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Storgè
"Cosa mi stai chiedendo di fare?" domandò Thor, incerto,
alzando lievemente un sopracciglio.
"Ti sto chiedendo cosa tu sei disposto a
fare" replicò Fury, serio.
Istintivamente l'asgardiano abbassò lo sguardo, avvertendo
uno
strano malessere. Per un lunghissimo istante aveva sperato, o meglio
aveva voluto sperare
di aver frainteso, ma ormai le intenzioni dell'umano
erano chiare.
Tornò a fissarlo, tentando di mantenere il controllo, e
mormorò:
"Loki è un prigioniero..."
La sua voce, di solito possente e
decisa, si spense in un flebile sussurro, e non riuscì a
dire
altro.
Fury gli lanciò un'occhiata spazientita.
"E perché ho la sensazione che l'unico che desideri
trovarsi su questa nave sia lui?"
Sembrava infastidito, di certo non si
aspettava quelli che a suo avviso erano inutili scrupoli di coscienza.
Loki era il nemico, il mostro, e come tale andava trattato. La
pietà era una debolezza che gli umani non potevano
permettersi.
Ma che dire di lui?
Il dio del Tuono avvertì un fastidioso nodo allo stomaco,
che si
stringeva sempre più. Era come una puntura di spillo,
proprio
all'altezza del cuore, che gli mozzava il respiro. Incrociò
le
braccia, stringendole con forza, quasi a volersi proteggere il petto
con un gesto inutile, infantile.
Gli ci vollero solo pochi istanti per dare un nome a quella sensazione
dolorosa che ormai gli era diventata forzatamente familiare.
Delusione.
L'aveva avvertita chiaramente quando suo Padre gli aveva svelato le
vere origini di Loki, confessando senza ombra di rimpianto,
né
di colpa, di aver mentito al fratello per una vita intera. Le aveva
definite menzogne necessarie, persino giuste. Ma a Thor erano parse
semplicemente bugie insensate. Crudeli illusioni, che Odino aveva
tessuto all'insaputa di tutti, mascherandole d'affetto e rettitudine.
Il dio del Tuono si era sentito uno stupido. Loki aveva capito da tempo
che la luce accecante che rendeva Asgard un faro di speranza creava
anche dei profondi coni d'ombra. Aveva provato anche ad avvertirlo nel
corso degli anni ma, come sempre, Thor non aveva mai dato tanto peso
alle parole del fratello minore, almeno finché non
era stato costretto suo malgrado a
scontrarsi con la verità.
Anche quando aveva scoperto che Loki non era morto, dopo il primo
istante di euforia, un'amara delusione l'aveva travolto come una
raffica di vento gelido, riportandolo bruscamente con i piedi per
terra. I piani del fratello non prevedevano alcun ritorno su Asgard,
nessuna riconciliazione, la
sua folle rabbia si era anzi tramutata in un odio smisurato e cieco,
che aveva partorito la più vile delle vendette.
Prima suo padre, poi suo fratello...e ora, anche i terrestri lo
deludevano.
"Allora, Thor?" il direttore dello S.H.I.E.L.D. interruppe bruscamente
i suoi pensieri. La sua voce sembrava gelida e inespressiva, ma celava
una profonda ansia. Un'ansia egoista. Per la prima volta Thor lo vide
per quello che era: un uomo spietato, pronto ad usare
qualsiasi
mezzo per raggiungere il fine che riteneva più conveniente.
Lo
fissò, ricolmo di rabbiosa frustrazione, e lo vide
indietreggiare lievemente. Non avrebbe lasciato che scaricasse su di
lui ogni responsabilità, se voleva qualcosa doveva
chiederlo apertamente.
"Cosa mi stai chiedendo di fare?" ripeté con forza, facendo
un
passo verso di lui. L'agente Coulson provò a calmarlo,
poggiandogli una mano sul braccio, ma il dio gli lanciò uno
sguardo di fuoco. Fury non meritava di essere difeso, non meritava
tutta quell'ubbidienza. Era solo un'opportunista, ed era venuto il
momento per lui di gettare la maschera.
"Credo che tu abbia capito perfettamente la mia richiesta"
replicò la spia, serrando le labbra con forza, il viso
segnato
dal disprezzo. Sì, la sua richiesta era cristallina. L'uomo
che
aveva la pretesa di guidarli, che parlava di giustizia, che diceva di
agire per il bene dell'umanità, gli stava chiedendo se era
risposto a torturare Loki. Thor deglutì a fatica, nauseato,
e
distolse lo sguardo dal volto impassibile del direttore dello
S.H.I.E.L.D., voltandogli di scatto le spalle.
L'agente Coulson guardò interdetto il suo capo, che
però
rimase immobile, e provò a blandire l'ospite asgardiano.
"Thor,
sappiamo che potrebbe essere difficile, per te. Ma renditi conto di
cosa c'è in gioco..."
Il dio del Tuono gli rivolse uno
sguardo
ferito, aggrottando le sopracciglia, e mormorò:
"Me ne rendo
conto. Ma come potete chiedermi una cosa del genere? Io..."
Fury lo interruppe con voce seccata, ponendosi di nuovo di fronte a lui
"Thor, non mi sembra proprio il caso né il momento di farsi
venire inutili scrupoli di coscienza. Prova a ragionare. Lui farebbe lo
stesso per te?"
"NON FARÒ DEL MALE A MIO FRATELLO!"
L'asgardiano aveva il respiro ansante, gli occhi lucidi. Il suo urlo
rabbioso e disperato aveva gelato tutti, e si sentì addosso
gli
sguardi di decine di umani impauriti, che si tenevano prudentemente a
distanza. Fury e Coulson erano impietriti, senza parole, di fronte a
lui.
Si passò una mano sul viso, sentendosi un ipocrita. Con che
coraggio poteva fare una simile affermazione? Dopo tutto, quante volte
aveva ferito Loki negli ultimi anni? Quante volte lo aveva ignorato?
Quante volte gli aveva intimato con superiorità di 'stare al
suo
posto'? In fondo al cuore sapeva benissimo di meritare il suo
disprezzo, era stato lui a piantare nel suo animo il gelido seme
dell'invidia. Ma ora era cambiato. Voleva cambiare. Doveva cambiare.
Sentì gli angoli degli occhi bruciare e ricacciò
indietro
le lacrime, rabbiosamente. Non avrebbe ripagato Loki con la stessa
moneta, mai. Ci sarebbero voluti forse mille anni per riconquistare il
suo affetto, ma non importava. Lo amava. Profondamente. Come solo un
fratello può amare.
Fury si ricompose, ma nel suo sguardo brillava ancora la paura. Che
avesse sbagliato a fidarsi di Thor? Non sembrava certo più
stabile di Loki, anzi. Il suo inopportuno sentimentalismo lo rendeva
alquanto ingestibile. E pericoloso. Forse il progetto Avengers, a cui
aveva dedicato anni di vita e nel quale aveva riposto fin troppe
speranze, non avrebbe davvero mai visto la luce. Fece un ultimo
tentativo, appellandosi al buon senso dell'asgardiano, sperando che ne
avesse ancora.
"Vuoi venir meno alle tue stesse parole? Avevi giurato che la Terra
sarebbe stata sotto lo tua protezione, che l'avresti difesa..."
Thor gli lanciò uno sguardo affranto, vergognandosi della
debolezza che stava mostrando. "Non a questo prezzo..."
replicò
a mezza voce. I due si guardarono in silenzio per qualche istante,
immobili, uno di fronte all'altro. Nessuno dei due pareva disposto a
cedere.
L'agente Coulson era a pochi passi di distanza, con lo sguardo basso, e
fu l'unico ad accorgersi dell'arrivo dell'agente Romanoff. La donna era
apparsa all'improvviso di fianco a lui, senza fare il minimo rumore.
Scrutò il suo profilo, tentando di decifrare i suoi
lineamenti
impenetrabili, e capì dal suo sguardo teso che aveva
assistito a
tutta la scena. La vide inspirare profondamente e fare qualche passo
avanti, frapponendosi tra i due uomini. La sua voce era ferma, non
tradiva alcuna emozione.
"Lasciate che sia io a parlargli."
Thor si voltò di scatto verso di lei, senza capire, mentre
Fury fece un mezzo sorriso.
"Agente Romanoff, credi davvero di poter estorcere le informazioni che
ci servono? Abbiamo a che fare con un 'dio', in fondo."
La spia non riuscì a celare il sarcasmo pungente nella sua
voce, definire quel pazzo un dio era davvero assurdo.
Thor finse di non cogliere l'affronto, e puntò il suo
sguardo in quello della donna, che annuì decisa.
"Voglio provarci."
Il direttore dello S.H.I.E.L.D. scrollò le spalle, e fece
per
andarsene. "Molto bene, mettiti subito all'opera. Abbiamo già
perso fin troppo tempo." Detto questo si allontanò in
fretta,
subito seguito da Coulson, che fu praticamente costretto a corrergli
dietro per stare al passo.
Natasha rivolse una rapida occhiata al dio del Tuono, strinse le labbra
e si voltò, preparandosi mentalmente ad affrontare il
famigerato
dio dell'Inganno. Thor la afferrò per un braccio,
delicatamente,
bloccando il suo incedere deciso.
"Fai molta attenzione." Più che un consiglio pareva una
supplica,
nella quale Natasha lesse una sincera preoccupazione. Gli rivolse un
sorriso appena accennato, annuendo lievemente, e si liberò
dolcemente dalla sua stretta, avviandosi a passo svelto verso la zona
detentiva.
Mentre la guardava andare via, l'asgardiano sentì una parola
affiorargli prepotentemente sulle labbra, e poté
soltanto smorzare il volume della sua voce, senza riuscire a
bloccarla.
"Grazie."
La donna non si voltò, ma per un istante rallentò
il passo, segno che l'aveva sentito.
Thor sorrise.
Per fortuna si era sbagliato.
Non tutti gli umani l'avrebbero deluso.
***
Mi piace molto
cercare di
riempire i "buchi" narrativi che ovviamente sono presenti in ogni film,
"The Avengers" compreso. L'inizio di questa scena riporta la
parte
finale del dialogo tra Fury e Thor che è realmente presente
nel
film, mentre il resto è una mia invenzione. Nel film,
Fury chiede molto schiettamente a Thor se è
disposto a
torturare
Loki, ma non viene mostrata la sua risposta. Si passa infatti
subito
alla scena tra la Vedova Nera e Loki. Questa potrebbe essere
una
versione abbastanza verosimile (spero) di
quello che è successo nel frattempo.
Ho voluto provare
a dare un
po' di profondità al personaggio di Thor, che molto spesso
viene descritto solo come "duro di comprendonio" e
"sentimentalone", per essere molto gentili. ^__^
Per chi si
chiedesse cosa significa il titolo, storgè è un
sostantivo greco che indica l'amore all'interno della famiglia, in
questo caso l'affetto che lega due fratelli.
Alla prossima!
Sayuri
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