse. Il padre si
rese conto dell'imbarazzo della figlia maggiore e sedendosi accanto a
lei e le chiese:
“Sei
sicura di voler partire?”
Isabella
sospirò e stavolta le lacrime scesero impietose nonostante lei
scappasse dallo sguardo del padre ostinandosi, stavolta a guardare il
soffitto.
Il
padre le poggiò una mano sulla gamba e dolcemente le disse:
“Qualsiasi
cosa succeda, ricordati piccola. La porta di questa casa sarà
sempre aperta per te. E anche per Charlie Brown!”
Isabella
chinò finalmente lo sguardo, sorridendo tra le lacrime e
abbracciando il padre, lasciandosi andare ad un pianto quasi
liberatorio rispose tra i singhiozzi:
“Ti
voglio bene!”
Il
padre le passò una mano sui capelli e guardando le pareti dove
un tempo avevano capeggiato i poster dei Take That e di Luciano
Ligabue esclamò:
“Mi
sa tanto che dovrò tinteggiare una volta che sarai partita!”
i due risero e si guardarono negli occhi. Fu in quel momento che
Isabella scoppiò a piangere e il padre, piangendo a sua volta
l'abbracciò e con la voce rotta, aggiunse: “Ti voglio
bene anche io piccola!”
“I
PASSEGGERI DEL VOLO FR 5822 CON DESTINAZIONE ROMA...”
Isabella
teneva il trasportino con Charlie Brown a fatica, mentre il cane
guaiva disperato dentro. La ragazza aveva ancora gli occhi rossi e
ringraziò Dio che non fosse permesso di far passare i parenti
e gli amici anche nella sala d'attesa.
Nonostante
questo, nonostante avesse cercato di non piangere davanti a sua madre
che dopo la malattia ancora non si muoveva liberamente che invece
piangeva come una fontana e aveva cercato di essere forte abbastanza
quando suo fratello l'aveva abbracciata mostrando dopo tanto il suo
lato dolce dall'infanzia, Isabella non aveva resistito quando aveva
visto suo padre salutarla da dietro il vetro dal quale si poteva
vedere la fila di passeggeri pronti per imbracarsi. Era scoppiata a
piangere, mentre la poliziotta di frontiera la guardava con un
sorriso materno mentre le diceva di passare.
Prese
le sue cose che venivano trasportate sul nastro dopo essere state
scannerizzate e infilò le scarpe e prese tutto il resto.
Mise
il cappotto e frugò le tasche. Fu allora che trovò un
foglietto. E sopra con una calligrafia incerta e con qualche lacrima
che aveva bagnato il foglio, qualcuno aveva scritto:
“QUANDO
TI SENTIRAI SOLA... GUARDA IL CIELO E CERCA LA LUNA. IN QUEL MOMENTO
LO FARÒ ANCHE IO. E ALLORA TI SENTIRÒ VICINA. TI VOGLIO
BENE. IN BOCCA AL LUPO. SPACCA TUTTO PICCOLA. CON TANTO AFFETTO. TUO
PADRE.”
Le
lacrime scesero di nuovo ancora più copiose.
Si
sentiva una stupida. Lei lo aveva voluto. Lei e lei soltanto. Si mise
a sedere e mise un dito dentro il trasportino. Charlie Brown lo leccò
piano, ricominciando a guaire disperato. Isabella poggiò la
schiena sulla spalliera del sedile e cercò di soffocare il
senso di colpa che sentiva verso il suo cane che stava soffrendo per
il suo egoismo. Così come la sua famiglia, specialmente suo
padre.
Tirò
su con il naso, guardando di nuovo il foglietto.
In
effetti, la luna era la stessa, dovunque la guardasse. Quello
l'avrebbe unita alla sua famiglia. Sempre. Come un sottile filo
rosso.
Guardò
lo schermo dove sullo sfondo blu appariva una scritta gialla.
Partenza
e destinazione.
Alghero.
Londra.
Verso
una nuova casa.
Verso
una nuova vita.
Questa
è la mia nuova fan fiction.
È
su Jude Law e questo è solo il prologo.
Spero
che vi piaccia.
E
di non avervi annoiati/e.
Un
bacio. E fatemi sapere che cosa ne pensate.
È
importante leggere i vostri pareri.
Positivi
o negativi. Basta che siano costruttivi.
Alla
prossima.
DISCLAIMER:
leggete Jude Law e i nomi di altre persone che fanno parte della sua
vita e pensate che sia lui... Si lo è, lo ammetto. Ma quella
che vi apprestate a leggere è solo una storia scritta
nell'intento di divertire. Ho preso il nome di Jude Law, ma voglio
ricordare che io non lo conosco e che il mio personaggio prende solo
spunto da quello reale. Per il resto... Non credo che siano più
diversi. Un bacio. E Buona Lettura.
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