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Untitled.
Non era assolutamente vero. Quello che aveva detto a Scott era una
menzogna per non farsi compatire. Aveva capito, faceva un male cane, ma
alla fine c'era arrivato. Era il momento di passare oltre, di prendere
il coraggio a due mani senza lasciarlo scivolare via dalle mani. Doveva
essere felice per lei, magari esserle amico. Non aveva
possibilità. Lei amava Jackson e lui la ricambiava in una
maniera che nessuno si sarebbe aspettato. Il primo passo era stato
riconsegnare tutti i regali provvisori che ancora occupavano la sua
stanza. Poi c'era stato l'imbastire il suo solito sorriso e convincere
tutti che stava bene, come sempre, come se lui non avesse mai bisogno
d'aiuto. Cos'erano i suoi problemi, in fondo? Piccolezze
così insignificanti rispetto ai pericoli mortali che in quei
mesi avevano affettato la sua stabilità mentale. La cosa
difficile era smetterla di sentire quel vuoto enorme e freddo. Mancava
calore, mancava uno scopo. Sapeva di essere ossessionato da Lydia.
Dalla terza elementare era cambiata. Il punto era che entrambe le
personalità della ragazza erano prese da Jackson tanto da
rischiare la vita per lui. Lei amava tutto di Jackson, se ne era reso
conto guardandoli, quando il cuore gli si era spezzato in
così tanti piccoli pezzi da sembrare polvere. Eppure si
alzava ogni mattina con il sarcasmo sempre pronto a salvarlo da tutto
quell'ammasso di merda che gli era piovuta addosso. Mancava davvero
poco alla luna piena, un paio d'ore al massimo. Con gli Alpha a spasso
per la città non era proprio sicuro uscire, ma Stiles
conosceva tutte le scorciatoie, tutte le strade e tutti i boschi di
Beacon Hills. Sapeva che Scott, Isaac, Derek, Peter e anche Jackson
sapevano controllarsi. Il che allentava notevolmente il senso di colpa
per aver disobbedito alle preghiere del suo migliore amico, che
divideva il suo tempo fra lui e il suo nuovo amichetto peloso, Isaac.
Era poco saggio vagare per i boschi senza qualcuno affianco. Aveva
affrontato cose peggiori di lupi selvatici, ma il suo istinto non era
mai stato dei migliori. Lui era cervello, sostanzialmente l'insieme di
processi logici che lui reputava in grado di salvargli la pelle. Per
questo era sempre stata Lydia. Lei era intelligente e le persone simili
dovevano stare bene assieme, lei era stata la sua prima cotta e ci
teneva davvero molto, per questo non era riuscito subito a staccarsi da
quell'idea di un eventuale futuro con lei. Voleva solo fare una
passeggiata per schiarisi le idee e riprendersi un po' di
lucidità. Di sicuro non pensava di finire in una brutta
copia di un gioco per la sopravvivenza. Aveva il cappuccio in testa,
l'umidità non gli piaceva molto. La felpa era davvero poco
tattica. Non avrebbe potuto nascondersi da nessuna parte con quel rosso
acceso che brillava in maniera tetra, sotto la luce lunare. Per questo,
quando vide più paia di occhi rossastri, nel buio, non
provò nemmeno a nascondersi. Certo, scappare era inutile,
prima o poi l'avrebbero preso, ma poteva sperare di riuscire a
raggiungere il nascondiglio del branco, prima di essere fatto a pezzi.
Le cose si stavano complicando più del previsto, dall'altra
parte del bosco. Derek stava decisamente dando i numeri, anche per uno
come lui. Suo zio lo osservava, perplesso. Suo nipote era sempre stato
in grado di gestire la trasformazione, spesso molto meglio di lui. La
cosa inquietante, anche per una persona con qualche mania di grandezza
e qualche problama di sociopatia irrisolta, era l'ancora a cui Derek si
aggrappava con tutto se stesso. La sua rabbia era così
profonda da averlo reso anche più taciturno, decisamente
più irascibile, ma anche meno lucido in merito ad alcune
faccende. Non che non fosse in grado di gestire le cose, ma di recente
sembrava meno calcolatre, si lasciava sorprendere dagli eventi. Non era
pronto. Non si capacitava di cosa stesse accadendo, ma Derek stava
decisamente perdendo il controllo. La rabbia non serviva più
a nulla. Gli scorreva tra le dita come sabbia e la luna si stava
alzando, lasciandogli poche probabilità di controllarsi.
Nessuno riusciva a capire cosa fosse accaduto. L'arrivo degli altri
Alpha avrebbe dovuto accentuare la sua furia, ma nei suoi occhi si
agitavano ben altre emozioni. Aveva le orecchie tese e il naso gli
fremeva, era in attesa. A sorpresa, un urlo squarciò
l'apparente silenzio della notte. Peter non ci avrebbe mai fatto caso,
se Scott non avesse proferito un soffocato
«Stiles?». Si girò verso Derek, ma lui
era già scomparso dalla sua vista. Fissò la porta
aperta, la bocca schiusa in una muta esclamazione di sorpresa. C'era
davvero un pezzo mancante a quel puzzle.
Derek correva, riusciva a sentire i muscoli bruciare e i tendini
estendersi. Sentiva l'odore del bosco, gli riempiva la bocca. Avvertiva
il pericolo come sangue che gli appannava la vista e la mente. Era di
nuovo a quattro zampe, a correre fino al limite delle sue forze, per
salvare quell'umano irresponsabile che faceva colazione, pranzo e cena
a base di guai, conditi con altri guai, possibilimente più
pericolosi. Se c'era una cosa che lo mandava fuori dai gangheri era il
suo bisogno di proteggere la vita dello stupido Stilinski. Malediceva
il giorno in cui lo aveva incontrato, reprimeva con forza le immagini
di molti anni prima, quando aveva fiutato la morte imminente della
madre del giovane. Ringhiava pensando al loro primo vero incontro,
grattava il terreno con le unghie pensando alle volte che lo aveva
intimidito senza mai mettere in pratica le minacce promesse. Scalpitava
sapendo di dover reprimere l'insana voglia di mettergli le mani
addosso, chissà poi per quale motivo, visto che non doveva
ucciderlo. Odiava trovarlo brillante, nelle trovate intelligenti che
lui non avrebbe mai avuto. Detestava pensare al suo sorriso sempre
steso, nonostante il groviglio di emozioni confuse e sentimenti
repressi che si portava sempre dentro, appena al di là del
velo degli occhi nocciola. La sua voce, poi, rischiava di fargli
esplodere il cervello. Stiles non riusciva a tacere nemmeno quando ne
andava della sua sopravvivenza. Continuò a seguire il suo
odore, incapace di fermarsi, non sapendo bene cosa avrebbe fatto una
volta giunto lì. Poteva sentire la paura del ragazzo anche
da quella distanza. Aveva l'odore particolare di tutto ciò
che lo riguardava e che Derek amava assaporare di tanto in tanto. La
sensazione di averlo in pugno e di spaventarlo abbastanza da provocare
l'accelerazione del battito, la sudorazione, il frullio di ciglia
mentre sbattava convulsamente le palpebre, imbarazzato, preso in
contropiede, alla ricerca di una scappatoia. Detta sinceramente, non
era proprio pronto a rinunciare a tutto quello. Non serviva ammetterlo
ad altri per renderlo più reale di quanto già non
fosse. Ogni tanto si fermava a fiutare l'aria e proseguiva,
instancabilmente, senza quasi badare a dove metteva le zampe. Un tonfo
più tardi era accasciato a terra e qualcuno dalla voce
insopportabilmente familiare si lamentava, dolorante.
Quando si alzarono, Sitles si massaggiava il fondoschiena, mentre Derek
si guardava attorno. Avevano una decina di secondi di vantaggio, ma
nascondersi da un branco di Alpha era un ipotesi decisamente fuori
discussione. Non sarebbe servito a nulla. Derek tornò in
posizione eretta e ringhiò «Lui è
mio», sicuro di essere udito. Prese il ragazzo per il polso e
lo trascinò in una zona più sicura, poi lo
scaraventò addosso ad un albero. Non si era ancora
ritrasformato e questo preoccupava Stiles, abituato a vederlo
controllato «Cosa ti è saltato in
mente?» Chiese il lupo, con un ringhio basso e minaccioso
«Non ti è nemmeno passato per l'anticamera del
cervello che uscire non era sicuro?» Il ragazzo non riusciva
a proferire parola. Derek non lo toccava nemmeno, eppure era
così vicino che riusciva a vedergli la sfumatura degli occhi
rossastri «Sai cosa vuol dire non riuscire ad aggrapparsi
alla propria rabbia? Sai cosa significa veder vanificato il proprio
controllo? Riesci a capire che è tutta colpa
tua?!» Esclamò il lupo, esasperato del silenzio
imprevisto. Fu allora che Stiles trovò un po' di coraggio
«Non sono io a chiederti di salvarmi» La risata
roca giunse più vicina del previsto, ma meno inquietante di
quanto avebbe potuto prevedere «TU credi che abbia scelta?
Sei davvero convinto che io lo faccia volontariamente? Che io voglia
preoccuparmi per te e di te tutto il giorno, tutti i giorni, da quando
ho visto la tua insulsa faccia per la prima volta?» Stiles
rimase interdetto, ma sentiva che il lupo stava domando la bestia,
così continuò a parlare «Lo faccio
anche io! Cosa credi? Che non mi preoccupi per tutti voi!
Sì, anche per te. Che non sia terrorizzato dall'idea di
perdervi?» L'altro sussurrò al suo orecchio
«Tu proprio non capisci, sei così preso da
lei» ma Stiles lo interruppe «Credo di volerle un
gran bene, non è facile smettere di credere in un'ossessione
che ti ha accompagnato per tutta la vita, ma... In quel bosco, poco fa,
l'unica cosa a cui riuscivo a pensare era "Corri, continua a correre,
Derek ti troverà, lui ti trova sempre" e ho continuato a
marciare attraverso l'inferno sperando di vedere te. Non Scott, non
Isaac o Jackson, te». Fu un attimo, i loro sguardi
s'incrociarono. Derek si staccò appena «Sei un
idiota, lo sai?» Non era dolce o scherzoso, ma terribilmente
serio. Lo schiacciò sul tronco, mentre l'alba rischiarava il
cielo. Solo allora lo baciò. Passione, infinita. Rabbia,
profondissima. Irritazione, per essere stato incastrato da un ragazzio
con la propensione per l'autodistruzione. Anche in quel frangente,
aggrappato a lui in quel bacio esasperato, con il respiro affannoso e
le mani che non sapevano dove posarsi. Si stava mettendo nelle mani di
un lupo che lo aveva ripetutamente minacciato di morte e con cui
condivideva le parti più oscure del suo carattere.
***
Spero vi piaccia. Delirio
notturno, erano circa le 5 quando ho finito e forse farei meglio a
dormire la notte xD. Con i titoli non ci so fare quindi, vado sul
sicuro... R&R!
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