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Il tempo
del perdono.
Cardiologia.
Il nome del reparto,
scritto a lettere stampatello bianche su fondo blu su un cartello attaccato alla
parete, dovrebbe essergli familiare, considerato che non è la prima volta che ci
passa davanti. In fondo si tratta dell'ospedale nel quale ha fatto tirocinio per
cinque anni, quindi Andy non riesce a spiegarsi perché all'improvviso gli sembra
di trovarsi in un ambiente completamente estraneo.
Non è nemmeno convinto di
ciò che sta facendo: ha ancora molti dubbi, e il terrore di rimanere
pietrificato nel momento in cui suo padre dovesse respingerlo di nuovo quasi di
impedisce di formulare pensieri coerenti.
Non è ancora riuscito a
parlare nemmeno con Elena di quello che è successo. Ha ricevuto solo qualche
messaggio da parte sua, e non gli è parso il caso di angosciarla raccontandole
tutti i suoi problemi.
–
Andy, smettila di autodistruggerti. Non puoi
rimanere da solo. Hai bisogno di
qualcuno. – lo ha rimproverato Allie al telefono quando le ha accennato della
visita dei suoi fratelli.
– Qualcuno
come la mia famiglia? Magari mi spediscono in un centro di riabilitazione e mi
fanno dimenticare Michael convincendomi che sono etero e che non ha senso
soffrire per un amore che non c'è mai stato?
–
Non dire così, Andy. Loro non...
–
Sì, che lo farebbero, posso assicuratelo. – ha
tagliato corto, per non doversi sorbire le ipotesi dell'amica sul fatto che
magari questa volta la sua famiglia sia disposta a parlare.
–
Non credo, sai? Dovrebbero avere proprio il
cuore di pietra per giudicare la tua omosessualità anche dopo quello che è
successo a Michael. Scommetto che invece vorrebbero un'occasione per riparare a
tutto, per starti accanto.
–
Cazzo, è patetico.
Non ho bisogno di loro.
Avrebbe voluto aggiungere
che lui non è più un bambino di dieci anni che crede di aver bisogno
dell'approvazione dei genitori per stare bene, ma non l'ha fatto, per non
suonare troppo acido e testardo. Gli è sembrato di tornare ai primi giorni dopo
la morte di Michael, quando passava le sue giornate chiuso in casa a fumare e si
rifiutava di farsi consolare da chiunque, dicendo che stava bene.
Alla fine,
inaspettatamente, è stata la signora Harris a convincerlo a riprovare di nuovo
ad instaurare un dialogo con i suoi genitori.
Quando infatti Andy è
andato a trovarla nella sua libreria per pagare l'affitto di casa, la donna, con
i suoi modi dolci e comprensivi, è riuscita a farlo ragionare, dopo che lui, a
grandi linee, le ha raccontato tutto ciò che è successo negli ultimi giorni.
–
I miei fratelli mi trattano come se fossi io il
cattivo, si rende conto? Dopo
tutto quello che mio padre mi ha detto, adesso sono io l'insensibile che non si
preoccupa della sua salute! – si è lamentato Andy alla fine.
Raramente gli è capitato di
essere così arrabbiato con qualcuno, visto il suo carattere calmo e tranquillo.
–
Lo so, Andy, però vedi, loro credono di avere
ragione. Costruiscono i loro ragionamenti in base a ciò in cui hanno sempre
creduto. Devi essere tu a spiegare che le cose non vanno sempre nello stesso
modo!
C'è stato poi qualche
attimo di silenzio, durante il quale Andy ha rimuginato su ciò che la signora
Harris gli aveva appena detto, poi è stata lei a riprendere il discorso.
–
Sai Andy, a volte chiedere perdono può essere
molto più difficile che concederlo. Probabilmente per la tua famiglia è così,
per questo tocca a te mostrarti disponibile a rivederli, capisci?
–
E se anche questa volta va male? – ha chiesto
Andy, con la voce che tremava.
–
Beh, vorrà dire che non hanno affatto idea del
figlio meraviglioso con cui hanno a che fare. Saranno loro a perderci. – ha
replicato pacatamente la signora Harris. – Mentre tu non potrai rimproverarti di
aver negato loro una seconda possibilità.
Così, alla fine, Andy ha
ceduto e, vietandosi di continuare a pensarci sopra, ha deciso di riprovarci di
nuovo, sperando con tutto se stesso che le cose andassero meglio.
Adesso è lì che si aggira
per il reparto cercando di capire dove possa essere ricoverato il padre, optando
alla fine per chiedere informazioni ad un'infermiera, che gli indica una stanza
proprio di fronte a lui.
Si aspetta – o forse un po'
ci spera anche – che la donna gli dica che quello non è orario di visite ma non
succede, così non ha più scuse per dirigersi verso la porta appena socchiusa.
Nei pochi secondi che impiega per percorrere quel tratto di corridoio, gli
passano davanti i pensieri più disparati, così velocemente che non fa nemmeno in
tempo a coglierli.
Poi apre la porta e, dopo
due anni e mezzo, si ritrova davanti i suoi genitori. Sua madre è seduta su una
sedia accanto al letto del marito e legge una rivista, mentre lui è concentrato
a guardare una partita di football sullo schermo della televisione che si trova
di fronte al suo letto.
Per un attimo sembra che
nemmeno si siano accorti che qualcuno è entrato nella stanza. Poi alzano
entrambi gli occhi e Andy si ritrova con i loro sguardi addosso.
–
Mamma... – mormora, a voce quasi
impercettibile. Per la tensione si ficca le unghie nei palmi delle mani e si
morde le labbra.
Quasi gli sembra strano,
sentire quel suono pronunciato dalla sua bocca e con la sua voce, come se non ci
fosse più abituato.
–
Andy... ciao. – risponde la donna, abbozzando
un timido sorriso. Nonostante il volto stanco, sua madre è identica a come la
ricordava, elegante e raffinata sia nel vestire sia nel modo di porsi. Eleanor
in questo le somiglia incredibilmente, mentre lui e David hanno più i tratti di
loro padre.
Con tutta probabilità non
si aspettavano affatto di vederlo lì, e Andy si chiede se sappiano che ha
parlato con i suoi fratelli.
–
Papà... come ti senti? – chiede Andy, pronto a
qualsiasi risposta.
–
Sto bene, al solito. Non è stato nulla di
grave, ma sai com'è tua madre, si preoccupa sempre per ogni minima cosa! –
risponde ironicamente l'uomo, invitandolo ad avvicinarsi con un cenno della
mano. – Ma tu come sapevi che ero qui?
–
Mi ha chiamato Eleanor. E poi lei e David sono
venuti a casa mia l'altra sera. – spiega brevemente, mettendosi le mani in
tasca.
Si sente impacciato a stare di fronte a loro
dopo tutto quel tempo che non li vede, ma contemporaneamente è come se
quello fosse il posto naturale nel quale
trovarsi, come se avesse riconquistato il suo ruolo di figlio all'interno della
famiglia e questa cosa lo rassicura.
Perlomeno non l'hanno
respinto, come si aspettava che succedesse.
–
Tu come stai? – chiede sua madre.
È la domanda più difficile
alla quale rispondere. Non ha la più pallida idea di cosa i suoi genitori
sappiano degli ultimi tre mesi e riallacciare i fili del discorso è un'impresa
ardua. Non se la sente nemmeno di rispondere che va tutto bene, perché cercare
di ricostruire un rapporto iniziando a raccontare delle squallide bugie non gli
sembra la cosa migliore da fare.
–
Beh... ho passato dei periodi migliori, ecco.
Ha il nome di Michael sulla
punta della lingua, perché se i suoi genitori gli chiedessero che cosa è
successo, sarebbe naturale parlare di lui e della sua assenza. Allo stesso tempo
però lo spaventa l'idea di pronunciare quel nome, perché non sa come loro
potrebbero prenderla e trova altamente improbabile l'ipotesi che abbiano
cambiato di punto in bianco opinione sulla sua omosessualità.
Cambia velocemente
discorso, informandosi col padre dell'intervento che ha subito due giorni prima.
Da lì la discussione si sposta velocemente ai suoi studi, alla laurea imminente
e alla specializzazione che ha intenzione di prendere.
–
Mi mancavano i discorsi di medicina fatti con
qualcuno che ne sapesse quanto me! – commenta suo padre ad un certo punto.
Non ha proprio detto che gli è mancato parlare
con lui, ma Andy resta ugualmente
colpito da questa cosa, iniziando a sentirsi davvero meno teso. E le cose stanno
andando molto meglio di quanto avesse immaginato all'inizio, quasi non riesce a
credere di essere in quella stanza con suo padre da più di mezz'ora e di non
averci ancora litigato.
Certo, le parole che gli ha
rivolto in passato fanno ancora male, se ci pensa, e avrebbe voluto che per
prima cosa il padre gli chiedesse scusa o perlomeno si mostrasse pentito, ma
poi, ripensandoci, si rende conto che affrontare un discorso del genere richiede
calma e tranquillità e già il fatto che si siano rivisti è un grosso passo in
avanti.
–
Oh, ma è quasi l'una, l'orario delle visite è
finito da un pezzo! – osserva sua madre, alzandosi per recuperare la borsa. Andy
la osserva affaccendarsi attorno al marito e chiedergli più di una volta se ha
bisogno di qualcosa.
–
No, stai tranquilla, sono a posto così! E poi
torni stasera, no?
–
Sì, certo, ma tu ricordati di chiamarmi in caso
di emergenza! – replica la donna. Ad Andy viene istintivamente da sorridere nel
vederla così apprensiva.
–
Ma figurati, cosa vuoi che succeda? – replica
ancora suo padre.
–
Puoi restare a casa mia, se vuoi, mamma. – si
intromette Andy.
Non sa nemmeno lui come gli
sia venuto in mente di dirlo, per una volta l'istinto ha avuto la meglio sui
suoi pensieri estremamente razionali e ha parlato prima di rendersene conto.
Probabilmente qualche mese – o anche settimana – prima non si sarebbe mai
azzardato a proporre una cosa del genere, troppo perso nel suo dolore per
riuscire a pensare agli altri, mentre adesso gli viene quasi spontaneo pensare
come prima cosa alle provviste che ha in casa per cucinare qualcosa di decente a
sua madre, nella speranza che accetti il suo invito.
–
Così... così se papà ha bisogno di te, possiamo
venire subito qui! – aggiunge, come a dare una spiegazione.
La sua è un po' una
richiesta, un modo per riallacciare i rapporti più saldamente e anche per non
rimanere di nuovo da solo. Come a volere avere la certezza che quello che si è
appena svolto non sia stato un incontro sporadico, quanto la base per riprendere
a parlarsi.
–
Sì beh, se non è un disturbo...
Anche lei sembra un po'
restia nell'accettare quell'invito.
–
È una buona idea, non vale la pena fare tutta
quella strada se qui abbiamo l'appoggio di nostro figlio. – le fa notare il
marito, guardando finalmente Andy dritto negli occhi.
Per la prima volta ad Andy sembra di vedere nel
suo sguardo l'ombra del pentimento per come si è comportato nei suoi confronti,
anche se ha paura che si tratti solo dell'ennesima illusione. L'ha definito di
nuovo loro figlio, segno che
forse questa volta il suo non è stato un tentativo andato a vuoto.
Anche sua madre sembra felice di vederlo,
sollevata dal fatto che sia stato lui a fare il primo passo e che adesso sia lì.
Nonostante sia stato un suo pensiero fisso nei giorni precedenti, adesso Andy
non riesce più a pensare che non meritino
tutto ciò che ha fatto, troppo preso dal modo repentino in cui sono cambiate le
cose.
Più tardi, mentre guarda
dallo specchietto retrovisore la macchina di sua madre che segue la sua per
trovare la strada di casa, Andy non riesce ad impedire ad un sorriso
impercettibile di farsi strada sul suo volto al pensiero che forse, in fondo,
tutto si può davvero sistemare.
***
Da quando è tornata a casa,
Elena non ha sentito Andy al telefono nemmeno una volta. Si sono scambiati
qualche messaggio sul cellulare, ma soltanto per accettarsi l'un l'altro di
stare bene. Sono stati giorni strani, quelli del ritorno alla realtà, Elena ha
avuto finalmente modo di rimettere in ordine le idee e di rielaborare quanto
Andy le ha raccontato.
Un po' le mancano i giorni
passati con lui, si è sentita meno sola in compagnia di qualcuno che,
come lei, si è ritrovato improvvisamente senza coordinate nelle quali
incasellare la propria vita.
Michael le manca sempre
allo stesso modo, ma nei momenti più acuti di nostalgia le basta abbracciare uno
dei ricordi di Andy per smetterla di pensare a cose troppo tristi. Prima ancora
che glielo chiedessero, ha raccontato ai suoi genitori tutto quello che ha
appreso da Andy, ed è stato un sollievo vederli accettare con serenità ciò che
Michael ha nascosto loro per anni.
Le piacerebbe che ci fosse
un modo per dire a suo fratello che non aveva alcun motivo di temere la reazione
della sua famiglia ad un eventuale coming-out, e l'impossibilità di potergliene
parlare è quello che in assoluto la fa stare peggio.
Quanto ad Andy, gli ha
promesso che non sarebbe sparita e che di certo si sarebbero sentiti, ma, ogni
volta che prende il telefono per comporre il suo numero, viene colta da un senso
di inadeguatezza ed ansia, quasi dovesse telefonare all'estraneo che il giovane
era all'inizio, piuttosto che all'amico che è diventato in pochi giorni.
È un po' come se avesse
paura che parlarsi senza guardarsi negli occhi inibisca in qualche modo la
conversazione, li intimidisca e li metta a disagio. Forse sono solo paranoie, e
il miglior modo per scacciarle via è fare quella telefonata e assicurarsi che la
sua amicizia con Andy sia ancora uguale a com'era solo due giorni prima.
Alla fine, quando decide di
telefonare, tre giorni dopo essere tornata a casa, lo fa senza pensarci su due
volte. Compone il numero velocemente, quasi come se avesse paura di pentirsene.
Ogni squillo la fa sobbalzare e, solo quando sente la voce di Andy, si
tranquillizza.
–
Andy, ciao, sono Elena. Come stai? Ti disturbo?
–
Elena! Ciao, non disturbi affatto! Ti avrei
telefonato io domani, credo. Ho avuto un po' da fare in questi giorni. – è la
sua replica, calma ed amichevole.
–
Hai ripreso a studiare come un matto? – lo
prende in giro la ragazza, ricordando tutti quei libri e fogli di appunti che ha
visto in giro per casa sua.
–
Non... non proprio. Ecco, non immaginerai mai
cos'è successo e chi c'è adesso di là in salotto!
–
Chi?
Un attimo di silenzio che
riesce a metterla in agitazione.
–
Mia madre. Ho rivisto lei e mio padre, proprio
stamattina! L'altro giorno, dopo che te ne sei andata, mi ha telefonato mia
sorella e mi ha detto che mio padre aveva avuto un principio di infarto e che
l'avevano ricoverato al policlinico dell'università. Alla fine ho deciso di
andare a trovarlo.
Tace, come se si aspettasse
un suo giudizio.
–
Oddio, ma è... beh, non ho parole, davvero! E
com'è andata?
–
Bene, immagino. Perlomeno non mi hanno cacciato
via. Adesso mia madre resta qui fino ad oggi pomeriggio e boh, credo che
parleremo un po' come non succede da anni.
–
Sono davvero felice per te, Andy! Cioè, no... –
si corregge Elena subito dopo – Mi dispiace che tuo padre sia stato male, però
ecco, almeno vi siete rivisti!
–
Io non ci volevo andare, a dire la verità! Non
è stato semplice convincermi, avevo paura che le cose andassero storte. –
ammette Andy con un lieve sospiro.
Elena è contenta che si
stia confidando con lei come se avesse a che fare con una normale amica: tutti
gli interrogativi che si era posta prima di telefonargli si sono dissolti grazie
alla scioltezza con la quale hanno iniziato a parlare.
–
Beh, ti capisco. Da quel poco che mi hai
raccontato, le cose non devono essere state semplici... – osserva.
–
Già. Però alla fine sono contento di averlo
fatto. E non solo perché in fondo è andata meglio di quanto immaginassi. È
che... beh, credo che un paio di mesi fa non avrei mai avuto tutto questo
coraggio. – spiega Andy.
Continuano a parlare del
più e del meno per qualche minuto, accantonando l'argomento più importante della
discussione. Andy racconta di come Luna sembri perfettamente in grado di
comprendere che lui ha bisogno di svagarsi e di come riesca sempre a distrarlo
con le sue trovate, ed Elena ride, stupendosi di come adesso le loro discussioni
non ruotino più sempre attorno alla stessa cosa.
–
Sai che avevo pensato di darla in adozione?
Fortuna che alla fine non ho sparso troppo la voce, credo che mi sarei pentito
di una cosa del genere.
Il fatto che ci abbia ripensato o comunque non
si sia impegnato per perseguire il suo intento mostra come in effetti le cose
siano cambiate dal giorno in cui l'ha conosciuto.
Elena non può fare a meno
di chiedersi se il loro incontro abbia più o meno influito in questo suo mutare
personalità. Per quello che ha visto è rimasto sempre introverso e abbastanza
taciturno, ma non si è più comportato in maniera brusca e scostante come la
prima volta che si sono visti.
–
Credo che Michael sarebbe molto orgoglioso di
te. – gli dice Elena, poco prima che si decidano a riattaccare.
–
Per la storia di mio padre, dici? Lo pensi
davvero? – la voce di Andy è stupita.
–
Sì, ne sono sicura. Sei stato molto forte, più
di quanto tu stesso possa immaginare! E di una cosa del genere non puoi che
andare fiero! – annuisce la ragazza
Lo immagina sorridere,
dall'altro lato del telefono.
–
Grazie, grazie davvero. Senti, però adesso è
meglio che torni di là, ho lasciato mia madre in soggiorno, si starà chiedendo
che fine ho fatto... E grazie per avermi telefonato, Elena.
–
Figurati, non l'ho fatto prima perché avevo
paura di disturbarti! – Elena si stringe nelle spalle, rassicurandolo poi sul
fatto che si sentiranno presto e augurandogli buona fortuna per la sua
situazione familiare.
Quando posa il telefono sul
tavolo, è sollevata per aver di nuovo stabilito un contatto con Andy. Inoltre è
anche rassicurata dal fatto che lui stia tutto sommato abbastanza bene e poi si
chiede se davvero riuscirà a tornare ad avere un buon rapporto con i suoi
genitori.
Le stelle perdute non
sono destinate a stare da sole per sempre,
ha letto un giorno nell'agendina di Michael, devono solo riprendere a
brillare per trovare una costellazione che voglia prendersi cura di loro.
Ed Andy, dal momento in cui
ha cominciato a fare del suo meglio per uscire dalla depressione in cui era
piombato, è forse la prova che Michael non si sbagliava affatto.
***
Andy rientra in soggiorno
proprio nel momento in cui sua madre sta guardando una fotografia che lo ritrae
insieme a Michael. Si tratta di quella che Andy tiene sul tavolino davanti al
divano, ed è una anche delle prime che Elena ha visto quando è arrivata a casa
sua.
–
È lui? – chiede semplicemente la donna, senza
fare alcun altro riferimento esplicito. Poggia la cornice con delicatezza e lo
guarda negli occhi.
–
Sì.
Si sente improvvisamente a
disagio, come se non avesse le parole per rispondere alle domande che
sicuramente sua madre gli farà. Come se non ne avesse voglia, perché Michael è
qualcosa di troppo intimo e bello per essere raccontato a qualcuno che non ha
mai nemmeno tentato di capire cosa volesse dire per loro essere innamorati.
–
Eleanor mi ha raccontato di quello che è
successo. – continua la donna – Mi dispiace.
–
Ve l'avrei detto spontaneamente, se avessi
pensato che vi sarebbe davvero
dispiaciuto. – replica Andy.
E magari mi avreste
aiutato a superare tutto questo dolore.
–
Andy, non dire così, non puoi mettere in dubbio
una cosa del genere. Era un ragazzo giovane, e anche se non abbiamo approvato
che steste insieme, questo non vuol dire che...
Improvvisamente Andy
vorrebbe tornare indietro e non averla mai invitata a casa sua: doveva
immaginare che i discorsi si sarebbero inevitabilmente concentrati su Michael, e
forse si sentiva anche abbastanza pronto per affrontarli, invece non è così.
Non riesce a riconoscersi
nei momenti in cui, per una inconscia forma di autodifesa, diventa così
aggressivo, sempre sulla difensiva, come se non fosse per nulla disposto ad
ascoltare punti di vista differenti dal suo.
–
Perché non mi avete detto di andarmene quando
mi avete visto? – chiede, sistemandosi gli occhiali con un gesto nervoso.
–
Avremmo dovuto farlo? Era questo che volevi? –
replica sua madre, stupita.
–
Era quello che mi aspettavo. – ammette Andy.
–
Oh, Andy, perché?
Riesce quasi a percepirlo,
quel muro che lo divide da sua madre. Vorrebbe tenere le braccia verso di lei e
chiederle di abbracciarlo, cancellare via tutti i dissapori e le incomprensioni
che li hanno divisi nel corso degli anni, ma c'è qualcosa che glielo impedisce,
mille dubbi che gelano qualsiasi tentativo di riavvicinamento.
–
Mamma, io non ho smesso di essere gay solo
perché Michael non c'è più. – precisa, perché più di ogni altra cosa odia anche
solo pensare che i suoi genitori non l'abbiano scacciato poiché erano a
conoscenza della morte di Michael e sperano dunque che lui sia guarito.
– Se pensate che mi sia passata e per questo vi va bene che...
–
Non sei cambiato affatto, tesoro. – sua madre
sorride, comprensiva. Sentirsi chiamare in quel modo gli mette i brividi, era
tanto tempo che non succedeva e le lacrime che gli pizzicano gli occhi mostrano
quanto la cosa lo sorprenda.
–
Dici? – si accende una sigaretta, nella
speranza che lo aiuti a smorzare la tensione.
–
Già. Sei sempre sulla difensiva, come se gli
altri dovessero sempre avercela con te! – spiega la madre – Ma davvero, Andy...
pensi che io e tuo padre non ne abbiamo mai parlato in questi anni?
–
Avremmo dovuto parlarne insieme, mamma. Invece
per papà è stato più semplice dirmi di andarmene di casa e di farmi curare!
–
Ha agito di impulso e, anche se non l'ha mai
ammesso, si è pentito di essersi comportato in quel modo.
–
Perché lo difendi?
–
Perché so come ci si sente a... a sentirti
crollare il mondo sotto ai piedi, Andy. Non è stato facile accettare.
Ha sentito talmente tante volte parlare di
accettazione che quasi non ce la
fa più. Eppure, per una volta, riesce a mordersi la lingua in tempo prima di
parlare e resta in silenzio ad ascoltare ciò che la donna ha ancora da dire.
– Ci abbiamo messo molto
tempo a metabolizzare tutto. Forse abbiamo sbagliato, forse in tutto questo non
c'è nulla da capire e abbiamo perso più tempo a vergognarci di ciò che sei
piuttosto che a chiederci se eri felice. E abbiamo sbagliato.
Vede sua madre sotto una
luce completamente diversa, sta facendo un discorso che, stando almeno a come
sono andati gli incontri con Eleanor e David, non avrebbe mai pensato di
sentire.
– Anche... anche papà la
pensa così?
Perché avete aspettato
che fossi io a riavvicinarmi?
Sarebbero rimasti ad
aspettare in eterno che fosse lui a fare il primo passo, se suo padre non si
fosse sentito male? Andy non sa come reagire, se da un lato il fatto che abbiano
capito – anche se dopo molto tempo – lo tranquillizza, dall'altro lo ferisce che
sia toccato a lui, ancora una volta, fare il primo passo.
– Credo di sì, ma è una
cosa di cui dovrai parlare con lui. Ci sarà il tempo, vedrai.
Andy non è certo di averli
completamente perdonati per come l'hanno fatto stare nel corso degli ultimi due
anni. Non sa se davvero le parole del padre gli sono scivolate via dalla pelle
senza lasciare cicatrici, o se il silenzio condiscendente di sua madre se dei
suoi fratelli sia ancora così pesante da sopportare.
In tutta quella confusione
però, non riesce a fare a meno di sentirsi sollevato per l'aver ritrovato la sua
famiglia: ci vorranno tanti piccoli passi per ricostruire tutto quello che è
stato spezzato, ma una volta tanto è ottimista a riguardo.
– Mi sei mancato, Andy. –
le parole di sua madre sono quelle che fanno crollare la cortina di diffidenza
con la quale voleva proteggersi.
La replica è repentina, tre
parole soffocate contro la sua spalla, e qualche lacrima liberatoria, mista a
rancore sciolto contro una muta richiesta di perdono. E ancora dolore, per
l'assenza indelebile di Michael, lacrime dai troppi significati per poterli
analizzare uno ad uno.
E finalmente, qualcuno da
cui farsi veramente sostenere.
– Anche tu... mamma.
______
Buonasera a tutti ^^
Come sono andate le
vacanze? Le mie sono state noiosissime, quindi spero che non abbiate seguito il
mio esempio *rolls*
Eccoci qui, a due/tre
capitoli dalla fine di questa storia ^^ Ancora non so se ci saranno due capitoli
più l'epilogo, dipende tutto se riuscirò a concentrare tutto quello che ancora
manca in un solo capitolo, magari più lungo del solito, o se invece dovrò
dividere tutto in due parti ^^ Vedremo, insomma ^^
Non sono molto convinta (as
usual) di ciò che è venuto fuori dall'incontro fra Andy e sua madre, non so se
ho calibrato bene i toni o se risulta tutto troppo irreale o veloce. Di certo so
che doveva andare in questo modo, lo so da quando ho iniziato a scrivere questa
storia ^^
L'immagine che ho scelto è
vagamente simbolica, rappresenta un po' Andy e il suo liberarsi dalle sue
angosce e paure ^^
Spero che mi facciate
sapere cosa ve ne è parso, sapete che ci tengo tantissimo <3
Prima di concludere vi
segnalo una storia che ho scritto questo mese per un contest, si chiama "Ci
porterà via il mare" ed è ambientata nella seconda metà degli anni Cinquanta
nella mia Sicilia ^^
Un bacio a tutti,
Aika.
PS questo mese mi
concentrerò per finire Stelle Perdute, quindi per un po' ho accantonato "Basta
solo guardare le stelle" nel caso qualcuno di voi la seguisse, spero mi
perdonerete ^^
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