A
Stefan, ancora in
cerca del vero amore.
YOU ARE MY SUNSHINE
CAPITOLO UNO
Kelly,
con uno svolazzo della bionda chioma, portò
la cornetta del telefono all’orecchio sinistro per lasciar
riposare quello
destro, diventato bollente dopo tutto quel tempo che aveva passato a
chiacchierare con la sorella.
“Kelly,
dovresti pensarci sul serio”. Le ripeté
Amanda, forse per la milionesima volta. La bionda sospirò un
po’ scocciata, non
le piaceva tornare sull’argomento, soprattutto
perché sapeva che l’altra aveva
ragione.
“D’accordo,
Mandy. Non escluderò l’idea”.
“Secondo
me è una buona idea. Sia per te che per
Tyler. Dovete staccare un po’, cambiare aria. Vedrai che qui
vi troverete bene,
ne sono sicura, e anche per Ty sarebbe più facile”.
Kelly
mise sul fuoco il caffè che aveva appena
preparato. Sì, doveva ammetterlo, Amanda aveva dannatamente
ragione.
“A
pochi chilometri da casa mia c’è una bellissima
casa che danno in affitto. Secondo me vi ci trovereste bene, ha anche
un bel
giardino. E io posso trovarti anche un lavoro”.
Certo
che quando sua sorella si impuntava su
qualcosa era impossibile farle cambiare idea. Ma lei ormai era stanca
di
sentire sempre la solita storia.
“Non
lo so, cara. Forse per Tyler sarà un po’
difficile abituarsi al nuovo ambiente, orientarsi con
l’esterno…”.
“Ma
ci riuscirà, ne sono sicura. E poi ci sarò anche
io a dargli una mano”.
“D’accordo,
ci penserò”.
Dopo
aver salutato frettolosamente la sorella, Kelly
chiuse la comunicazione e si versò in una tazza il suo
caffè finalmente pronto.
Lo sorseggiò pensierosa. Aveva iniziato a pensare alla
proposta di Amanda già
la prima volta che gliel’aveva fatta, ma inizialmente
l’aveva scacciata via
subito. C’erano troppe cose che la legavano a quel posto, a
quella casa. Ma
erano stati proprio questi legami a convincerla che, invece, doveva
prenderla
sul serio quell’idea, l’idea di trasferirsi.
Nonostante fossero passati ormai due anni, delle volte, di notte, si
ritrovava
ancora a piangere col viso affondato nel cuscino per non farsi sentire
e
qualsiasi cosa vedesse o toccasse le ricordava il marito scomparso.
E poi c’era Ty. Anche lui soffriva e forse persino
più di lei.
C’erano
troppi ricordi in quella casa ed era stanca
di ritrovarsi ogni volta con le lacrime agli occhi e di sentirsi
colpevole ogni
volta che provava a sorridere perché pensava al fatto di non
poter più
condividere le piccole gioie con Richard.
A
destarla da tutti i suoi malinconici pensieri, fu
un rumore di qualcosa che cadeva, proveniente dal piano superiore.
Sporse la testa oltre il tavolo della cucina per poter dare una
sbirciatina in
corridoio, ma non vide niente oltre alle scale.
“Tyler,
tesoro, tutto bene?”
“Dannazione!
Cosa sono queste cose che hai messo
vicino alle scale?” le chiese la voce di suo figlio, un
po’ arrabbiata e
frustrata.
Kelly
fece una smorfia con la faccia, dispiaciuta.
“Sono
degli scatoloni con delle cose che devo
portare via. Scusami. Non dovevo lasciarle lì”.
Accidenti,
a volte si dimenticava ancora. Ma
d’altronde, era una sbadata, fin da quando era piccola
lasciava sempre le cose
in giro, dimenticandosi di metterle via.
Ora avrebbe dovuto togliersi di dosso questa brutta abitudine.
“Ti
serve una mano?” chiese, sempre rivolta al
figlio.
“No.
Devo solo andare in bagno”.
La
bionda spostò lo sguardo sul suo caffè che
iniziava a raffreddarsi ormai. Tyler era cambiato molto in quei due
anni, dopo
l’incidente. Dal ragazzino allegro e solare che era stato un
tempo, era
diventato molto più chiuso e scorbutico. Non sorrideva mai e
parlava solo se
costretto.
Ma d’altronde, non c’era da biasimarlo. Lei aveva
tentato in tutti i modi di
aiutarlo e di stargli vicino, ma non ne era stata pienamente in grado.
Certo,
poi c’erano stati anche i cocci del suo cuore da raccogliere
e così aveva
dovuto pensare sia a se stessa che a lui. Oltre all’aiuto di
Amanda, non aveva
trovato molto altro e la sorella non abitava certo a due passi da casa
sua.
Eh
sì, Amanda aveva ragione: doveva riprendere in
mano la sua vita e ricominciare da capo.
E
poi, Miami non era così male.
***
“Dai,
tesoro, ci fermiamo un attimo qui per mangiare
un boccone e poi andiamo a casa”.
Tyler
sospirò per la milionesima volta. Dopo venti
ore passate in macchina a stare seduto il suo culo ormai era diventato
insensibile e non aveva voglia di passare altro tempo su una sedia,
tanto meno
su una panca di legno, il suo stomaco era chiuso per il nervosismo e
sentiva
che non sarebbe riuscito a mangiare niente senza rimettere e,
oltretutto, non
conosceva affatto quel posto e odiava i posti di cui non sapeva un bel
niente
come, ad esempio, dove fossero i bagni. Almeno avevano trovato un
tavolo vicino
alla finestra, così non si sarebbe sentito troppo esposto.
“D’accordo”.
Sbuffò, alla fine, accasciandosi sulla
sedia. “Dimmi che cosa c’è nel
menù”.
Madre
e figlio passarono qualche minuto a decidere
che cosa avrebbero mangiato, quando arrivò un giovane
cameriere, molto
probabilmente ancora uno studente, con una matita e un taccuino in
mano.
“Che
cosa vi porto, signori?” chiese in tono
cordiale, come si addiceva a un cameriere.
“Per
me un’insalata di riso e per lui un…
cheesburger con patatine”. Rispose Kelly con un sorriso.
Il
ragazzo scrisse sul suo bloc-notes ma, quando
alzò la testa per dire che il cibo sarebbe arrivato presto,
si bloccò a fissare
Tyler come se vedesse una strana creatura magica. Era rimasto con la
matita a
mezz’aria e la bocca semiaperta, in un atteggiamento per
niente gentile.
Tyler,
sentendosi il suo sguardo addosso, si voltò
verso il cameriere con sguardo chiaramente cupo e scettico, anche se i
suoi
occhi erano celati da un paio di occhiali da sole scuri.
Rimasero
così per qualche secondo, quando finalmente
il ragazzo del ristorante riuscì a disincantarsi, arrossendo
per l’imbarazzo.
“Ehm…
scusatemi… sì, il vostro cibo sarà
pronto tra
qualche minuto”. E se ne andò via di corsa,
parendo ancora un po’ sconvolto.
Kelly
lanciò un’occhiata comprensiva al figlio,
mentre questi voltava di nuovo lo sguardo alla finestra.
***
Blake
entrò nella cucina tutto trafelato, come se
avesse appena finito di correre una maratona.
“Calmati,
Boy Scout o ti verrà un colpo così!”
esclamò il suo amico Ken, battendogli un colpo sulla schiena
per fargli
riprendere il respiro e cercando di non scoppiare a ridere nel vedere
il suo
volto paonazzo e arrossato. “Che è successo?
Sembra che tu sia appena stato
rincorso da una mandria di bufali inferociti”.
“No…”.
Esalò Blake, provando a respirare
normalmente. “No, Ken. Di là
c’è un ragazzo. Ed è il ragazzo
più bello che io
abbia mai visto”.
Ken
ridacchiò sotto i baffi, scuotendo il capo. “Ci
risiamo”. Sospirò, andando al lavello per lavare
del sedano.
Blake
consegnò il foglietto con l’ordinazione ad uno
dei cuochi e si diresse di nuovo dall’amico.
“No,
Ken. Questo è… questo
è…”. nemmeno lui riusciva
a trovare delle parole per descriverlo.
“Senti,
se non è uno di quei modelli muscolosi e con
dei bei culi che ci sono su Playboy non credo possa essere molto
bello”. Cercò
di tagliare corto l’amico. Sapeva, infatti, che si sarebbe
dovuto sorbire i
soliti farneticamenti di Blake su quanto bello fosse il ragazzo che
aveva
appena visto, descrivendolo come il David di Donatello o un angelo
caduto dal
cielo, come d’altronde succedeva ormai da anni, e lui
francamente non ne aveva
voglia, di starlo a sentire.
Ma a Blake naturalmente non interessava. Con sguardo perso e sognante,
guardando fisso in un punto che finiva chissà dove,
cominciò a parlare con tono
quasi onirico.
“Lui
ha tanti capelli, scuri come una notte senza
stelle, morbidi e setosi, delle labbra color pesca, grosse e fatte per
essere
baciate, con un piccolo neo sopra come quello di Marilyn Monroe, un
viso dai
lineamenti fieri e così virili. E quei vestiti che indossava
sembrano stati
fatti su di lui, la camicia bianca che si poggia sul suo petto celando
i
muscoli che lo rendono così attraente
e…”.
“Ok,
ok, basta! Sembra che tu abbia appena visto
John Travolta ai tempi di Grease”. Ridacchiò Ken.
Ah, Blake poteva essere
noioso quanto voleva, ma certe volte era così divertente. E
poi, dopo quella
descrizione, veniva voglia anche a lui di conoscere questo famoso
ragazzo da
copertina di Playboy. “E sembra anche che tu lo abbia
osservato molto bene”.
Be’, certo, a Blake non sfuggiva mai un dettaglio.
“Certo,
ci siamo guardati”.
“Oh,
amore a prima vista, allora. Tu lo hai
guardato, lui ti ha guardato, vi siete guardati ed è
scoccata la scintilla”.
“NO!”
esclamò Blake guardando l’amico come se avesse
appena detto una bestemmia.
“No?”
“No”.
“Ok”.
Ken
cominciò a lavare l’insalata, sperando di
togliersi l’amico dalle palle al più presto.
“Senti,
Blake… sarà una delle tue solite cotte. Tu
ti innamori, ci vai a letto e alla fine lui ti spezza il cuore.
Oltretutto
siamo in estate, la stagione degli amori”.
“No,
questa volta sarà diverso”.
“Diverso?
E perché? Cristo, amico, l’hai appena
visto, cosa ne sai? Magari non gli piacciono neanche gli
uomini”.
Blake
si rabbuiò tutto d’un colpo. Non ci aveva
pensato, come sempre. Era bravo a parlare e ad agire, ma di certo non a
pensare.
“Blake!
Porta questi al tavolo quattro”. Gli ordinò
uno dei cuochi, mettendogli in mano una ciotola con
dell’insalata di riso e un
piatto con cheesburger e patatine.
“Ah!”
urlò il ragazzo, buttando sul tavolino i due
piatti come se ci avesse appena visto dei scarafaggi.
“Che
c’è adesso?” gli chiese
l’amico, alzando gli occhi
al cielo.
“Non
posso portare queste cose a quel tavolo.
Rivedrei il ragazzo!” spalancò gli occhi e
afferrò Ken per le spalle,
guardandolo come fosse spiritato. “Ti prego, portali
tu”.
“No,
Blake, lo farai tu”. gli rispose l’altro
parlandogli in tono deciso e autoritario e sottraendosi alla sua presa.
“Sei un
cameriere qui dentro e devi lavorare lasciando da parte le questioni
personali.
E poi, non ti facevo così vigliacco”.
Blake
si voltò verso i due piatti, li guardò per un
po’ e finalmente si decise a prenderli e ad uscire da
lì.
“E
magari scrivigli il numero sullo scontrino!”
aggiunse Ken divertito prima di vederlo sparire.
Continuò
a sorridere
sotto i baffi prendendo a tagliare i pomodori. Ci voleva poco per
convincere
Blake a fare qualcosa, quel tipo era tutto un paradosso. Ed era anche
totalmente fuori di testa, delle volte faceva paura.
MILLY’S SPACE
Hola
chicos y chicas !! xD ebbene, Milly attacca
ancora!!! Nonostante io abbia già un bel po’ di
fanfic da mandare avanti ho
deciso di cimentarmi anche in questa.
Eh ragazzi, quando l’ispirazione arriva non ci si
può far niente…
Comunque,
non mi dilungo in troppe parole, è piuttosto
tardi (quasi le due di notte ^^) e qui da me stanno già
tutti dormendo, per cui…
Allora, questa mia ideuzza doveva nascere come one shot ma, ebbene, la
mia
mente quando partorisce una storia la vuole fare in grande,
perciò eccola qua,
una piccola fanfiction tutta per voi.
Che
ne pensate? Posso mandarla avanti o è meglio che mi
ritiri?
Fatemelo sapere con una piccola recensione, non vi cadono le dita ^^.
Se
volete, mi trovate anche su facebook, una pagina
dedicata alle mie storie:
http://www.facebook.com/MillysSpace
potete
lasciarmi qua i commenti e vedere tutte le altre storie in programma ^^
e anche
le foto dei personaggi (quando le avrò messe) ^^.
Fatevi
sentire, mi raccomando.
Buona
notte e sogni d’oro.
La
vostra Millyray.
|