Dal tramonto all'alba alla Zaibatsu – di apocalissi zombie, coreani idioti e cervella sparse ovunque

di Walpurgisnacht
(/viewuser.php?uid=146936)

Disclaimer: questo testo è proprietà del suo autore e degli aventi diritto. La stampa o il salvataggio del testo dà diritto ad un usufrutto personale a scopo di lettura ed esclude ogni forma di sfruttamento commerciale o altri usi improri.


Dal tramonto all'alba alla Zaibatsu – di apocalissi zombie, coreani idioti e cervella sparse ovunque

Salve a tutti! Questo è un EIP, ovvero un Extreme Improvisation Project! Manasama, Kaos e io, Nyappy, ci siamo messi su Skype a scrivere un pezzo ciascuno, senza controllo su trama o grammatica. Gli errori sono compresi nel pacchetto, ahimè! Speriamo vi piaccia questa follia :)

Di tutte le cose che potevano accadere nella mia vita, credo che questa sia seriamente la più assurda.
E intendiamoci, parla uno che è geneticamente predisposto alla trasformazione in demone alato e cornuto da parte di padre, il che è già di per sé una garanzia per una vita anormale.
Ma non credevo si sarebbe arrivati a tanto.
E’ cominciato tutto due giorni fa, quando mi sono barricato qui in ufficio.
Per evitare che quelle... cose arrivassero fin qui.
Non so come sia iniziato tutto, nessuno l’ha capito... in realtà non so neanche se ci sia qualcuno ancora vivo.
Ammetto di non aver ancora capito l’esatta causa di tutto questo. Temevo fosse qualche incidente nei laboratori, ma il dottor Boskonovitch non è ancora così rimbambito da lasciare provette aperte in giro o cose simili. E se fosse qualche... “rimasuglio” degli esperimenti di mio nonno?
Ecco, così fosse, ci sarebbe ben poco da stare allegri.
Non che ora la situazione sia rosea, intendiamoci.
Sono qui, barricato in ufficio, con una pistola trovata in un cassetto – roba lasciata da Nina, probabilmente. Sa che odio le armi, ma avrà voluto lasciarne una per precauzione. Beh, grazie Nina, ovunque tu sia. E’ sparita da quando sono cominciate le urla, insieme a Lars ed Eddy. Spero siano ancora vivi. Anzi, potrei anche andare a cercarli... potrei.
Ok, me la sto facendo sotto. Molto. Se Hwoarang fosse qui, mi prenderebbe per il culo in eterno. Ma ho abbastanza anni di nerditudo alle spalle da sapere come finiscono queste cose...
UUUUUUUH...
...ecco. Ricominciano. E mi vengono i brividi solo a immaginare COSA possa aver emesso quei versi...
Ok Jin, calma. Anni passati a giocare a Biohazard ti hanno preparato a tutto questo. Perchè quelle urla fanno pensare a una cosa sola...
...ZOMBIE.
Ed è ora di uscire fuori ed affrontarli.
E smetterla di parlare da solo.
Mi assicuro che la pistola abbia la sicura disinserita. Questi affari mi mettono sempre un po’ di preoccupazione addosso, non essendo io pratico nell’usarli. E poi ho sempre creduto che un pugno ben assestato possa fare molti, molti più danni di una pistola. Il problema sorge quando chi riceve il suddetto pugno è composto di carne morta e, quindi, non ne risente quasi per nulla. Del piombo è potenzialmente più efficace.
Ok, qua è tutto a posto.
Sposta il tavolo, togli l’armadio, butta via la sedia.
Porta sgombra. Jin Kazama carico e volenteroso. Pistola pronta a sparare in caso di necessità.
Apro con circospezione.
Il corridoio sembra a posto. Non ci sono cervelli spalmati per terra, né tantomeno ammassi di budella tenuti insieme dallo spago che caracollano verso di me per cercare di sbranarmi.
Avanzo, sempre all’erta. Che, come in ogni videogioco che si rispetti, durante un’invazione zombi non c’è mai da abbassare la guardia.
Ed ecco il colpo di scena che mi aspettavo.
Dal fondo del corridoio spunta l’orrida massa arancione dei capelli di Hwoarang.
“Kazama! Cazzo è ‘sto bordello? Il palazzo è invaso da merde a quattro zampe che ringhiano e si mangiano fra di loro!”.
Il solito lord inglese.
Non fa in tempo a chiudere la bocca che un lamento ormai familiare lo fa voltare di scatto.
“Cazzo!” esclama, piegando le ginocchia e stringendo i pugni. Oddio, no, non li vuole combattere a mani nude – pardon, piedi. Cioè, sarebbe stupido pure per uno come lui, no, pensare di far fuori gli zombie a furia di calci?
“Stupidi cosi!”
Ovviamente mi sbaglio. Sostiene il peso del corpo su una gamba e con l’altra descrive un arco in aria, prima di colpire di tacco la testa di un redivivo strisciato fino a lui. Sciaff! Il cranio dello zombie si spacca a metà come un’anguria – e come il frutto, rilascia cervella marce e liquami. fa schifo a me che sono a distanza, figurarsi  alui che si becca tutti i dettagli.
“Bleah!” Mr. Intelligenza 2000 si tappa il naso e, ancora voltato, sbarra gli occhi. Cazzo. Sento puzza di guai. “Sono un’orda” pigola.
“Posso farti i complimenti per l’acume? No, davvero. Tu combatti gli zombie A MANI NUDE?”
“Perdonami Kazama se l’esercito coreano non mi ha addestrato a come sopravvivere ad un’apocalisse zombie.”
“Ma i film horror e i videogiochi non ti hanno insegnato nulla?”
“...la tua adolescenza deve essere stata davvero triste, lasciatelo dire.”
...ugh. Colpito. Magari non tutta, ma in effetti i primi anni in casa del vecchiaccio non erano stati il massimo in fatto di vita sociale. Non che io abbia mai fatto nulla per cambiare le cose...
Ok, basta. Non è il momento della psicanalisi questo.
“Direi di non proseguire oltre il battibecco, se vogliamo avere speranze di uscire da qui” annuncio, mentre avanzo nel corridoio evitando accuratamente i resti dello zombie – proprio non riesco a definirli in altro modo.
“Ah adesso siamo un team?” mi risponde Hwoarang, sarcastico. Nello stesso istante, altre urla ci arrivano, un pò ovattate, dai piani inferiori. E non tutte somigliano ai lamenti dei non morti visti finora.
Ed ecco che me lo trovo affiancato, bianchissimo in volto e un sorriso forzato.
“Perchè no? Non ci vediamo da tanto, in fondo, chissà quante cose hai da raccontarmi.”
“Ma se vieni a rompere qui un giorno si e l’altro pure...”
“E vabbè, uno potrà concedersi ogni tanto del relax. Mica siamo tutti come te, presidentissimo di ‘stocazzo”.
Ecco. Il pretesto che cercavo per dargli una castagna sul muso. Cade per terra, stranamente spiazzato e con gli occhi allargati.
“Cazzo fai, si può sapere?”.
“Nulla. Te la faccio solo pagare per il brutto epiteto. Ora alza le chiappe. Ah, e una cosa”.
“Diccela”.
“Ti sarai mica fatto mordere o sputare addosso o fatto infettare in qualche modo strano, vero?”.
Sbatte un pugno per terra. Mi guarda con sguardo seriamente carico d’odio.
“Kazama, non azzardartici mai più. Mai più. Per chi mi hai preso, per il nero sfigato dei telefilm che porta il virus in mezzo ai sopravvissuti? Sono Hwoarang io, mica una comparsa senza utilità. Non è successo, te lo assicuro. In compenso non assicuro sulla stabilità della tua mascella, quando avremo finito qui”.
Sospiro. Dicono che gli stupidi, in mezzo a un armageddon, sono avvantaggiati perché non riescono a cogliere la magnitudine della situazione. Ora vedo con i miei occhi che è proprio vero.
Gli allungo la mano, cercando di fargli capire che se resta in riga episodi come questo non si ripeteranno e che la collaborazione darà buoni frutti.
Si rialza e insieme scendiamo verso la fonte delle urla.
Quando arriviamo... kami.
Che spettacolo celestiale.
Xiaoyu sta riempiendo di legnate un gruppetto di morti viventi che aveva avuto la pessima, pessima idea di accerchiarla per fare di lei il loro spuntino.
È... è...
“Oh, ciao, Cina” la saluta Hwoarang. Cretino, fammi finire.
È... “Oh, alla buon’ora.” Xiao si volta e strappa con nonchalance un braccio ad uno zombie e lo schiaffeggia. Il poveretto, senza arti, ha il cervello scoperto. Un attimo, ho associato “poveretto” ad uno zombie?
E io devo ancora completare la mia frase. È fantastica.
“Volete darmi una mano o preferite rimanere lì a farvi mangiare?” ci chiede, con un sorriso. A parte un pezzetto di zombie attaccato sul braccio, è fresca come una rosa.
“Secondo te devi chiedere?” Hwoa si scrocchia le nocche e solleva di scatto il ginocchio, che affonda nel pacco di uno zombie e lo divide in due, squarciandogli il torace. Lui si è fatto una doccia di interiora marce.
Ho ancora la pistola in mano, ma mi sento idiota. Nel senso, io ho una pistola e questi due stanno affrontando un’orda di zombie a mani nude.
“Jin?” La voce di Xiao mi distoglie dai miei pensieri decisamente fuoriluogo. Controllo che ci sia la sicura, mi ficco la pistola nella fondina alla cintura e carico un pugno.
“Kazama, sbrigati. Io sono già a tre!”
“Guarda che quelli già mezzi marci non valgono!” urlo, e mi butto nella mischia.
Per fortuna sono lenti, e con un calcio riesco ad atterrarne due. Senza nemmeno rifletterci pesto ciò che rimane delle loro teste, trattenendo un gemito di ribrezzo nel notare pezzi di materia cerebrale sulle scarpe.
“E bravo Kazama, ti facevo più raffinato!” commenta Hwoarang, ancora impegnato a far saltare teste marce a pedate.
“Parla meno e picchia di più” rispondo, togliendomi di dosso un non morto che ha deciso di assaggiarmi “e vedi di non ricoprirti di altre interiora, che non sappiamo se rischi il contagio anche da quelle!”
“Tu dici...?” mi guarda seriamente terrorizzato. Eddai, scherzavo...
“Tranquillo, appena finito qui ti laviamo col tubo dell’acqua, come si fa coi cani!” risponde Xiao a tono, intenta a far fuori zombie con la stessa naturalezza di chi va a fare la spesa tutti i giorni.
L’ho già detto che buona parte delle mie partite a Biohazard le ho giocate con lei, si?
“Taci nana, mi fai perdere il conto degli zombie!” risponde piccato il coreano.
“Io non la provocherei vista la disinvoltura con cui li fa fuori, poi vedi tu...” rispondo, schiacciando un altro cervello sotto la suola delle scarpe. “Approposito, io sono almeno a dodici!”
“Dodici? E poi sono io quello ignorante e che bara, eh. Non pigliarmi per il culo. Ne avrai ammazzati sì e no quattro o cinque”.
“Senti un po’ Thermos Vuoto, a fare la garetta come Boromir e Aragorn sono capaci tutte le teste calde del circondario. Poi, alle parole, bisogna far seguire i fatti. E il caro Jin, per ora, si sta comportando molto meglio di te. Io ne ho contati otto per lui e sei per te. E dodici per me, ma io non faccio parte del vostro teatrino dell’ego gonfio”.
Xiao. Oh Xiao. Come diavolo fai a scaldarmi il cuore così lo sai solo tu.
Puliamo ben presto il campo e, purtroppo, nessuno dei tre riesce a evitarsi una bella doccia di interiora putride. Che, scherzi a parte, potrebbero davvero essere pericolose.
“Ragazzi, non sappiamo se lavarci dalla testa ai piedi con fegato di zombi abbia delle conseguenze spiacevoli. Io, per non saper né leggere né scrivere, propongo un piccolo controllo precauzionale”. Spero che questa sia una preoccupazione infondata, ma vai a sapere.
“Kazama, hai le palle fatte di cartapesta per caso? Cosa vuoi che siano un po’ di interiora. D’accordo, mi hanno macchiato il dobok e questo mi fa girare i coglioni a rotella, ma per mia fortuna a casa ho un prodigio della tecnica chiamato «lavatrice»“.
“Dio santo coreano, hai veramente il vuoto pneumatico in testa. Non capisci che Jin si preoccupa per noi? E poi non sappiamo davvero se questo possa crearci dei brutti problemi”.
“Ohi nanetta, ma non eri tu la Wonder Woman dei poveri? Adesso ti si è infeltrito il coraggio perché l’hai lavato a sessanta gradi?”.
Eh no gente, litigare fra di noi no. Non è un lusso che possiamo permetterci.
“Ora silenzio. Siamo alla Zaibatsu, di cui sono il presidentissimo di ‘stocazzo, e si fa come decido io. Pausa nel mio ufficio per appurare questa cosa, poi potremo tornare a massacrare zombi in lungo e in largo”.
Gli sguardi che i miei dirimpettai mi rivolgono sono agli antipodi uno rispetto all’altro: comprensione e una goccia di gratitudine da parte di Xiao, incazzatura nerissima da parte di Hwoarang.
Faccio strada, imponendo loro di venirmi dietro.
Risaliamo le scale e mi dirigo a passo di marcia veros il mio ufficio, dato che qua qualcuno ha bisogno di disciplina – ed è stato nell’esercito, a differenza mia. Mah.
“Jin, attent––”
Troppo impegnato ad insultare mentalmente Hwoarang, non mi accorgo delle interiora liquefatte sul pavimento, le stesse che ha sparso lui in occasione del suo primo incontro con uno zombie. Il mio piede scivola che è una meraviglia, dannate scarpe da ufficio. Con la grazia di una ballerina, scivolo a terra e crollo sulle ginocchia.
Non un rantolo di dolore esce dalla mia bocca. Per quanto faccia male, ho sopportato di peggio, anche se mi si stanno inzuppando i pantaloni.
“Uh, Kazama, siamo un po’ instabili o sbaglio?” mi sfotte Hwoarang, spingendomi la schiena con il piede.
Mossa sabgliata, ciccio.
“GWAH!” Il peso sulla schiena sparice e sento un tonfo, come se qualcosa di vuoto fosse caduto a terra. Ah, giusto, la sua testa. “Cazzochemale!” Mi rialzo in piedi, ma non ho per niente voglia di togliere dai pantaloni i pezzetti di costola che sono rimasti attaccati. Mi volto e c’è Hwoarang che si rotola nelle budella marce, in posizione fetale, tenendosi la testa.
“Jin.” Xiao è seria. “Cosa c’è vicino alla sua bocca?”
Stringo gli occhi per guardare meglio. Un filamento scuro, simile ad una ciocca di capelli zuppa di sangue e succhi intestinali, gli esce dalla bocca.
Ohccazzo.
Sto per sentirmi male.
“Pezzo di cretino!” gli urlo, tirandolo per un braccio e costringendolo a mettersi in piedi “Smettila di rotolarti nei liquami, nemmeno ti accorgi delle schifezze che ti sono finite in bocca?!”
L’idiota mi guarda con occhi sgranati.
“Oddio! ODDIO! Sto per morire! Me lo sento” strilla, dando il via ai drammi greci. Perlomeno ha l’accortezza di sputare via quella cosa... ew.
“Ok ok, calma. CALMA.” ringhio, afferrandolo saldamente per le spalle e inchiodandolo al muro.
“Ora ascoltami bene. Non sappiamo ancora cosa è successo e come si diffonde questo virus, o qualunque cosa sia. Tu sei un coglione, ma almeno hai sputato via quella schifezza. Adesso, se ci riesci, non ingoiare, leccare, o ingerire NULLA di quello che potrebbe esserti rimasto in bocca, almeno finchè non siamo in bagno e potrai sciacquarti. Poi penseremo al resto. Mi hai capito?”
Hwoarang annuisce, tenendo la bocca aperta – e sbavando come un San Bernardo. Dio che schifo.
Xiao ci fissa incredula. Come darle torto...
Proseguiamo di fretta fino al mio ufficio, dove prendo alcune tessere magnetiche, tra cui quella delle docce dei soldati. La prima regola dei survival horror insegna che bisogna sempre raccogliere le tessere magnetiche, possono sempre tornare utili.
“Bell’ufficio” commenta Xiao, guardandosi attorno “E dimmi, ci passi molto tempo... con Nina?” sottolinea, lanciandomi un’occhiata di fuoco.
“Ma... che davvero credi...?” rimango basito. Lei per tutta risposta inarca un sopracciglio.
“Ti prego, ha l’età che avrebbe mia madre – buonanima!”
“Sjhghkateeeee!” mugola Hwoarang, con la bocca ancora aperta e sbavante.
Giusto. Le docce.
“Poi ne parliamo, prima andiamo a disinfettarci” rispondo, avviandomi verso la porta “e tu evita di assaggiare altra roba in giro, per cortesia.”
Un dito medio è la sua risposta. Di gusto, rispetto al suo solito.
Cribbio. Il buonsenso, in casi come questi, suggerirebbe di uccidere il compagno in preda a salivazione incontrollata e possibilmente portatore della malattia zombificante. Poi mi ricordo che è Hwoarang, il quale normalmente non è poi tanto diverso da così, e l’impulso omicida mi passa.
Però accarezzo lo stesso la pistola che riposa placida nella sua fondina sotto la mia giacca di pelle. Per quanto non voglia usarla si potrebbe presentare la necessità.
“Allora Jin, preso quello che dovevamo prendere? Qui la situazione si sta facendo incandescente” protesta Xiao, indicando un gruppo di non–morti che stanno per entrare dalla porta spalancata.
Cristo Hwoarang, ma neanche chiuderla? Il tappeto rosso no, già che c’eri? Va bene che stai vomitando anche l’anima, ma tanto così di intuito non ti era mai mancato.
Mi avvicino all’ingresso, intimando al coreano di starci lontano che di danni ne ha già fatti e subiti abbastanza.
“Fottiti, Kazama” risponde con la sua solita galanteria, cercando di asciugarsi la bocca “se proprio devo morire voglio farlo in un lampo di gloria imperitura”.
Sono scioccato. Conosce la parola “imperitura”.
Prima di poter dire o fare qualcosa, Xiao si precipita sulla porta e la chiude di scatto, appoggiandosi con la schiena. Si puntella con i piedi e si rivolge a noi due: “Non vorrei fare la guastafeste, ma la via è bloccata.”
Mi avvicino a lei e le indico con un cenno del capo l’armadio ed il tavolo nell’angolo. Lei afferra al volo, a differenza di un coreano a caso. Trascino il tavolo verso la porta e mi sincronizzo con Xiao: lei scivola di lato nel momento esatto in cui blocco l’entrata. Poi, assieme, ci occupiamo dell’armadio, mentre Hwoarang è ancora nell’angolo a fare la femminuccia. Credo che stia borbottando qualcosa tipo “Disgustosi, pucciosettini fidanzatini” o qualcosa di simile, ma lo ignoro e così fa lei.
“Alternative?”
Mi guardo attorno. Non credevo che mai, mai nella mia vita sarei arrivato a dirlo. Insomma, è una di quelle cose da film d’azione che hanno fatto la mia adolescenza. Mi sento vecchio...
“I condotti di areazione.” Volevo dirlo con tono solenne, ma all’idea di Xiao che procede davanti a me, inginocchiata o strisciando, con i pantaloni che le si stringono e fanno vedere... oh, Jin. È in momenti come questi che rivaluti un sacco il tuo lato Hwoarang.
Quest’ultimo, ancora con la bocca aperta e intento ad asciugarsi la bava con un fazzoletto raccattato dalla mia scrivania, mi guarda come a voler dire “Mi prendi per il culo?”.
“Non abbiamo altre opzioni, a meno che tu non voglia attendere qui la tua fine.”
Non se lo fa ripetere due volte e, trascinandomi per un braccio, mi porta sotto la grata del condotto, usando la mia schiena per issarsi e sganciarla.
“Ma usare uno dei mobili no, pare brutto...” borbotto, aiutandolo a entrare nel cunicolo.
“Credo lo trovasse più divertente in quel modo” sorride sorniona Xiao, arrampicandosi su di me allo stesso modo del coreano. Con la differenza che lei pesa meno e... beh, non mi dispiace averla addosso.
Faccio un ultimo sforzo e finalmente mi trovo nel condotto, che per fortuna è largo abbastanza da contenere due armadi come me e Hwoarang. Da sotto sento i lamenti dei non morti che grattano inutilmente alla porta.
Poi mi sovviene un dettaglio.
“Dovevo stare io davanti.”
“Manieh di protagonishmo?” biascica Hwoarang, ancora sbavante.
“No, ma conosco le planimetrie del palazzo, genio.”
“Ormai è fatta ragazzi, non possiamo perdere altro tempo” ci zittisce Xiao “Puoi sempre guidarlo e dirgli dove dirigersi. Ce la fai?”
Sospiro. “Si ce la faccio, le scale non sono lontane, da lì arrivare alle docce è più semplice” ragiono, facendo mente locale e cercando di ricordare il più dettagliatamente possibile la piantina di questo piano.
“Comincia a gattonare, genio del crimine.”
Avanziamo lentamente, col laureato di Harvard là davanti che sbaglia strada cinque o sei volte perché non sa distinguere la destra dalla sinistra. Per quanto sia stupido non era mai arrivato a simili livelli. Non vorrei che davvero la sbobba che gli è entrata in bocca gli stesse friggendo il cervello.
Ci stiamo mettendo davvero molto. E il tempo in eccesso mi permette una riflessione.
“Ma secondo voi... perché si è scatenato questo pandemonio?”.
“Ma che cazzho ne soh ioh? Io picchio, non mi fasshio domande” risponde il nostro baldo capofila.
“Jin caro, non siamo noi i capi di una multinazionale che gioca col DNA come se fosse un mattoncino del LEGO. Perché non ci dici quali porcate stavate conducendo nei vostri laboratori?”.
Xiao, mi offendi. No sul serio, mi offendi. Io non sono mio padre e non sono mio nonno. Non faccio queste cosacce.
“Signorina, lei mi sta infastidendo con queste insinuazioni gratuite. Da quando c’è il sottoscritto alla guida della Zaibatsu non sono stati condotti esperimenti non etici. Ogni tanto qualche capatina nel campo dell’aumento muscolare, ma davvero niente di troppo tossico. Magari è l’eredità delle precedenti gestioni”.
“Sì sì, shcarica pure la colpa sul diavolo shenior e sul vecchio dai capelli impreshentabili. Ci crediamo tutti”. Hwoarang, non parlare che non ti si addice.
“Taci, microcefalo. Adesso dobbiamo girare a sinistra. Pensi di farcela o chiedo troppo?”.
“Ah ah ah ah ah. Ecco, la sinisthra”.
“Allora ci siamo”.
“Woooh–ohh!” esulta Hwoarang, prima di stringersi la gola ed emettere un lamento soffocato. Non devi inghiottire, cretino.
Riesco a vedere la grata che ci separa dalle docce. Certo, non immaginavo che il condotto d’areazione fosse davvero così comodo da sfruttare. E così insicuro. Devo dire a Nina di mettere qualche allarme qua e là.
Lui forza la grata e la getta avanti a sé, buttandosi a pesce nella nostra uscita di fortuna. Un altro tonfo suggestivo ci comunica che con tutta probabilità è caduto di testa. Oh, che dispiacere.
“Shono le docce sì. Ma quante sono?” domanda Hwoarang da sotto. Eh, fa’ un po’ i conti tu – no, in effetti chiedo troppo. Nemmeno io, poi, so il numero esatto dei dipendenti della Zaibatsu.
“Allora io scendo” mi avverte Xiao. Raggiunge l’apertura e stringe il bordo di fronte a sé, in modo da non rotolare giù come un coreano random.
Poi, per poter calare le gambe, si sporge indietro e mi ritrovo il suo sedere a due centimetri dal naso. Non che mi dispiaccia. Nono. Ho pure una mano che la potrebbe aiutare, non si sa mai, magari accompagnandola. Faccio per sollevarla quando lei sparisce dalla mia vista con un unico movimento fluido. Cavolo.
Mi calo a mia volta nelle docce, un enorme stanzone bianco simile ad un magazzino, con pareti divisorie alla buona e tende trasparenti quel che basta. Non credevo che le pareti fossero così in cattivo stato, l’umidità per il continuo scorrere dell’acqua calda ha formato delle bolle nell’intonaco.
Poi mi accorgo di un particolare importantissimo.
Quelle sono le docce degli uomini. E Xiao non è un uomo. E sarebbe meglio non allontanarsi troppo, specialmente se si è sotto attacco e senza vestiti, vulnerabili.
“Hwoarang, cazzo. Perché sei sempre in mezzo?”
“Che cosha ho fatto shtavolta, eh? Shono docceh!” mi sbava davanti come un cane idrofobo.
“Si, le docce maschili, genio del male!”
Xiao sgrana per un attimo gli occhi, e arrossisce. A me l’idea non è che dispiaccia, e non solo per un mero fattore pratico – ovvero rimanere tutti insieme. Però posso comprendere che non abbia tutta questa voglia di spogliarsi davanti a noi.
“Beh, non abbiamo scelta mi pare” sospira, avviandosi verso la doccia più in fondo “e sono abbastanza sicura che in fondo siete due galantuomini e non mi importunerete in nessun modo. Senza contare che non credo di interessare a un coreano di mia conoscenza, quindi la mia virtù è fin troppo al sicuro.”
So che dovrei sentirmi offeso da questa sua frecciata, ma mi sforzo di non risponderle a tono. Hwoarang ha la decenza di non fare battute, anche se glielo leggo negli occhi che vorrebbe. Ma non osa. Lo affogo se ci prova.
Prima di dirigermi alle docce mi assicuro che ci sia qualche tipo di indumento conservato da qualche parte. Ci manca solo dover andare in giro senza neanche una foglia di fico a coprirci. Anche perchè i nostri abiti andranno come minimo bruciati, altro che lavaggio a secco come aveva suggerito quel cretino.
Trovo dei camici sterili simili a quelli degli infermieri, e degli stivali da soldato. Meglio di niente.
Ora posso andare a scollarmi le budella di zombie dalla camicia.
“Vai a lavarti bene, maiale. E cerca di toglierti quella robaccia dalla bocca” dice l’unica signorina presente in direzione di quel buzzurro orribile.
Ma dai, poveretto. Lo trattiamo sempre male, anche quando non se lo merita. Adesso se lo merita.
“Shì shì, va bene. Mi laverò tutto tutto. Anche il paccho”.
Sigh. Grazie della precisazione non richiesta.
Mi tolgo giacca e pantaloni e li butto in un angolo. ‘Ste docce sono veramente squallide. Dovrò ricordarmi di destinare una piccola parte del budget per ampliarle e ammodernarle, sembrano uscite da quei tetrissimi casermoni made in URSS anni ‘60. Talmente piene di vita da invogliare il suicidio.
Sto per dedicarmi alle scarpe quando sento un fiato sul collo.
Mi irrigidisco. Non sembrerebbe il respiro di uno zombi.
“Jin... voglia di fare la doccia assieme?”.
...
...
...
...
Un defibrillatore. Adesso. Muoio.
Che cosa ti salta in mente, depravata? Abbiamo un’orda di morti viventi fuori dalla porta e tu vuoi fare i giochini erotici soft? Ma io dico...
Il mio cervello è contrario all’idea. Tremendamente.
Un’altra parte del mio corpo è favorevole all’idea. Tremendamente.
“Allora?” domanda, allacciandomi le braccia attorno alla vita. Lei è ancora vestita e la sua maglietta sfrega sulla mia schiena nuda. Quella maglietta è di troppo.
“Là fuori c’è una legione di zombie che ci vuole divorare” mormoro. Sto disperatamente cercando di nonvoltarmi, farla sbattere contro la parete divisoria e farmela senza tanti complimenti. Ehi, Jin, ma il tuo lato romantico dov’è finito?
“Appunto. Potremmo non uscirne vivi e, sai...” aumenta la stretta e preme contro di me. E’ così minuta che mi bisbiglia sulla spalla “ci sono diverse cose che voglio fare prima di morire.” Ok, magari accantoniamo l’idea della sveltina squallida e ci diamo a qualcosa che la rende più felice. Con gli zombie fuori dalla porta.
Xiao, solo tu mi fai questo. Non riesco a trattenere un sorriso. “Per me è lo stesso.”
Scioglie l’abbraccio e fa un passo indietro. Sento i fruscii dei vestiti che le scorrono sulla pelle. Si sta togliendo qualcosa. E se mi voltassi, beh... lancio una rapida occhiata per controllare com’è la situazione lì sotto. Punta alle stelle.
Mi volto lentamente e lascio che il suo sguardo mi scopra del tutto. E’ rimasta in jeans e si è tolta la maglietta, già a terra. Una spallina del reggiseno è calata e si sta mordendo il labbro. “Wow” sorride, scostandosi i capelli dal viso.
E’ solo per forza di volontà che io sono ancora fermo. Una piacevole morsa al petto mi ricorda quanto abbia desiderato questo momento. Lei si avvicina con una camminata che non ricordavo così elegante e mi guarda dal basso.
“Xiaoyu...”
“CRISTOOOOOO!”
Sobbalziamo entrambi. Hwoarang è in mezzo al corridoio – come noi, del resto – in stivali. Si sta tenendo un camice piegato lì davanti, in modo da coprirsi. “KAZAMA!” ulula “IL TUO CAZZO NON LO VOLEVO VEDERE!” E dopo aver gridato tutto ciò, sparisce in una doccia, con lo sciff sciaff degli stivali sulle piastrelle umide.
“Lo odio.”
“Jin” mi chiama Xiao. Momento romantico andato a gentili donzelle. La mia vita fa schifo. “Abbiamo un problema.”
Ah, già. Le urla da primate di quell’animale hanno richiamato dei lamenti familiari. Che meraviglia.
 




Questa storia è archiviata su: EFP

/viewstory.php?sid=1185312