Running Away
La notte era scesa da meno di un paio d'ore. Faceva freddo e le vie di
Beacon Hills erano adorne di luci. Quando suo padre gli chiese dove
stesse andando Stiles non esitò a rispondere. La sua voce
aveva qualcosa di strano, era monocorde, bassa e lo sbuffo
che uscì dalle labbra sottili convinse lo sceriffo del fatto
che suo figlio non voleva uscire. Non riusciva a capire cosa ci fosse
di così deprimente in una serata al bowling con gli amici,
anche perché a Stiles piaceva giocarci. Il ragazzo lo
salutò e uscì di casa. Era scesa la neve e la
cosa aveva dell'incedibile visto che Stiles non la vedeva da anni. Sua
madre era ancora viva, si ritrovò a pensare mentre le scarpe
lasciavano un impronta sulla distesa bianca. Raggiunse la jeep e si
diresse al locale tentando di concentrarsi sulla strada. Ogni tanto
sentiva gli occhi bruciaare. Li stava tenendo spalancati, se avesse
permesso alle palpebre di compire il loro dovere avrebbe pianto.
Arrivò al parcheggio appena in tempo, stirò le
labbra in un sorriso apparentemente sincero. Era bravo in quello, a
sembrare parte della folla anche quando era solo. Pochi erano quelli
che lo scoprivano a barare e Scott non era uno di questi. Dentro il
locale l'aria era soffocante, il vociare insopportabile. Lui e Isaac si
guardarono spaesati, erano gli unici single della serata e le altre
coppie continuavano a scambiarsi effusioni. Più di una volta
Isaac gli aveva lanciato sguardi di comprensione alla vista di Lydia e
Jackson che ridevano assieme, ma Stiles non era una ragazzina e non si
sarebbe rinchiuso in camera ad ascoltare le vecchie canzoni di Avril
Lavigne strappando pagine dal diario rosa confetto. Probabilmente
avrebbe passato il giorno seguente a guardarsi tutti i film sugli eroi
Marvel sperando di essere punto da un ragno radioattivo e o di essere
investito da una gran quantità di raggi gamma, insomma,
nemmeno nei suoi sogni era un genio, miliardario, playboy, filantropo.
Avrebbe dovuto licenziare la sua fantasia. I suoi tiri peggioravano
ogni volta che Lydia arrossiva e sorrideva ad una battuta del suo
ragazzo, ogni volta che Scott e Allison si prendevano in giro
bonariamente. Perfino Erica e Boyd erano invidiabili, in quel momento.
Isaac provò a rifilargli l'ennesima pacca sulla spalla che
lui scansò, infastidito. Non che avesse qualcosa contro il
compagno di lacrosse, ma quello non era proprio il giorno migliore. Non
aveva nessuna voglia di farsi compatire, dalla vita aveva subito di
peggio e ogni tanto quel peggio si affacciava facendolo sentire
impotente. Era ancora un adolescente, ma era già stato
piegato dagli eventi. Eppure, al limite dell'esasperazione, una decina
di punti sotto Scott, che stava vincendo, l'unica cosa che
riuscì a fare fu immobilizzarsi mentre la musica di
sottofondo gli portava immagini sbiadite, in bianco e nero, che si
schiantavano contro il suo umore, come le onde sugli scogli. Poteva
sentirne il rumore, poteva percepirne la forza. Non era sua madre, di
lei ricordava solo quello che le foto gli restituivano e pochi altri
dettagli. Quello che gli tornò alla mente in un primo
momento furono le foglie gialle e marroni che coprivano il terreno
della riserva il giorno in cui reincontrò Derek Hale. Il
folle imbarazzo nell'essere scoperti nella sua proprietà. Le
intimidazioni, le risposte, la paura che gli serrava la gola. Il
proiettile nel suo braccio, la vicinanza dei loro volti mentre Derek
gli intimava di agire, lo sguardo sempre più incoscente, il
terrore di vederlo morire. L'arrivo di Scott, il pugno e il senso di
ansia. La guarigione che aveva dell'incredibile. Una serie di momenti
che gli spezzarono la concentrazione. Essere preso alla sprovvista
dalla comparsa del lupo, mentre suo padre stava per uscire, essere
sbattuto al muro, la vicinanza dei loro volti mentre Derek lo invitava
a non dire una parola. Maipolare Danny e vederlo a torso nudo, tanto
per cambiare. La testata al volante della jeep. Derek che lo salvava
dallo zio svitato. Derek che metteva in fuga Isaac. Stiles che lo
salvava in piscina. Derek che non si fidava di lui. Stiles che non si
fidava nemmeno di se stesso. Lui e Derek immobilizzati a terra, lui
sopra il lupo, mentre Matt si divertiva a prenderli in giro. Stiles
lasciò cadere la palla, Jackson e Boyd dissero qualcosa
riguardo alla sua forza, ma lui non li stava ascoltando. Mise le mani
in tasca, come se fosse alla ricerca di qualcosa. Afferrò il
fischietto metallico e con un sorriso strano si diresse fuori
dall'edificio, senza dire una parola. Nonostante gli altri non
riuscissero a capire cose prendesse al loro amico, era chiaro anche a
Scott che qualcosa non andava. Stiles parlava, sempre, rideva, spesso
e, a volte, faceva battute fuori luogo per sentirsi meno a disagio.
Quel comportamento, invece, riuscì a ricordargli Derek e in
un lampo di orribili presentimenti l'unica che riuscì a
reagire fu Allison "Non potete lasciarlo andare, davvero. E' anche
colpa nostra''. Erica rise "Magari è la volta che diventa
parte del branco''. Scott scosse la testa "No, Derek non lo farebbe
mai, non riesce a sopportarlo, se dovesse passarci ancora
più tempo assieme finirebbero a tentare di uccidersi ogni
giorno''. Lydia non capiva "Perché Stiles dovrebbe voler
vedere Derek?'' Jackson s'intromise "Magari vuole farsi uccidere per
davvero. Insomma, avete sentito cosa aveva in tasca?'' Fu Boyd ad
apparire perplesso "Cosa dovrebbe fare un fischietto?'' Isaac si mise
le mani nei capelli ricci, non riusciva a capire come fosse riuscito a
mettere su una famiglia anche più strana della sua, fu Scott
a spiegare la faccenda "Era un richiamo per cani. Derek lo
ucciderà...'' ''O magari ci giocherà un po' ''.
Propose Erica, entusiasta. Quella ragazza aveva un senso del
divertimento tutto suo.
La jeep di Stiles era parcheggiata fuori dalla riserva. Le impronte dei
suoi piedi erano ben visibili nella neve fresca. La felpa non lo
isolava totalmente dal freddo che lo intorpidiva. Il metallo del
fischietto era freddo, le labbra sottili vi soffiarono dentro,
tremanti. Riuscì a sentire qualcuno imprecare, poco lontano
da lì e in meno di un secondo si ritrovò la
faccia scura di Derek a venti centimentri dal naso "Ma dico sei
diventato matto?'' In quel preciso istante Stiles sorrise, confondendo
il suo interlocutore "Stiles, sei qui per farti uccidere?''
Domandò, seriamente perplesso, il lupo. L'altro scosse la
testa in un segno di diniego, senza smettere di sorridere. La cosa
appariva vagamente inquietante e Derek non si sarebbe stupito di
trovarsi davanti la copia aliena del ragazzo chiacchierone, ma lo
conosceva abbastanza da sapere senza dubbio alcuno che quello era
Stiles. L'odore della sua paura era inconfondibile e eccitante, per
questo ci aveva preso guasto a minacciarlo a vuoto. Stiles temeva il
giorno in cui le parole sarebbero diventati fatti, eppure Derek sentiva
qualcos'altro, un vago senso di consapevolezza che faceva schizzare la
paura a livelli mai raggiunti prima. Poteva sentire il cuore del
ragazzo senza nemmeno ampliare lo spettro dei suoi sensi. Sentiva
l'esplosione di adrenalina che arrivava al resto del corpo del ragazzo,
riempiendolo fino a farlo trabboccare. Era come ascoltare una canzone
particolarmente emozionante, lo contagiava, gli trasmetteva energia, lo
faceva sentire sul punto di esplodere e Derek non riusciva a spiegare
quel senso di condivisione. Ritrasse le mani, scottato da quel potere
che non aveva nulla a che fare con il sovrannaturale. Era decisione,
luce, ombra, terrore. Era un salto nel vuoto senza elastico. Era un
pugno nello stomaco senza che nessuno avesse mosso un muscolo. Gli
mozzò il respiro, gli ricordò l'alba e il
tramonto, la notte e il giorno. Senza l'ombra di ripensamento, Stiles
allungò una mano. Fu una carezza che a Derek parve uno
schiaffo. Sgranò gli occhi, mentre la rabbia montava. Stava
perdendo il controllo. Lui odiava perdere il controllo. Si sentiva
perso, disorientato. Vulnerabile. Stiles fece scivolare la mano fredda
lungo il suo collo. Gli strinse la spalla. Gli occhi non si schiodavano
da quelli di Derek. Il suo sguardo non tradiva nulla, ma il suo odore,
quello era un insieme di confusione, paura, menzogna e
verità. Stiles si avvicinò di un passo e lui non
si mosse. Il groviglio di odori s'intensificò. Stiles era a
un battito di ciglia, ma lui non mosse un muscolo, lo
respirò nemmeno. Non riusciva a tenere lontane l'insieme di
sensazioni che il ragazzo gli riversava addosso. Era come annegare
senza riuscire a chiudere la bocca. Come se l'acqua trovasse sempre il
modo di entrare. Tutto sembrava sopraffarlo fino a farlo stare male, ma
mai abbastanza da ucciderlo. In un ultimo sprazzo di
lucidità si ripromise di fargliela pagare. Il cielo erano
cosparso di stelle. La luna crescente sorrideva. Stiles gli
sussurrò qualcosa di incomprensibile all'orecchio per quella
che gli parve un eternità. In realtà fu un
soffio. Si sentì strano e dalla sua gola uscì un
ringhio. Mentre si dirigeva a casa, Stiles, al suo fianco non disse una
parola, ma Derek poteva giurare di averlo visto mentre si mordeva le
labbra. Le assi di legno scricchiolarono sotto le loro scarpe. Derek
non riusciva a capire. Aveva accettato e non avrebbe dovuto, in altre
occasioni non l'avrebbe mai fatto. Nella sua testa mille voci gli
suggerivano di non farlo, ma lui non riusciva a fare altrimenti. Fu a
quel punto che Stiles cominciò a parlare. Solo allora ebbe
la certezza di non sar vivendo un incubo. Continuava a contrarre le
dita, come se potesse afferrare il controllo che stava perdendo
così facilmente "Era solo un idea. Insomma, sai
com'è abbiamo così tante cose in comune che non
capisco come riusciamo a non andare d'accordo. Ok, forse io parlo un
po' troppo e tu un po' troppo poco. Probabilmente spesso parlo a
sproposito, ma sai in certi momenti non parlerei, cioè, non
credo ci siano proprio bisogno di parole. Insomma Derek, dammi un segno
che quello che penso non è solo un momento di pura follia,
anche se molti lo penserebbero come tale, insomma.'' Afferrò
qualcosa di argentato da un cassetto e rimise la facciata da lupo
cattivo. Si avvicinò a Stiles e afferrò il bordo
della felpa con lo sguardo indurito "D'accordo, basta solo che limiti
le parole'' L'altro deglutì vistosamente. Nonostante
l'inquietudine si sentiva soddisfatto.
Le dita di Derek si serrarono attorno al polso di Stiles. Quello si
sedette con un gemito di protesta. Il lupo non era mai stato delicato.
Il silenzio era ovunque, eppure Derek poteva sentire il fiume di parole
che Stiles avrebbe voluto pronunciare. Gli occhi del ragazzo non lo
lasciavano un momento e anche lui decise di non perdere il contatto
visivo. Ad un certo punto tutto si fermò, l'aria sembrava
vibrare leggermente e Stiles fu nuovamente strattonato per la felpa
blu. Seguì il lupo trattenendosi dal dire qualsiasi cosa per
non rompere quella bolla incantata che sembrava averli rinchiusi in un
mondo parallelo, lontani da tutto il resto. Arrivati a destinazione si
guardarono per un secondo interminabile. Poi Derek si sedette a terra e
lo invitò a fare altrettato. Stiles si
inginocchiò "Non è strano, vivere senza di loro,
anche se sono passati così tanti anni?'' Domandò.
Come previsto, Derek non rispose e contemplò la foto sulla
lapide "Era bella, tua madre. E' da lei che hai preso il colore delle
iridi''. L'altro annuì, mentre spostava lo sguardo per non
mostrare sgomento. La donna sull'altra foto aveva la pelle chiara e gli
occhi di un azzurro luminoso e intenso, i capelli neri erano lunghi e
il sorriso aperto e allegro. Nulla a che fare con il cipiglio cupo del
figlio "Erano entrambe molto belle e molto giovani'' la voce gli si
spezzò e cercò di recuperare "Sai ero qui spesso,
da bambino. Quando ho raccontato la tua storia a Scott, la prima volta,
non ricordavo chi me l'avesse raccontata. Mio padre mi vide fissare la
foto di tua madre e quando gli chiesi cosa le era successo mi
raccontò dell'incendio. Ero piccolo, ricordo che pensai a
quanto fosse naturale che due persone così belle fossero
sepolte vicine. Fu un pensiero idiota e bambinesco, ma allora non
capivo cosa volesse dire, sentivo il vuoto, ma pensavo che si sarebbe
colmato, presto o tardi. Poi sei arrivato tu con quello sguardo cupo, i
denti accuminati e la smania di colmare quel vuoto così
simile al mio. E' per questo che ti riempi di rabbia, come io mi
riempio di allegria e sarcasmo. Tu parli poco, io parlo troppo. Ok, ok,
la smetto''. Derek gli aveva lanciato uno sguardo di fuoco e Stiles
sospirò pensando che le cose non sarebbero mai cambiate, per
fortuna.
Derek fissò il vuoto. Stiles si era zittito per un paio di
secondi. L'alba li colse lì, spaesati da quella muta
vicinanza che c'era sempre stata, ma che si palesava nei momenti
peggiori e Stiles aveva avuto il coraggio di affrontare, giusto
perché non era un eroe. Il freddo era terrificante e
accarezzava le viscere. Stiles si spostò quel tanto che
bastava a toccare il braccio di Derek con il proprio. Il calore del
lupo lo rilassò e il gelo della morte gli scivolò
via di dosso. Derek s'irrigidì, ma non disse nulla.
***
Ok, fuori una. E'
terribile, me ne rendo conto, ma volevo scrivere qualcosa che avesse a
che fare con il passato di cui sappiamo tutto e niente. Oggi Stiles ha
la felpa blu, quella da capuccetto rosso era a lavare, capirete bene
che non può indossare sempre gli stessi vestiti. Presto
aggiornerò la mini-long, ma prima credo che
arriverà un altra OS, anche se molto diversa da questa. Mi
farebbe molto piacere sapere cosa ne pensate quindi R&R!
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