Per scrivere questo post ho impiegato ore che sembravano
anni. Non c'è stato verso di buttarlo giù con scioltezza, senza
faticare.
Speriamo almeno che sia venuto benino, dai. >*<
6.
Le sale degli dèi
Valhöll era
una parola magica, misteriosa.
Thor l’aveva udita per la prima volta quando, ancora bambino, spendeva
lunghe ore ad ammirare le lande verdi oltre l’orizzonte del palazzo
reale, tra le braccia del padre capace di reggere insieme l’equilibrio
universale e il peso di Thor, che rideva col capo rivolto al cielo.
“Valhöll.” Diceva il Padre
Universale, la voce bassa e profonda di un re. “Il Valhalla,” ripeteva,
scompigliando i capelli del primogenito che lo fissava con grande
attenzione. “La sala degli eroi caduti in battaglia, dei guerrieri che
non temono la morte. Solo coloro che possiedono il cuore e la forza di
un leone arriveranno a vedere gli scudi d’oro e le lance acuminate che
splenderanno per l’eternità. Possiedi un cuore di leone, Thor?”
Il dio bambino aveva annuito solennemente.
Ad occhi chiusi, dentro sé, riusciva quasi a vedere la sala mitica
descrittagli da Odino, riusciva a sfiorarla con le dita.
“Quindi, cosa mi state proponendo? Ritirare le truppe, disonorando il
mio nome nei Nove Regni, o proseguire un’azione militare che potrebbe
costare la vita ai miei soldati?”
Thor si voltò, digrignando i denti di frustrazione.
Il Consiglio, da lui riunito nella sala del trono, non era stato in
grado di trovare una soluzione alla crisi militare che aveva bloccato
l’esercito asgardiano tra i monti di un pianeta lontano.
“Questo Consiglio è diviso perché divisa è la coscienza del suo
sovrano.” Dichiarò Sif, saggia. “Ci chiedi di trovare una via di mezzo
tra la morale degli dèi e quella dei mortali che ami tanto, che
reputano la vita più preziosa dell’onore e la prudenza più importante
del coraggio.”
Il re di Asgard affilò lo sguardo: Sif lo fronteggiava con fierezza.
“Hai ragione,” esalò, dopo un lungo istante. “I nostri padri non
avrebbero sollevato una questione del genere.”
“I nostri padri non hanno mai avuto il potere che possiedi tu, la tua
grandezza.” Fece Volstagg, sfoderando un sorriso generoso.
Thor dovette ricambiare, commosso dalla fedeltà dell’amico.
“Ed ecco che ci ritroviamo al punto di partenza!” esclamò Sif,
sconfitta. “Una scelta impossibile tra le nuove regole che abbiamo
imparato da te, Thor, e il costume dei padri, severo e immutabile. Non
possiamo pretendere dalla pietra la dolcezza del fiore o costringere il
fiore alla rigidità della pietra.”
“Oh, ma possiamo …” sussurrò Loki, in piedi ai limiti della sala.
Il principe perduto studiò i volti dei dignitari al servizio del
fratello. Avanzò di un passo, esortato dallo sguardo eloquente di Thor.
“Potremmo … costringere il fiore all’immobilità della pietra, come dice
Sif.” Ripeté più soave, già rapito dall’idea che gli balenava in mente.
Piegando le labbra in un ghigno compiaciuto, tese una mano pallida e,
con un gesto aggraziato, riuscì a materializzare la mappa del pianeta
lontano. Agitò le dita, quel tanto che bastava a rendere luminoso
l’accampamento asgardiano.
“I soldati stanziano ai piedi del vulcano, è corretto?” chiese,
roteando i polsi per muovere l’immagine. “Il villaggio dei ribelli si
trova al lato opposto della montagna ed è impossibile raggiungerlo
senza passare per la bocca del vulcano, terribile perché viva. Non
resta che cambiare le regole del gioco, lasciare che siano i ribelli
stessi ad attraversare la montagna.”
Sif scosse il capo, divertita.
“Non succederà mai! Non c’è lingua
d’argento che cambierà i propositi dei nostri nemici …”
Loki serrò le labbra, celando un lieve disappunto.
“Non sto proponendo una contrattazione.” Chiarì. “Per contrattare
dovremmo inviare un messo e non sarebbe prudente lo stesso. Sto
proponendo un inganno.”
Gli sguardi dei consiglieri si fecero incerti.
Solo Thor continuava a fissare il fratello con tenacia, intensamente.
“Volete ascoltare la menzogna
che propongo?” chiese Loki, scegliendo accuratamente le parole.
Nella sua voce Thor riusciva a percepire la provocazione mossa al
Consiglio, il dolore nascosto che il principe perduto riusciva sempre a
trasformare in arma.
“Vai avanti.” Tagliò corto, più severo di quanto volesse risultare.
“Con la magia possiamo risvegliare il vulcano.”
“Un’eruzione?!” sbottò Thor, sorpreso.
“Soltanto l’illusione di
una.” Rispose Loki, rapidissimo. “Un trucco per spaventare i nostri
avversari e costringerli ad uscire dal loro nascondiglio! La terra
comincerà a tremare, il fumo si sprigionerà della cima del vulcano: i
nemici non avranno altra scelta che riprendere il sentiero già percorso
o affrontare una traversata tra i ghiacci che potrebbe risultare fatale
ad un gruppo di guerrieri senza viveri e acqua. Sceglieranno di tornare
indietro, probabilmente rassicurati dal pensiero di una ritirata dei
loro inseguitori. Le nostre truppe non dovranno muovere neanche un
muscolo.”
Thor sprofondò in un silenzio pensoso, carico di dubbi.
“Un inganno …” mormorò Fandral, dando voce alle sue perplessità.
“Arriveremmo a tanto pur di non correre rischi?”
“Abbiamo già corso dei rischi, invadendo un pianeta ostile e remoto,
sacrificando ottimi soldati alla riuscita di un’impresa impossibile …”
“Minimizziamo i danni.” Suggerì ancora Loki, persuasivo nella veste di
stratega. “Riusciremo a terminare la missione con successo e a
risparmiare ulteriori perdite ad Asgard.”
Un brusio sommesso si levò nella sala del trono, Thor dovette prendere
una decisione.
“E così sia!” Annunciò, solenne. “Seguiremo le indicazioni di Loki e
riusciremo a concludere la faccenda prima della nuova luna.”
I consiglieri annuirono. Batterono una mano contro il petto,
congedandosi dal sovrano.
Loki fu l’unico a rimanere accanto a Thor, a seguirlo nelle camere
private.
“Ti odieranno per questo, lo sai?” sussurrò, chiudendosi la porta alle
spalle.
La stanza da letto dava sul giardino. Dalla finestra si potevano udire
il cinguettio degli uccelli, il nitrire dei cavalli.
“Per cosa mi odieranno: per aver acconsentito ad un inganno o per
averli tenuti in assemblea più di quanto usava fare Odino?” chiese
Thor, forzatamente ironico.
L’armatura risultava pesante sulle sue spalle già affaticate da
preoccupazioni e responsabilità.
Loki gli fu subito dietro, le mani nelle sue mani, alle prese con lacci
e cappe dorate.
“Per aver scelto il mio consiglio.” Specificò, liberando la schiena del
fratello dal fardello dei vestiti.
I muscoli di guerriero guizzarono sotto i polpastrelli. Il re si tese,
stirandosi come prima di un allenamento impegnativo.
“Il tuo animo è ancora afflitto dalla pena di saperti estraneo … non so
cosa fare per farti cambiare idea.” Ammise il sovrano, abbattendosi
sulla poltrona a gambe larghe per la stanchezza.
Il suo torace era percorso da leggerissime cicatrici, che scalfivano
appena la morbidezza della pelle nuda, rosea a perfetta come solo
quella di un dio. Le braccia forti, abbandonate sui fianchi, tradivano
un languore sensuale, il riposo di un leone a cui bastano pochi scatti
per raggiungere la preda.
“Siedi su di me, fratello.” Mormorò il dio, schiudendo le labbra umide.
Loki si ritrasse di scatto.
“Non mi prendi sul serio.” Esalò con disappunto.
“Preferisco non assecondare la tua rabbia.”
“Rabbia?!” esclamò lui, serrando i denti. “Non mi conosci affatto se
pensi che io sia arrabbiato!”
“Loki, io non –“
“Dannazione, vorrei non mi
conoscessi affatto!”
“Non dire così.” Tuonò Thor, attirando a sé il fratello, serrandolo in
una morsa che neanche un titano avrebbe potuto sciogliere. Le sue mani
indugiarono sui fianchi magri, sul grembo che piano si scopriva. “Mio
amato, amatissimo …”
Le mani del principe perduto volarono a coprirgli la schiena, a
massaggiare i muscoli tesi.
“Sei così stanco, mio re.”
“Non chiamarmi così.” Fece lui, seppellendo il volto nel torace del
fratello, baciandolo sino a farlo sprofondare in un abbraccio
appassionato.
Le labbra di Loki erano dolci e le sue carezze generose, nonostante la
freddezza che il dio dell’Inganno non cessava di ostentare agli occhi
della corte.
“In questa stanza … siamo solo tu ed io.” Sussurrò Thor, sincero. “Non
chiamarmi re, non quando sono tra le tue braccia. Io sono solo Thor, e sono tuo.”
Loki esitò un istante soltanto, prima di mordere le labbra del fratello
amante e stringerlo quasi con ferocia.
“Sono tuo, Loki.”
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