Ho ancora dentro il cuore il ritmo delicato dei tuoi passi
E le parole che mi hai
detto prima che ti addormentassi
Ormai le critiche non mi
feriscono
Ma devo a te questa
fortuna
A te che abiti la Luna
(Marco Masini, Lontano
dai tuoi angeli)
Circle Room
Aveva lo stesso profumo del giorno prima, perché pensava lo
tranquillizzasse. Garraty non aveva il coraggio di dirle che non
dipendeva da lei se lo trovava sorridente e pulito, i capelli color
sabbia pettinati e l’odore di sapone fresco sulla pelle. Jan
era una brava ragazza e Garraty la amava profondamente. Quando
però lei lasciava la stanza, non dava segno di esserlo, ma
si sentiva solo e abbandonato. Chiamava McVries e lui arrivava subito,
a volte c’era anche Stebbins che gli faceva girare le palle
con i suoi misteri sconclusionati e qualche volta erano venuti anche
Baker e Olson. Una volta anche Scramm.
Persino Barkovitch, anche se non si erano parlati molto,
perché Peter gliene aveva cantate di tutti i colori
immediatamente. Gli aveva fatto pena, Barkovitch, ma doveva ammettere
che se l’era cercata. Quel giorno vennero Peter e Stebbins.
Entrarono facendo comunella, spettegolando in quel modo tutto loro ed
incasinato di chi vuole gonfiare un argomento tirando in ballo
filosofie spicciole di vita condendole con giri di parole astrusi.
-Beh, che avete da ridere?- domandò irritato.
McVries alzò le spalle e lanciò
un’occhiata a Stebbins -Si parlava di te, Ray. Ti ho
già detto che quella camicia e quel bracciale ti donano un
sacco?-
-Tutti i giorni, Peter. Sai dove metterti i complimenti, vero?-
Stebbins sedeva in un angolo della stanza, apparentemente isolato nel
suo mondo, ma in realtà attento ai discorsi.
-Certo, certo.- McVries si sedette invasivo sul letto e gli diede una
sonora pacca sulla spalla -Allora? Sei pronto, campione?-
Il viso di Garraty s’intristì,
allontanò la mano di McVries e gli diede le spalle.
-Andiamo, non puoi stare qui per sempre.-
-Sì che posso. Ho marciato per cinque giorni senza fermarmi,
posso passare il resto della mia vita in questo buco bianco.-
-Non dirai sul serio?-
-Ne abbiamo già parlato, Peter.-
McVries lo strattonò, Stebbins si alzò dalla
sedia. -Garraty, tu devi uscire da qui. Jan ti aspetta, tua madre ti
aspetta. - gesticolò -E sinceramente è sgradevole
leggere sui giornali della fine che ha fatto il vincitore della Marcia.
Alza il culo e vai a dire a quei fottuti giornalisti che Garraty
Raymond Davis è un fottuto figlio di buona donna! Senza
offese, eh! Devono vedere che saresti pronto a rifare quella scarpinata
se volessi, che vuoi spaccare il mondo, incassare quel cazzo di premio
e goderti la vita! Chiedi che il Maggiore venga evirato in pubblico,
che balli con un tutù rosa la morte del cigno o che annunci
al mondo intero di essere imbottito di steroidi e di avere
l’uccello piccolo, chiedi quello che vuoi, ma non marcire in
questo buco!-
Garraty si chiuse le orecchie con le mani.
-No.- disse -No. E ora sta zitto o mi metterò a urlare.-
-Oh, prego, fa pure, tanto non sono io quello che legheranno al letto.
Voglio proprio vedere se stavolta ti fanno un
bell’elettroshock. Tu lo vuoi vedere un elettroshock,
Stebbins?-
-Secondo me, è la volta che ti mandano al creatore e
s’intascano il premio. A un tizio una volta hanno dato una
scarica così forte che gli si sono scoppiati i bulbi
oculari. Uno spettacolo.-
-Ecco, grazie per l’intervento altamente istruttivo,
Stebbins. Garraty, vuoi davvero che ti facciano scoppiare gli occhi
come brufoli e perderti il magnifico arabesque del Maggiore?-
-Non m’interessa un cazzo del Maggiore!- protestò
Garraty, acido -E non m’interessa di quello che scrivono i
giornali!-
-C’è qualcosa che t’interessa?-
domandò McVries, perdendo la pazienza.
Garraty guardò prima lui, poi Stebbins e abbassò
lo sguardo.
-No, Garraty!- esclamò McVries -Non puoi restare qui.-
Perché era sempre così stronzo e perspicace?
Garraty lo odiò, perché Peter sembrava sempre
sapere quale fosse il meglio per lui. Lo conosceva come le proprie
tasche, manco si chiamasse lui Garraty Raymond Davis e fosse nella sua
testa al posto del vero Garraty.
-Se uscissi da qui nulla avrebbe più senso.- rispose -Non
c’è più niente che mi appartenga
là fuori.-
-Ti prego non riniziare con la manfrina!- esclamò McVries
-Non vedi altro che la Marcia la fuori, non vedi che la folla, il
Maggiore e tutto questo fottuto sistema. Beh, senti la buona nuova,
Ray. Ci sei dentro e non ne uscirai. Stare qui non ti
salverà dall’America. Ora, per amor del cielo,
alzati e vattene da qui!-
-Vuoi sentire una storia, Garraty?- fece Stebbins incrociando le
braccia al petto.
-No.- rispose, sempre più indispettito.
-C’era una volta un cavaliere,- iniziò quello,
ignorando la sua risposta -un giorno dovette affrontare un drago, ma
questo era molto più forte del previsto e con una fiammata
lo respinse ed ustionò gravemente. Il cavaliere
trovò rifugio in una fessura della roccia e non volle uscire
da lì. Il drago tentò di divorarlo e di
bruciarlo, ma non vi riusciva. Così si mise di guardia
all’uscita per sorprendere il cavaliere in fuga. Quel
cavaliere si comportò esattamente come stai facendo tu e sai
cosa gli accadde?-
Garraty non rispose, conosceva già la risposta.
-Morì di fame e stenti, perché non ebbe il
coraggio di morire combattendo.-
-Grazie mille per la lezioncina non richiesta.- disse sarcastico
Garraty.
-Di niente, è sempre un piacere.-
-Ora che hai sentito la favoletta della buona notte, vai subito ad
avvertire che uscirai.- gli fece McVries agitando le mani -Su, su,
lesto e scattante!-
-Voi verrete con me?- domandò titubante Garraty per
l’ennesima volta.
-Te l’ho detto, non possiamo.- rispose McVries -Non possiamo
tormentarti ancora, anche se è un vero peccato.-
-Allora no.- continuò ad ostinarsi Garraty,
l’ingenuo, avventato Garraty -E ora sparite, sono stanco di
questo discorso!-
-Ray... - McVries tentò di insistere, ma Garraty si mise ad
urlare.
-Infermiere! Infermiere!-
Lì’infermiere, tale James Vattelappesca, un tipo
basso e tracagnotto, giunse con fare annoiato, portando con
sé una siringa. -Cosa c’è adesso,
signor Garraty?- gli domandò educatamente. Era giovane e
ammirava Garraty, perché aveva vinto la Marcia. Era una
sorta di star nella struttura e in più c’era il
preciso ordine di trattarlo con i guanti.
-Li mandi via…- supplicò Garraty sedendosi sul
letto con la testa fra le mani -Li mandi via... -
-Ray, smettila!- sbottò McVries.
Stebbins scosse la testa.
-Lascialo perdere.- disse -Vediamo che succede, quanto riesce a danzare
nel vuoto prima di correre via. -
James Vattelappesca prese il braccio di Garraty che docilmente
s’immolò alla siringa e si sdraiò
supino sul letto. McVries lo scosse.
-Ray! Ray! Ascoltami! Non ti servirà a nulla scappare!
Affrontali, Garraty! Affrontali!-
Stebbins se ne andò senza salutarlo, ma disse a voce alta,
perché lo sentisse bene, anche se gli occhi si chiudevano e
tutto si perdeva nelle sfumature dell’incoscienza -Se hai
così paura, morditi la lingua e lasciati tutto alle spalle.
Segui il Bianconiglio nel tunnel.-
McVries lo seguì con lo sguardo e tacque un attimo, poi gli
prese la mano e Garraty la strinse.
-Non starlo a sentire.- fece -Devi andare via.-
-Non voglio…- disse, scivolando nell’oblio -Sto
bene…-
Stava bene con loro, voleva seguirli allora e mai ne era stato
più sicuro e invece l’avevano strappato via
dall’altra parte con la forza, avevano lottato per riportarlo
in quella dimensione, gli avevano impedito di stare con McVries e
Stebbins. Lo avevano strappato da Peter ancora una volta, in maniera
assai più dolorosa di un colpo di fucile. Gli avevano
strappato l’anima dal petto e pretendevano che continuasse a
vivere in quel mondo pieno di niente. Nel caos delle città,
schiacciato dall’assenza, pressato dalla mancanza di un
qualcosa di definito nella sua esistenza.
Sarebbe dovuto morire, sarebbe stato tutto molto più
semplice, sedersi o imbracciare il fucile e morire con le budella di
fuori o tentare di fuggire fra la folla e beccarsi una raffica di
piombo su tutto il corpo. Ma era stato troppo codardo per fermarsi e
troppo codardo per affrontare delle decisioni fino al momento fatidico.
Ma quella volta era diverso, se avesse deciso di uscire, loro sarebbero
passati oltre. Compiere il passo del saper continuare a vivere
significava lasciare perdere il passato ed affrontare un futuro per il
quale aveva perso interesse. E Garraty era sicurissimo di non volerlo.
Era meglio vivere in quella stanza, con tutto ciò che
desiderava a portata di mano. Jan, sua madre e loro. Li avrebbe rivisti
il giorno seguente e il giorno dopo ancora, sperò che non
iniziassero ad importunarlo di nuovo, che la questione fosse chiusa.
L’ultimo suo pensiero fu di essere uno schifoso egoista,
perché non li lasciava andare via, ma erano loro che
perdevano tempo con lui, no?
No?
Potevano andarsene, potevano.
-Tu non vuoi morire, Ray. La morte è come saltare in un
pozzo senza fondo. Non sai mai se e quando ti sfracellerai e tu temi il
vuoto, ma stai cadendo, solo che non lo sai. Non vedi il buio e non
vedi la luce, ma stai cadendo e arriverai giù che sei
già morto. Tornerai a guardare in alto e penserai che
avresti potuto vivere, e allora sarà troppo tardi. Vattene
via, Ray! Nessuno vuole che venga anche tu, non ci saremmo presi la
briga di arrenderci se avessimo saputo che avrebbe vinto un codardo.-
McVries era un bastardo, ma aveva ragione nella sua
crudeltà, aveva sempre ragione. Garraty sentì un
grosso groppo alla gola e pianse in silenzio.
Infine s’addormentò d’un sonno senza
sogni, dove nessuno, neppure loro avrebbero potuto disturbarlo.
Li avrebbe rivisti il giorno dopo e il giorno dopo ancora.
Finché cadeva, avrebbe avuto compagnia.
Note:
Mah, si viaggiava in macchina e si ascoltava Masini leggendo la Lunga
Marcia, mai canzone fu più azzeccata. Certo faccio strane
associazioni, non in questo caso, ma sapeste... Circle Room mi da
l'idea di un cerchio continuo, una stanza dove tutto si ripete
all'infinito, finché non si rompe il cerchio e si corre via.
Grazie che avete letto anche questa!
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