cap 9
Whelp capitolo IX
Di jharad17
Traduzione a cura di Jillien
“Va tutto bene?” Chiese Severus al ragazzo. Harry era
così silenzioso e la sua espressione così vacua che
Severus non ne era sicuro. “Vuoi chiamarmi Padre?”
“Io... Io non ho mai...” Rinunciando, Harry scrollò
lievemente le spalle, poi gli lanciò uno sguardo terrorizzato.
“Mi dispiace, signore!”
Preoccupato, Severus si chinò in avanti ma non accennò a
toccare il ragazzo. Si stava ancora rimproverando per aver usato un
tono così brusco quando aveva visto il bambino dimenarsi sotto
il letto, esponendo le ferite recentemente guarite a chissà
quali germi e sporcizia.
“Scrollare le spalle spalle, signore. Scrollare le spalle non è permesso.”
“Una delle regole della tua vecchia casa?”
Il ragazzo sembrava infelice, e si rifiutava di incontrare il suo sguardo. “Sì, signore.”
Severus sospirò. “Non ti colpirò per aver scrollato
le spalle, ma preferirei che non lo facessi. E' segno di una mente
debole. Dovresti essere in grado di fare pensieri appropriati e di dar
loro voce, non di ripiegare su un modo di comunicare così
primitivo.”
“Sì, signore.”
Sopprimendo un altro sospiro, Severus evitò di correggere la
costante risposta di due parole. Era ovvio che il ragazzo si sentisse a
disagio, e sarebbe occorso del tempo per capire che in quella casa non
sarebbe stato punito come lo era stato con i suoi parenti. Non che
Severus gli avrebbe lasciato tenere un comportamento irrispettoso,
impertinente o vandalico. Non intendeva abbassare i suoi standard, ma
con questo ragazzo... Doveva stare attento.
“Hai fame?”
“Sì, signore” iniziò a dire il ragazzo, alzò lo sguardo speranzoso. “Ma...”
“Sì? Ma cosa?”
“Ma devo davvero fare pipì.”
Era riuscito a malapena a trattenersi dal ridere, dato che non c'era
nulla di divertente nel modo in cui i suo parenti avevano lasciato il
bambino a se stesso. Ma lo sguardo sul suo volto era così
lamentoso che Severus non potè fare a meno di soridere. Un po'.
“Lascia che ti mostri la toilette. Te la senti di
camminare?”
“Sì, signore!” Harry si arrampicò giù
dal letto più velocemente di quando c'era salito e
atterrò sulle punte dei piedi.
“Attento con quella caviglia, ora. Ho bisogno di lavorarci ancora
un po' prima che guarisca completamente.” Non aveva ancora deciso
se affidare a Madama Chips una procedura di guarigione tanto delicata.
Meglio che il bambino non la facesse peggiorare prima che fosse sistemata, comunque.
“Sì, signore”, disse il ragazzo, e smise di saltellare.
“Seguimi”. Severus lo accompagnò fuori dalla porta,
e attraverso il corridoio, fino a un bagno ornato con rifiniture blu
che circondavano infissi bianchi e che comprendeva una vasca da bagno
con zampe di leone. Harry si lanciò verso il water e Severus
chiuse discretamente la porta, aspettando dall'altra parte.
Sentì lo scarico dopo un lungo momento, e dopo l'acqua scorrere
nel lavandino. Il pomello della porta venne girato dopo poco e un
ragazzo veramente sollevato uscì fuori dalla stanza.
“Grazie, signore!”
“Harry, non c'è bisogno che mi ringrazi per averti fatto
usare i servizi igienici. Puoi farne uso ogni volta che vorrai.”
La speranza rinacque negli occhi del bambino, e a Severus fece male il
cuore nel vedere tanta gratitudine per una cosa così misera.
“Preferisci mangiare al piano di sotto o nella tua stanza?”
“La mia – mia stanza, signore?”
“Certamente, la tua stanza. Non possiamo dividerci la mia, giusto? E' di tuo gradimento?”
“La stanza, signore?”
“Sì”, rispose Severus mentre accompagnava il ragazzo
di nuovo in corridoio. “O preferiresti fare qualcosa per
ridecorarla? Nei limiti, ovviamente.”
“Ridecorarla? Io... Io non.” Scosso la testa e per un
momento sembrò che stesse per alzare le spalle, ma si
fermò a metà strada e invece disse “Non sono sicuro
di cosa intenda”.
Appena entrarono nella stanza, Severus indicò le pareti.
“Molti ragazzi della tua età hanno dei poster sulle
pareti, di squadre di Quidditch, o giocatori, o dei loro gruppi
musicali preferiti. Io ovviamente rifuggivo tali iniziative quando ero
giovane ma, nel caso tu volessi farlo, potresti. Con moderazione.”
Guardò in basso verso Harry, la cui espressione era l'emblema
della confusione. “Io... um... Cos'è il Quidditch,
signore?”
“Uno sport ad alta aggressività e grande pericolo,
giocato, per la maggior parte, da idioti arroganti che mancano del
senso di auto-conservazione.” Fece una pausa e continuò
meno tagliente, “ Alcune persone sembrano apprezzare questo tipo
di cose”.
“Non credo che mi piacerà, signore” disse il
ragazzo, e gli lanciò uno sguardo attraverso la frangia spessa,
come se stesse giudicando la sua reazione.
Severus esitò, guardandolo. Sapeva fin troppo bene quanto la sua
opinione influisse sul senso della realtà del bambino, anche
dopo così poco tempo dall'inizio del loro rapporto. Poteva far
rivoltare questo bambino completamente contro James e qualsiasi cosa
egli avesse rappresentato, qualsiasi cosa che aveva avuto di prezioso e
a cui aveva tenuto. Sarebbe stato da lui farlo, e avrebbe potuto farlo
bene. Ma... Ma sapeva che Lily avrebbe disapprovato e, alla fine, non
stava adottando il ragazo perchè era l'unico che l'aveva amata
abbastanza da farlo?
“No?” disse alla fine. “Non penso che dovresti
prendere una decisione come questa finché non avrai visto una
partita. Oserei dire che sarai in grado di fare una scelta più
ponderata, in quel momento.”
“Sì, signore” disse il ragazzo, e Severus fu sicuro di avergli visto un accenno di sorriso sulle labbra.
Lo studiò per un altro momento, nuovamente sorpreso dalla
pazienza del bambino, e anche dalla sua resistenza. Non era ancora
passato un intero giorno dal momento in cui l'aveva salvato e Severus
era stupito del cambiamento nella sua condotta. “Quindi, stavamo
per trovare qualcosa da mangiare. Nella tua stanza o di sotto?”
Harry si strinse le braccia alla vita e non rispose per un po'. Severus
notò che il ragazzo tendeva a farlo quando si sentiva
particolarmente nervoso, come se si stesse proteggendo. Pensò di
sapere il perché.
“Non c'è una risposta sbagliata, Harry”, disse
quietamente. “Entrambe andranno bene. Dappin può
facilmente portare il cibo qui come nella sala da pranzo.”
“Mi piacerebbe rimanere qui, signore. Se posso?”
“Certo che puoi. Perchè non ti sistemi sul letto? E io
informerò Dappin che mangeremo qui,” Si girò mentre
il ragazzo si arrampicava sull'alto letto a baldacchino, e
chiamò l'elfo domestico per dargli le direttive per la loro
cena. In pochi minuti entrambi avevano dei vassoi sulle ginocchia,
quello di Harry a letto e quello di Severus dove sedeva, sulla poltrona
vicina.
Harry aveva del brodo, altro latte, un po' di patate bollite e un po'
di purea di mela, mentre Severus aveva un bicchiere di vino rosso, il
manzo usato per il brodo, carote candite, patate con prezzemolo, una
fetta di pane fresco con burro e delle fette di pera come dolce. Anche
se il bambino si lanciò sul cibo – avrebbero dovuto
lavorare sulle maniere a tavola – Severus lo vide occhieggiare il
suo più sostanzioso piatto con qualcosa simile all'invidia.
Dopo un'occhiata del genere, Severus si pulì la bocca con un
tovagliolo. “Domani proveremo a darti anche qualcosa di simile,
va bene? Forse un po' di pane o frutta fresca? Non vorrei che stessi
male, mangiando troppo e troppo presto, capisci.”
“Sì, signore”, mormorò il ragazzo, e
s'interessò di nuovo al suo vassoio. Severus sentì una
fitta di qualcosa che, se l'avesse provata un altro, avrebbe definito
invidia. Ma non sarebbe servito a nulla far sentir male il bambino,
dopo tutto il lavoro che aveva fatto per aiutarlo.
“Domani”, disse osservando il bambino ancora un momento,
“qualcuno verrà per eseguire la cerimonia di adozione.
Sarà interessato a incontrarti e forse vorrà parlarti. Io
sarò qui” aggiunse velocemente quando il bambino
alzò la testa con la paura negli occhi, “tutto il
tempo”.
“Sì, signore”.
“La cerimonia non sarà lunga”, continuò
Severus, “ma ad un certo punto dovremo versare un po' di sangue.
Solo una puntura di spillo, nemmeno abbastanza da far male.” Il
ragazzo sembrava ancora dubbioso. “Vuoi che te lo mostri? Potrei
provarlo sul mio braccio, per te” si offrì.
Harry si morse il labbro e sembrò pensieroso, cercando di nuovo
di indovinare la risposta giusta. Invece di aspettare che decidesse,
Severus fece apparire uno spillo e mostrò a Harry il suo braccio
destro. Con l'ago punse la pelle vicino al polso e ne fuoriuscì
una goccia di sangue. “Vedi? Questo è tutto”. Un
momento dopo fece scomparire il sangue e la piccola ferita.
Il ragazzo sembrò enormemente confortato. “E
dopo...” Inghiottì. “Dopo sarò tuo
figlio?”.
“Sì, Harry. Dopo sarai mio.”
Harry non dormì bene quella notte. Si muoveva e rigirava nel
grande letto, e gli risultò difficile stare comodo nonostante le
soffici lenzuola pulite. Era buio nella stanza e lui non amava molto il
buio. Non il buio completo, almeno. Si strinse le ginocchia al petto e
rimase quanto più possibile in mezzo al letto, rannicchiato in
una piccola palla.
Al mattino la luce rossastra dell'alba avanzò lentamente dai
piedi del letto, e Harry si alzò strofinandosi gli occhi, felice
di non dover più provare a dormire. Doveva andare di nuovo in
bagno e scivolò lungo il corridoio verso il bagno come se
qualcuno potesse saltare fuori in qualsiasi momento. Nessuno lo fece,
ma si affrettò a finire e scappò di nuovo nella sua
camera, il più velocemente possibile.
Padron Piton – no, Padre – aveva detto che gli era permesso
andare ovunque volesse, ma avrebbe potuto cambiare idea. Zio Vernon lo
faceva spesso, e inoltre la maggior parte delle volte non lo diceva ad
Harry finché non rompeva una nuova regola.
Non sicuro di cosa dovesse fare, Harry andò alla finestra per
guardare fuori. La casa si trovava su uno stretto viale ciottolato, ed
era addossata alla casa più vicina, anche se questa si trovava
alla fine della strada. Di fronte c'era una corta recinzione in ferro
battuto con un cancello nel mezzo.
Anche se non sembrava un prato, una piccola aiuola con dei fiori
dall'aria malaticcia era stata sistemata piuttosto bene. Forse poteva
guadagnarsi il suo mantenimento in quel modo. Padron Piton aveva detto
che non doveva, ma lui sapeva che, in realtà, avrebbe dovuto.
Era inutile se non lavorava. Questo era quello che loro avevano sempre
detto.
Seduto leggermente sul bordo del davanzale, Harry si toccò con
attenzione la gola ma la catena era sparita, proprio come tutte le
altre volte che aveva controllato. Probabilmente Padron Piton gli aveva
guarito il collo, come aveva fatto con il resto. Harry sapeva che
avrebbe dovuto ripagarlo anche di quello. Le medicine non erano per i
piccoli, inutili cagnetti che avrebbero dovuto essere affogati alla
nascita, diceva sempre Zia Marge. Avrebbe dovuto essere grato di aver
ricevuto anche solo "qualcosa".
Voltandosi verso la stanza decise di fare il letto, e poi si sarebbe
potuto vestire. Ma non sapeva dov'erano i suoi vestiti, non li aveva
visti da quando si era svegliato. Forse erano stati lavati? Forse
avrebbe potuto chiedere a Dappin: lei probabilmente lo sapeva.
Ci volle un po' di tempo per rifare il letto, dato che era quasi
più alto di lui, ma alla fine riuscì a mettere i cuscini
in ordine e a sistemare e lisciare le trapunte. Stava per raggiungere
un altro di quei panni quando la porta si aprì e Padron Piton
apparve.
“Bene, sei in piedi. Hai fame?”
“Sì, signore, um, voglio dire, sì Padre.”
Il padre di Harry sorrise davvero, e l'oscurità nei suoi occhi
si ammorbidì. Era vestito ancora una volta con abiti da giorno,
ma nulla che Harry avesse mai visto. Indossava qualcosa di simile a una
vestaglia, solo che era più lunga e pesante, di colore verde
scuro con rifiniture nere ai bordi.
“Allora vieni di sotto, e Dappin ci preparerà la
colazione.” Aspettò in corridoio che Harry lo seguisse e,
quando raggiunse la porta, aggiunse “Avrai bisogno di vestiti per
la cerimonia di oggi. Anche di vestiti in generale, ma per oggi in modo
particolare.”
“Sì, Padre ma, um...”
“Cosa c'è?” chiese Padre quando mentre raggiungevano le scale.
“I vestiti sono costosi e io non...”
“Lascia che sia io a preoccuparmi dei vestiti, Harry.” Disse secco, e Harry si costrinse ad annuire.
“Sì, signore.” Harry incurvò le spalle. Aveva
già fatto arrabbiare suo Padre e non avevano nemmeno fatto la
cerimonia, ancora.
Il silenzio continuò per un lungo momento, prima che suo Padre
parlasse di nuovo. “Lascia che ti aiuti a scendere le scale. Non
dovresti camminare con quella caviglia.”
Harry guardò l'alto, dinocciolato uomo che sarebbe diventato suo
padre. Era fermo con le braccia aperte, come se si aspettasse che Harry
andasse da lui. Ma Harry non era davvero sicuro di cosa dovesse fare.
Si morse il labbro e rimase fermo, indeciso e ancora preoccupato di
ciò che suo padre avrebbe fatto ora che era arrabbiato. L'uomo
fece un passo verso di lui ed Harry, senza pensarci,
indietreggiò.
“Harry. Non ti farò del male. Voglio solo portarti al
piano di sotto.” Questa volta la sua voce era calma, per nulla
brusca e forse un po' triste. Sentendosi stupido e imbarazzato, Harry
girò il volto.
“Preferiresti mangiare nella tua stanza?”
Harry annuì. “Sì, signore. Per favore.”
“Molto bene. Torna dentro e io informerò Dappin.”
“Sì, signore”, disse Harry di nuovo, e tornò alla stanza da solo.
***
NdT: Sono tornata, più leggera di un numero spropositato d'esami e con la mia Beta sempre al seguito!
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