Dilagavano.
Come una nube di veleno mortale, i Mangiamorte si
rovesciarono sul dominio dei maghi senza pietà.
Travolgevano ogni cosa,
spargendo fiamme e sangue.
Quella notte la Gran Bretagna venne messa a ferro
e fuoco.
Quella notte, in pochi si salvarono.
E non ci furono bambini a
portare un fulmine sulla fronte a liberare i maghi da un Marchio Nero.
Non ci
fu nessuno quella notte che osò alzare il capo.
E com'era già accaduto in
passato, la storia si ripeté.
A Cedar House regnava il suono
tenue di un pianoforte.
Il timbro ovattato dei tasti calava e risaliva in
picchi violenti.
Il pendolo vittoriano del grande salone batté le
quattro di mattina e la nenia ridivenne malinconica e lenta, senza rabbia e
strozzature straziate mentre fuori dalle grandi finestre a impero imperversava
un gonfio temporale.
La pioggia batteva e rigava i vetri, scendendo in linee
verticali che rassomigliavano le sbarre di una prigione.
La mani che
suonavano l'antico pianoforte a coda erano sciolte ed eleganti, un tutt'uno con
chi sedeva a quei tasti.
La mano sinistra portava un anello, il blasone della
famiglia Mckay e una fede dorata all'anulare.
La destra un altro anello d'oro
giallo, al pollice.
Quelle dita continuarono a suonare, prima piano, poi
febbrili provocando un suono a volte stridulo e lontano.
Un lieve cambiamento
e la malinconia diventava un'atroce disperazione.
Jess Mckay inclinò
dolcemente il capo, terminando una scala di solfeggi.
Sul bel viso,
l'espressione di chi sapeva. E non poteva fare niente.
Continuava a suonare
da ore ormai, senza mai smettere.
Qualcuno gli posò una tazza di the sul
braccio del pianoforte, poi sua sorella Sofia tornò a sedersi sul
divano.
Adorava ascoltarlo. Anche in una notte simile, quando era stata
svegliata ed aveva appreso la terribile notizia.
Si avvolse meglio nella
vestaglia di seta, guardando fuori dalle tende.
Il cielo sembrava
piangere.
- Dov'è Tristan?- chiese Jess all'improvviso, senza smettere di
suonare.
- Nello studio. Sta parlando col signor Gillespie.- Sofia si portò
la tazza di porcellana alle labbra - Ti senti bene?-
Il primogenito dei Mckay
non rispose, premendo con forza su un do che risuonò a lungo fra quelle
mura.
- Andrew?- replicò, chiedendole di suo marito.
- Arriva subito. È
con i bambini in camera. Li sta cambiando.- Sofia girò il cucchiaino nella
tazza, abbassando gli occhi verdi sul liquido dalla sfumatura d'ambra -
Jess...Alex era spaventato. Forse dovresti parlarci.-
- Non ho detto io a
Sarah di svegliarlo.-
- Jess...-
- Sofia, non ho voglia di
parlarne.-
La strega sospirò, addolorata.
- E' tuo figlio.-
- Non parlo
di Alexander. Parlo di Sarah.-
I due rimasero in silenzio, lasciando che il
maggiore tornasse a concentrarsi sui tasti quando dalla porta laterale entrarono
due persone. Un uomo sui trentacinque anni, proprio come Jess, dall'aspetto mite
e dolce, capelli scuri e una leggera barba sul mento. Li raggiunse con in
braccio due bambini.
Uno di cinque e uno di tre anni.
Il più piccolo, con
una zazzera bionda e in pigiama, si fece mettere giù e corse al pianoforte.
-
Papà!- tubò e allungò le braccine verso Jess che per un attimo smise di suonare.
Senza mutare sguardo lo prese in braccio e lo fece sedere accanto a lui.
-
Stai bene Alex?- gli chiese Sofia con un dolce sorriso.
Il bambino annuì
computo, stringendosi a suo padre e poi con vocetta infantile chiese degli
zii.
- Arriveranno presto.- gli rispose Andrew McCormac, il marito di Sofia -
E tu Herik? Tutto bene?-
Il bambino sui cinque anni sembrava molto più
risoluto e forse, per farsi vedere più coraggioso, si mise seduto a una certa
distanza dalla madre, ottenendo solo l'effetto di farla ridere.
- Sarah
arriva subito.- disse Andrew, informando Jess - E' nell'anticamera a parlare con
Rose.-
L'altro evitò accuratamente di rispondere, senza staccare gli occhi
verdi dal pianoforte e dagli spartiti, anche se non aveva alcun bisogno di
leggere la composizione.
Sapere che sua madre era in casa era una notizia
oltre modo spiacevole e che poi Sarah stesse parlando con lei era anche peggio.
Con loro c'era certamente anche Elisabeth.
Jess però con tutto il cuore che
Degona fosse riuscita a sfuggire alle sue grinfie e avesse fatto un rapido giro
di controllo sui loro compagni e amici grazie alla sua empatia e proprio
pensando quello, sentì dei passi leggeri sulla scalinata del piano superiore.
Alzò appena il viso e vide un'eterea ragazzina di appena dieci anni scendere
a tutta velocità i gradini di marmo. Lunghi boccoli ben oltre la schiena e occhi
verdissimi, come tutti i Mckay, la piccola Degona era cresciuta in sei anni
tanto da rassomigliare sempre di più a sua madre.
In un semplice pigiama
bianco ma molto raffinato, che Liz aveva scelto per uno dei suoi ultimi e
costosi regali, Degona Lumia Mckay li raggiunse a piedi scalzi, incurante di ciò
che avrebbe potuto pensare la sua governante e istitutrice.
Si chinò e baciò
la guancia a sua zia Sofia, sedendosi al suo fianco e incrociando le gambe
snelle.
- Siamo tutt'orecchi.- le disse suo zio Andrew.
I lineamenti da
bambola di porcellana di Degona per un attimo si tesero.
Si sporse e guardò
oltre la porta del salone. Sentiva le voci di sua nonna Rose, del nonno Tanatos
e anche Liz e di sua zia Sarah. Era meglio essere cauti, sapeva che un solo
accenno a un utilizzo improprio della sua empatia poteva scatenare discussioni a
non finire e lei sapeva bene che quella non era la situazione
adatta.
Tornando composta, intercettò per un attimo lo sguardo di
Jess.
Anche lei, sentendo la sua melodia in cui erano intrinsechi i suoi
stessi sentimenti, assunse un'espressione malinconica.
- Lo zio Clay sta
bene.- mormorò con una voce dolce e calda - Lo zio Milo è alla Corte. Mentre
Sphin è al Ministero. Con lui ci sono Ron e tutti i suoi fratelli. Fra poco
andranno tutti alla sede dell'Ordine.-
- Questo l'hai sentito da loro?- le
chiese Sofia.
- No ma tutti lo pensavano. È nell'aria, sopra di loro...su
tutto il Ministero.- rispose la ragazzina, abbracciandosi le gambe e poggiando
il mento sulle rotule con aria sconsolata - Sono tutti impazziti. È pieni di
paura...-
- E come al solito nessuno fa niente.- sibilò Jess, tornando a
pigiare violentemente i tasti.
- Papà cosa succede?- gli chiese il piccolo
Alexander con la sua vocina sottile.
- Niente tesoro.-
Una donna alta, dal
corpo sinuoso e avvolto in un vestito dai toni color pastello era arrivata sulla
porta.
Pelle liscia, lunghi e serici capelli color del grano e mani curate
dimostravano le sue origini, insieme al girocollo dorato con su lo stemma di
famiglia che qualificava Sarah Haberhart come un'ottima moglie purosangue.
La
donna, sulla trentina, raggiunse suo figlio e lo strinse forte, dimostrando
ancora una volta quando Alexander fosse una delle due cose più importanti della
sua vita.
- Mamma perché sono tutti svegli?- sbadigliò ancora il piccolino -
E perché siamo venuti a casa dello zio Tristan?-
Sua madre sorrise,
prendendoselo in braccio e sedendosi sullo sgabello del pianoforte, quasi per
avvicinarsi timidamente a suo marito - Non è successo nulla, non ti preoccupare.
Siamo venuti qui dallo zio per stare un po' tutti insieme. Sei contento?-
Il
piccolo Alex sorrise, annuendo vigorosamente poi sbadigliò più di prima e si
appoggiò alla madre.
Era veramente stanco. E anche il piccolo Herik, suo
cugino, doveva esserlo perché aveva appoggiato la testa sulle gambe di suo
padre e si era addormentato, stringendo persino la mano a Sofia.
- I bambini
dovrebbero già essere a letto a quest'ora.- sentenziò Rose Mckay, entrando
affiancata dalla fida Elisabeth e seguita poi da Tanatos Mckay, quello che aveva
l'aria più irritata di tutti - Anche tu, Degona.-
- L'ho svegliata io.- la
interruppe Jess bruscamente, senza neanche guardarla.
- E tu cosa fai qua?-
sbottò sua madre, avvedendosi di lui - Non eri in Francia insieme a
Leblanc?-
- Sono tornato stanotte.-
- Devo crederti?-
Jess a quel punto
smise di suonare e richiuse seccamente il coperchio dei tasti, facendo
sobbalzare più di un presente.
- Credi a quello che ti pare.- le disse e
senza aggiungere altro prese la sua tazza di the, ormai freddo, poi anche Degona
per mano e se la portò nello studio, lasciando un muto silenzio alle sue
spalle.
Attraversando i corridoi illuminati da candelabri e piccole luci,
Degona non poté fare a meno di sentirsi protetta accanto a suo zio.
Nonostante...nonostante ciò che sentisse, sfiorandogli semplicemente
l'epidermide.
- Zio?-
Jess finalmente rallentò un po' il passo, placando
la sua ira.
- Zio...credi che Tom stia bene?-
Un sospiro, poi il
primogenito di Tanatos Mckay si chinò a guardarla. Le carezzò il viso e le
spalle.
- Tua madre l'avrà trovato. Stai tranquilla. E poi lo sai che tuo
fratello è in gamba, no?-
I grandi occhi della ragazzina brillarono in una
sorta di orgoglioso e quasi possessivo legame che non era di sangue, ma
spirituale, fra lei e il giovane Tom Riddle.
- Voi due!-
Jess e Degona si
voltarono, trovandosi Tanatos alle costole.
- Se pensavate di lasciarmi solo
in quel covo di aspidi vi sbagliate di grosso.- sentenziò il vecchio mago
dall'aria ancora austera e regale, accendendosi un sigaro - Sofia me la farà
pagare cara ma non ho intenzione di sorbirmi i discorsi di Elisabeth e di mia
moglie sulla mia cara nipote!- e strizzò l'occhio a Degona - Scappa a
nasconderti dietro alla gonna di tua madre diavoletta, o nei prossimi giorni
subiremo un vero colpo di stato qua dentro!-
- Ho superato l'esame.- rispose
Degona con aria mogia - Perché non mi credono all'altezza?-
- Non è questione
di bravura.- le disse Jess - Ma di testa. Tua nonna Rose e Liz sono uguali,
piccola. Ti vedranno sempre come una neonata e il pensiero che con un anno di
anticipo tu abbia passato un esame che ti permetta di accedere prima a Hogwarts,
le mette in agitazione.-
- Meglio a Hogwarts a questo punto.- scandì Tanatos,
accendendosi un sigaro gigantesco - Che qua a Londra sola nelle mani di
Elisabeth dopo tutto quello che accadrà stanotte e nei prossimi
giorni.-
Degona stavolta sorrise, volgendosi alla sua sinistra dove nessuno
vedeva altro che una parete.
Mai lei invece ci vide ben altro. Lei non era
mai veramente sola.
Strizzò l'occhio a Nyssa, la sua custode e la donna a sua
volta sorrise, veleggiandole attorno.
- Siamo sicuri che sia Lui?-
sibilò intanto Tanatos - Non potrebbe essere un falso allarme?-
- Tom non
sarebbe uscito per un falso allarme, lo sai.- rispose Jess cupamente, tornando
ad incamminarsi verso lo studio di suo fratello minore - E tantomeno Lucilla.
Spero che lei sia riuscito a trovarlo.-
- Al ragazzo serve una bella
ripassata!- scandì il vecchio mago - Andare incontro a
Colui-Che-Non-Deve-Essere-Nominato in questo modo!-
- Non sappiamo neanche
dove si siano diretti i Mangiamorte. Per ora sono solo soffiate degli spioni
papà.- gli disse Jess, fermandosi di fronte a una grande porta a due battenti di
mogano scuro - Quando ci saremo riuniti tutti all'Ordine allora ne sapremo di
più. Per il momento possiamo solo aspettare e chiudermi in casa...-
- ...come
conigli!- concluse Tanatos oltraggiato.
- Già.-
Quando i battenti si
aprirono, i tre maghi vennero investiti dal tepore delle fiamme di un caminetto
già acceso.
Sembrava veramente che fosse pieno inverno.
Era calato un
freddo che in Gran Bretagna non si era mai sentito ad agosto.
Fra le fiamme
del caminetto, la testa di un tizio guardava con un misto di pena e apprensione
il padrone di casa che camminava davanti e indietro davanti ai ciocchi
ardenti.
Tristan Mckay sentendoli arrivare si fermò, imprecando fra i
denti.
- Salve Duncan.- fece Tanatos, salutando il capo degli Auror - Come
andiamo?-
Duncan Gillespie quella notte aveva già mandato giù un intero
flacone di Demerol e sebbene lui non fosse mai stato portato per la medicina
babbana, doveva ammettere che stava facendo miracoli sulla sua
depressione.
Fece una smorfia al vecchio Mckay mentre Tristan si sedeva sulla
scrivania, levando di torno tomi e oggetti magici che in quel momento non
servivano a niente.
Un'occhiata e Jess capì di non essere l'unico ad aver
bisogno di un goccio di whisky, così andò al bancone e preparò due bicchieri
quando suo padre, sentendosi escluso, si prese poi il resto della
bottiglia.
Il padrone di casa era stato buttato giù dal letto verso le due e
mezza, quando qualcuno si era accorto della scomparsa di Tom e bhè, si, quando
sua figlia aveva sentito un grido.
E il pianto di due bambini piccoli.
Un
tuono fece traballare Cedar House ma nessuno se ne curò.
Degona per prima,
dopo aver abbracciato forte il padre che adorava come un dio, andò verso la
finestra e si strinse con delicatezza alla vita della donna più bella su cui
avesse mai posato lo sguardo.
Sua madre.
Lucilla del casato dei Lancaster
puntava gli occhi bianchi oltre il buio della notte, del temporale.
Degona si
chiedeva spesso fin dove sua madre poteva vedere.
Fin dove...poteva
arrivare.
Una donna così bella da sembrare irreale. I capelli bruni colmi di
boccoli erano sempre più lunghi, la bocca sempre più rossa e la pelle sempre più
fredda. Nessun cuore, nessuna emozione. Sempre meno umana.
Ma sempre più
innamorata delle due persone che erano tutta la sua vita.
Lucilla però
distolse subito la sua attenzione dalla tempesta, passando una mano fra i
capelli della figlia.
Degona l'abbracciò allora più stretta, sapendo bene che
quella fragilità era solo illusoria.
Affondò il viso nella spalla nuda di
Lucilla, sentendo il suo profumo di gigli e il liscio tessuto della sua
vestaglia di seta.
- Guarda.-
Degona fu felice quando sua madre, levando
una mano aperta, le mostrò qualcosa.
Nelle lucide unghie quadrate laccate di
uno scuro color vermiglio, la ragazzina vide qualcosa.
Un'immagine.
- Tom
sta bene!- disse la streghetta, sorridendo - Chi c'è con lui?-
- La sola
persona che poteva trovarlo.- le rispose Lucilla, con sguardo sereno - E' con
Claire.-
Le due tacquero per un attimo, con Degona sempre fissa a osservare
il fratello. Salvo, dalle mani dei Mangiamorte.
- Mamma...lui...Lord
Voldemort è tornato vero?-
Lucilla annuì, volgendo lo sguardo fuori dalla
finestra.
- Si.-
- E vuole prendersi Tom?-
- E Harry.- rispose la
Lancaster.
- E...vuole anche te?-
Sua madre sembrò pensarci.
- Si. Io
l'ho ingannato.-
Degona cercò di leggerle dentro ma non ci riuscì. Sua madre
era l'unica i cui pensieri per lei erano irraggiungibili.
Inafferrabili.
-
Credi anche tu che faccia male ad andare a Hogwarts col papà?- sussurrò allora
la piccola strega - Credi come Liz e la nonna che io voglia solo cacciarmi nei
guai?-
Un debole sogghigno si piegò sulla bocca della demone.
- Ancora
nutri il segreto desiderio che io sia come il resto della gente che ti circonda,
tesoro?-
La gioia scoppiò nel cuore dell'empatica che le gettò le braccia al
collo e la baciò con uno schiocco.
- No. Tanto lo so che sei senza speranza
mamma!-
Madre e figlia risero insieme, poi finalmente il fuoco nel camino
divenne più sottile. Duncan era sparito.
Quando Tristan si volse verso di
loro, era tutto deciso.
- Domani l'Ordine della Fenice torna a riunirsi.-
scandì, fissando attentamente Lucilla - E' guerra dichiarata.-
- E per Tom?-
chiese Tanatos - Gli mandiamo un gufo per farsi trovare dai Black?-
- Non si
preoccupi.- rispose la Lancaster, tornando a guardare fuori dalla finestra - E'
al sicuro. In ottime mani.-
Chiunque fosse uscito sotto quel tempo
infame, con la pioggia che batteva a raffica su tutta Londra, sul Surrey, sul
Sussex, nel Kent, sul Linkolnshire e sullo Yorkshire, sarebbe sicuramente andato
incontro a qualche guaio.
Ma nessun babbano osò uscire di casa quella notte.
L'aria era infausta. Anche loro sembravano percepirlo.
Però qualcuno dai
grandi poteri era comunque sotto quel cielo piangente.
Qualcuno salvato da un
padre dalle mani macchiate di sangue.
Qualcuno che stava fradicio, sotto quel
diluvio...senza sentire freddo. Senza sentire altro che dolore in un parco del
centro di Londra, accanto a un laghetto...vicino a una panchina.
Il giovane
Tom Riddle era zuppo dalla punta dei capelli fino alla punta delle scarpe da
ginnastica. I jeans si erano fatti pesanti, ma mai come il peso che ora gravava
sulle sue spalle.
Sul viso bagnato, una lacrima si confuse con le gocce di
pioggia.
Le sue mani continuavano a stringere il piccolo coniglio di pezza
che era appartenuto ai suoi due protetti.
Tremò. Era venuto meno a due patti
quella notte.
Al suo giuramento di padrino...e al giuramento di protezione
verso Harry.
Un gemito gli uscì di gola mentre si portava quel coniglietto al
viso. Lo schiacciò con forza ma lo lasciò andare quasi subito quando due esili
braccia lo strinsero forte per la vita e le spalle.
Tom fece lo stesso,
stringendo convulsamente a sé la sua salvatrice.
Il suo potere si Sensistrega
e la sua capacità di trovarlo ovunque l'avevano salvato ancora una
volta.
Affondò la mano nei lunghi ricci bagnati di Angelica Claire King e
serrò le labbra, sentendo il cuore andare in pezzi.
- Shhh...- Cloe gli
carezzava la schiena e il collo, senza lasciarlo mai - Shhh, tranquillo...adesso
siamo lontani da lui.-
Lontani da lui. Da Lui.
Il giovane Riddle si
staccò lentamente, puntando gli occhi blu in quelli della sua regina.
- L'ho
visto.- sussurrò la biondina e gli posò la mano su una guancia - Ti ha fatto del
male?-
Tom scosse il capo e le porse il coniglietto che la ragazza afferrò
con i lineamenti impietriti.
- E' di Glory.- mormorò.
- Si. E ora tutta
Godric's Hollow sta bruciando.-
Cloe sollevò lo sguardo. Si fissarono senza
parlare, sotto quella pioggia incessante.
Poi lei gli prese la mano,
intrecciando le dita con le sue.
- Sono vivi. Tutti quanti. Lo sai
vero?-
Tom si morse le labbra, trattenendo un altro gemito strozzato - Quando
sono arrivato era pieno di sangue ovunque. I licantropi di Greyback hanno
attaccato la casa. Ho parlato con suo figlio.-
- E...c'erano i tuoi
fratellastri?-
Il mago stavolta piegò la bocca in una smorfia di
disprezzo.
- Si, c'erano anche loro. Sempre in prima fila.-
Cloe tirò un
sospiro. Poteva capire la sua rabbia...ma ora lei ringraziava solo di essere
arrivata in tempo.
Solo di quello. Solo che Tom fosse vivo.
- Chi ti ha
detto dov'ero?- le chiese, lasciandosi andare seduto sulla panchina alle loro
spalle.
- Ti ho trovato io.- gli sorrise finalmente, sedendosi al suo fianco
- Mi sono svegliata quando a casa mia sono arrivati degli Auror da parte di
Gillespie. Stavano avvisando mio padre di qualcosa...io mi sono improvvisamente
ricordata della profezia e...- deglutì, dimostrandogli finalmente quando fosse
stata in ansia -...mi sono messa a cercarti.-
- Claire.- Tom le passò un
braccio attorno alle spalle, schiacciandosela addosso - Scusami. Non continuiamo
a stare qua sotto al diluvio o ti prenderai qualcosa. Andiamo via.-
- Tanto
ormai non fa più differenza.- gli disse, del tutto incurante della pioggia che
le incollava i capelli al viso - Devi dirmi tutto. Ogni cosa.-
- Si ma
ripariamoci.- le disse risoluto, prendendola per mano e facendola alzare. Si
guardarono attorno e uscirono dal parco di corsa, attenti a qualsiasi movimento
sospetto. Si ritrovarono per una strada trafficata, il traffico era ridotto ma
c'erano ancora dei locali aperti, anche alle quattro di mattina.
Non potevano
muoversi subito, era necessario che stessero nascosti per qualche tempo.
E
poi sarebbero andati dove Tom era sicuro che tutti si stessero già
riunendo.
Alla sede dell'Ordine della Fenice.
Claire lo bloccò, tirandolo
per mano di fronte a un pub. Era poco affollato e quando misero il naso dentro
videro che mancava mezz'ora alla chiusura. Perfetto, il tempo
necessario.
Cloe chiese qualcosa di caldo al barista e lui gentilmente le
passò due asciugamani.
Si diressero dietro un paravento e seduti sui
divanetti, i due maghi iniziarono ad asciugarsi come potevano, senza usare la
magia visto dove si trovavano.
Quando il barista arrivò con due alte tazze di
thè e del cognac a parte, nel caso avessero voluto correggerlo, Tom riuscì
finalmente a tirare il fiato.
Dio. Gli sembrava tutto così
impossibile.
Fino al giorno prima aveva vissuto sereno. Studiando, uscendo di
casa per andare a fare gli acquisti a Diagon Alley, aveva sopportato con Tristan
e Lucilla le terribili feste che Rose Mckay si ostinava a dare...
E ora tutto
era svanito. Tutto di nuovo ricominciava.
Era guerra.
E suo padre era
tornato.
Per uccidere Harry.
A quel pensiero serrò la mano sulla tazza,
rischiando di spezzare la ceramica.
- Tom,- Cloe mise la mano sulla sua -
calmati e dimmi cos'è successo.-
- Non lo so bene neanche io.- mormorò a
bassa voce, come in trans - Ero nel letto quando un incubo mi ha svegliato. Un
serpente mi ha detto che lui era tornato, che mi aspettava. Nessuno può entrare
nei miei sogni e collegarsi in quel modo con me. Solo Harry...e...lui.- sibilò
gelido, odiando il solo pensiero di chiamarlo padre.
- E sei andato a
Godric's Hollow senza dire niente a nessuno?- La King ora lo fissava seria - Hai
fatto un colossale cretinata, te ne rendi conto? Da solo? Quella era una
trappola!-
- Chissene frega. Harry, Hermione, Draco ed Elettra sono spariti!
E anche i bambini Claire!- urlò quasi, senza che lei si scomponesse - Era pieno
di mannari e se...- gli morì la voce in gola - e...se avessero fatto qualcosa a
Lucas e Glory?-
- Sono ben protetti, lo sai.-
- Quando si tratta di
lui...nessuno è ben protetto.- ringhiò fra i denti - Era attorniato come se
fosse stato un re da tutti i suoi Mangiamorte. Perché? Perché?- sbottò - Perché
lo seguono?! Dio, se penso che può aver fatto qualcosa ai ragazzi e ai bambini
mi viene voglia di tornare laggiù e ucciderlo all'istante! Non m'importa di
morire subito dopo per mano dei suoi leccapiedi!-
- Tom...- ora gli occhi
nocciola della Sensistrega si fecero tristi - Tom è tuo padre.-
- Non è mio
padre!- sibilò, tenendosi la testa fra le mani e fissando la tazza - Un padre
non si misura col sangue. Quello è un assassino! Un mostro!-
- Si, lo è. Ma
non spetta a te ucciderlo.-
- Tanto nessuno oserà mai contrastarlo! Solo gli
Auror ormai ascoltano Harry ma ora che è libero di nuovo e tornerà a vagare fra
i maghi, nessuno più alzerà la testa! Sono tutti dei vigliacchi!-
Il rombo di
un tuono in quel momento fece lampeggiare le luci del pub.
Dopo un attimo ci
fu un black out e i due maghi decisero che era ora di andare.
Era il momento
di andare a Grimmund Place.
Al numero 12.
Lo raggiunsero in un lampo,
apparendo in un vicolo buio accanto alla palazzina.
La pioggia continuava a
cadere più forte di prima ma non la sentiva più.
Troppo intorpiditi, con
l'anima altrove.
A occhio di babbano, non c'erano luci accese ma Tom vide
ogni finestra illuminata.
Le tende erano tirate ma l'Ordine era lì. Al
completo.
- C'è tua madre.- lo informò Cloe - La sento.-
- Bene.- si
limitò a dire - Tu entri vero? Non voglio che te ne vai a casa da sola.-
Lei
sorrise. Dolce Tom.
Tornò a stringergli la mano e insieme entrarono dalla
porta principale, usando la parola d'ordine da poco adottata.
Quando furono
dentro, li accolse un piacevole tepore mentre ovunque si sentivano voci
concitate.
Almeno l'incantesimo di protezione non era scattato ma...
-
VOI! MALEDETTI TRADITORI!! COME OSATE PROFANARE LA SACRA CASA DEI BLACK!!-
-
Per l'amor di Dio, sta zitta!-
La voce furibonda del padrone di casa sovrastò
quella della signora Black, ancora saldamente ancorata al suo muro.
Sirius
Black apparve sullo scalone, tirando la tenda sul quadro con un gesto seccato
della mano.
Il mago non era cambiato. Tanto tempo dietro al Velo l'aveva
lasciato lo stesso di sempre. Affascinante con la sua aria selvaggia, i lunghi
capelli e un lieve filo di barba, occhi grigi da ammaliatore.
- Al
diavolo! Dung ti avevo detto di...- iniziò a sbraitare ma quando si accorse
di loro due, Sirius tacque.
Osservò il viso di Tom poi scese dalle scale
velocemente.
Il giovane Riddle lo abbracciò subito, sentendosi meglio.
-
Ciao mostriciattolo.- borbottò Sirius - Era ora che arrivassi. Ti dovrei
prendere a ceffoni sai?-
- Ti prego, scusami.- Tom era mortificato - Ma non
ce l'ho fatta a resistere.-
- Già, non potevi resistere a cadere in trappola
eh?- ringhiò Tristan Mckay, apparendo nel corridoio a fianco.
Tristan e Tom
si guardarono per un lungo momento, gli occhi verdi dell'Auror che
lampeggiavano. Poi lentamente la sua collera sbollì, scemando.
- L'importante
è che stai bene.- disse, passandosi una mano fra i capelli biondi - Ciao
Cloe.-
- Ciao Tristan.- sorrise blandamente la strega - L'ho portato via
appena in tempo.-
- Ti ringraziamo tutti.- le disse Sirius - Forza, siete
bagnati come pulcini. Venite a scaldarvi.-
- Ci sono tutti?- chiese Tom
ansioso.
- Ron e gli altri non sono ancora tornati.- lo informò Black,
trascinandolo in cucina dove c'era raccolto un gran numero di maghi. Kingsley,
Remus Lupin, Ninfadora Tonks, Andromeda, Dedalus Lux, Deirdre Warfield, tutti i
fratelli e i genitori di Ron, Pansy, Gary Smith e la sua squadra di Auror,
Duncan Gillespie e i suoi amici veterani. All'appello mancavano Edward Dalton,
Ron Weasley, Milos Morrigan e Clayton Harcourt. Sphin Eastpur era arrivato da
poco dalla sua ronda.
Fra i nuovi aggiunti, Liam Hargrave seduto in poltrona
con Tanatos Mckay a fumare come teiere e Lucius Malfoy, abbarbicato al tavolo
della cucina con aria ben poco allegra, visto che era stato buttato giù dal
letto nel pieno della fase REM da sua moglie, in piedi alle sue spalle a penare
per suo figlio e sua nipote.
- Oh, eccoti.- Remus fu il primo a vedere Tom e
gli sorrise con calore - Tutto bene?-
Il giovane Riddle, sentendosi addosso
gli occhi di tutti, abbassò il capo.
- Tu l'hai visto vero?- gli chiese
Kingsley Shacklebolt dopo un secondo di gelo totale - Tu hai visto
Tu-Sai-Chi.-
L'aria si era fatta senza. Si tagliava col coltello.
E i
cuori battevano in un'angoscia antica. Sembravano attendere il giudizio del
boia.
- Si.- ammise Tom a quel punto.
Sentì gemiti, vide gente coprirsi
occhi e viso. Sentì rabbia. Impotenza.
- E' libero.- imprecò Liam Hargrave
fra i denti - Lo sapevo dannazione, lo sapevo!-
- E' inutile farsi prendere
dal panico.- sindacò Duncan irritato - Lasciamo prendere fiato al ragazzo!-
-
Parli bene tu, hai mandato giù una mezza chilata di sedativi.- sibilò Tanatos
sarcastico.
- Vediamo di non cominciare signori, grazie.- fece Molly Weasley,
correndo da Tom e Cloe - Su ragazzi, sedetevi a tavola. Ora vi preparo qualcosa
di caldo.- disse premurosa - Ne avete passate troppe per stanotte.-
I due
fecero come venne ordinato e si misero a tavola.
Tom venne abbracciato da
Andromeda e Narcissa che lo fissarono preoccupate.
Lui sapeva che tutti
volevano chiedergli una sola cosa.
Di Harry. Di Godric's Hollow.
E col
cuore a pezzi, li accontentò, lasciandoli muti.
- La casa di Harry e Draco è
andata a fuoco.- mormorò a bassa voce, catalizzando l'attenzione dell'Ordine -
Quando sono arrivato, era in fiamme. Il Marchio Nero era sul muro dell'ingresso.
I ragazzi...non c'erano.- aggiunse, mentre Molly si portava le mani alla bocca,
angosciata - Ho parlato con...Asher Greyback, il figlio di Fenrir.- proseguì -
Lui mi ha detto che i licantropi di suo padre hanno attaccato la casa...-
- I
mannari.- alitò Andromeda - E...non hai visto altro?-
- Come hanno fatto a
rompere il sigillo sulla casa?- ringhiò Sirius furente - E' impossibile!-
-
Non per Tu-Sai-Chi.- disse Lucius all'improvviso - Ti hanno detto altro
Tom?-
Il giovane mago fissò suo zio, mordendosi le labbra.
- Ho...ho
chiesto a ...Voldemort di dirmi cos'era successo a Harry.-
- Hai parlato con
lui?- si sconvolse Tristan mentre i presenti impallidivano.
- Solo per un
attimo. E mi ha detto di non aver trovato Harry. Né Draco. Ma i bambini...-
- I bambini solo al sicuro.- lo bloccò Sirius, facendogli sgranare gli occhi
- Jane, la madre di Hermione, ha sospettato qualcosa dopo una visione sfocata
ieri sera, prima di andare a letto e ci ha avvisato. Hagrid li ha portati
via.-
- Quindi sapevate...- sbottò Claire.
- No, no.- scosse il capo Remus
- E' stata una precauzione presa all'ultimo minuto. Hagrid è arrivato che si
stava già scatenando quell'inferno. Ha preso i bambini e li ha portati da
Silente. Fra poco sarà qui.-
- E dove li hanno messi i bambini?- si sconvolse
Tom - Dovrebbero stare qua con noi!-
- Calmati.-
La voce rassicurante di
Lucilla lo colse alle spalle.
Si girò e lei gli sorrise, carezzandolo con lo
sguardo.
- Sono in un posto sicuro ora. Sotto la protezione della madre di
Harry.-
Tom alzò le sopracciglia, senza capire subito...ma quando Lucius
sbuffò, capì tutto.
- Li hanno portati...cioè, hanno portato Lucas e Glory da
quei matti di babbani?- fece stralunato.
- Si. Lì saranno protetti.- gli
confermò Sirius, anche se disgustato.
- E per quanto dovranno starci?!-
-
Pochi giorni.-
- Va bene ma tutto questo non cambia le cose.- s'intromise
Lord Hargrave, pragmatico come suo solito - Siamo nello sterco di cavallo fino
al collo e presto raggiungerà il soffitto, non so se ve ne siete accorti! Mentre
ce ne stiamo qua a chiacchierare il bambino sopravvissuto, sua moglie, quel
lavativo di Malfoy e mia nipote sono dispersi da qualche parte con tutti i
Mangiamorte della Gran Bretagna attaccati alle costole! Per non parlare di
quello che farà ora quel maledetto spostato!-
- Già. Prevedo disastri a non
finire nei prossimi giorni.- fece Duncan, infilandosi rapidamente il mantello -
Smith, io torno al Ministero e cerco di capire se Orloff vuole fare qualcosa. Tu
resta qua fino a domani all'alba. Riunione alle sette nel mio ufficio. Voglio
tutti gli Auror da me. Batteremo l'Inghilterra palmo a palmo se sarà necessario,
finché Potter e Malfoy non si faranno vivi.-
- E Hogwarts?- s'inalberò Molly
Weasley - I ragazzi saranno protetti?-
- Giorno e notte.- li assicurò Tristan
- Io e i ragazzi torneremo. Se Tom è a scuola, Voldemort non potrà catturarlo. E
lo stesso vale per Harry. Tutti insieme chiusi a Hogwarts siamo sempre stati
troppo forti da sconfiggere e lui questo lo sa bene. Mentre lui si preparerà ad
attaccare, noi potremo capire che ha in mente.-
- Morirà un sacco di gente
Tristan.- gli disse Tom con un'atroce angoscia nel petto.
- Non se finalmente
qualcuno farà il suo dovere.- ringhiò Duncan - Orloff questa volta mi ascolterà.
Nel frattempo Tristan manda Morrigan dai suoi parenti. Che sappia dirmi che
hanno intenzione di fare quelle sanguisughe. Abbiamo già Greyback che ci sta
addosso come un acaro a un materasso, non voglio avere fra le balle anche i
Leoninus!-
- D'accordo.-
- E dà una raddrizzata a tuo fratello.- aggiunse
Gillespie, prima di Smaterializzarsi - Continua a far esplodere le cose anche
usando gl'incantesimi più semplici. Vi saluto. Ci rivediamo qua domani
notte.-
- Perfetto.- annuì Sirius - E occhio a non farti ammazzare.-
-
Pensa per te Black.- frecciò Duncan, sparendo in un puf.
Da quel momento
ognuno iniziò a discutere per sé.
Era tanto il chiasso che Tom dovette
andarsene, per non sentirsi male.
Raggiunse il salone e si lasciò andare
seduto davanti al caminetto.
Non era possibile.
Tutto stava di nuovo
andando in pezzi.
E lui fino a un minuto prima era stato al tavolo di
una cucina a parlare di come ammazzare...suo padre.
Si chiuse una mano sugli
occhi, sentendo una presenza accanto.
Cloe piegò la testa sulla sua spalla,
senza fare altro.
- Mi dispiace tanto.- gli disse.
Lui tacque. Era come se
la sua mente non fosse lì.
Come avrebbe voluto tornare al giorno prima...come
avrebbe voluto non vedere quella casa in fiamme.
E rivoleva Lucas e Glory.
Subito.
Sapere che erano vivi gli aveva risollevato il cuore ma...li rivoleva
con lui.
Proprio come Harry, Elettra, Hermione e Draco.
Si girò lentamente
e abbracciò stretta Cloe.
Aveva bisogno di un'ancora in quel momento. Doveva
restare nella realtà o si sarebbe perso.
Lei sfregò la guancia contro la sua,
poi si fece indietro. Era ora di andare per lei.
L'accompagnò fino alla
porta, senza lasciarle la mano.
- Ti accompagno a casa.-
- Non se ne
parla.- gli disse seria - Casa mia è un posto sicuro, lo sai benissimo.-
-
Non me ne frega un accidenti, tu non vai da sola Claire.- scandì secco.
-
Scordi sempre che fiuto il pericolo meglio di chiunque altro.- rispose soave - E
ora sento che tutti da me stanno bene e che i Mangiamorte non potrebbero essere
più lontani da King's Manor.-
- Si ma...-
- Ma niente.- la Sensistrega si
alzò sulle punte e gli baciò la guancia, facendolo arrossire in maniera
imbarazzante di cui però non si accorse - Avviserò la superoca domani mattina,
sperando di non sbagliare di nuovo col fuso. Penserò anche a Damon. Tu stai qua
e riposati. Pensa a Lucas e Glory e salutami anche Degona, intesi?-
-
Claire...-
- Non fare lo sciovinista Tom.- lo zittì con aria da superdonna -
So badare a me stessa. Non ci vedremo prima di quattro giorni, quindi ti
prenderò direttamente in stazione.- ora il suo sguardo si addolcì - Mi
raccomando. Non voglio avere brutte notizie. Promettimi che starai alla larga da
Lui.-
Il giovane Riddle deviò gli occhi ma la strega gli prese il volto fra
le mani, risoluta.
- Allora? Promettimelo. Un Grifondoro mantiene
sempre.-
- D'accordo.- sospirò - Starò lontano dai guai.-
- Bravo.- Claire
lo lasciò, senza smettere di sorridergli - Ci vediamo Tom. Mi raccomando.-
-
Tranquilla.- l'assicurò ansioso - E se succede qualcosa...-
- Si, si. Tornerò
subito qui. Ciao!- e si Smaterializzò prima che potesse aggiungere
altro.
Accidenti alle donne.
Come spesso fu detto in passato, un eroe da solo non può sorreggere a lungo
una battaglia contro in mondo.
E il mondo, ancora una volta, dimostrò solo
codardia.
Ma dopo quel ventisei agosto, accadde qualcosa.
Qualcosa che
nemmeno Lord Voldemort avrebbe potuto prevedere.
Qualcuno alzò il
capo.
Qualcuno decise di combatterlo. Di distruggere lui e la speranza dei
Mangiamorte.
Purtroppo per Voldemort e per Harry Potter però, questo qualcuno
non scelse la strada della pace.
Era l'alba di un nuovo giorno quando un
giovane Veggente e Lettore di Morte li vide.
Un giovane Legimors vide gli
Illuminati.
E sentì la vita scivolare via veloce dai suoi sogni,
senza poter fare nulla.
Incatenato al suo letto, Damon Michael Howthorne
provò l'esatta sensazione del rimorso.
Pari a un tradimento.
Ma nessuno a
quel sorgere del sole riuscì a sentire la sua voce. Le sue suppliche.
Nessuno
lo udì.
E mentre l'eroe dei maghi era disperso e il suo nemico camminava nel
mondo, di nuovo in vita, qualcuno avvolto in un lungo mantello color panna
seguito da un esercito di maghi apparve in Scozia.
Damon li vide. Uno a
uno.
E urlò. Urlò fino a rovinarsi la gola. Ma nessuno tese
l'orecchio.
Perché tutti, senza il bambino sopravvissuto, avevano dimenticato
come ascoltare.