La longa manus dell'arcangelo

di SilviAngel
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Kitty Cass – Missing Moment
Per caso vi siete mai chieste come avesse fatto KittyCass a passare dalla cesta al letto nel capitolo 8?
Ecco svelato l’arcano!


La longa manus dell’arcangelo. 

Il micio non riusciva a restare fermo e tranquillo come il cacciatore gli aveva consigliato – o intimato – di fare. Si agitava in quel piccolo e fastidioso spazio a cui era stato destinato. Aveva un cattivo odore, era ricoperto di una stoffa rigida e ruvida e lui lì non ci voleva stare, punto!
Decise di provare a ridestare Dean: si strusciò in modo languido e profondo sulla sua mano con il muso e tutto il suo corpo, ma non riuscì ad ottenere nulla, gli occhi di lui erano rimasti chiusi e il suo leggero russare non si era interrotto, se non per un attimo per permettere a Dean di girarsi su un fianco.
Cass non voleva rimanere lì, solo e lontano dal calore che sapeva avrebbe potuto trovare accanto all’uomo e iniziò a miagolare piano non sapendo come e cosa fare. Era spaccato a metà, voleva che si svegliasse, ma era preoccupato della possibile reazioni, nel suo cuore quasi sperava che Dean si destasse da solo, avvertendo nell’anima il suo malessere.
 
E così avvenne, o meglio, qualcuno davvero sentì il proprio essere attraversato da una richiesta di aiuto, solo che non fu quel cocciuto di un umano, ma un fantasmagorico arcangelo goloso che decise di ficcanasare e correre a vedere cosa stesse accadendo.
Gabriel apparve nella penombra della camera e fu accolto dal respiro pesante e regolare di Dean, a cui si contrapponeva il sottile gnaulio proveniente da un angolo rischiarato da due occhioni felini in grado di riflettere la poca luce presente e soprattutto dalla splendente grazia di suo fratello.
Quel piccolo angelo che da solo aveva affrontato l’intero Paradiso, aveva messo in discussione tutto se stesso, era addirittura arrivato a sporcarsi le piume con quell’avanzo di fogna di Crowley e tutto per quel cazzone che ronfava bellamente ignaro della sua sofferenza!
Ah, se Gabriel avesse potuto agire indisturbato, quel Dean Winchester avrebbe imparato a proprie spese come si conveniva trattare un angelo!
L’arcangelo si avvicinò alla cesta e piegandosi sulle ginocchia si portò all’altezza di Castiel.
“Ehi fratellino, che c’è? Ti ho sentito piangere da molto lontano!” chiese con visibile apprensione, rimanendo in attesa di risposta.
Un timido e forse imbarazzato miagolio lasciò la gola dell’angelo – mentre la sua testolina si girava verso il letto – e in esso il maggiore lesse tutto il senso di solitudine, paura e bisogno di affetto e vicinanza che lo permeava.
Mosso a compassione, poggiò l’indice sulle labbra arricciate e sollevandosi nuovamente in piedi, avvicinò le mani al gatto; circondando Castiel dolcemente, lo sollevò e muovendosi senza produrre il benché minimo rumore gli fece sorvolare il corpo di Dean, rallentò in prossimità del suo viso – ma convenendo che forse non sarebbe stato opportuno poggiarvelo sopra – andò oltre e lo adagiò con cura sul cuscino molto molto vicino al capo di quel coglione d’uomo.
Un piccolo e soddisfatto ghigno si aprì sulle labbra di Gabriel e salutando con un rapido movimento di dita il fratellino che lo scrutava a capo inclinato, sparì.
Castiel rimase interdetto per alcuni attimi, poi decise di sfruttare immediatamente e appieno l’occasione regalatagli da Gabriel e si appallottolò accanto a Dean e lì, cullato dal suo respiro e dal calore che proveniva da lui, il cuore dell’angelo rallentò il suo battito e il sonno finalmente giunse.
Due respiri lenti e regolari riempivano ora la stanza, due anime in cerca di ristoro e meritato riposo, due destini che un ironico fato aveva da sempre intrecciato.

 
 
 




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