1 - “I’d Just As Soon Kiss A Wookie”
I am nothing
more than
A
little boy inside
That
cries out for attention,
Yet
I always try to hide
cause
I talk to you like children,
Though
I don’t know how I feel
But
I know I’ll do the right thing
If
the right thing is revealed
(Staind,
“Epiphany”)
Buffo che quasi non
consideri affatto una fortuna l’essere sopravvissuto.
Dal momento in cui avevo
rimesso piede nella base, dopo aver affidato Luke alle cure dei
paramedici ed essermi scrostato il ghiaccio residuo di dosso, tutti gli
ufficiali di grado inferiore o superiore al mio mi hanno battuto almeno
una volta una vigorosa pacca sulla spalla, congratulandosi con me per
il mio coraggio e per lo scampato pericolo. In realtà, penso
volessero soltanto lavarsi la coscienza per avermi dato del pazzo
furioso nel momento in cui avevo deciso di saltare in groppa al mio
Tauntaun e avventurarmi in quella tempesta di neve crepuscolare per
andare a salvare un uomo che, secondo le normali probabilità
di sopravvivenza, avrebbe dovuto essere già spacciato.
Solo lei non ha osato
sfiorarmi con un dito.
Non una stretta di mano,
un colpetto sull’avambraccio, un lieve tocco sulla scapola,
soltanto uno sguardo muto e tagliente, le labbra strette, serrate in
una linea sottile, un muscolo lievemente contratto sulla guancia
destra. Mi è sembrato che avesse gli occhi lucidi, ma sono
quasi sicuro di essermi sbagliato. Figurarsi se sua altezza reale
potrebbe concedersi di apparire debole ed emozionata di fronte a me.
Tutto ciò che le è uscito di bocca è
stato un grazie
pronunciato con un filo di voce; successivamente, senza quasi lasciarmi
nemmeno il tempo di risponderle con un ironico “Non
c’è di che”, è corsa via
dietro la barella di Luke, camminandogli a fianco mentre gli
accarezzava i capelli e gli sussurrava parole di dolce conforto
all’orecchio. Io, disgustato da quella scena così
drammaticamente stucchevole, non ho fatto altro che ritrarmi
nell’ombra, salutare Chewbacca cercando di evitare lo
strangolamento e andare a chiudermi nella cabina di pilotaggio del
Falcon. Ho trascorso lì circa un’ora senza quasi
muovere un muscolo, fissando il vuoto con la fronte aggrottata e la
bocca semichiusa, mentre mi sentivo formicolare il cervello nel
tentativo di non pensare a niente. Dire che mi aspettavo un abbraccio
commosso è forse troppo, ma almeno un segno
d’affetto, una frase gentile, non le sarebbero costati poi
così tanto.
Ho cominciato a
spaventarmi, chiedendomi per quale motivo ho compiuto un simile gesto
di folle eroismo gratuito. Perché volevo davvero salvare
Luke da morte certa, o perché mi aspettavo di essere
idolatrato da lei per il mio atto di provvidenziale coraggio? Tutti qui
hanno preso a trattarmi da tempo come uno di loro, uno di quelli che
agisce per il bene universale in nome di un innato altruismo intriso di
generosità, ma la verità è che
probabilmente sono rimasto lo stesso Han Solo che contrabbandava per
Jabba de’ Hutt, quello che in vita sua non ha mai fatto
niente per niente.
Tuttavia di questa crisi
esistenziale, a dire la verità, in fin dei conti mi importa
ben poco; quello che davvero mi interessava era sentirmi per una volta
oggetto della sua ammirazione. Non perché io abbia bisogno
di ricevere la sua approvazione per ogni mio gesto, e nemmeno
perché il mio ego smisurato sente la necessità di
essere adulato da una persona che non ha mai riconosciuto i miei
meriti. No, è che semplicemente avrei voluto ricevere un
indizio del fatto che lei nutra un qualche tipo di squallido e patetico
sentimento nei miei confronti, dato che per me disgraziatamente
è così: provo qualcosa per lei, qualcosa che mi
vergogno perfino ad ammettere con me stesso e che sicuramente non ho
mai provato prima nel corso della mia vita di perfetto egoista. Ad ogni
modo, considerato che entro poco tempo mi toccherà partire
senza nemmeno la certezza di poter fare ritorno su questo stramaledetto
pianeta di ghiaccio, avrei gradito da parte sua un minimo di conforto,
di sollievo dalle mie ridicole pene.
E invece, niente di
niente.
È corsa da
Luke, dopo avermi a malapena degnato di uno sguardo e di una parola a
mezza voce. Nonostante ci fossi anch’io a rischiare di morire
assiderato là fuori. Evidentemente, però, il
sottoscritto è totalmente indegno di ricevere il suo affetto
prezioso.
Sono talmente irritato
che potrei rischiare di prendere a calci la mia stessa nave, motivo per
cui decido di allontanarmi e di andare a vedere come sta Luke. So bene
che probabilmente la troverò lì al suo capezzale
ad osservarlo con le lacrime agli occhi, ma ormai il mio autolesionismo
ha raggiunto limiti tali che questa è solo una bazzecola al
confronto. Magari potrò anche divertirmi a bersagliarla con
battutine sarcastiche per farle notare quanto sia stata impietosamente
ingrata nei miei riguardi, così poi la farò
irritare e finiremo per litigare di nuovo, insultandoci come
d’abitudine. Ma almeno la smetterà di stare col
fiato sul collo a Luke.
Chiamo Chewie e ci
avviamo tutti e due verso l’area medica, senza scambiare una
parola. So che mi sta tenendo d’occhio con aria preoccupata
perché percepisce la mia evidente frustrazione, ma non ho
voglia di parlarne e lui lo sa. Ha notato che ormai da un po’
di tempo sono strano, che da quando ho deciso che era il momento di
abbandonare questo branco di ingenui sognatori per andare a salvarmi la
pelle da Jabba sono diventato ancora più irritabile del
solito, che tutte le volte che Leia mi passa davanti io mi irrigidisco
e assumo un’espressione cupa. Ma non ha senso abbandonarsi a
confidenze sconsolate, non risolverebbe assolutamente niente: io
continuerei ad avere una pericolosa taglia sulla testa, e lei a non
ricambiare i miei sentimenti.
Mi faccio indicare
seccamente il luogo in cui hanno portato Luke, e pochi attimi dopo
faccio il mio ingresso trionfale in una stanza asettica in cui il mio
amico galleggia privo di coscienza in una vasca piena di
chissà quale liquido, un respiratore che lo tiene in vita e
un droide medico che assiste all’intera operazione producendo
occasionali brontolii meccanici. Lei è lì, come
previsto. Non emette un suono né muove un solo muscolo, fino
a quando non le rendo manifesta la mia presenza camminando verso di
lei, mentre tento inutilmente di ostentare una fredda indifferenza.
Getto prima un’occhiata fugace a Luke, rabbrividendo per lui:
non ho mai tollerato nessun genere di cure mediche, nemmeno nelle
condizioni di salute peggiori, e se fossi stato io quello che delirava
a faccia in giù nella neve con le membra congelate, credo
che avrei preferito rimanerci piuttosto che farmi manipolare da una
serie di assurdi macchinari. Meglio lui che me, insomma. Faccio un
altro paio di passi e mi affianco a Leia, tenendo le mani incrociate
dietro la schiena, domandandomi quale potrebbe essere
l’argomento più adatto con cui dare avvio alla
conversazione. Le condizioni di Luke? Scontato. La sua freddezza nei
miei confronti? Irriverente. I miei sentimenti per lei? No, non posso
davvero pensare di dirglielo, suonerei assurdo alle mie stesse orecchie.
Però forse la
sua espressione sbalordita mi procurerebbe un briciolo di sciocca
soddisfazione.
“Come
sta?” ho optato per l’ipotesi scontata, considerata
la potenziale pericolosità delle altre due: una mi avrebbe
portato a sgolarmi con grida di rabbia, l’altra a
polverizzare in un solo istante tutta la dignità che ancora
posso vantarmi di possedere.
“È
fuori pericolo, per fortuna,” mi risponde, con un insolito
calore. Evidentemente sentiva il bisogno di qualcuno su cui sfogare il
suo sollievo, non ha importanza se anche si tratta di una persona che
detesta.
“Magnifico.”
Un pizzico di sarcasmo mi sfugge. Non era proprio mia intenzione
– o forse sì. Al diavolo. Purtroppo non sono in
grado di correggere il tiro. Incrocio le braccia sul petto e appoggio
il peso sulla gamba sinistra, sforzandomi di non gettarle
più di un’occhiata di sbieco.
“Tu
stai… bene?”
Distolgo lo sguardo dal
corpo di Luke che galleggia inerte nella vasca, fissando Leia dritto
negli occhi con un’espressione apertamente stupita. Per un
attimo sono davvero pronto a illudermi che si stia sinceramente
preoccupando per me, ma poi, per grazia dei Sith, il mio onnipresente
scetticismo interviene a riportarmi con i piedi per terra.
“Mi reggo in
piedi senza problemi, non lo vedi?” rispondo, questa volta
calcando intenzionalmente il sarcasmo nel mio tono di voce. Lei storce
la bocca in un’espressione di disgusto, distogliendo lo
sguardo da me.
“Hai ragione,
non so proprio perché ho perso tempo a
domandartelo.”
Già,
è la stessa cosa che mi chiedo anch’io. Non vedo
perché senta ancora il bisogno di sbrigare simili
formalità tra di noi; non sono così stupido da
illudermi che le importi veramente qualcosa della mia salute, quando
fino ad ora non si è staccata un momento dal capezzale di
Luke.
“Ti ringrazio
comunque per il sincero interessamento,” borbotto a denti
stretti, anche se probabilmente avrei fatto meglio a trattenermi; mi
ero proposto di imboccare la strada delle frasi di circostanza, non
quella dello scontro aperto.
“Cosa
pretendevi, di essere riverito regalmente?”
Oh, è riuscita a cogliere l’ironia della mia
affermazione. Magnifico. Non la facevo così sagace. Ormai
sono nei guai fino al collo, tanto vale che prosegua su questa linea di
condotta.
“No,
Principessa, sono ben consapevole del fatto che questo genere di onori
è applicabile solo a te,” le rispondo, forzando i
toni e incrociando più strettamente le braccia, mentre sento
l’irritazione invadermi da capo a piedi.
“E allora per
quale motivo sei venuto qui ad attaccarmi?”
“Perché
ritenevo che per aver salvato la vita al tuo protetto meritassi
qualcosa di più dei tuoi freddi ringraziamenti.”
Devo riconoscerlo, non
sono mai stato particolarmente furbo nell’intuire quando
è il momento più opportuno per lasciar cadere una
discussione e ritirarmi in un dignitoso silenzio, reprimendo il mio
bisogno innato di avere sempre l’ultima parola, soprattutto
nei casi in cui il mio interlocutore è una principessa
altezzosa e saccente che risponde ad ogni mia provocazione con scoppi
di rabbia assolutamente entusiasmanti. L’unico effetto
collaterale di questa mia mancanza è che in certi casi le
sue reazioni risultano essere particolarmente dannose per il
sottoscritto, soprattutto nei momenti in cui intervengo a forzare la
mano mentre lei è evidentemente sotto pressione. Questa
è proprio una di quelle volte, perciò posso
soltanto sospirare in modo quasi impercettibile e osservarla stringere
le labbra e fissarmi con uno sguardo infuocato che mi provoca
un’ambigua eccitazione, nella mia sostanziale
impossibilità di mantenermi serio di fronte a lei.
“Non mi sembra
né il luogo né il momento adatto per le tue
discussioni infantili, Han,” mi dice, nel classico tono secco
e perentorio di chi non ammette repliche. Sarò anche un caso
senza speranze, ma adoro vederla arrabbiata. Forse perché
è l’unico tipo di occasione in cui giunge
pericolosamente vicina a perdere il controllo. Senza contare che mi
manda in visibilio quando pronuncia il mio nome in quel modo. Come ha
fatto ieri, quando mi ha rincorso fuori dalla sala comandi, per dirmi
che credeva che sarei rimasto…
“Per te non
esistono mai un luogo e un momento adatti,” rispondo, a denti
stretti. Non ho più voglia di discutere. Il ricordo della
discussione del giorno prima ha risvegliato in me una serie di
sensazioni spiacevoli che non desideravo rivivere proprio ora, in un
momento in cui mi sarebbe fondamentalmente necessario mantenere la mia
superiorità distaccata.
“Senti, ti
siamo tutti estremamente grati per quello che hai fatto, ma ogni tanto
mitigare le tue manie di protagonismo ti farebbe soltanto
bene…”
“E a te
farebbe bene smetterla di nasconderti dietro quel plurale di
convenienza. Se tu mi sei grata, perché non me lo dici
chiaramente?”
La sto provocando oltre
ogni limite, ma in questi giorni mi risulta impossibile trattenermi.
Potrei sparire completamente dalla circolazione non appena
lascerò questo blocco di ghiaccio, potrei rimetterci la
pelle nel tentativo di salvarmela, e morirei con il rimpianto di non
averle mai gridato in faccia quanto la odio per aver giocato
spietatamente con i miei sentimenti.
“L’ho
già fatto, ma evidentemente deve esserti
sfuggito,” replica lei, inarcando un sopracciglio. Io mi
pianto saldamente sulle gambe, affrontandola a viso aperto.
“Ed
è il massimo di cui sei capace?”
“Non riesco a
capire che pretese tu abbia!”
“Perché
evidentemente le tue capacità affettive si esauriscono del
tutto nei confronti del ragazzino.”
Questo non avrei dovuto
dirlo, nella maniera più assoluta. La mia pretesa di
ottenere la rivincita dopo la delusione di ieri è
decisamente legittima, ma non doveva tradursi in termini simili.
Magnifico, Han. Le hai espressamente detto che sei geloso marcio di
Luke, complimenti davvero. Ora puoi anche scordarti di condurre il
gioco.
“Ti comporti
come un bambino,” sentenzia lei, in tono tagliente. Io mi
stringo nelle spalle, sforzandomi di ostentare la massima noncuranza di
cui sono capace. Sono estremamente bravo a fingere, è una
delle mie scarse caratteristiche che mi sono utili quando mi devo
tirare fuori dai guai.
“Dovresti
provare ad ascoltarti, sei… un vero idiota.”
Si mette sempre
d’impegno quando si tratta di insultarmi, credo che dovrei
considerarlo un vero onore.
“Perfetto, la
prossima volta mi metterò da parte e lascerò che
sia qualcun altro ad addentrarsi in una bufera di neve con cinquanta
gradi sotto zero.”
In questo momento, la
parte più nera della mia coscienza mi sta sibilando
all’orecchio che forse davvero l’ho fatto soltanto
perché speravo nella sua calorosa riconoscenza.
“Nessuno ti ha
chiesto di farlo.”
Si sta infervorando sul
serio, e io non riesco a fare altro se non crogiolarmi in questo
ennesimo diverbio, dando sfogo a tutte le mie esigenze di
impulsività.
“Hai ragione,
ma d’ora in poi mi chiamo fuori. La parte dell’eroe
non mi soddisfa nemmeno un po’,” sentenzio, fiero
di me stesso.
“Sicuramente
ti si addice molto meno rispetto a quella del mercenario
arrogante.”
“Ammettilo,
è proprio questo che ti piace di me.”
“Ora basta,
Han, sparisci!”
Con le guance
imporporate di un rossore violento, gesti bruschi poco consoni per una
persona del suo rango e il fuoco negli occhi tipico di quando riesco a
pungerla sul vivo, Leia mi spinge verso l’uscita in preda ad
una furia incontrollata. Io assecondo i suoi gesti, troppo sorpreso e
inebetito per opporre una qualche resistenza, e come reazione di
conseguenza mi sfugge dalla gola una risata incredula. In una
debolissima frazione di secondo riesco anche a concentrarmi sulla
pressione delle sue mani a contatto con la mia schiena, ma arriviamo
troppo presto alla porta perché la sensazione possa
risultare apprezzabile.
Mi volto di scatto,
aggrappandomi allo stipite della porta, fermo in piedi davanti a lei,
mentre mi sforzo di ergermi in tutta la mia altezza per sovrastarla e
intimidirla, in realtà riuscendo soltanto a sentirmi
avvampare per la pericolosa vicinanza che ho involontariamente
instaurato tra me e lei.
Per un attimo la
tensione trionfa, pesando su di noi come una cappa di nebbia e
facendoci rimanere immobili l’uno di fronte
all’altra, senza proferire una sola parola, gli sguardi che
faticano ad incrociarsi. Ed è in quell’attimo che
realizzo l’entità del mio impellente desiderio di
baciarla. Istintivamente terrorizzato dalla prospettiva di compiere un
gesto così fuori controllo, spingo la testa
all’indietro come per allontanarmi quel tanto che basta da
raggiungere una distanza di sicurezza dalle sue labbra,
dopodiché la fisso dritto negli occhi e mi concedo
un’espressione di sorridente e sfacciata malizia atta
soltanto a farla sentire in imbarazzo.
“Ti sarei
grato se prima di cacciarmi tu potessi restituirmi il
Wookie,” le dico, scandendo le parole su una
tonalità volutamente provocante. Lei mi restituisce uno
sguardo a metà fra il velenoso e l’imbarazzato.
“Certo, se tu
volessi attuare il tuo proposito di baciarne uno, posso sempre
lasciartelo a disposizione per il tempo che ti
serve…”
La porta mi si chiude in
faccia con uno scatto secco. Rimango a fissarla a labbra strette per
qualche secondo, nel disperato tentativo di scacciare dalla mia testa
tutte quelle fastidiose voci interiori che continuano a darmi dello
stupido. Trascorso questo breve lasso di tempo, Chewie mi compare
davanti cogliendomi nella mia perfetta immobilità, e solo
allora riesco a riscuotermi e a ridarmi un contegno.
“Ok, amico,
andiamocene via,” gli dico, senza attendere conferma. Mentre
mi incammino per i corridoi semivuoti, il rauco ruggito del mio fedele
compagno peloso mi risuona alle spalle con insistenza. Sospirando, mi
blocco su due piedi e mi volto a guardarlo.
“No, non ho
esagerato. È lei che non si può permettere di
trattarmi così.”
Lo sguardo che Chewie mi riserba non è proprio
così concorde e sostenitore come mi aspettavo. In risposta
ricevo un ruggito sommesso, indagatore, dubbioso.
Mi stringo nelle spalle,
sfoderando un sorriso obliquo di mera consolazione.
“Ad ogni modo,
non ti ha dato nessun bacio. Questo significa che preferisce me a un
Wookie, per quanto si affanni ad affermare il contrario.”
Chewie mi guarda senza
dire niente, reclinando la testa di lato.
“Senza offesa,
è chiaro,” aggiungo, prima di tornare ad
incamminarmi verso l’hangar principale. Riflettendoci in
silenzio, giungo alla conclusione che forse la mia osservazione non
è poi così campata in aria, dopotutto. Magari se
me lo ripeto un paio di volte di seguito finirà per
sembrarmi un’argomentazione convincente, e
riuscirò a riacquistare un briciolo di sicurezza in me
stesso.
Piccola nota su dove voglio
andare a parare: a parte il puro piacere di scrivere su
questa coppia che adoro follemente fin da quando avevo sì e
no 9 anni, il mio scopo è quello di mettere a nudo le
insicurezze di Han, le sue frustrazioni e il suo pessimismo riguardo al
suo rapporto con Leia. Anche se spesso e volentieri questo suo modo di
porsi lo conduce a fraintendere numerosi atteggiamenti di Leia nei suoi
confronti. Si deve tener conto che il punto di vista è
quello di Han, perciò non deve stupire se spesso Leia viene
vista e intesa come una persona che pare non nutrire alcun interesse
nei suoi confronti: Leia è contorta, non esprime mai i suoi
sentimenti in modo diretto, e quando si sente forzata reagisce con una
buona dose di cattiveria. Ergo, Han interpreta tutto nel modo peggiore
possibile, si sente amareggiato e frustrato, e si crogiola in questa
sua sorta di “ottusità”. Il mio progetto
è quello di inserire al massimo quattro episodi in questa
raccolta, tutti considerabili come dei missing moments di ESB o ROJ. Il
prossimo sarà ambientato nel momento in cui Han, Leia,
Chewie e 3BO sono sul Falcon nascosti nella cavità
dell’asteroide e stanno tentando di riparare alla meglio il
“pezzo di ferraglia”. Le altre due saranno
ambientate una su Bespin, prima che Lando riveli il suo tradimento e
loro finiscano nelle grinfie di Vader, l’altra subito dopo
che Han è stato liberato e Jabba distrutto, mentre se ne
stanno andando da Tatooine. Ultima cosa: ringrazio infinitamente
Beatrice, che mi ha fatto da beta reader in modo egregio.
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