Ci sono tanti fantasmi su
quest'isola.
Molti semplicemente non li noto più, tanto sono chiusi nel
loro
incubo. Con altro ci ho fatto amicizia, al punto che ci salutiamo
quando li incrocio, e qualcuno sono persino riuscito a farlo passare
oltre, curiosamente.
Ma uno mi ha sempre
lasciato perplesso.
Un bambino biondo, con un corto cappotto azzurro, le scarpine di
pelle bordeaux, che si aggirava tra Nantucket e Martha's Vineyard,
Falmouth e New Bedford.... Mi capitava di vederlo, tutte le volte che
pioveva, o che il cielo virava a tempestoso. La cosa terribile
è che
chiamava disperatamente il padre, con lunghe grida strazianti. Non
sono mai riuscito a parlarci, spariva ogni volta che provavo ad
avvicinarmi.
Ci ho messo un bel po' a
riconoscerlo... e l'ho fatto quando l'ho visto portarsi la destra
alla fronte, apparentemente per ripararsi dal sole. Ma è
rimasto
così impettito per un po', ed alla fine un'immagine identica
è
riemersa dalle nebbie della mia memoria. Non ho mai fatto caso alla
storia ed alle vicende babbane, ma ovviamente la morte di JFK ha
avuto ampio risalto anche tra i maghi, senza contare che ero di
passaggio negli Usa a quel tempo, a reclutare mangiamorte. E quel
bambino ha letteralmente commosso tutta una nazione: John John, lo
chiamavano. Durante i funerali ufficiali del padre fece un passo
avanti, lasciando la madre piangente alle sue spalle, e
salutò il
padre, minuscolo, impettito, silenzioso. Troppo piccolo per avere
l'esatta percezione dell'avvenimento, istruito forse a non piangere,
ma più probabilmente incapace di comprendere che cosa aveva
perso,
chi stava effettivamente salutando. John Kennedy Jr è
sparito al
largo di Martha's Vineyard, il 16 luglio 1999, con il piccolo aereo
da turismo su cui stava viaggiando, in compagnia della moglie e della
cognata. I resti dell'aereo non sono mai stati trovati, e l'America
ha perso un altro Kennedy.
Ma è stato
quando l'ho riconosciuto
che sono riuscito anche a parlargli. L'ho chiamato, e mi ha guardato
finalmente. Mi ha chiesto se avevo visto suo padre, e mentre gli
rispondevo il suo aspetto è cambiato, diventando quella di
un uomo
adulto, identico al 39enne che era quando è morto. Era
fradicio
d'acqua e ferito alla testa, inizialmente, poi il suo aspetto
è
diventato “normale”. Era vestito di nero, con una
giacca leggera,
una polo ed un paio di jeans. E mi ha chiesto di nuovo di suo padre,
perché era convinto che fosse lì ad aspettarlo.
Diceva che sua
moglie e sua cognata erano entrate nella luce, ma lui non poteva,
perché non c'era suo padre, ad aspettarlo. E lui doveva
assolutamente trovarlo. Gli dissi che non sapevo come aiutarlo, ma
ero il solo che era riuscito a contattare, e cominciò a
perseguitarmi. Appariva al faro, o in negozio, a tutte le ore,
molestando i clienti magici, arrabbiandosi, parlando in
continuazione. Bisogna dargliene atto, aveva ereditato le grandi
capacità dialettiche del padre. Sarebbe stato un
trascinatore di
folle, se avesse potuto farlo.
Alla fine cedetti. Volevo
riguadagnare
la mia tranquillità, è vero, ma ero anche curioso
di capire come
andava a finire questa storia. Se davvero JFK era ancora in giro per
l'America, sotto forma di fantasma. John John diceva che voleva
trovarlo, portarlo con se nella luce. Non sarebbe mai passato senza
di lui, ma non riusciva a trovarlo da nessuna parte.
Con Richard, quando gli
raccontai la
storia, provammo a fare la cosa più semplice...
un'evocazione, ma
non si fece vedere nessuno di interessante. Conoscemmo un sacco di
vecchi marinai sperduti, ma non l'ex presidente. Lasciai allora il
negozio nelle mani del mio socio e il faro in quelle di Cletus e mi
decisi a fare un giro nei due posti più ovvi, la Casa Bianca
e
Dallas. A Washington incontrai a dire il vero Abramo Lincoln,
sorvegliare con sguardo sereno la città, sorridente,
maestoso. Ci
intrattenemmo a chiacchierare, e ne ammirai le incredibili doti di
narratore e conversatore che lo avevano reso tanto amato e popolare
in vita, ma non seppe dirmi nulla del suo successore.
A Dallas ebbi la strana
fortuna di
capitarci a novembre, cercando di contattare il presidente e
attendendo la data fatidica in Delaney Plaza ebbi modo di rivedere
una sorta di registrazione spiritica dell'accaduto. Cosa che mi
permise chiaramente di comprendere da chi e da dove erano arrivati i
colpi che avevano ucciso Kennedy e ferito il governatore Connally.
Sì. So la verità. Ma no, non ho intenzione di
dirvi se è stato
davvero Lee Harvey Oswald o meno.
Ma del presidente nessuna
traccia. Feci
ricerche con un paio di accurati rivelatori ectoplasmatici, arrivati
freschi freschi dal quartiere magico di Washington, ma nulla. Non era
nemmeno là.
Mi diressi allora alla casa
paterna di
Kennedy, visto che era in Massachussetts, ma nemmeno là
trovai sue
tracce. Allora andai al cimitero, pur sapendo che praticamente mai
gli spiriti frequentano i cimiteri, preferendo i luoghi in cui
avevano vissuto. E fu sulla tomba, guardando la lapide che mi venne
l'idea.
Tornai al faro... Dalla
costa est,
dall'altra parte del faro, si vede Martha's Vineyard, dove la
famiglia Kennedy passava tutte le estati. A Hyannis Port, sulla
costa, aveva una casa Ted Kennedy. Ed un'altra casa l'avevano a Cape
Cod. Tutto nei dintorni. Non poteva essere altrove, era da quelle
parti.
Chiamai il fantasma di John
John, che
mi aveva accompagnato nella lunga ricerca. Ed insieme andammo in una
piccola spiaggia, poco lontano dalla casa dei Kennedy, dove lui ed il
padre ogni tanto andavano a nuotare. Là, su una roccia,
finalmente
vidi una vaga ombra chiara. Sedeva eretto, sbiadito al punto da
essere quasi invisibile persino a me. Fissava il mare, immobile. Era
vestito come il giorno della sua morte, la testa squarciata
dall'orribile ferita che lo aveva ucciso. Non mi vedeva, non mi
sentiva, e non sentiva il figlio, tornato bambino, che lo chiamava.
Le provai tutte, e detto da
me non è
poco. Ma il fantasma sembrava poco più di una foto
ectoplasmatica,
Alla fine compresi. Non era lui, non era lì. C'era solo un
ricordo,
mantenuto da un altro spirito, che scelse allora per manifestarsi.
Alto, anziano, con gli occhiali ed un vago sorriso in volto. Si
manifestò lentamente, prima solo come una nebbia, poi
divenne sempre
più materiale. Mi salutò con un cenno, e
finalmente rivolse lo
sguardo verso il nipote, che lo fissava immobile, troppo sconvolto
per poter parlare.
“Nonno...
“ mormorò infine il
rampollo perduto della famiglia.
“Ti ho atteso
tanto a lungo, ragazzo
mio... avrei voluto che ci fosse anche tuo padre, ma lui è
già
andato oltre. È venuta tua madre a prenderlo. Ma qualcuno
doveva
tornare indietro per te.”
Non ebbi bisogno di far
altro. Joseph
P. Kennedy indicò qualcosa, oltre la roccia dove l'immagine
del
presidente era sparito, e lentamente svanirono anche loro.
Per un curioso caso, circa
tre
settimane dopo, tra le cose acquistate ad un'asta per antiquari e
rigattieri a Newport, tra tutto il ciarpame babbano che comprai per
riuscire a mettere le mani su un baule magico antico, trovai anche
una cosa appartenuta ai Kennedy. Un paio di bottiglie del whiskey che
aveva reso ricca la famiglia all'epoca del proibizionismo. Aveva un
paio di segni di riconoscimento poco noti sull'etichetta, ma che
avevo visto addosso al vecchio Joe, sotto forma di anello, quando era
venuto a prendere il nipote. Sono sicuro: è il suo modo di
ringraziare per aver portato a casa il nipote...
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