Credici,
e poi si avvererà
~
prompt:
#075, candy/sweets
«Charlie?
Non ti rivedrò mai più?»
«Ma
certo! Certo che mi rivedrai. Gli addii non sono mai per sempre.»
Anne-Marie
non parla più con gli animali.
È successo in modo repentino e
definitivo. La mattina in cui si è svegliata nel letto più morbido in cui abbia
mai dormito in vita sua – la stanza era piena del profumo di Kate, un odore
buono, però mancava qualcosa di
ancora più buono – ha sbadigliato e si è stropicciata gli occhi, poi si è
voltata a guardare Itchy e lui le ha rivolto uno
sguardo assonnato e un po’ triste, senza dirle nulla. Itchy
parlava sempre così tanto che Anne-Marie si è stupita di quel silenzio. Poi ha
capito che era lei che non poteva più
sentirlo, e di questo non si è stupita quasi affatto.
Anne-Marie non parla più con gli
animali, ma per il resto è rimasta la bambina che è sempre stata. Vive con
Harold e Kate e qualche volta, quando la felicità riesce a vincere la
timidezza, li chiama mamma e papà. Anche se non si parlano più, tiene sempre Itchy con sé e gli permette di dormire nel suo letto,
perché lei non dimentica mai le proprie promesse – una in particolare. E ogni
sera alla stessa ora s’incammina verso la vecchia chiesa abbandonata con
qualche scatola sotto il braccio. Harold e Kate dicono che presto, se non ci
saranno problemi, i cuccioli avranno una casa migliore, ma fino ad allora ci
penserà lei a loro; lui non c’è più – non
c’è più – e Anne-Marie non dimentica chi ha bisogno d’aiuto: proprio come nel libro.
Anne-Marie non parla più con gli
animali, ma portar loro le pizze e i dolci è il minimo che può fare e ha deciso
che non smetterà mai.
Qualche volta Itchy
va con lei, qualche altra volta Harold insiste per accompagnarla fino alla
chiesa. Anne-Marie preferisce farlo da sola. Lo farebbe con il suo migliore amico, se solo potesse,
ma il suo migliore amico non c’è più
e le sembra quasi sbagliato farlo con chiunque altro. Quando s’insinua su per
quelle scale dissestate, e i cuccioli sfuggono al morbido pelo di Flo e le corrono incontro, lei si concede solo il tempo di
assicurarsi che ciascuno abbia la sua parte – quel che è mio è tuo, quel che è tuo è mio – prima di andarsene via
e lasciarli di nuovo soli, in attesa di poter fare loro dono di qualcosa di più
che un pasto al giorno. E mentre torna a casa ripensa a quei musetti impazienti
e sorride, perché sa di aver fatto una cosa buona, una cosa che avrebbe fatto
anche lui.
Lui, in fondo, era così buono. Chi
è così buono non può che andare in Paradiso, giusto?
Anne-Marie non parla più con gli
animali, e quel piccolo viaggio quotidiano lo svolge tutto in religioso
silenzio. Ma un giorno succede qualcosa di imprevisto e allora, per la prima
volta, le sfugge un’esclamazione di sorpresa quando un brusco spintone rischia
di farla cadere lunga distesa nel fango – appena prima che una mano
infreddolita stringa la sua. I dolcetti di Kate si sparpagliano in giro, ma
Anne-Marie non ha occhi che per quel ragazzino che le sta di fronte, infagottato
in un cappotto troppo grande e con un berretto di lana calcato sulla folta
zazzera bruna, e che le lancia un sorrisetto familiare, che se ne resta lì all’angolo
della bocca, poco distante da una macchiolina nera come il carbone e come i
suoi occhi scintillanti.
Alle sue spalle Itchy guaisce piano, e ad Anne-Marie non servirebbe quasi nient’altro per esserne sicura, ma quando il ragazzino
le parla è come un fulmine a ciel sereno.
«Tutto bene, scricciolo?»
Non ci pensa due volte a stampargli un
bacio sul naso. Lui si ritrae e lo storce un po’ – faceva sempre così – ma non le lascia andare la mano.
Anne-Marie non parla più con gli
animali, però le sembra di avere appena distinto il nome di Charlie nel lieve, incredulo, gioioso
uggiolio di Itchy.
«Allora...
addio, Charlie. Ti voglio bene.»
[ 650 parole ]
Nota: All’ennesima visione di Charlie: anche i cani vanno in Paradiso mi sono finalmente resa
conto di quanto abbia sempre
inconsapevolmente shippato Charlie/Anne-Marie. Esatto,
ho una ship interracial, o
come accidenti viene detta. E sapete cosa? Non riesco a vergognarmene ♥
Questa
shot è nata di sua propria volontà e non vuole
assolutamente avere un senso. Il
ragazzino che Anne-Marie incontra e riconosce non è una reincarnazione umana di
Charlie, né una proiezione della sua mente, o forse è meglio dire che potrebbe essere
entrambe le (improbabili) cose. Lascio a voi l’interpretazione, limitandomi a
definirla una crack!fic. Ciò che davvero mi premeva
era concentrarmi su quello splendido ultimo dialogo che si sviluppa tra il cane
e la bambina, prima che Charlie torni in Paradiso: gli addii non sono mai per
sempre.
Della
mezza dozzina di riferimenti al film che ho lasciato qua e là, basti spiegare
che il libro è la storia di Robin
Hood, che Charlie raccontava ad Anne-Marie per convincerla ad aiutarlo nelle
scommesse truccate; quel che è mio è tuo,
quel che è tuo è mio è il ritornello della canzone che Charlie canta ai
cuccioli randagi quando cerca di insegnar loro a condividere il cibo; il titolo
è invece un verso della canzone di Anne-Marie. Scricciolo è il nomignolo di Charlie per la bambina e, in questo
caso, ciò che le consente di ‘riconoscerlo’ definitivamente.
E con
questo vi ho decisamente dato un altro pezzo della mia infanzia. ♥